Patrizia Maciocchi
Responsabilità extracontrattuale
della Commissione se, nell’ambito di un’ “indagine”
sugli aiuti di Stato, l’istituzione europea lede
l’immagine di una società. Bruxelles dovrà dunque
risarcire la Idromacchine per averla “accusata” in una
lettera di non aver adempiuto agli obblighi contrattuali
assunti con i cantieri navali De Poli. Lo ha deciso il
Tribunale di primo grado dell’Unione europea, con la
sentenza T-88/09.
La vicenda - Scopo dell’indagine
“incriminata” era quello di verificare se i ritardi
della De Poli, che usufruiva dei benefici comunitari,
nella costruzione delle imbarcazioni poteva essere
addebitato a terzi. Nel mirino della Commissione è
finita la Idromacchine, “accusata” di non rispettare il
contratto e di fornire alla ditta cliente prodotti non
conformi alla normativa. Informazioni che la
Commissione ha divulgato inserendo nella lettera finale
fatti e valutazioni che mettevano la società in una luce
sfavorevole rispetto al suo mercato di riferimento,
provocandole indubbiamente un danno.
Le tre condizioni per la
responsabilità - Il Tribunale di primo grado dell’Unione
europea, con la sentenza T-88/09 ha verificato la
sussistenza delle tre condizioni che fanno scattare la
responsabilità extracontrattuale della Comunità per le
scorrettezze dei sui organi: illiceità del
comportamento, effettività del danno ed esistenza del
nesso di causalità.
La prima contestazione, mossa dal
Tribunale, riguarda la violazione del segreto
professionale, previsto dall’articolo 287 Ce, diretto a
tutelare i diritti riconosciuti ai soggetti
dell’ordinamento. Un dovere di riservatezza rispetto al
quale la Commissione non gode di un ampio margine di
discrezionalità. Il Tribunale ha, infatti, respinto al
mittente la contestazione di Bruxelles, sull’irrilevanza
dell’indicazione di un nome che sarebbe comunque venuto
a conoscenza degli addetti ai lavori, in un ambiente
economico decisamente circoscritto.
Da ritenersi provato – secondo il
tribunale - anche il danno subito dalla Idromacchine.
Le affermazioni della Commissione, al di là dei
possibili errori di valutazione su alcuni punti, sono
tali – afferma il tribunale – da ledere l’immagine e la
reputazione della società danneggiata.
Nessun dubbio, infine,
sull’esistenza del nesso di causalità tra gli atti
addebitati e il danno lamentato: la Idromacchine non
avrebbe subito nessuna lesione in assenza comportamento
“disinvolto” della Commissione. Via libera dunque del
tribunale al risarcimento per il danno morale, fissato
in 20 mila euro, a cui vanno aggiunti gli interessi che
decorrono dal momento della sentenza fino al pagamento
completo della somma.
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SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)
8 novembre 2011 (*)
«Responsabilità extracontrattuale – Aiuti di Stato –
Decisione della Commissione di avviare un procedimento
di indagine
formale – Menzioni lesive di una società terza –
Violazione sufficientemente qualificata di una norma
giuridica che
conferisce diritti ai singoli – Obbligo di rispetto del
segreto professionale – Danni morali – Danni materiali –
Nesso causale
– Interessi moratori e compensativi»
Nella causa T-88/09,
Idromacchine Srl,
con sede in Porto Marghera,
Alessandro Capuzzo,
residente in Mirano,
Roberto Capuzzo,
residente in Mogliano Veneto,
rapresentati dagli avv.ti W. Viscardini e G. Donà,
ricorrenti,
contro
Commissione europea,
rappresentata dal sig. D. Grespan e dalla sig.ra E.
Righini, in qualità di agenti, assistiti
dall’avv. F. Ruggeri Laderchi,
convenuta,
avente ad oggetto un ricorso per risarcimento dei danni
asseritamente subiti per effetto della pubblicazione,
nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, di
informazioni menzognere lesive dell’immagine e della
reputazione della
Idromacchine nella decisione della Commissione 30
dicembre 2004, C (2002) 5426 def., «Aiuti di Stato –
Italia – Aiuto
di Stato N 586/2003, N 587/2003, N 589/2003 e C 48/2004
(ex N 595/2003) – Proroga del termine di tre anni
stabilito per la consegna di una nave petrolchimica –
Invito a presentare osservazioni a norma dell’articolo
88, paragrafo
2, [CE]»,
IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),
composto dalle sig.re I. Pelikánová, presidente, K.
Jürimäe (relatore) e dal sig. M. van der Woude, giudici,
cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore
principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito
all’udienza dell’8 febbraio 2011,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
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Fatti
1 La Idromacchine Srl è un’impresa di costruzione navale
operante segnatamente nel settore caldareria. I
sigg. Alessandro e Roberto Capuzzo detengono ciascuno il
50% del capitale sociale della Idromacchine e ne sono
rispettivamente il presidente del consiglio di
amministrazione e l’amministratore delegato. In
prosieguo, la Idromacchine
e i sigg. Capuzzo sono indicati congiuntamente come i
«ricorrenti».
2 Nel 2002, il Cantiere navale De Poli SpA (in
prosieguo: la «De Poli») ha commissionato alla
Idromacchine quattro grandi
serbatoi per il trasporto di gas liquido sulle navi
C.188 e C.189, di cui la De Poli assicurava
la costruzione.
3 La costruzione delle navi C.188 e C.189
costituiva oggetto di aiuti al funzionamento
disciplinati dal regolamento (CE) del
Consiglio 29 giugno 1998, n. 1540, relativo agli aiuti
alla costruzione navale (GU L 202, pag. 1). In forza
dell’art. 3,
nn. 1 e 2, di tale regolamento, gli aiuti al
funzionamento concessi ai cantieri navali erano
autorizzati a talune condizioni,
segnatamente che essi non fossero concessi per navi
consegnate dopo oltre tre anni dalla data della firma
del contratto
definitivo di costruzione. Tuttavia, in forza dell’art.
3, n. 2, del medesimo regolamento, la Commissione delle
Comunità
europee era autorizzata a prorogare tale termine qualora
ciò fosse giustificato dalla complessità tecnica del
progetto di
costruzione navale in questione o da ritardi dovuti a
perturbazioni inattese, serie e giustificabili del
programma di lavoro
di un cantiere, dovute a circostanze eccezionali,
imprevedibili ed estranee all’impresa. Tale proroga del
termine poteva
essere autorizzata dalla Commissione soltanto se lo
Stato membro in causa le notificava una domanda di
proroga,
conformemente all’art. 2 del regolamento (CE) del
Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di
applicazione
dell’articolo 93 [CE] (GU L 83, pag. 1).
4 L’11 dicembre 2003, la Repubblica italiana ha
notificato alla Commissione una domanda di proroga del
termine
inizialmente previsto per la consegna di navi, comprese
le navi C.188 eC.189, di cui la De Poli
assicurava segnatamente
la costruzione, in forza dell’art. 3, n. 2, del
regolamento n. 1540/98.
5 Nel periodo tra il 5 febbraio e il 18 ottobre 2004, la
Commissione ha chiesto ripetutamente alle autorità
italiane
informazioni supplementari in merito alla loro domanda
di proroga del termine inizialmente previsto per la
consegna delle
navi. Dette autorità hanno risposto alle richieste della
Commissione entro i termini impartiti.
6 Il 30 dicembre 2004, la Commissione ha notificato alla
Repubblica italiana la propria decisione 30 dicembre
2004, C
(2002) 5426 def., «Aiuti di Stato – Italia – Aiuto di
Stato N 586/2003, N 587/2003, N 589/2003 e C 48/2004 (ex
N 595/2003) – Proroga del termine di tre anni stabilito
per la consegna di una nave petrolchimica – Invito a
presentare
osservazioni a norma dell’articolo 88, paragrafo 2,
[CE]» (in prosieguo: la «decisione controversa»).
7 Nella decisione controversa la Commissione, da una
parte, ha concesso, in esito alla fase preliminare di
esame degli aiuti
notificati, una proroga dei termini di consegna previsti
per le navi costruite dalla De Poli, avendo ritenuto che
le
condizioni di cui all’art. 3, n. 2, del regolamento n.
1540/98 fossero soddisfatte e, dall’altra, ha deciso di
avviare il
procedimento di indagine formale di cui all’art. 88, n.
2, CE riguardo alla domanda di proroga del termine di
consegna di
una nave petrolchimica costruita da un altro cantiere
navale.
8 Per quanto riguarda l’esame, da parte della
Commissione, della domanda di proroga dei termini di
consegna previsti per
le navi costruite dalla De Poli, la Commissione rileva,
al punto 10, iii), della decisione controversa, quanto
segue:
«Per quanto riguarda le navi C. 196 e C. 197,
il cantiere aveva commissionato a Idromacchine (…), uno
dei maggiori
costruttori di serbatoi, la costruzione di serbatoi di
carico per le motonaviC. 188 e C. 189,
navi gemelle delle
costruzioni C. 196 e C. 197. Nel corso
della costruzione delle motonavi C. 188 e C.
189 il RINA (Registro italiano navale),
organismo italiano di certificazione, ha dichiarato non
idonei i serbatoi che Idromacchine stava costruendo per
le predette
navi, avendovi riscontrato dei difetti.
(…) I serbatoi originariamente destinati alle navi C.
188 e C. 189, nuovamente commissionati ad un
altro costruttore
(...), sarebbero quindi stati installati nelle navi
C. 197 e C. 196, determinando un ritardo
complessivo di 6 mesi nella loro
consegna oltre il termine del 31.12.2003.
(...) I serbatoi di carico sono un componente
indispensabile, affinché la motonave possa essere
autorizzata al trasporto di
gas liquido (…)[;] le autorità italiane affermano che i
serbatoi utilizzati nelle navi C. 188 [e] C.
189 – e nelle navi
gemelle C. 196 e C. 197 – devono
soddisfare rigorose norme di qualità e sicurezza navale.
