Lo stato di gravidanza non è una
malattia o una imperfezione che mette in discussione
l’idoneità psico-fisica della donna al suo eventuale
reclutamento nell’esercito. Pertanto il ricorso del
caporalmaggiore incinta non ammessa al concorso va
accolto. Il Tar del Lazio, con la sentenza n. 8213 del
25 ottobre 2011, ha dichiarato illegittima la norma del
bando “nella parte in cui, fissando un limite ai rinvii
temporali degli accertamenti sanitari allorché una
candidata versi nello stato di gravidanza, di fatto
impedisce la partecipazione della stessa al concorso
decretando la sua esclusione qualora il suddetto stato
di gravidanza persista oltre la data stabilita per la
ultimazione degli accertamenti stessi”. I giudici
amministrativi ricordano che la stessa Costituzione
garantisce a tutti i cittadini senza distinzione di
sesso la possibilità di accesso agli uffici pubblici, e
ciò in ragione del più generale principio di uguaglianza
sancito dalla carta costituzionale. Anche sul piano
della normativa comunitaria, la direttiva europea,
relativa all’applicazione del principio della parità di
trattamento fra uomini e donne per quanto concerne
l’accesso al lavoro, stabilisce l’assenza di qualsiasi
discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda le
condizioni di accesso, compresi i criteri di selezione,
agli impieghi o posti di lavoro qualunque sia il settore
o il ramo di attività. Per finire, anche dal punto di
vista nazionale, la tutela della maternità ha trovato la
sua realizzazione nella legge 30 dicembre 1971 n. 1204
dedicata alle lavoratrici madri nonché nella legge 10
aprile 1991 n. 125 sulle pari opportunità.
Sulla base di questi principi, il
Tar non ammette deroghe sostenendo che la lavoratrice
non può essere sfavorita dal fatto di essere incinta
mentre sta svolgendo una procedura concorsuale per
ottenere un posto nel pubblico impiego, che in questo
caso riguarda l’esercito.
Una regola concorsuale di questo
tipo è in contrasto con quello che la Costituzione
prevede e determina una inammissibile disparità di
trattamento nei confronti di una concorrente che vede
così pregiudicata la sua scelta in favore della
maternità.
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