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Flagellazione
Un consulente del lavoro veniva
evocato in giudizio dal notaio a cui aveva prestato la
propria consulenza in materia contributiva per avere
interpretato una norma di legge in modo difforme da
quanto prescritto dalla circolare dell'ente
previdenziale.
In particolare aveva trattato
egualmente, dal punto di vista contributivo, gli assunti
con contratto di formazione e lavoro e gli assunti con
contratto di apprendistato.
Il consulente del lavoro veniva
condannato in primo grado al risarcimento dei danni,
mentre la Corte d'appello escludeva ogni responsabilità
a carico del professionista.
Con la sentenza in esame, la Corte
di Cassazione fa propria la motivazione della corte di
merito: l'interpretazione data alla norma dal
professionista non è né abnorme, né azzardata, ma anzi
in linea con una certa interpretazione assunta nel
diritto comunitario e frutto di una legittima
interpretazione del confuso quadro normativo.
La corte coglie l'occasione per
ribadire che in caso di interpretazione di leggi o di
risoluzione di questioni opinabili deve ritenersi
esclusa la responsabilità del professionista a meno che
non risulti che abbia agito con dolo o colpa grave.
Pertanto la Corte respinge il
ricorso.
Con motivazione logica, che sfugge
a tutte le censure di vizi motivazionali, la Corte
territoriale ha preso in esame la particolare situazione
posta a base delle richieste di risarcimento avanzate
dal Notaio C. ed ha concluso che la scelta di sottoporre
le retribuzioni corrisposte ai giovani assunti con
contratti di formazione e lavoro alla contribuzione
ridotta, in misura fissa, così come previsto per ì
giovani assunti con contratto di tirocinio non era
affatto azzardata ed era anzi in linea con la nozione di
"impresa" assunta nel diritto comunitario che
ricomprende in essa anche l'attività svolta dagli
esercenti le professioni intellettuali. Con ragionamento
ineccepibile, i giudici di appello hanno sottolineato
che la scelta operata dal P. non poteva dirsi abnorme,
in quanto frutto di una interpretazione de tutto
legittima del confuso quadro normativo.Per questo motivo
i giudici di appello hanno escluso la colpa grave del
professionista, ossia l'errore inescusabile in ragione
della sua grossolanità, o l'ignoranza incompatibile con
la preparazione media esigibile dal professionista o
l'imprudenza, sintomatica di superficialità e
disinteresse per i beni primati che il cliente ha
affidato alla cura del professionista. La decisione
impugnata appare, in tutto, conforme alla giurisprudenza
di questa Corte, secondo la quale nelle ipotesi di
interpretazione di leggi o di risoluzione di questioni
opinabili, deve ritenersi esclusa la responsabilità del
professionista a meno che non risulti che abbia agito
con dolo o colpa grave (cfr. Cass. 4 dicembre 1990 n.
11612, 18 novembre 1996 n. 10068, 11 agosto 2005 n.
16846, 17 gennaio 2007 n. 974).
(...)
In particolare, la Corte territoriale ha tenuto a
precisare che la opinione dell'INPS, espressa anche
attraverso una lettera circolare agli assicurati -
secondo la quale i liberi professionisti non erano
inclusi nella categoria degli imprenditori destinatari
della previsione di cui alla L. n. 291 del 1988, art. 5
comma, - non poteva affatto considerarsi vincolante,
nonostante la "autorevolezza" della
fonte. LA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE
SEZIONE
TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. TRIFONE
Francesco - Presidente -
Dott. FILADORO
Camillo - rel. Consigliere -
Dott. SPIRITO
Angelo - Consigliere -
Dott. GIACALONE
Giovanni - Consigliere -
Dott. DE STEFANO
Franco - Consigliere -
ha pronunciato la
seguente:
sentenza
sul ricorso 16753/2009 proposto da:
C.F. (OMISSIS),
elettivamente domiciliato in
ROMA,
................................, presso lo studio
dell'avvocato ....................., che lo rappresenta
e difende giusta delega in atti;
-
ricorrente -
contro
P.E. (OMISSIS),
elettivamente domiciliato in
ROMA, ............................,
presso lo studio dell'avvocato
...................................., che lo rappresenta
e difende giusta delega in atti;
S.A.