Inoltre, secondo quanto
dichiarato dalle autorità italiane, vista l’esperienza
d’Idromacchine, il cantiere [navale gestito dalla De
Poli] non avrebbe
potuto prevedere che il RINA si sarebbe espresso
negativamente in merito alla idoneità dei serbatoi delle
motonavi C. 188 e C. 189. Le autorità
italiane precisano altresì che a fronte di questa
avversità, il cantiere si è
immediatamente prodigato a cercare degli altri fornitori
sul mercato. [La società G.] è stato l’unico fornitore
disposto a
produrre i nuovi serbatoi che, a quanto risulta, non
potevano essere consegnati prima del 31.1.2004 e del
31.3.2004,
per cui il cantiere è stato costretto a chiedere una
dilazione del termine di consegna. (…)».
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9 Al punto 28, terzo comma, della decisione controversa,
la Commissione considera che «riguardo ai serbatoi, si
rileva che
l’impossibilità dell’impresa Idromacchine, costruttore
dei serbatoi, di fabbricare i serbatoi (un componente
essenziale della
nave) in conformità alle norme di certificazione
prescritte e la conseguente impossibilità di consegnare
i medesimi entro i
termini pattuiti è quanto meno eccezionale».
10 La Commissione stima, al punto 29, terzo comma, della
decisione controversa che, «per quanto riguarda i
serbatoi, si
constata che i problemi causati dall’impossibilità di
Idromacchine di consegnare i serbatoi, componente
necessario per
l’utilizzo della motonave ai fini commerciali in
condizioni di esercizio autorizzate, erano anch’essi
imprevedibili».
11 Il punto 31 della decisione controversa così si
legge:
«Il costruttore non ha consegnato i serbatoi
conformemente agli obblighi contrattuali e il cantiere
[navale] ha dovuto
commissionare tali componenti ad un altro fornitore,
ritardando ulteriormente l’ultimazione delle navi C.
196 e C. 197
(…). Il mancato rispetto della scadenza di consegna
delle forniture necessarie è estraneo alla volontà della
[De Poli che]
non aveva modo di intervenire (…)».
12 Inoltre, nella tabella 1 della decisione controversa,
viene segnatamente indicato che «l’inidoneità dei
serbatoi difettosi
delle navi gemelle C. 188 e C. 189,
in fase di costruzione più avanzata, ha costretto il
cantiere ad installarvi i serbatoi
destinati alle navi C. 196 e C. 197».
13 Infine, l’ultimo punto della decisione controversa
quale notificata alla Repubblica italiana il 30 dicembre
2004, indica
quanto segue:
«Qualora la presente lettera dovesse contenere
informazioni riservate da non divulgare si prega di
informarne la
Commissione entro quindici giorni lavorativi dalla data
di ricezione della presente. Ove non riceva una domanda
motivata
in tal senso entro il termine indicato, la Commissione
presumerà l’esistenza del consenso alla comunicazione
del testo
integrale della lettera nella lingua facente fede al
seguente indirizzo internet».
14 Le autorità italiane non hanno trasmesso alla
Commissione domande di omettere la divulgazione di
talune informazioni
contenute nella decisione controversa per ragioni di
riservatezza delle medesime.
15 La decisione controversa è stata pubblicata nella
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 18
febbraio 2005 (GU C 42,
pag. 15).
Procedimento e conclusioni delle parti
16 Con atto introduttivo depositato presso la
cancelleria del Tribunale il 27 febbraio 2009, i
ricorrenti hanno proposto il
presente ricorso per risarcimento danni.
17 L’11 marzo 2009, il presidente della Seconda Sezione
del Tribunale ha respinto la richiesta di anonimato e di
riservatezza dei dati presentata dai ricorrenti. Il 2
aprile 2009, investito della domanda di questi ultimi,
ha nuovamente
respinto la loro richiesta iniziale di anonimato e di
riservatezza dei dati.
18 Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è
stata modificata, il giudice relatore è stato assegnato
alla Quarta
Sezione, cui la presente causa è stata,
conseguentemente, attribuita.
19 Le parti sono state sentite nelle loro difese e nelle
loro risposte ai quesiti posti dal Tribunale nel corso
dell’udienza dell’8
febbraio 2011.
20 I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:
– condannare la Commissione al pagamento di una somma, a
titolo di risarcimento del danno materiale, pari a EUR
5 459 641,28, o di altra somma eventualmente determinata
dal Tribunale, rivalutata a decorrere dalla data di
pubblicazione della decisione controversa fino alla data
della pronuncia della sentenza e maggiorata degli
interessi
moratori a partire dalla data della pronuncia della
sentenza fino al completo pagamento di tale somma, al
tasso
d’interesse fissato dalla Banca centrale europea (BCE)
per le operazioni principali di rifinanziamento,
maggiorato di
due punti;
– condannare la Commissione al pagamento di una somma, a
titolo di risarcimento del danno morale, da una parte,
a favore della Idromacchine e, dall’altra, dei sigg.
Capuzzo, ciascuna da determinarsi secondo equità e pari
ad una
percentuale significativa, dell’ordine del 30-50%, della
somma concessa per il danno materiale, rivalutata a
partire
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dalla data della pubblicazione della decisione
controversa fino alla data della pronuncia della
sentenza e maggiorata
degli interessi moratori a decorrere dalla data della
pronuncia della sentenza fino al pagamento completo di
tale
somma, al tasso fissato dalla BCE per le operazioni
principali di rifinanziamento, maggiorato di due punti;
– condannare la Commissione alla riabilitazione
dell’immagine della Idromacchine e dei sigg. Capuzzo,
mediante le
modalità che esso ritiene più idonee come una
pubblicazione ad hoc nella Gazzetta ufficiale o una
lettera
indirizzata ai maggiori operatori del settore, ordinando
la rettifica delle informazioni relative alla
Idromacchine nella
decisione controversa;
– condannare la Commissione alle spese.
21 La Commissione chiede che il Tribunale voglia:
– rigettare il ricorso;
– condannare i ricorrenti alle spese.
In diritto
22 A termini dell’art. 288, secondo comma, CE, in
materia di responsabilità extracontrattuale, la Comunità
europea deve
risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai
diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue
istituzioni o
dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni.
23 Secondo una giurisprudenza costante, ai sensi
dell’art. 288, secondo comma, CE, la sussistenza di una
responsabilità
extracontrattuale della Comunità per comportamento
illecito dei suoi organi presuppone che siano
soddisfatte varie
condizioni, vale a dire l’illiceità del comportamento
addebitato all’istituzione, l’effettività del danno e
l’esistenza di un
nesso di causalità fra il comportamento fatto valere e
il danno lamentato (sentenze della Corte 29 settembre
1982,
causa 26/81, Oleifici Mediterranei/CEE, Racc. pag. 3057,
punto 16, e del Tribunale 14 dicembre 2005, causa
T-383/00,
Beamglow/Parlamento e a., Racc. pag. II-5459, punto 95).
24 Per quanto attiene anzitutto alla condizione relativa
all’illiceità del comportamento addebitato
all’istituzione o all’organo
in questione, la giurisprudenza esige che si dimostri
l’esistenza di una violazione sufficientemente
qualificata di una
norma giuridica che ha l’obiettivo di conferire diritti
ai soggetti dell’ordinamento (sentenza della Corte 4
luglio 2000,
causa C-352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione, Racc.
pag. I-5291, punto 42). Per quanto riguarda la
condizione
per cui la violazione deve essere sufficientemente
qualificata, il criterio decisivo che consente di
ritenere che essa sia
soddisfatta è quello della violazione grave e manifesta,
commessa dall’istituzione o dall’organo comunitario in
questione,
dei limiti posti al suo potere discrezionale. Quando
tale istituzione o tale organo dispone solo di un
margine di
discrezionalità considerevolmente ridotto, se non
addirittura inesistente, la semplice trasgressione del
diritto comunitario
può essere sufficiente per dimostrare l’esistenza di una
violazione sufficientemente qualificata (sentenze della
Corte 10
dicembre 2002, causa C-312/00 P, Commissione/Camar e
Tico, Racc. pag. I-11355, punto 54, e del Tribunale 12
luglio
2001, cause riunite T-198/95, T-171/96, T-230/97,
T-174/98 e T-225/99, Comafrica e Dole Fresh Fruit
Europe/Commissione, Racc. pag. II-1975, punto 134).
25 Inoltre, per quanto riguarda la condizione relativa
all’effettività del danno, la responsabilità della
Comunità può
sussistere solo se il ricorrente ha effettivamente
subito un danno «certo e valutabile» (sentenze della
Corte 27 gennaio
1982, cause riunite 256/80, 257/80, 265/80, 267/80 e
5/81, Birra Wührer e a./Consiglio e Commissione,
Racc. pag. 85, punto 9, e De Franceschi/Consiglio e
Commissione, causa 51/81, Racc. pag. 117, punto 9;
sentenza del
Tribunale 16 gennaio 1996, causa T-108/94,
Candiotte/Consiglio, Racc. pag. II-87, punto 54). Spetta
al ricorrente
fornire elementi di prova al giudice comunitario al fine
di provare la realtà e l’entità di detto danno (sentenza
della Corte
21 maggio 1976, causa 26/74, Roquette
frères/Commissione, Racc. pag. 677, punti 22-24, e del
Tribunale 9 gennaio
1996, causa T-575/93, Koelman/Commissione, Racc. pag.
II-1, punto 97).
26 Infine, per quanto riguarda la condizione relativa
all’esistenza di un nesso di causalità tra il
comportamento fatto valere
e il danno lamentato, tale danno deve derivare in modo
sufficientemente diretto dal comportamento contestato,
cioè
tale comportamento deve essere la causa determinante del
danno, mentre non sussiste un obbligo di risarcire una
qualsiasi conseguenza dannosa, anche lontana, di una
situazione illegale (v. sentenze della Corte 4 ottobre
1979, cause
riunite 64/76, 113/76, 167/78, 239/78, 27/79, 28/79 e
45/79, Dumortier e a./Consiglio, Racc. pag. 3091, punto
21, e
del Tribunale 10 maggio 2006, causa T-279/03, Galileo
International Technology e a./Commissione, Racc. pag.
II-1291,
punto 130, e giurisprudenza ivi citata). Spetta al
ricorrente fornire la prova dell’esistenza di un nesso
di causalità fra
l’illecito commesso e il danno lamentato (v. sentenza
del Tribunale 30 settembre 1998, causa T-149/96,
Coldiretti
e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-3841, punto
101, e giurisprudenza ivi citata).
