Rinaldi Manuela
Massima
Non è sufficiente all’esonero di
responsabilità per il datore di lavoro l’ipotesi in cui
la macchina abbia il relativo marchio CE e l’affidamento
sia riposto nella notorietà e competenza tecnica del
costruttore.
1. Premessa
Con la sentenza che qui si commenta
i giudici della quarta sezione penale della Suprema
Corte di Cassazione hanno precisato, ricordando
giurisprudenza precedente sul tema (1), che le norme
dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul
lavoro (2) sono dirette a tutelare il lavoratore non
solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione,
ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza
ed imprudenza dello stesso.
Da ciò ne deriva che il datore di
lavoro è sempre responsabile dell’incidente occorso al
prestatore di lavoro, sia sia quando ometta di adottare
le idonee misure protettive, sia quando non accerti e
vigili che di queste misure venga fatto effettivamente
uso da parte del dipendente.
Non è possibile attribuire alcun
effetto esimente all'eventuale concorso di colpa del
lavoratore.
2. Conclusioni
I giudici della Corte, con la
sentenza che qui si commenta, hanno chiarito che la
condotta
del lavoratore può comportare
l’esonero totale del datore da responsabilità solamente
nella ipotesi in cui presenti i caratteri della
abnormità, inopinabilità ed esorbitanza,
necessariamente riferiti al procedimento lavorativo
tipico ed alle direttive ricevute, così da porsi come
causa esclusiva dell'evento.
Nella fattispecie oggetto di
controversia l’imputata aveva acconsentito al fatto che
la vittima lavorasse utilizzando un cassone non idoneo
ai fini della sicurezza, poiché la pulsantiera era
posizionata in modo non adeguato.
Il lavoratore si procurava, quindi,
lo schiacciamento di un dito della mano, perdendo i
sensi e cadendo, con l’ulteriore lesione costituita da
una frattura cranica.
Sia in primo che in secondo grado
vi era stata la condanna.
La questione di spostava dinanzi la
Suprema Corte di Cassazione, la quale ha ribadito il
consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui
il datore di lavoro è tenuto ad accertare la
corrispondenza ai requisiti di legge dei macchinari
utilizzati, e, quindi, risponde dell’infortunio occorso
al lavoratore a causa della mancanza di tali requisiti,
senza che la presenza sul macchinario del marchio CE o
l’affidamento riposto nella notorietà del costruttore
valgano ad esonerarlo da responsabilità.
Il datore, infatti, è il principale
destinatario delle norme antinfortunistiche previste a
tutela della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di
lavoro, ed ha l’obbligo di conoscere e osservare tale
normativa indipendentemente da carenze od omissioni
altrui e da certificazioni seppur provenienti da
autorità di vigilanza.
Una simile posizione di garanzia
concorre si con quella del costruttore ma non può ad
essa essere subordinata.
Manuela Rinaldi
Avvocato foro Avezzano (Aq)
Direttore Amministrativo Fondazione
Studi Giuridici “Cassinelli – Buccini” c/o COA Avezzano;
Docente in corsi di Alta Formazione Professionale; ;
Docente nel corso di preparazione all’esame da avvocato
c/o Tribunale di Avezzano organizzato dal COA di
Avezzano unitamente alla Fondazione Studi Giuridici
“Cassinelli – Buccini”; già docente a contratto a.a.
2009/2010 Diritto del Lavoro e Diritto Sindacale Univ.
Teramo, facoltà Giurisprudenza, corso Laurea Magistrale
ciclo unico, c/o sede distaccata di Avezzano (Aq)
_________
(1) Cfr. Cass. civ., Sez. lavoro,
10 settembre 2009, n. 19494.
(2) Tese ad impedire l'insorgenza
di situazioni pericolose.
Rapporto di lavoro – Tutela della
salute e sicurezza nei luoghi di lavoro – Datore di
lavoro – Marchio CE – Macchine – Attrezzature da lavoro
- Art. 2087 c.c. – Art. 41 c.p.p. (Cass. pen. n.
33285/2011)
Corte di Cassazione Penale n.
33285/2011, sez. IV del 7/9/2011
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Fatto
1. Con sentenza del 8/6/2006 il
Tribunale di Novara, sez. dist. di Borgomanero,
condannava Pe. Ge. Ma. Ro. per il delitto di lesioni
colpose in danno dell'operaio Gu. Er. (fatti acc. in
(Omissis)). All'imputata, con le attenuanti generiche
equivalenti all'aggravante, veniva irrogata la pena di
mesi 2 di reclusione, sostituita con la pena pecuniaria;
veniva inoltre condannata al risarcimento del danno in
favore della costituita parte civile, con una
provvisionale immediatamente esecutiva di euro 5.000.