.......................INSURANCE COMPANY nuova
denominazione della S.A................., elettivamente
domiciliata in ROMA,
......................................................,
presso lo studio dell'avvocato
.............................................., che lo
rappresenta e
difende giusta delega in atti;
-
controricorrenti -
avverso la sentenza n. 4759/2008
della CORTE D'APPELLO di ROMA,
depositata il 18/11/2008, R.G.N.
7250/2003;
udita la relazione della causa
svolta nella pubblica udienza del
28/09/2011 dal Consigliere Dott.
CAMILLO FILADORO;
udito L'Avvocato
........................................;
udito l'Avvocato
.........................................;
udito l'Avvocato
........................................;
udito il P.M. in persona del
Sostituto Procuratore Generale Dott.
SGROI Carmelo, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza 6 agosto 2000 il
Tribunale di Roma condannava il consulente del lavoro,
P.E., a pagare la somma di lire 6.205.000 a tìtolo di
risarcimento danni conseguenti alla attività di
consulenza prestata al Notaio C.F..
Con decisione 18 novembre 2008 la
Corte di appello di Roma riformava la sentenza di primo
grado, rigettando la domanda di risarcimento proposta
dal Notaio C., che condannava a pagare al P. il saldo
dei compensi per la attività di consulenza del lavoro
prestata.
Gli stessi giudici dichiaravano
inammissibile la domanda di ripetizione delle somme
versate in esecuzione della sentenza di primo grado
proposto dal P. (in luogo che dalla Zurigo
assicurazioni) nei confronti del C.. La domanda di
risarcimento danni proposta dal C. traeva origine dal
fatto che il consulente P. aveva consigliato il notaio a
versare i contributi previdenziali relativi ad alcuni
giovani assunti con contratto di formazione e lavoro, in
misura fissa, analogamente a quanto previsto per i
giovani assunti con contratto di apprendistato.
Tale inquadramento, tuttavia, era
stato ritenuto non corretto dall'Istituto previdenziale
competente, sulla base di una interpretazione della L.
n. 407 del 1990 (art. 8) che escludeva gli studi
professionali dalla categoria delle "imprese" ammesse a
tale agevolazioni.
Per questa ragione il C. aveva
chiesto al consulente del lavoro ................. il
risarcimento dei danni conseguenti alla parziale
omissione contributiva (per sanzioni e differenze di
contributi).
I giudici di appello, riformando la
decisione di primo grado, escludevano qualsiasi elemento
di responsabilità a carico del P., la cui scelta di
sottoporre le contribuzioni erogate ai giovani dello
studio C. ai contributi stabiliti in misura fissa, come
stabilito per gli apprendisti, non poteva essere
considerata "nè azzardata nè abnorme, in quanto fritto
di una legittima interpretazione del confuso quadro
normativo".
I giudici di appello accoglievano,
conseguentemente, la domanda del P. intesa ad ottenere
il pagamento delle differenze dovute per la attività di
consulenza del lavoro ed elaborazione paghe.
Avverso tale decisione C. ha
proposto ricorso per cassazione sorretto da sei motivi.
Resistono con distinti
controricorsi la ................... assicurazioni e il
P..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente
denuncia violazione e, falsa applicazione di norme di
legge nonchè vizi della motivazione. Il P. non aveva
reso edotto il committente circa le possibili scelte e i
presumibili esiti della opzione contributiva che egli
aveva suggerito di indicare (opzione che l'INPS aveva
ritenuto non corretta). I giudici di appello avrebbero
dovuto considerare tale questione e stabilire se tale
mancanza potesse costituire inadempimento professionale
del P..
Con il secondo motivo, strettamente
collegato al primo, si deduce violazione e falsa
applicazione di norme di legge su punti essenziali della
controversia, nonchè motivazione assente, carente e
contraddittoria. L'inadempimento professionale del P.
comportava l'obbligo di risarcire i danni causati per
avere il cliente agito come indicatogli dal
professionista, nella convinzione che tale condotta
fosse esente da censure e contraddizioni.
Entrambi i motivi, da esaminare
congiuntamente, sono inammissibili oltre che privi di
fondamento.