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27 Allorché uno dei tre requisiti per la sussistenza di
una responsabilità extracontrattuale della Comunità non
è soddisfatto,
le pretese risarcitorie devono essere interamente
respinte senza che sia necessario esaminare se gli altri
due presupposti
sono soddisfatti (sentenza del Tribunale 20 febbraio
2002, causa T-170/00, Förde-Reederei/Consiglio e
Commissione,
Racc. pag. II-515, punto 37; v., in tal senso, sentenza
della Corte 15 settembre 1994, causa C-146/91,
KYDEP/Consiglio
e Commissione, Racc. pag. I-4199, punto 81). D’altronde,
il giudice comunitario non ha l’obbligo di esaminare
tali
condizioni secondo un ordine determinato (sentenza della
Corte 9 settembre 1999, causa C-257/98 P,
Lucaccioni/Commissione, Racc. pag. I-5251, punto 13).
28 Nel caso di specie, i ricorrenti sostengono di aver
subito danni morali e materiali di cui chiedono il
risarcimento. Il
Tribunale considera opportuno esaminare in primo luogo
la domanda di risarcimento dei loro danni morali e, in
secondo
luogo, quella di risarcimento dei loro danni materiali.
1. Sulla domanda di risarcimento dei danni morali
29 A parere dei ricorrenti, tanto la Idromacchine quanto
i sigg. Capuzzo hanno subito danni morali che devono
essere
risarciti.
Sul danno morale subito dalla Idromacchine
30 Per quanto riguarda l’asserito danno morale subito
dalla Idromacchine, occorre esaminare le condizioni
necessarie per la
sussistenza di una responsabilità della Comunità
analizzando, anzitutto, la condizione relativa al
comportamento illecito
addebitato alla Commissione, poi, quella riguardante
l’effettività del danno e, infine, quella attinente
all’esistenza di un
nesso di causalità tra il comportamento addebitato e il
danno lamentato. Solo nell’ipotesi in cui tali
condizioni fossero
soddisfatte occorrerebbe allora esaminare l’entità del
risarcimento da concedere alla Idromacchine a tale
titolo.
Sul comportamento illecito addebitato alla Commissione
31 Nelle loro memorie i ricorrenti addebitano, in
sostanza, alla Commissione due comportamenti illeciti.
32 Per quanto riguarda il primo tipo di comportamento
illecito addebitato alla Commissione, i ricorrenti fanno
valere una
violazione dei principi di buon andamento
dell’amministrazione, di diligenza e di rispetto dei
diritti della difesa, in forza dei
quali la Commissione avrebbe dovuto dare alla
Idromacchine l’opportunità di presentarle osservazioni
prima dell’adozione
della decisione controversa, in modo da darle la
possibilità di provare l’assenza di responsabilità a suo
carico per il ritardo
nella consegna dei serbatoi in questione.
33 Anzitutto, occorre rammentare che, secondo la
giurisprudenza, il procedimento di controllo degli aiuti
di Stato è, tenuto
conto della sua economia generale, un procedimento
avviato nei confronti dello Stato membro responsabile,
alla luce dei
suoi obblighi comunitari, della concessione dell’aiuto
(v. sentenza della Corte 24 settembre 2002, cause
riunite
C-74/00 P e C-75/00 P, Falck e Acciaierie di
Bolzano/Commissione, Racc. pag. I-7869, punto 81, e
giurisprudenza ivi
citata).
34 Inoltre, nel procedimento di controllo degli aiuti di
Stato, gli interessati diversi dallo Stato membro non
possono
pretendere di aver essi stessi diritto a un dibattito in
contraddittorio con la Commissione, quale quello
previsto in favore
di detto Stato membro (v. sentenza Falck e Acciaierie di
Bolzano/Commissione, punto 35 supra, punto 82, e
giurisprudenza ivi citata).
35 Infine, nell’ambito del procedimento di controllo
degli aiuti di Stato di cui all’art. 88 CE, si deve
distinguere, da un lato, la
fase preliminare di esame degli aiuti, disciplinata al
n. 3 di tale articolo, che ha soltanto lo scopo di
consentire alla
Commissione di formarsi una prima opinione sulla
compatibilità parziale o totale dell’aiuto di cui
trattasi e, dall’altro, la
fase di esame prevista al n. 2 dello stesso articolo.
Solo nel contesto di quest’ultima, la quale è diretta a
consentire alla
Commissione di essere completamente ragguagliata su
tutti i dati della questione, il Trattato CE prevede
l’obbligo, per la
Commissione, di intimare agli interessati di presentare
le proprie osservazioni (v. sentenza della Corte 13
dicembre
2005, causa C-78/03 P, Commissione/Aktionsgemeinschaft
Recht und Eigentum, Racc. pag. I-10737, punto 34, e
giurisprudenza ivi citata).
36 Risulta quindi dalla giurisprudenza esposta nei
precedenti punti 33-35 che la Commissione, autorizzando
nella decisione
controversa la proroga dei termini di consegna delle
navi costruite dalla De Poli, non era affatto tenuta, in
sede di esame
preliminare degli aiuti di cui trattasi, a sentire la
Idromacchine. Inoltre, quest’ultima non era un terzo
interessato al
procedimento, non essendo né il beneficiario né un
concorrente del beneficiario di detti aiuti.
37 Gli argomenti esposti dai ricorrenti a tale proposito
non inficiano tali constatazioni.
38 Da un lato, deve essere respinto come inconferente
l’argomento secondo cui, in sostanza, la Commissione
sarebbe
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pervenuta a conclusioni diverse da quelle adottate nella
decisione controversa se avesse sentito la Idromacchine
prima
della sua adozione. Infatti, tale argomento non rimette
comunque in discussione la conclusione di cui al
precedente
punto 36 secondo cui, allo stadio della fase preliminare
di esame degli aiuti di cui trattasi, la Commissione non
aveva
alcun obbligo di sentire la Idromacchine.
39 D’altronde, l’argomento secondo cui nelle circostanze
del caso di specie il Tribunale deve dichiarare la
violazione dei diritti
della difesa, come ha fatto in circostanze analoghe
nella causa decisa con sentenza 24 settembre 2008, causa
T-412/05,
M/Mediatore (non pubblicata nella Raccolta, punti 133 e
136), deve essere dichiarato infondato. Infatti, in tale
sentenza
il Tribunale ha constatato che il Mediatore europeo
aveva violato il principio del contraddittorio, rendendo
pubblico il
nome di un funzionario in una delle sue decisioni in
merito ad un caso di cattiva amministrazione, senza
averlo
previamente sentito, come invece avrebbe dovuto in forza
delle disposizioni giuridiche che era tenuto ad
osservare.
Orbene, contrariamente alle circostanze di quella causa,
la Commissione non aveva nel caso di specie alcun
obbligo di
sentire la Idromacchine prima dell’adozione della
decisione impugnata.
40 Pertanto, occorre dichiarare infondate le censure dei
ricorrenti nella parte in cui sostengono che la
Commissione ha
violato il principio di buon andamento
dell’amministrazione, nonché i principi di diligenza e
di rispetto dei diritti della
difesa che ne derivano, omettendo di sentire la
Idromacchine prima dell’adozione della decisione
controversa.
41 Per quanto riguarda il secondo comportamento illecito
addebitato alla Commissione, i ricorrenti fanno valere,
da un lato,
la violazione del segreto professionale, poiché la
Commissione avrebbe dovuto astenersi dall’imputare alla
Idromacchine,
citandola per nome, un comportamento scorretto nella
decisione impugnata e, dall’altro, una violazione del
principio di
proporzionalità in quanto, a loro giudizio, non vi era
alcuna necessità di menzionare il nome della
Idromacchine in tale
decisione. Essi sostengono che, anche se si doveva
ritenere che la Idromacchine fosse responsabile dei
ritardi nella
consegna delle navi costruite dalla De Poli o che essa
non avesse consegnato serbatoi conformi alle norme in
vigore,
cionondimeno la Commissione ha inopportunamente reso
pubblico il nome della Idromacchine nella decisione
controversa pubblicata nella Gazzetta ufficiale, mentre
invece tale divulgazione non era necessaria nel caso di
specie.
42 Occorre rammentare a tale riguardo che l’art. 287 CE
dispone che i membri delle istituzioni della Comunità, i
membri dei
comitati e parimenti i funzionari e agenti della
Comunità sono tenuti, anche dopo la cessazione dalle
loro funzioni, a non
divulgare le informazioni che per loro natura sono
protette dal segreto professionale, in particolare
quelle relative alle
imprese e riguardanti i loro rapporti commerciali ovvero
gli elementi dei loro costi.
43 Il regolamento n. 659/1999 conferma l’obbligo del
rispetto del segreto professionale della Commissione
nell’ambito del
suo esame degli aiuti di Stato. Il ‘considerando’ 21, in
fine, di detto regolamento prevede che «nel dare
diffusione alle
proprie decisioni la Commissione deve rispettare le
disposizioni relative al segreto professionale, ai sensi
dell’articolo
[287 CE]». Il medesimo regolamento all’art. 24 prevede
che «la Commissione e gli Stati membri, nonché i loro
funzionari e altri agenti, inclusi gli esperti
indipendenti nominati dalla Commissione, sono tenuti a
non divulgare le
informazioni protette dal segreto professionale
acquisite in applicazione del presente regolamento».
44 Né l’art. 287 CE né il regolamento n. 659/1999
indicano esplicitamente quali informazioni, oltre ai
segreti commerciali,
siano protette dal segreto professionale.
45 Secondo la giurisprudenza le informazioni coperte da
segreto professionale possono essere tanto informazioni
riservate
quanto segreti commerciali (sentenza del Tribunale 18
settembre 1996, causa T-353/94, Postbank/Commissione,
Racc. pag. II-921, punto 86). Per quanto riguarda, in
linea generale, la natura dei segreti commerciali o
delle altre
informazioni protette dal segreto professionale, è
necessario, innanzi tutto, che tali segreti commerciali
o informazioni
riservate siano conosciute soltanto da un numero
ristretto di persone. Deve poi trattarsi di informazioni
la cui
divulgazione può causare un danno grave alla persona che
le ha fornite o a terzi. Infine, è necessario che gli
interessi che
possono essere lesi dalla divulgazione dell’informazione
siano oggettivamente degni di protezione. La valutazione
del
carattere riservato di una informazione necessita quindi
di una ponderazione tra gli interessi legittimi delle
singole
persone che ostano alla sua divulgazione e l’interesse
generale, che vuole che le attività delle istituzioni
comunitarie si
svolgano nel modo più trasparente possibile (v. sentenze
del Tribunale 30 maggio 2006, causa T-198/03, Bank
Austria
Creditanstalt/Commissione, Racc. pag. II-1429, punto 71,
e 12 ottobre 2007, causa T-474/04, Pergan Hilfsstoffe
für
industrielle Prozesse/Commissione, Racc. pag. II-4225,
punto 65, e giurisprudenza ivi citata).