Alla Pe. veniva addebitato che, in
qualità di amministratore unico della s.r.l. " DU. ",
dedita alla raccolta di rifiuti solidi urbani ed in
qualità di datore di lavoro, di avere consentito che la
vittima lavorasse utilizzando un cassone ed un
sollevatore di cassonetti non idonei ai fini della
sicurezza, in quanto la pulsantiera era posizionata in
modo tale da non consentire che l'altra mano
interferisse con gli organi operatori del sollevatore;
di modo che, mentre il Gu. azionava la pulsantiera con
due dita della mano destra, con la mano sinistra
manteneva fermo il coperchio del cassonetto in
sollevamento ed in tale frangente pativa lo
schiacciamento del 4 dito della mano sinistra tra la
struttura metallica del sollevatore idraulico
e il cassone dell'autocarro. A
seguito dell'infortunio, perdeva i sensi e caduto in
terra si procurava la ulteriore lesione costituita da
una frattura cranica con conseguente malattia superiore
a 40 giorni.
2. Con sentenza del 15/3/2010, la
Corte di Appello di Torino confermava la pronuncia di
condanna. Osservava la Corte di merito che la
responsabilità dell'imputata si evinceva dalle seguenti
circostanze:
- dalle deposizioni raccolte era
emerso che era prassi per i lavoratori addetti alla
raccolta dei rifiuti spingere con due dita di una mano i
pulsanti di salita del cassonetto e con l'altra
mantenere schiacciato il coperchio del cassonetto per
evitare la caduta di rifiuti che poi si sarebbero dovuti
alzare da terra;
- tale modalità di lavoro era
possibile, in quanto la pulsantiera consentiva
l'azionamento con una sola mano ed era vicina agli
organi operatori;
- solo dopo l'incidente il veicolo
era stato dotato di una doppia pulsantiere, in modo da
rendere necessario avere impegnate entrambe le mani per
dare il comando di sollevamento;
- irrilevante era che il
macchinario fosse marchiato "CE", in quanto il datore di
lavoro è tenuto a garantire
la sicurezza dei lavoratori,
indipendentemente dall'affidabilità formale dei
macchinari a disposizione;
- il delitto era procedibile di
ufficio, in quanto la malattia aveva avuto una durata
superiore ai 40 giorni; peraltro anche le lesioni al
cranio erano riconducibili alla colposa condotta
dell'imputata.
3. Avverso la sentenza ha proposto
ricorso il difensore dell'imputata, lamentando:
3.1 la erronea applicazione della
legge penale ed il difetto di motivazione in relazione
al riconosciuto nesso causale tra la condotta omissiva e
le lesioni al capo. Infatti, se lo schiacciamento di un
dito (patologia guarita in 15 giorni) poteva essere
ricondotto alla condotta contestata, lo stesso non
poteva dirsi per la frattura cranica, dovuta al fatto
che, per lenire il dolore, il Gu. aveva immerso la mano
sinistra nell'acqua fredda e ciò aveva determinato,
forse per un riflesso vagale, uno svenimento, la caduta
in terra e, quindi, la lesione al capo. Tale evento,
pertanto aveva avuto una scaturigine del tutto autonoma,
non ricollegabile alla condotta omissiva contestata e
quindi riferibile ad una causa sopravvenuta da sola
idonea a determinare l'evento;
3.2. il difetto di motivazione in
relazione alla circostanza che era stata riconosciuta la
colpevolezza, pur avendo l'imputata
posto a disposizione dei suoi dipendenti un macchinario
marcato "CE" e garantito nei requisiti di sicurezza.
Eventuali inidoneità, ai sensi del Decreto Legislativo
n. 626 del 1994, articolo 6 avrebbero dovuto far capo al
costruttore e non all'utilizzatore a cui, quindi, non
poteva imputarsi la violazione dell'articolo 35, Decreto
Legislativo cit.. In ogni caso, il lavoratore avrebbe
dovuto conformarsi alle disposizioni di sicurezza
impartite e non seguire modalità di lavoro rischiose ed
in violazione dell'articolo 5 Decreto Legislativo cit..
3.3. la violazione di legge per la
mancata assunzione di una prova decisiva, richiesta ai
sensi dell'articolo 495 c.p.p., comma 2 finalizzata a
dimostrare che ai lavoratori erano state impartite
direttive per il corretto e sicuro utilizzo dei
macchinari.
Diritto
4. Il ricorso è infondato e deve
essere rigettato.
