La procedura di accertamento
tributario standardizzato mediante l'applicazione dei
parametri o degli studi di settore costituisce un
sistema di presunzioni semplici, la cui gravità,
precisione e concordanza non è “ex lege” determinata
dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli
“standards” in sé considerati - meri strumenti di
ricostruzione per elaborazione statistica della normale
redditività - ma nasce solo in esito al contraddittorio
da attivare obbligatoriamente, pena la nullità
dell'accertamento, con il contribuente
Nel caso in cui il contribuente non
abbia risposto all'invito al contraddittorio in sede
amministrativa, restando inerte, egli "assume le
conseguenze di questo suo comportamento, in quanto
l'Ufficio può motivare l'accertamento sulla sola base
dell'applicazione degli “standards”, dando conto
dell'impossibilità di costituire il contraddittorio con
il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il
giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata
risposta all'invito
Cassazione, sez. Trib., 7 ottobre
2011, n. 20680
Svolgimento del processo - Motivi
della decisione
Ritenuto che, ai sensi dell'art.
380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la
seguente relazione:
"1. La CTR del Lazio, sez.
distaccata di Latina, con sentenza n. 243/40/08,
depositata il 16 giugno 2008, in riforma della decisione
della CTP di Latina, ha accolto il ricorso proposto da
I. G. avverso l'avviso di accertamento, col quale erano
stati determinati maggiori ricavi, per l'anno 1996, in
base ai parametri stabili con il D.P.C.M. 29 gennaio
1996, ritenendo che il mero richiamo a detti parametri
era inidoneo a fondare l'atto impositivo, in cui non
risultavano “indicati gli elementi essenziali che
consentono oltre che al contribuente, anche al giudice
tributario di valutarne la correttezza”. 2. Per la
cassazione della sentenza, ricorre l'Agenzia delle
Entrate, sulla scorta di tre motivi. Il contribuente non
ha svolto difese.
Col primo ed il secondo motivo, la
ricorrente denuncia la violazione del D.P.R. n. 600 del
1973, art. 42; L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181;
nonché degli artt. 2728 e 2697 c.c., affermando che, a
contraddittorio regolarmente instaurato col
contribuente: 1) l'avviso di accertamento che reca
l'espressa menzione dell'applicazione dei parametri
presuntivi è da ritenere sufficientemente motivato, 2)
l'utilizzazione dei parametri costituisce una
presunzione legale idonea a sostenere l'accertamento
medesimo, in assenza di prova contraria incombente sul
contribuente.
I motivi, da valutarsi
congiuntamente, appaiono manifestamente fondati, ed
assorbenti. Le SU di questa Corte, con la sentenza n.
26635/2009, dopo aver rilevato che "la procedura di
accertamento tributario standardizzato mediante
l'applicazione dei parametri o degli studi di settore
costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui
gravità, precisione e concordanza non è “ex lege”
determinata dallo scostamento del reddito dichiarato
rispetto agli “standards” in sé considerati - meri
strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica
della normale redditività - ma nasce solo in esito al
contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la
nullità dell'accertamento, con il contribuente", ha
affermato che nel caso in cui il contribuente non abbia
risposto all'invito al contraddittorio in sede
amministrativa, restando inerte, egli "assume le
conseguenze di questo suo comportamento, in quanto
l'Ufficio può motivare l'accertamento sulla sola base
dell'applicazione degli “standards”, dando conto
dell'impossibilità di costituire il contraddittorio con
il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il
giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata
risposta all'invito".
4. In conclusione, si ritiene che
il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio"
che la relazione è stata comunicata al pubblico
ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate
conclusioni scritte da parte del PM, né presentate
memorie;
considerato che il Collegio, a
seguito della discussione in camera di consiglio,
condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella
relazione, e che, pertanto, il ricorso deve esser
accolto, la sentenza deve esser cassata, ed, in assenza
di ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa
nel merito col rigetto del ricorso del contribuente;
ritenuto che le spese del presente
giudizio di legittimità vanno poste a cario del
contribuente ed in favore dell'Agenzia e vanno liquidate
in Euro 1.200,00, oltre a spese prenotate a debito;
considerato che si ravvisano giusti
motivi, tenuto conto del tempo in cui è consolidata la
giurisprudenza, per compensare le spese dei due gradi di
merito.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa
e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso del
contribuente, che condanna a pagare all'Agenzia delle
Entrate le spese del presente giudizio di legittimità,
liquidate in Euro 1.200,00, oltre a spese prenotate a
debito; compensa interamente le spese dei due gradi del
giudizio di merito. |