46 Occorre quindi accertare, alla luce delle
disposizioni e della giurisprudenza esposte nei
precedenti punti 42-47, se, come
sostengono i ricorrenti, la Commissione abbia violato il
suo obbligo di segreto professionale e il principio di
proporzionalità,
indicando specificamente nella decisione controversa che
la Idromacchine non aveva consegnato serbatoi conformi
alle
norme in vigore e che non aveva adempiuto ai suoi
obblighi contrattuali.
47 Nel caso di specie, in primo luogo, occorre
constatare che l’informazione secondo la quale, in
sostanza, la Idromacchine
non è stata in grado di consegnare serbatoi conformi
alle norme in vigore e alle condizioni contrattuali alla
De Poli è stata
comunicata dalla Repubblica italiana alla Commissione
esclusivamente ai fini del procedimento amministrativo
di esame
degli aiuti di cui trattasi. Inoltre, tale informazione
riguarda, come rilevano in sostanza e opportunamente i
ricorrenti, lo
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svolgimento dei rapporti commerciali tra queste due
società. Il tenore di tali informazioni è quindi, nella
fattispecie, di
ordine riservato.
48 In secondo luogo, la divulgazione dell’informazione
menzionata nel precedente punto 46 poteva causare un
danno
ingente alla Idromacchine. Infatti, indipendentemente
dalla questione se la Commissione abbia commesso o meno
un
errore di valutazione dei fatti nel considerare che la
Idromacchine avesse tenuto un comportamento scorretto
nell’esecuzione dei suoi obblighi contrattuali con la De
Poli, occorre constatare, in ogni caso, che la
divulgazione da parte
della Commissione di fatti e di valutazioni che
presentavano specificamente la Idromacchine in una luce
sfavorevole nella
decisione controversa poteva causare un danno ingente a
quest’ultima.
49 In terzo luogo, se la divulgazione dell’informazione
menzionata nel precedente punto 46 poteva danneggiare
l’immagine
e la reputazione della Idromacchine, l’interesse di
quest’ultima a che tale informazione non fosse divulgata
era
obiettivamente meritevole di tutela.
50 In quarto luogo, risulta dalla ponderazione, da un
lato, dell’interesse legittimo della Idromacchine a che
il suo nome non
fosse divulgato nella decisione impugnata e, dall’altro,
dell’interesse generale, che siffatta divulgazione era
sproporzionata
rispetto all’oggetto della decisione controversa.
51 Infatti, occorre anzitutto rilevare a tale riguardo
che il principio di apertura e l’imperativo di
trasparenza nell’azione delle
istituzioni, come sanciti dall’art. 1 UE e dagli artt.
254 CE e 255 CE, esigevano nel caso di specie che, in
sede di esame
degli aiuti di Stato concessi alla De Poli, la
Commissione si pronunciasse esplicitamente nella
decisione controversa sulla
questione se il ritardo nella costruzioni delle navi di
cui trattasi era il risultato del comportamento di terzi
e non di quello
della De Poli. Tuttavia, sarebbe bastato che la
Commissione esponesse gli inadempimenti contrattuali, in
termini assai
generici, di un fornitore di un componente importante
delle navi di cui trattasi o, eventualmente, in termini
specifici, del
fornitore dei serbatoi di cui trattasi, senza che fosse
necessario nell’una o nell’altra ipotesi menzionare il
nome di detto
fornitore, in modo da tutelare i suoi interessi
legittimi.
52 Inoltre, gli argomenti esposti dalla Commissione per
provare di non aver commesso alcun errore nel divulgare
il nome
della Idromacchine nella decisione controversa non
possono essere accolti.
53 Per un verso, si deve dichiarare infondato
l’argomento con cui la Commissione ha sostenuto, in
risposta ai quesiti posti
del Tribunale nel corso dell’udienza, che era
«opportuno, dal punto di vista della motivazione della
decisione
[controversa]», indicare il nome del costruttore di
serbatoi di cui trattasi che era «particolarmente
affidabile[, ma] che[,]
per una volta, era stato causa di un ritardo». Infatti,
nella cornice dell’esame degli aiuti di cui trattasi da
cui è scaturita
l’adozione della decisione controversa, era
esclusivamente rilevante la questione se la Repubblica
italiana avesse
sufficientemente motivato, sotto il profilo giuridico, i
ritardi accumulati dalla De Poli nella consegna delle
navi, senza che
la divulgazione dell’identità di uno o più fornitori
responsabili di eventuali mancanze, causa dei ritardi,
avesse la minima
importanza sull’accertamento effettuato dalla
Commissione nella decisione controversa.
54 Per altro verso, devono essere dichiarati altresì
infondati gli argomenti con cui la Commissione sostiene
che se il nome
del fornitore dei serbatoi di cui trattasi non fosse
stato menzionato nella decisione controversa ciò non
avrebbe impedito
al pubblico di essere informato della sua identità, in
quanto il settore economico di cui trattasi era molto
circoscritto, era
composto da specialisti ed esisteva tra la De Poli e la
Idromacchine un contenzioso pendente dinanzi al
Tribunale di
Venezia, di cui la stampa si era occupata. Infatti, tali
circostanze non rimettono in questione il rilievo
secondo cui,
nell’identificare la Idromacchine come la causa dei
ritardi nella consegna, la Commissione ha divulgato
nella decisione
controversa fatti e valutazioni che presentavano
specificamente detta società come incapace di fornire
alla De Poli
prodotti conformi alle norme in vigore e di rispettare i
suoi obblighi contrattuali, mentre invece tale
divulgazione non era
necessaria rispetto all’oggetto della decisione
controversa.
55 Infine, devono essere dichiarati infondati gli
argomenti della Commissione secondo cui, da un lato,
essa si era limitata a
fondare la decisione controversa sulle informazioni che
le aveva fornito la Repubblica italiana e, dall’altro,
dagli artt. 24 e
25 del regolamento n. 659/1999 e dai punti 25 e segg.
della comunicazione della Commissione 1° dicembre 2003,
C
(2003) 4582, relativa al segreto d’ufficio nelle
decisioni in materia di aiuti di Stato (GU C 297, pag.
6), risulterebbe che
spettava alla Repubblica italiana indicare le
informazioni da proteggere con il segreto professionale.
Infatti, se tali
disposizioni prevedono in sostanza che la Commissione
notifichi la sua decisione allo Stato membro
interessato, che
dispone allora in linea di principio di quindici giorni
per far valere la riservatezza delle informazioni che
considera coperte
dal segreto professionale, esse non dispensano la
Commissione dall’obbligo, derivante dall’art. 287 CE, di
non divulgare
segreti professionali e non ostano a che la Commissione
decida di propria iniziativa di non divulgare
informazioni che
considera coperte dal segreto professionale, pur non
avendo ricevuto una richiesta in tal senso dallo Stato
membro
interessato. Inoltre, anche supponendo che la Repubblica
italiana abbia sbagliato nel trasmettere alla
Commissione
informazioni erronee e nel non informarla del carattere
riservato delle informazioni riguardanti l’andamento dei
rapporti
commerciali tra la Idromacchine e la De Poli, tali
errori non potrebbero inficiare la constatazione secondo
cui la
Commissione poteva, in ogni caso, decidere di propria
iniziativa di non divulgare informazioni coperte dal
segreto
professionale.
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56 Di conseguenza, la divulgazione nella decisione
controversa di fatti e valutazioni, che presentavano
specificamente la
Idromacchine come incapace di fornire alla De Poli
prodotti conformi alle norme in vigore e di rispettare i
suoi obblighi
contrattuali, costituisce una violazione dell’obbligo di
segreto professionale previsto dall’art. 287 CE. Dal
momento che
tale obbligo è diretto a tutelare diritti conferiti ai
soggetti dell’ordinamento e la Commissione non dispone
di un ampio
margine discrezionale circa la questione se sia
opportuno discostarsi, in un caso concreto, dalla regola
di riservatezza,
occorre constatare che tale violazione del diritto
comunitario è sufficiente a dimostrare l’esistenza di
una violazione
sufficientemente qualificata ai sensi della
giurisprudenza esposta nel precedente punto 24.
57 Alla luce dell’insieme delle considerazioni
precedenti, occorre dichiarare che, avendo violato il
suo obbligo di segreto
professionale, la Commissione ha tenuto un comportamento
scorretto tale da far sorgere una responsabilità
extracontrattuale in capo alla Comunità, ai sensi
dell’art. 288, secondo comma, CE.
58 Pertanto, risulta irrilevante l’esame dell’ultima
censura dei ricorrenti, secondo cui la Commissione ha
altresì violato il
principio di proporzionalità, divulgando nella decisione
controversa fatti e valutazioni che presentavano
specificamente la
Idromacchine come incapace di fornire alla De Poli
prodotti conformi alle norme in vigore e di rispettare i
suoi obblighi
contrattuali. Infatti, anche se si dovesse ritenere che
è stato violato il principio di proporzionalità, ciò non
consentirebbe
comunque ai ricorrenti di ottenere nel caso di specie,
per i danni che fanno valere, un risarcimento più ampio
nella forma
o nell’importo di quello che potrebbero ottenere a causa
della violazione da parte della Commissione del suo
obbligo di
segreto professionale. Di conseguenza, non occorre
statuire su tale censura.
Sull’effettività del danno
59 I ricorrenti affermano, in sostanza, che la
Idromacchine ha subito un danno morale collegato a una
lesione della sua
immagine e della sua reputazione, giacché nella
decisione controversa è stata presentata specificamente
come incapace
di fornire alla De Poli prodotti conformi alle norme in
vigore e di rispettare i suoi obblighi contrattuali.