La questione dell'inadempimento -
da parte del P. - all'obbligo di informativa in ordine
alle scelte operate in materia di contributi
previdenziali non risulta essere stata tempestivamente
sollevata nel giudizio di primo e secondo grado.
In ogni caso, occorre anche in
questa sede ribadire che la limitazione della
responsabilità professionale del professionista ai soli
casi di dolo o colpa grave a norma dell'art. 2236 c.c.,
si applica nelle sole ipotesi che presentino problemi
tecnici di particolare difficoltà.
L'accertamento se la prestazione
professionale in concreto eseguita implichi - o meno -
la soluzione di problemi tecnici di particolare
difficolta1, è rimesso al giudice di merito ed il
relativo giudizio è incensurabile in sede di
legittimità, sempre che sia sorretto da motivazione
congrua ed esente da vizi logici o da errori di diritto
(Cass. 14 agosto 1997 n. 7618, 18 maggio 1988 n. 3463).
Con motivazione logica, che sfugge
a tutte le censure di vizi motivazionali, la Corte
territoriale ha preso in esame la particolare situazione
posta a base delle richieste di risarcimento avanzate
dal Notaio C. ed ha concluso che la scelta di sottoporre
le retribuzioni corrisposte ai giovani assunti con
contratti di formazione e lavoro alla contribuzione
ridotta, in misura fissa, così come previsto per ì
giovani assunti con contratto di tirocinio non era
affatto azzardata ed era anzi in linea con la nozione di
"impresa" assunta nel diritto comunitario che
ricomprende in essa anche l'attività svolta dagli
esercenti le professioni intellettuali.
Con ragionamento ineccepibile, i
giudici di appello hanno sottolineato che la scelta
operata dal P. non poteva dirsi abnorme, in quanto
frutto di una interpretazione de tutto legittima del
confuso quadro normativo.
Per questo motivo i giudici di
appello hanno escluso la colpa grave del professionista,
ossia l'errore inescusabile in ragione della sua
grossolanità, o l'ignoranza incompatibile con la
preparazione media esigibile dal professionista o
l'imprudenza, sintomatica di superficialità e
disinteresse per i beni primati che il cliente ha
affidato alla cura del professionista. La decisione
impugnata appare, in tutto, conforme alla giurisprudenza
di questa Corte, secondo la quale nelle ipotesi di
interpretazione di leggi o di risoluzione di questioni
opinabili, deve ritenersi esclusa la responsabilità del
professionista a meno che non risulti che abbia agito
con dolo o colpa grave (cfr. Cass. 4 dicembre 1990 n.
11612, 18 novembre 1996 n. 10068, 11 agosto 2005 n.
16846, 17 gennaio 2007 n. 974).
I giudici di appello hanno
precisato che la interpretazione proposta dal P. era
senza dubbio plausibile, come - per altro verso -
risultava confermato da numerose decisioni di giudici di
merito, e rispondeva senza dubbio all'interesse pratica
del cliente a non versare contributi non dovuti e di
prevedibile, difficile, ricuperabilità.
In particolare, la Corte
territoriale ha tenuto a precisare che la opinione
dell'INPS, espressa anche attraverso una lettera
circolare agli assicurati - secondo la quale i liberi
professionisti non erano inclusi nella categoria degli
imprenditori destinatari della previsione di cui alla L.
n. 291 del 1988, art. 5 comma, - non poteva affatto
considerarsi vincolante, nonostante la "autorevolezza"
della fonte.
La decisione della Corte di appello
si basa su di una presunzione di compartecipazione del
cliente alle scelte operate dal proprio consulente.
Come ha rilevato la compagnia di
assicurazione .............., doveva ritenersi che il C.
- anche in considerazione della sua preparazione
giuridica - fosse stato adeguatamente informato dal P.
in ordine alla, linea di condotta adottata in materia di
versamento dei contributi. I modelli che prevedevano una
contribuzione ridotta (in misura fissa così come
previsto per gli apprendisti) erano stati personalmente
sottoscritti dal notaio C., che aveva cosi - sia pure
implicitamente - mostrato di condividere la
interpretazione delle norme suggerita, dal proprio
consulente del lavoro.
