Con la sentenza n. 22380,
depositata il 27 ottobre scorso, la Corte di Cassazione
ha stabilito che integra un illecito disciplinare il
comportamento di un avvocato che, dopo aver ascoltato un
teste alla presenza di terze persone, contesti la sua
deposizione assumendeo egli stesso la veste di
testimone. Secondo i giudici di legittimità, l'avvocato
che pone in essere tale condotta viola l'art. 58 del
C.D.F. Nella fattispecie, il Consiglio dell'Ordine degli
Avvocati di Bergamo, deliberava l'apertura di un
procedimento disciplinare a carico dell'avvocato per
fatti integranti violazione del primo comma del
menzionato art. 58 Codice di Deontologia Forense. Ci si
riferiva alla partecipazione ad un colloquio tra il
legale e la sua assistita (ed in pendenza di una causa
civile della persona che sarebbe stata indicata come
teste nella causa stessa), nonché alla circostanza di
aver successivamente accreditato innanzi al giudice la
falsità della deposizione dal teste perché difforme
dalla versione ascoltata in quel colloquio. A
conclusione di tale procedimento, il Consiglio
dell'Ordine degli Avvocati di Bergamo comminò la
sanzione dell'avvertimento. L'avvocato propose quindi
ricorso al Consiglio Nazionale Forense che lo rigettava
osservando, tra le altre cose che il fatto ascritto era
provato e rilevante sul piano disciplinare dato che
l'avvocato aveva mancato al suo dovere di riservatezza
facendo partecipare al colloquio con il proprio cliente
un estraneo al fine di predisporre una testimonianza sul
colloquio stesso, e che la stessa professionista aveva
deciso di rendere dichiarazioni su fatti ed elementi
difensivi coperti dal segreto in tal modo assumendo la
veste di testimone nel giudizio civile senza prevista
rinuncia al mandato in violazione dell'art. 58 CDF. Su
ricorso per cassazione proposto dall'avvocato, le
Sezioni Unite Civili hanno stabilito che risulta violato
da parte dall'avvocato il precetto deontologico volto a
contenere il ruolo defensionale nella audizione del
"futuro-teste" nell'ambito della attività di
acquisizione riservata, oggettiva e serena dei dati
afferenti l'utilità per il proprio assistito della
eventuale sua indicazione nella controversia nel caso in
cui il legale risulti aver portato a compimento una
strategia impostata con la escussione del teste nel
proprio studio, "pubblica" (partecipata da estranei) e
consistita, per contrastare la versione dei fatti dal
teste poi riferita al giudice, nell'addurre la diversa
versione resa in quella riservata prima escussione e nel
chiamare a deporre le persone presenti a quella
escussione, un collaboratore e un collega di studio,
accreditando in questo modo, con la propria personale
autorevolezza, la persuasività delle circostanze che la
articolazione probatoria esponeva.
- Autore: Luisa Foti)
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