60 A tale proposito occorre constatare che, come risulta
dai riferimenti alla decisione controversa di cui ai
precedenti punti
8-12, la Commissione ha presentato specificamente la
Idromacchine come incapace di costruire serbatoi
conformi alle
norme di certificazione [v. punti 10, iii), 28, terzo
comma, e 29, terzo comma, della decisione controversa] e
di
consegnare i serbatoi di cui trattasi in conformità ai
suoi obblighi contrattuali (v. punto 31 della decisione
controversa),
costringendo la De Poli a ricorrere ad un’altra impresa
per ottenere un risultato soddisfacente. Pertanto, detti
riferimenti
che mettono la Idromacchine in una luce sfavorevole,
presentandola come un’impresa incapace di offrire
servizi conformi
alle norme in vigore e, di conseguenza, di rispettare i
suoi obblighi contrattuali, sono tali da svalutare la
sua immagine e
la sua reputazione dotate in sé di valore commerciale,
come del resto neppure la Commissione contesta nelle sue
memorie.
61 Inoltre, è necessario precisare che – così come il
Tribunale ha giudicato, al punto 150 della sentenza
M/Mediatore, citata
nel precedente punto 39, che la stessa pubblicazione sul
sito Internet del Mediatore della decisione, in cui il
ricorrente
nella controversia decisa con detta sentenza veniva
espressamente associato ad un caso di cattiva
amministrazione,
aveva avuto come conseguenza che quest’ultimo fosse
stato danneggiato in modo certo e valutabile – la mera
pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dei riferimenti
specifici alla Idromacchine nella decisione controversa
è sufficiente a
dimostrare il carattere certo e valutabile del danno che
essa ha subito.
62 D’altra parte, anche supponendo, come ha sostenuto la
Commissione in udienza, che essa non abbia commesso
alcun
errore di valutazione dichiarando nella decisione
controversa che la Idromacchine aveva avuto un
comportamento
scorretto nei suoi rapporti contrattuali con la De Poli,
cionondimeno fatti e valutazioni che fanno apparire
specificamente
la Idromacchine come incapace di fornire alla De Poli
prodotti conformi alle norme in vigore e di rispettare i
suoi obblighi
contrattuali ledono l’immagine e la reputazione della
Idromacchine. Inoltre, tale danno riguarda la
Idromacchine e risulta
distinto da quello risultante da eventuali errori di
valutazione commessi dalla Commissione o dalla
Repubblica italiana nel
ritenerla responsabile dei ritardi di consegna dei
serbatoi di cui trattasi.
63 Pertanto, si deve considerare che la Idromacchine ha
subito una lesione alla sua immagine e alla sua
reputazione.
Sull’esistenza di un nesso di causalità tra il
comportamento addebitato e il danno lamentato
64 Le ricorrenti sostengono, in sostanza, che esiste un
nesso di causalità diretto tra, da un lato, le
violazioni dell’obbligo di
segreto professionale e il principio di proporzionalità
e, dall’altro, il danno all’immagine e alla reputazione
della
Idromacchine.
65 A tale proposito, occorre considerare che la
Idromacchine non avrebbe subito alcuna lesione della sua
immagine e della
sua reputazione se la Commissione non avesse divulgato,
nella decisione controversa, fatti e valutazioni che la
presentavano specificamente come incapace di fornire
alla De Poli prodotti conformi alle norme in vigore e di
rispettare i
suoi obblighi contrattuali. Gli argomenti della
Commissione secondo cui non esiste un nesso di causalità
abbastanza
diretto tra gli errori che avrebbe commesso e i danni
lamentati dai ricorrenti non possono essere accolti.
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66 In primo luogo, devono essere dichiarati infondati
gli argomenti con cui la Commissione afferma che i danni
subiti dai
ricorrenti sono imputabili o alla De Poli, la quale
nell’ambito del procedimento di aiuti di Stato ha
sostenuto che i ritardi
nella costruzione delle navi erano imputabili al
comportamento della Idromacchine oppure alla Repubblica
italiana, che ha
comunicato alla Commissione informazioni errate.
67 Infatti, anche se si dovesse ritenere che la De Poli
abbia fornito informazioni errate sulla Idromacchine
alla Repubblica
italiana che, da un lato, le avrebbe trasmesse
inopportunamente alla Commissione e, dall’altro, avrebbe
omesso di
segnalare a quest’ultima che tali informazioni dovevano
essere tutelate dal segreto professionale, cionondimeno
la causa
diretta del danno della Idromacchine al riguardo sarebbe
costituita non da informazioni asseritamente errate
fornite dalla
De Poli o dalla Repubblica italiana, ma dal fatto che la
Commissione ha divulgato, nella decisione controversa,
fatti e
valutazioni che presentavano specificamente la
Idromacchine come incapace di fornire alla De Poli
prodotti conformi alle
norme in vigore e di rispettare i suoi obblighi
contrattuali, allorché ciò non era richiesto
dall’oggetto della decisione
controversa.
68 In secondo luogo, contrariamente a quanto sostenuto
dalla Commissione in udienza dopo che i ricorrenti
avevano
comunicato, in risposta ai quesiti orali del Tribunale,
che il Tribunale di Venezia aveva pronunciato, nel
dicembre 2009,
una sentenza che dichiarava che la De Poli non aveva
commesso errori nell’esecuzione dei suoi obblighi
contrattuali nei
confronti della Idromacchine, detta sentenza non
modificherebbe comunque il rilievo secondo cui la
Idromacchine non
avrebbe subito alcuna lesione della sua immagine e della
sua reputazione se la Commissione non avesse divulgato
il suo
nome nella decisione controversa.
69 Alla luce di tutte le considerazioni esposte nei
precedenti punti 31-68, occorre concludere che le tre
condizioni
necessarie per la sussistenza di una responsabilità
extracontrattuale della Comunità, ai sensi dell’art.
288, secondo
comma, CE sono soddisfatte e, di conseguenza, occorre
stabilire l’importo che deve essere concesso alla
Idromacchine in
risarcimento del danno morale che ha subito.
Sul risarcimento del danno morale subito dalla
Idromacchine
70 Per quanto riguarda il risarcimento della lesione
all’immagine e alla reputazione subita dalla
Idromacchine, i ricorrenti
chiedono, in sostanza, in primo luogo, un risarcimento
da determinarsi secondo equità; in secondo luogo, la
concessione
di interessi compensativi per il periodo compreso tra la
pubblicazione della decisione controversa e la pronuncia
della
sentenza e di interessi moratori per il periodo compreso
tra la pronuncia della sentenza e il pagamento effettivo
delle
somme dovute; e, infine, provvedimenti diretti a
riabilitare l’immagine e la reputazione della
Idromacchine.
71 In primo luogo, per quanto riguarda la loro domanda
diretta al versamento da parte della Commissione di una
somma
da determinarsi secondo equità, occorre rilevare che, in
risposta ai quesiti orali posti dal Tribunale nel corso
dell’udienza, i
ricorrenti hanno precisato che, non essendo un danno
morale quantificabile, essi suggerivano solo a titolo
puramente
indicativo che il Tribunale accordasse loro, a tale
titolo, un risarcimento compreso tra il 30 e il 50%
della somma da essi
richiesta per i loro danni materiali, cioè un importo
oscillante tra EUR 1 637 892 e EUR 2 729 820.
72 Anzitutto, per quanto riguarda i fattori che a
giudizio dei ricorrenti aggravano i loro danni, poiché
la Commissione
«avrebbe reiterato la pubblicità negativa riguardante
Idromacchine», essi si richiamano ai rinvii alla
decisione
controversa contenuti, anzitutto, nella decisione della
Commissione 4 luglio 2006, 2006/948/CE, relativa
all’aiuto di
Stato cui l’Italia intende dare esecuzione a favore di
Cantieri Navali Termoli S.p.A (GU L 383, pag. 53),
quindi, nella
decisione 16 aprile 2008, 2008/C 208/07, «Aiuto di Stato
– Italia – Aiuto di Stato C 15/08 (ex N 318/07, N
319/07,
N 544/07 e N 70/08) – Proroga del termine triennale di
consegna per quattro chemichiere costruite dal Cantiere
Navale
de Poli» (GU C 208, pag. 14), e, infine, nella sentenza
del Tribunale 12 novembre 2008, causa T-70/07, Cantieri
Navali
Termoli/Commissione (non pubblicata nella Raccolta) (GU
C 6, pag. 25).
73 Se è vero che nelle due decisioni e nella sentenza
menzionate nel punto precedente, pubblicate nella
Gazzetta ufficiale,
viene richiamata la decisione controversa, occorre
tuttavia constatare che in esse non vengono nuovamente
menzionati
fatti e valutazioni che presentino specificamente la
Idromacchine come incapace di fornire alla De Poli
prodotti conformi
alle norme in vigore e di rispettare i suoi obblighi
contrattuali. Pertanto, le due decisioni e la sentenza
menzionate non
possono aver aggravato il danno morale della
Idromacchine.
74 Occorre poi rilevare, da un lato, che i ricorrenti
non forniscono alcun chiarimento a sostegno della loro
domanda relativa
alla determinazione di una somma, corrispondente ad una
percentuale compresa tra il 30 e il 50% dell’importo di
EUR 5 459 641,28, che essi richiedono a titolo di
risarcimento dei loro danni materiali. Quand’anche la
divulgazione, da
parte di una pubblica autorità quale la Commissione, di
informazioni che fanno apparire in una luce sfavorevole
la
Idromacchine fosse stata idonea a provocare una lesione
effettiva dell’immagine e della reputazione di tale
società, i
ricorrenti non espongono però alcun argomento o prova
che consenta di capire le ragioni per cui tali somme
costituirebbero una giusta compensazione della lesione
arrecata all’immagine e alla reputazione della
Idromacchine. A
tale riguardo si può ritenere in particolare, per un
verso, che non viene sostenuto che tali somme abbiano un
qualsiasi
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rapporto con il costo degli investimenti effettuati
dalla Idromacchine per creare e mantenere la sua
immagine e la sua
reputazione. Per altro verso, i ricorrenti non
presentano alcun argomento o prova che dette somme, da
12 a 20 volte
superiori all’importo di EUR 133 500, corrispondente ai
profitti medi annui che la Idromacchine sostiene
peraltro di aver
realizzato negli anni precedenti la pubblicazione della
decisione controversa, corrisponderebbero ad una giusta
compensazione del danno subito dalla Idromacchine.