Sotto altro profilo, come
opportunamente ha sottolineato la compagnia di
assicurazione resistente, nel caso di specie non vi era
neppure la prova della sussistenza di un danno concreto,
verificatosi nel patrimonio del C., in conseguenza
dell'operato del P..
Non poteva dirsi raggiunta,
infatti, la prova della esistenza del nesso eziologico
tra il maggiore esborso e la azione, od omissione,
imputabile al P..
Il notaio C. si era autonomamente
determinato - in conseguenza della richiesta dell'INPS -
a richiedere la sanatoria, provvedendo a pagare le
differenze contributive richieste con relative sanzioni,
senza instaurare un contenzioso con l'istituto
previdenziale, pagando eventualmente quanto richiesto,
con riserva di ripetizione (come pure gli aveva
suggerito lo stesso P.). Il rigetto dei primi due
motivi, comporta, come conseguenza, l'assorbimento del
terzo motivo, che presuppone l'accertamento di un
inadempimento da parte del P..
Il quarto ed il quinto motivo, da
esaminare congiuntamente, riguardano entrambi la
regolamentazione delle spese del giudizio di primo e
secondo grado.
Il P. aveva impugnato la condanna
alle spese, ma non la entità della loro liquidazione.
Pertanto il giudice di appello
avrebbe potuto, semmai, addossare le spese del giudizio
di primo grado alla parte soccombente, ma non operarne
una nuova determinazione in aumento (quarto motivo).
Tra l'altro, la decisione impugnata
non aveva spiegato in alcun modo la ragione di tale
nuova determinazione (quinto motivo).
Entrambe le censure sono prive di
fondamento. Infatti, la riforma integrale della
decisione di primo grado, ha comportato necessariamente
la caducazione del capo della decisione relativo alla
statuizione sulle spese del giudizio, conferendo al
giudice di appello il potere-dovere di rinnovare il
regolamento delle spese, alla stregua dell'esito finale
della causa, disponendo anche in ordine alla loro
quantificazione.
In tal senso la giurisprudenza di
questa Corte, per la quale ogni decisione sulle spese
dell'intero giudizio spetta al giudice
dell'impugnazione, che nella liquidazione di esse deve
tener conto dell'esito complessivo del giudizio. (Cass.
17 gennaio 2007 n. 974).
Tra l'altro, la Corte territoriale
aveva disposto una parziale compensazione delle spese
del giudizio di primo e secondo grado, ponendo a carico
del C. la rimanente metà.
Con il sesto motivo si denuncia la
violazione e falsa applicazione di norme di legge su
punti essenziali della controversia, difetto ed
omissione di motivazione. Sottolinea il ricorrente che
il C. non aveva formulato alcuna domanda nei confronti
della compagnia di assicurazione e nonostante ciò era
stato condannato a rifondere le spese del doppio grado
del giudizio anche nei confronti della società. Anche
questo ultimo motivo è infondato.
Si richiama sul punto la
consolidata giurisprudenza di questa Corte in base alla
quale, le spese sostenute dal terzo chiamato in giudizio
a titolo di garanzia impropria sono legittimamente poste
a carico della parte che, rimasta soccombente, abbia
provocato e giustificato la chiamata in garanzia. (Cass.
2 marzo 2007 n. 4958). Il rimborso delle spese
processuali sostenute da chi sia stato chiamato in
garanzia dal convenuto, legittimamente viene posto a
carico dell'attore, ove questi risulti soccombente nei
confronti del convenuto in ordine a quella pretesa che
ha provocato e giustificato la chiamata in garanzia e
sempre che non risulti soccombenza del chiamato ovvero
del chiamante, a nulla rilevando la mancanza di
un'istanza di condanna in tal senso (Cass. 28 agosto
2007 n. 18205).
Conclusivamente il ricorso deve
essere rigettato, con la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del giudizio, che liquida in Euro 4.200,00
(quattromiladuecento/00), di cui Euro 200,00 per spese,
oltre spese generali ed accessori di legge, in favore di
ciascuno dei resistenti.
Così deciso in Roma, il 28
settembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 20
ottobre 2011
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