75 Inoltre, occorre constatare che i ricorrenti erano
comunque in grado di limitare significativamente la
portata del danno
morale subito dalla Idromacchine. Infatti, dal momento
che i ricorrenti affermano che l’organismo italiano di
certificazione aveva rilasciato alla Idromacchine, fin
dal 5 ottobre 2004, un certificato di conformità dei
serbatoi di cui
trattasi tale da garantire che questi ultimi erano
conformi alle norme in vigore, occorre dedurne che la
Idromacchine
poteva avvalersi di tale certificato, in particolare
presso i suoi clienti attuali e potenziali, per
contestare, anche prima della
pubblicazione della decisione controversa, la veridicità
delle valutazioni negative che la riguardavano in tale
decisione e
limitare in tal modo la conseguente lesione della sua
immagine e della sua reputazione. Per tale motivo,
occorre altresì
dichiarare infondati gli argomenti esposti dai
ricorrenti in risposta ai quesiti proposti dal Tribunale
nel corso dell’udienza,
secondo cui la lesione dell’immagine e della reputazione
della Idromacchine era tanto più tanto più grave in
quanto, dopo
la sua pubblicazione, la decisione controversa
costituiva la prima informazione reperibile a suo
riguardo su Internet,
grazie ai motori di ricerca, e che detta decisione era
disponibile tanto sul sito Internet della direzione
generale della
concorrenza della Commissione, quanto sulla Gazzetta
ufficiale, giornale di grande diffusione.
76 Alla luce di tutte le considerazioni esposte nei
precedenti punti 71-75 e in mancanza di elementi più
precisi forniti dai
ricorrenti in merito all’entità della lesione
dell’immagine e della reputazione subita dalla
Idromacchine, il Tribunale ritiene
che un’indennità di importo pari a EUR 20 000
rappresenti un equo risarcimento.
77 In secondo luogo, per quanto riguarda le domande dei
ricorrenti relative alla concessione, da un lato, di
interessi
compensativi per il periodo compreso tra la
pubblicazione della decisione controversa e la pronuncia
della sentenza e,
dall’altro, di interessi moratori per il periodo
compreso tra la pronuncia della sentenza e il pagamento
effettivo delle
indennità dovute, occorre ricordare anzitutto che,
allorché ricorrono gli estremi della responsabilità
extracontrattuale
della Comunità, le conseguenze sfavorevoli risultanti
dal lasso di tempo intercorso tra il sopravvenire
dell’evento dannoso
e la data del pagamento dell’indennizzo non possono
essere ignorate, in quanto occorre tenere conto della
svalutazione
monetaria (sentenza del Tribunale 13 luglio 2005, causa
T-260/97, Camar/Consiglio e Commissione, Racc. pag.
II-2741,
punto 138; v. altresì, in tal senso, sentenza della
Corte 3 febbraio 1994, causa C-308/87, Grifoni/CEEA,
Racc. pag. I-341, punto 40). Si deve considerare che
tale svalutazione monetaria trova espressione nel tasso
di
inflazione annuo rilevato, per il periodo considerato,
dall’Eurostat (Istituto statistico dell’Unione europea)
nello Stato
membro in cui sono stabilite tali società (v., in tal
senso, sentenza della Corte 27 gennaio 2000, cause
riunite C-104/89
e C-37/90, Mulder e a./Consiglio e Commissione, Racc.
pag. I-203, punti 220 e 221; sentenze del Tribunale,
Camar/Consiglio e Commissione, cit., punto 139, e 26
novembre 2008, causa T-285/03, Agraz e a./Commissione,
non
pubblicata nella Raccolta, punto 50). A tale proposito
occorre rilevare, nel caso di specie, che il fatto
dannoso è avvenuto
il giorno della pubblicazione della decisione
controversa nella Gazzetta ufficiale, cioè il 18
febbraio 2005.
78 Pertanto, si deve ritenere che la Commissione debba
pagare interessi compensativi, a partire dalla
pubblicazione della
decisione controversa, il 18 febbraio 2005, fino alla
pronuncia della presente sentenza, al tasso fissato
dalla BCE per le
operazioni principali di rifinanziamento, applicabile
durante il periodo considerato, maggiorato di due punti.
79 Inoltre, secondo la giurisprudenza della Corte,
l’importo dell’indennità dovuta può essere accompagnato
da interessi
moratori a partire dalla data di pronuncia della
sentenza che dichiara l’obbligo di risarcire il danno
(v., in tal senso,
sentenze Dumortier e a./Consiglio, punto 26 supra, punto
25, e Mulder e a./Consiglio e Commissione, punto 77
supra,
punto 35; sentenza Agraz e a./Commissione, punto 77
supra, punto 55). In conformità alla giurisprudenza, il
tasso di
interesse da applicarsi è calcolato sulla base del tasso
fissato dalla BCE per le operazioni principali di
rifinanziamento,
applicabile nel corso del periodo considerato,
maggiorato di due punti (sentenze Camar/Consiglio e
Commissione, punto
77 supra, punto 146, e Agraz e a./Commissione, punto 77
supra, punto 55).
80 Pertanto, occorre giudicare che la Commissione deve
pagare interessi moratori, a partire dalla pronuncia
della presente
sentenza fino al completo pagamento di detta indennità,
al tasso fissato dalla BCE per le operazioni principali
di
rifinanziamento, applicabile durante il periodo
considerato, maggiorato di due punti.
81 In terzo luogo, per quanto riguarda le domande dei
ricorrenti di riabilitare l’immagine della Idromacchine,
occorre
rammentare che, secondo la giurisprudenza, dall’art.
288, secondo comma, CE e dall’art. 235 CE, i quali non
escludono
la concessione di un risarcimento in natura, deriva che
il giudice dell’Unione europea è competente a imporre
alla
Comunità qualsiasi forma di risarcimento conforme ai
principi generali comuni ai diritti degli Stati membri
in materia di
responsabilità extracontrattuale, incluso, se appare
conforme a tali principi, il risarcimento in natura,
eventualmente
anche sotto forma di ingiunzione di fare o di non fare
(sentenza Galileo International Technology e
a./Commissione,
punto 26 supra, punto 63).
82 Nel caso di specie, le domande dei ricorrenti dirette
a far riabilitare l’immagine della Idromacchine da parte
del Tribunale,
pubblicando nella Gazzetta ufficiale una rettifica dei
riferimenti che si asserivano errati contenuti nella
decisione
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controversa, o indirizzando agli operatori nel settore
della cantieristica navale una lettera di rettifica
delle informazioni
asseritamente errate contenute nella decisione
controversa, devono essere dichiarate infondate. È
certamente vero che i
ricorrenti affermano più volte nelle loro memorie, in
sostanza, che la Idromacchine non aveva commesso alcuna
mancanza nell’ambito dell’esecuzione dei suoi obblighi
contrattuali con la De Poli. Tuttavia, occorre
rammentare che la
mancanza che è stata constatata a carico della
Commissione nel precedente punto 56, accogliendo la
domanda dei
ricorrenti, consiste nella divulgazione del nome della
Idromacchine e non in un errore di valutazione dei
fatti, per aver
ritenuto, nella decisione controversa, in sostanza, che
la Idromacchine fosse responsabile della cattiva
esecuzione degli
obblighi contrattuali che aveva con la De Poli. Poiché,
in mancanza di una domanda dei ricorrenti in tal senso,
la
constatazione di siffatto errore di valutazione da parte
della Commissione non rientra nell’oggetto del presente
ricorso,
non occorre esaminare se la Commissione abbia commesso
detto errore di valutazione e neppure, a fortiori,
ordinare alla
Commissione di adottare misure idonee a riabilitare
l’immagine e la reputazione della Idromacchine.
83 Di conseguenza, la domanda di riabilitazione
dell’immagine e della reputazione della Idromacchine,
formulata dai
ricorrenti, deve essere dichiarata infondata.
84 Si può concludere l’esame della domanda di
risarcimento dei ricorrenti a titolo del danno morale
della Idromacchine,
dichiarando, in primo luogo, che occorre ritenere
presenti le condizioni per la sussistenza di una
responsabilità
extracontrattuale della Comunità; in secondo luogo, che
si deve concedere alla Idromacchine l’importo di EUR 20
000 a
titolo di risarcimento per il danno morale subito; in
terzo luogo, che occorre condannare la Commissione a
pagare
interessi compensativi su tale importo a partire dalla
pubblicazione della decisione controversa nella Gazzetta
ufficiale, il
18 febbraio 2005, fino alla pronuncia della presente
sentenza, al tasso fissato dalla BCE per le principali
operazioni di
rifinanziamento, applicabile durante il periodo
considerato, maggiorato di due punti; e, in quarto
luogo, che si deve
condannare la Commissione a pagare interessi moratori su
tale importo a partire dalla data di pronuncia della
presente
sentenza fino al completo pagamento di detta indennità,
al tasso fissato dalla BCE per le operazioni principali
di
rifinanziamento, applicabile per il periodo considerato,
maggiorato di due punti.
Sul danno morale subito dai sigg. Capuzzo
85 Dalle memorie dei ricorrenti risulta che essi
affermano, in sostanza, che i sigg. Capuzzo hanno subito
due tipi di danno
morale. Da un lato, i ricorrenti sostengono che la
lesione all’immagine e alla reputazione della
Idromacchine ha colpito i
sigg. Capuzzo «conseguentemente», nella loro qualità di
titolari della totalità del capitale sociale della
Idromacchine e di
dirigenti di tale società. Dall’altro, i ricorrenti
ritengono di aver sofferto di uno «stato d’ansia
derivata [ai sigg. Capuzzo]
dalla necessità impellente di riparare il danno causato
dalla Commissione con la pubblicazione di notizie che
essi
ritenevano e ritengono mendaci» e di uno «stato di
frustrazione», risultante dall’esito infruttuoso dei
tentativi che
avevano effettuato dopo la pubblicazione della decisione
controversa per ottenere il risarcimento del danno
subito dalla
Idromacchine.
86 Dal momento che nel precedente punto 57 è già stato
dichiarato che la Commissione ha tenuto un comportamento
scorretto, derivante dalla violazione del suo obbligo di
segreto professionale, occorre esaminare se i ricorrenti
abbiano
provato nel caso di specie che i sigg. Capuzzo hanno
subito un danno morale certo e valutabile e che esiste
un nesso di
causalità tra il comportamento illecito e il loro
asserito danno morale. Infatti, in conformità alla
giurisprudenza citata nel
precedente punto 27, se mancasse l’uno o l’altro di tali
requisiti non potrebbe sussistere una responsabilità
della
Commissione.
87 In primo luogo, per quanto riguarda la lesione
dell’immagine e della reputazione che i sigg. Capuzzo
avrebbero subito
«conseguentemente» alla lesione dell’immagine e della
reputazione della Idromacchine, si deve rilevare, come
fa la
Commissione, che i loro nomi non compaiono affatto nella
decisione controversa e che non viene loro imputato a
titolo
personale alcun comportamento scorretto.
88 Inoltre, occorre sottolineare che il semplice fatto
che i sigg. Capuzzo detengano la totalità del capitale
sociale della
Idromacchine e che siano i principali dirigenti della
medesima non può modificare il rilievo secondo cui nella
decisione
controversa la Commissione censura solo il comportamento
della Idromacchine, e non quello dei suoi azionisti o
dei suoi
dirigenti. A tale riguardo si può rilevare che, come
risulta dai passi della decisione controversa citati nei
precedenti punti
8-12, in detta decisione si controverte della capacità
stessa della società di adempiere ai suoi obblighi
contrattuali e di
fornire prodotti conformi alle norme in vigore, e non
delle qualità dei sigg. Capuzzo, in quanto dirigenti o
azionisti.
89 Infine, per la parte in cui i ricorrenti effettuano
un rinvio alla sentenza del Tribunale 9 luglio 1999,
causa T-231/97,
New Europe Consulting e Brown/Commissione (Racc. pag.
II-2403, punti 54 e 55), occorre rilevare che gli
elementi di
fatto in tale causa si distinguono da quelli della
presente causa e non possono far pervenire ad una
conclusione identica.
Infatti, se risulta dai punti 54 e 55 della
summenzionata sentenza che il Tribunale in tale causa ha
ritenuto che la
lesione della reputazione dell’impresa considerata
avesse avuto effetti su quella dell’amministratore, che
possedeva il
99% delle azioni della società, ciò è avvenuto in
ragione delle circostanze di quella fattispecie in cui,
da un lato, tale
amministratore aveva esercitato da solo, in un primo
tempo, la gestione dell’impresa in forma di «impresa
individuale» e,
dall’altro, la Commissione lo aveva posto, a livello
personale, in una situazione di incertezza, che l’aveva
costretto a sforzi
inutili al fine di modificare la situazione da lei
stessa creata. Orbene, nel caso di specie i ricorrenti
non forniscono alcuna
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prova del verificarsi dell’una e dell’altra circostanza.
90 Pertanto, occorre constatare che i ricorrenti non
hanno provato l’effettività della lesione causata
all’immagine e alla
reputazione dei sigg. Capuzzo, in qualità di azionisti e
dirigenti della Idromacchine.
91 In secondo luogo, per quanto riguarda il danno morale
subito dai sigg. Capuzzo conseguentemente al loro stato
di
«ansia» derivante dalla necessità di ristabilire la
reputazione della Idromacchine e al loro stato di
«incertezza» e di
«frustrazione», a causa degli sforzi inutili profusi
dopo la pubblicazione della decisione controversa per
ottenere il
risarcimento del danno subito dalla Idromacchine, si
deve constatare, per un verso, che i ricorrenti si
limitano ad
affermare di aver subito danni di natura psicologica
senza tuttavia provarli.
92 D’altra parte, e in ogni caso, nella fattispecie non
risulta dagli elementi forniti dalle parti al Tribunale
che le iniziative
amministrative che i sigg. Capuzzo hanno personalmente
intrapreso in qualità di dirigenti della Idromacchine
siano
andate oltre l’invio di due lettere firmate al Ministero
degli Affari esteri italiano e alla Commissione. Orbene,
le semplici
operazioni descritte non possono essere considerate
idonee a far sorgere divergenze che vadano oltre le
normali
conseguenze che i rapporti d’affari possono produrre per
dirigenti come i sigg. Capuzzo e tali da costituire un
danno
morale.
93 Di conseguenza, i ricorrenti non hanno provato che i
sigg. Capuzzo abbiano sofferto di uno stato d’«ansia»,
di
«incertezza» e di «frustrazione», costituente un danno
certo e valutabile.
94 Alla luce dell’insieme delle considerazioni esposte
nei precedenti punti 82-93, si deve respingere la
domanda di
risarcimento dei ricorrenti in relazione al danno morale
che i sigg. Capuzzo avrebbero subito. Pertanto, occorre
dichiarare
infondate le domande dei ricorrenti, ai sensi del loro
secondo e terzo capo di conclusioni, di accordare loro
interessi
compensativi e moratori per tale motivo oppure di
ingiungere alla Commissione di «riabilitare» la loro
immagine e la loro
reputazione.
2. Sulla domanda di risarcimento del danno patrimoniale
95 I ricorrenti sostengono di aver subito quattro tipi
di danno patrimoniale.
96 In primo luogo, i ricorrenti chiedono il risarcimento
del danno che avrebbero subito a causa della necessità
della
Idromacchine di presentare tanto alla Repubblica
italiana quanto alla Commissione domande formali di
accesso ai
documenti che esse si erano scambiate nell’ambito del
procedimento per aiuti di Stato, conclusosi con
l’adozione della
decisione controversa. A tale riguardo, essi chiedono un
risarcimento, per un verso, di un importo pari a EUR 3
569,28,
corrispondente alle spese legali e alle spese di viaggio
sostenute da una dipendente della Idromacchine per avere
accesso
ai documenti in possesso delle autorità italiane e, per
altro verso, di un importo pari a EUR 9 072,
corrispondente al
costo della perizia tecnico-contabile dei danni che la
Idromacchine avrebbe subito, e che i ricorrenti hanno
commissionato ad una società di revisione contabile ai
fini del presente procedimento (in prosieguo: la
«perizia»).
97 A tale proposito, occorre rammentare che, in forza
dell’art. 91, n. 2, del regolamento di procedura del
Tribunale,
costituiscono spese recuperabili le spese indispensabili
sostenute dalle parti ai fini del procedimento.
98 Pertanto, per quanto riguarda, anzitutto, spese
collegate alla perizia che i ricorrenti avrebbero
sostenuto per stabilire
l’importo dei danni asseritamente subiti nell’ambito del
presente procedimento dinanzi al Tribunale, occorre
constatare
che, secondo costante giurisprudenza, spese di tal
genere, sostenute dalle parti ai fini del procedimento
giudiziario, non
possono essere considerate come un danno distinto
rispetto all’onere delle spese di giudizio (v., in tal
senso, sentenza
della Corte 10 giugno 1999, causa C-334/97,
Commissione/Montorio, Racc. pag. I-3387, punto 54, e
ordinanza del
Tribunale 14 settembre 2005, causa T-140/04,
Ehcon/Commissione, Racc. pag. II-3287, punto 79).
99 Di conseguenza, occorre constatare che i ricorrenti
non possono ottenere, in forza dell’art. 288, n. 2, CE,
un
risarcimento per le spese collegate alla perizia che
hanno richiesto ai fini del presente procedimento.
100 Per quanto riguarda, poi, le spese legali e di
viaggio di una dipendente della Idromacchine dovute alle
domande di
accesso alla corrispondenza intercorsa tra la Repubblica
italiana e la Commissione, sostenute dai ricorrenti nel
corso della
fase anteriore al presente procedimento, occorre
rammentare che il Tribunale ha giudicato che, anche se
nel corso del
procedimento che precede la fase giurisdizionale viene
generalmente svolto un lavoro giuridico sostanziale,
l’art. 91 del
regolamento di procedura si riferisce unicamente al
procedimento dinanzi al Tribunale, escludendo la fase
che precede
quest’ultimo. Questo risulta in particolare dall’art. 90
del regolamento, il quale fa menzione del «procedimento
dinanzi al
Tribunale» (v., in tal senso, ordinanza del Tribunale 24
gennaio 2002, causa T-38/95 DEP, Groupe
Origny/Commissione,
Racc. pag. II-217, punto 29, e giurisprudenza ivi
citata). Pertanto, riconoscere a tali spese la qualità
di danno
indennizzabile nell’ambito di un ricorso per
risarcimento sarebbe contraddittorio rispetto alla non
ricuperabilità delle spese
affrontate nella fase che precede il procedimento
giurisdizionale (ordinanza Ehcon/Commissione, punto 98
supra,
punto 79).
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101 Ne consegue che si deve altresì constatare che i
ricorrenti non sono legittimati ad ottenere, sulla base
dell’art. 288,
n. 2, CE, un risarcimento per le spese legali e di
viaggio di una dipendente della Idromacchine, sostenute
in relazione alla
fase che precede il presente procedimento dinanzi al
Tribunale.
102 Alla luce delle considerazioni esposte nei
precedenti punti 95-101, occorre quindi respingere le
domande di risarcimento
per le spese affrontate dai ricorrenti, da una parte,
prima del presente procedimento, dall’altra, ai fini di
esso.
103 In secondo luogo, poiché il Tribunale ha già
dichiarato nel precedente punto 57 che la Commissione
aveva commesso
una mancanza tale da far sorgere la responsabilità
extracontrattuale della Comunità, occorre esaminare se i
ricorrenti
abbiano provato la reale sussistenza di ciascuno degli
altri tre danni materiali che fanno valere e l’esistenza
di un nesso di
causalità tra ciascun danno invocato e tale mancanza.
Infatti, in conformità alla giurisprudenza citata nel
precedente
punto 27, se non si verificasse l’una o l’altra di tali
condizioni, la responsabilità extracontrattuale della
Comunità non
esisterebbe.
104 Anzitutto, i ricorrenti chiedono un risarcimento di
EUR 3 900 000 corrispondente al valore di costruzione
dei serbatoi di
cui trattasi. A parere dei ricorrenti, la Idromacchine
non sarebbe riuscita a rivendere i detti serbatoi a
causa delle
segnalazioni riguardanti il presunto carattere difettoso
contenute nella decisione controversa, come indicherebbe
la
lettera di un intermediario in data 30 marzo 2007, da
essi allegata al ricorso (in prosieguo: la «lettera
dell’intermediario»).
105 A tale proposito, occorre constatare che, nelle loro
memorie, i ricorrenti sostengono che, in considerazione
del fatto che i
serbatoi di cui trattasi sono rimasti invenduti dopo la
pubblicazione della decisione controversa, la
«Idromacchine si è
persino attivata – in collaborazione con altre società
del settore ed alcuni armatori – per la costruzione di
una nave ad
hoc (dalle caratteristiche fisiche e meccaniche simili
alle navi [della De Poli] sulle quali avrebbero dovuto
essere collocati i
serbatoi commissionati), ma senza successo». Pertanto, e
senza che sia necessario pronunciarsi sull’affidabilità,
come
prova, della lettera dell’intermediario contestata dalla
Commissione, occorre rilevare che, come gli stessi
ricorrenti
ammettono, i serbatoi di cui trattasi non sono stati
rivenduti in quanto erano stati costruiti per soddisfare
le specificità
proprie delle navi su cui la De Poli doveva installarli
e non a causa del comportamento scorretto della
Commissione al
momento della pubblicazione della decisione controversa.
106 D’altra parte, e in ogni caso, occorre rilevare che
il danno patrimoniale della Idromacchine a tale riguardo
risulta
direttamente non dal fatto che la Commissione ha tenuto
un comportamento scorretto, ma dal fatto che la De Poli
non
ha effettuato il pagamento di detti serbatoi. Pertanto,
la Idromacchine potrebbe eventualmente essere
legittimata ad
ottenere un risarcimento per il danno patrimoniale
nell’ambito di un’azione per responsabilità contrattuale
dinanzi ai
giudici nazionali, e non nel contesto del presente
procedimento.
107 Ne consegue che i ricorrenti non hanno provato
l’esistenza di un nesso di causalità tra il
comportamento scorretto della
Commissione e il danno patrimoniale che la Idromacchine
avrebbe subito, in conseguenza del fatto che
quest’ultima ha
dovuto sostenere il costo di costruzione dei serbatoi di
cui trattasi rimasti poi invenduti. Si deve quindi
respingere la
domanda di risarcimento che i ricorrenti hanno
presentato a tale riguardo.
108 Per quanto concerne il secondo danno materiale, i
ricorrenti chiedono un risarcimento di EUR 1 013 000
corrispondente
all’asserita «improduttività di beni e attrezzature di
Idromacchine dedicati al solo settore caldareria dal
2005 al 2008».
Essi affermano che «a far data dal 2005, Idromacchine ha
dovuto sostenere una serie di costi incomprimibili per
mantenere in vita un settore ormai improduttivo a causa
proprio delle informazioni pubblicate» nella decisione
controversa. A tale riguardo essi ripropongono nelle
loro memorie una tabella, compilata da un dipendente
della
Idromacchine, secondo cui quattordici attrezzature
risultavano utili alla fabbricazione di serbatoi che la
Idromacchine
aveva acquistato tra il 1995 e il 2002 e il cui attuale
valore globale era di EUR 1 013 000.
109 Occorre rilevare che se l’importo richiesto dai
ricorrenti corrisponde, secondo le loro stime, al valore
nel 2008 delle
attrezzature utilizzate per la costruzione dei serbatoi,
tale importo tuttavia non è minimamente correlato
all’oggetto
stesso della loro domanda di risarcimento in quanto tali
attrezzature non sarebbero state utilizzate per tre anni
dopo
l’adozione della decisione controversa. Pertanto,
occorre constatare che il danno di cui chiedono il
risarcimento per un
importo di EUR 1 013 000 non è certo e valutabile.
110 D’altronde, occorre constatare, in ogni caso, che i
ricorrenti non provano, nel caso di specie, un nesso di
causalità tra il
comportamento scorretto della Commissione e la
circostanza che la Idromacchine non abbia potuto
utilizzare tali
attrezzature per tre anni dopo l’adozione della
decisione controversa.
111 Infatti, anzitutto, gli argomenti dei ricorrenti
secondo cui, da un lato, il settore caldareria era in
crescita negli anni dal
2005 al 2008 e, dall’altro, la Idromacchine non era mai
stata oggetto di denunce da parte di clienti diversi
dalla De Poli
non implicano affatto che il fatturato della
Idromacchine e, quindi, la sua capacità di ammortizzare
tali attrezzature, non
sarebbe diminuito in tale periodo se la decisione
controversa non fosse stata pubblicata. Invero, dal
fatto che un mercato
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sia in crescita non si può dedurre che il fatturato di
un’impresa determinata su tale mercato aumenti
necessariamente.
112 Inoltre, la missiva dell’intermediario allegata dai
ricorrenti, e secondo cui i clienti contattati per la
vendita dei serbatoi di
cui trattasi «hanno costantemente eccepito insuperabili
riserve (…) derivanti dalla presunta difettosità dei
serbatoi [di cui
trattasi], come dichiarato dalla Commissione europea
sulla [Gazzetta Ufficiale] del 18 febbraio 2005», non
consente di
dimostrare l’esistenza di un nesso di causalità
sufficientemente diretto tra la pubblicazione della
decisione controversa e
la circostanza che la Idromacchine avrebbe subito un
forte ribasso del suo fatturato tra il 2005 e il 2008,
così da non
essere in grado di utilizzare le sue attrezzature per
tre anni dopo l’adozione della decisione controversa, a
causa delle
mancanze commesse dalla Commissione. Infatti, occorre
sottolineare a tale proposito che i ricorrenti non
forniscono
alcuna prova del fatto che, a causa della pubblicazione
della decisione controversa, i clienti attuali o
potenziali della
Idromacchine abbiano rinunciato ad una commessa di
serbatoi diversi da quelli menzionati nella decisione
controversa
oppure, ad esempio, che, in seguito alla pubblicazione
della decisione impugnata, la Idromacchine sia stata
esclusa dalla
lista dei venditori di cui faceva parte e rispetto alla
quale i ricorrenti indicano nelle loro memorie che «solo
l’inserimento
in tali liste consent[iva] di ottenere delle
commissioni».
113 Infine, i ricorrenti non forniscono alcuna
giustificazione che consenta di capire le ragioni per
cui la pubblicazione della
decisione controversa avrebbe provocato una diminuzione
del fatturato della Idromacchine allorché essa poteva
avvalersi, presso qualsiasi cliente attuale o
potenziale, del fatto che, secondo le proprie memorie,
la conformità alle
norme in vigore dei serbatoi di cui trattasi sarebbe
stata in definitiva riconosciuta dall’organismo italiano
di certificazione
il 5 ottobre 2004, ancor prima della pubblicazione della
decisione controversa.
114 Risulta quindi dai rilievi esposti nei precedenti
punti 108-113 che i ricorrenti non hanno né provato
l’esistenza di un
danno certo e valutabile, né quella di un nesso di
causalità tra il comportamento scorretto della
Commissione e i loro
asseriti danni patrimoniali corrispondenti
all’«improduttività di beni e attrezzature della
Idromacchine dedicati al solo
settore caldareria dal 2005 al 2008».
115 In ultimo, i ricorrenti chiedono un risarcimento di
importo pari a EUR 534 000 per il mancato guadagno
subito dalla
Idromacchine a causa della riduzione delle commesse di
serbatoi, corrispondente all’importo totale dei profitti
che
avrebbe realizzato tra il 2005 e il 2008 se la decisione
controversa non fosse stata pubblicata. A tale
proposito, è
sufficiente rilevare che, come è stato esposto nel
precedente punto 111, i ricorrenti non hanno fornito
alcuna prova
dell’esistenza di un nesso di causalità tra il
comportamento scorretto della Commissione e la riduzione
del fatturato della
Idromacchine e, di conseguenza, dei suoi profitti.
116 Pertanto, occorre dichiarare infondata la domanda di
risarcimento dei ricorrenti nella parte che riguarda i
loro asseriti
danni patrimoniali di importo stimato pari a EUR 5 459
641,28. Da quanto precede risulta che le domande dei
ricorrenti,
nell’ambito del loro primo capo di conclusioni, dirette
ad ottenere il pagamento degli interessi compensativi e
moratori su
detto importo, devono essere dichiarate infondate.
117 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono
occorre concludere che il presente ricorso deve essere
accolto nella
parte in cui i ricorrenti chiedono il risarcimento del
danno morale subito dalla Idromacchine, e respinto
quanto al resto.
Sulle spese
118 Ai sensi dell’art. 87, n. 3, del regolamento di
procedura, il Tribunale, se le parti soccombono
rispettivamente su uno o
più capi, può ripartire le spese o decidere che ciascuna
parte sopporti le proprie spese.
119 Poiché il ricorso è stato accolto in parte, il
Tribunale ritiene corrispondente a una corretta
valutazione delle circostanze
della causa decidere che la Commissione sopporti le
proprie spese nonché i due terzi delle spese esposte dai
ricorrenti e
che questi ultimi, di conseguenza, sopportino un terzo
delle proprie spese.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)
dichiara e statuisce:
1) La Commissione europea è condannata a versare alla
Idromacchine Srl la somma di EUR 20 000 a
titolo di risarcimento del danno morale da quest’ultima
subito.
2) La somma da versare alla Idromacchine dev’essere
maggiorata di interessi compensativi, a partire
dal 18 febbraio 2005 fino alla pronuncia della presente
sentenza, al tasso fissato dalla Banca centrale
europea (BCE) per le operazioni principali di
rifinanziamento, maggiorato di due punti.
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3) La somma da versare alla Idromacchine dev’essere
maggiorata di interessi moratori, a partire dalla
pronuncia della presente sentenza e fino al pagamento
completo di detta somma, al tasso fissato
dalla BCE per le operazioni principali di
rifinanziamento, maggiorato di due punti.
4) Per il resto, il ricorso è respinto.
5) La Commissione sopporterà le proprie spese e i due
terzi delle spese della Idromacchine, del
sig. Alessandro Capuzzo e del sig. Roberto Capuzzo, che
sopporteranno un terzo delle proprie spese.
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’8 novembre
2011.
Firme
Indice
Fatti
Procedimento e conclusioni delle parti
In diritto
1. Sulla domanda di risarcimento dei danni morali
Sul danno morale subito dalla Idromacchine
Sul comportamento illecito addebitato alla Commissione
Sull’effettività del danno
Sull’esistenza di un nesso di causalità tra il
comportamento addebitato e il danno
lamentato
Sul risarcimento del danno morale subito dalla
Idromacchine
Sul danno morale subito dai sigg. Capuzzo
2. Sulla domanda di risarcimento del danno patrimoniale
Sulle spese
* Lingua processuale: l’italiano.
Pelikánová Jürimäe Van der Woude
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