4.1. In ordine all'accertamento del
rapporto causale in caso di concorso di cause (articolo
41 cod. proc. pen.), va ricordato il consolidato
l'insegnamento di questa Corte di legittimità, secondo
cui "Ai fini dell'apprezzamento dell'eventuale
interruzione del nesso causale tra la condotta e
l'evento, il concetto di causa sopravvenuta da sola
sufficiente a determinare l'evento non si riferisce solo
al caso di un processo causale del tutto autonomo,
giacchè, allora, la disposizione sarebbe pressochè
inutile, in quanto all'esclusione del rapporto causale
si perverrebbe comunque sulla base del principio
condizionalistico o dell'equivalenza delle cause di cui
all'articolo 41 c.p., comma 1. La norma, invece, si
applica anche nel caso di un processo non completamente
avulso dall'antecedente, ma caratterizzato da un
percorso causale completamente atipico, di carattere
assolutamente anomalo ed eccezionale, ossia di un evento
che non si verifica se non in casi del tutto
imprevedibili a seguito della causa presupposta (Cass.
Sez. 4, Sentenza n. 1214 del 26/10/2005 Ud. (dep.
13/01/2006), Boscherini, Rv. 233173; Cass. Sez. 4,
Sentenza n. 20272 del 16/05/2006 Ud. (dep. 14/06/2006),
Lorenzoni, Rv. 234596; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 41943
del 04/10/2006 Ud. (dep. 21/12/2006), Lestingi, Rv.
235537; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 13939 del 30/01/2008
Ud. (dep. 03/04/2008), Bauwens, Rv. 239593).
Nel caso di specie, la condotta del
Gu., che dopo lo schiacciamento del dito, in ragione
della percezione del forte dolore, abbia cercato di
lenirlo immergendo la mano nell'acqua fredda, innescando
in tal modo lo svenimento e la frattura cranica, non può
dirsi che abbia determinato una causa sopravvenuta
dell'evento
con caratteri di anomalia,
eccezionalità ed imprevedibilità. Infatti la
incontrollata reazione al dolore è ricollegabile con
immediatezza allo schiacciamento del dito.
Pertanto correttamente il giudice
di merito ha ritenuto permanere il nesso di causalità
tra la condotta omissiva dell'imputata e la lesione al
capo del Gu., in quanto il comportamento dell'imputata
ha costituito un antecedente senza del quale l'evento
non si sarebbe verificato, poichè la sua assenza non
avrebbe determinato la condotta dell'operaio,
costituente una causa sopravvenuta la quale, però, non
presenta, sul piano quantitativo o qualitativo, una tale
incidenza da doversi considerare idonea da sola a
produrre l'evento. Ne consegue la infondatezza del primo
motivo di ricorso.
4.2. Quanto al secondo motivo di
censura, anche in tal caso va richiamata la consolidata
giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale "Il
datore di lavoro è tenuto ad accertare la corrispondenza
ai requisiti di legge dei macchinari utilizzati, e
risponde dell'infortunio occorso ad un dipendente a
causa della mancanza di tali requisiti, senza che la
presenza sul macchinano della marchiatura di conformità
"CE" o l'affidamento riposto nella notorietà e nella
competenza tecnica del costruttore valgano ad esonerarlo
dalla sua responsabilità" (Cass. Sez. 4, Sentenza n.
37060 del 12/06/2008 Ud. (dep. 30/09/2008), Vigliarti,
Rv. 241020; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 6280 del
11/12/2007 Ud. (dep. 08/02/2008), Mantelli, Rv. 238959;
Cass. Sez. 4, Sentenza n. 2630 del 23/11/2006 Ud. (dep.
25/01/2007), Mogliani, Rv. 236012; Cass. Sez. 4,
Sentenza n. 11122 del 15/06/1990 Ud. (dep. 04/08/1990),
Beretta, Rv. 185064).
Il datore di lavoro, infatti, è il
principale destinatario delle norme antinfortunistiche
previste a tutela della sicurezza dei lavoratori ed ha
l'obbligo di conoscerle e di osservarle
indipendentemente da carenze od omissioni altrui e da
certificazioni pur provenienti da autorità di vigilanza.
Tale posizione di garanzia concorre
con quella del costruttore, ma non è ad essa
subordinata, in quanto la prossimità
dell'imprenditore-datore alla fonte dei rischi, alle
concrete modalità di lavoro e di eventuale elusione dei
sistemi di sicurezza, gli consente immediatamente di
percepire l'esposizione al pericolo dei lavoratori
impiegati nell'utilizzo dei macchinari.
4.3. Nè può dirsi che il
comportamento negligente della persona offesa escluda la
responsabilità dell'imputata. Questa Corte ha più volte
ribadito che in materia di infortuni sul lavoro, la
condotta colposa del lavoratore infortunato non assurge
a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre
l'evento quando sia
comunque riconducibile all'area di
rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso
il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo
quando il comportamento del lavoratore, e le sue
conseguenze, presentino i caratteri dell'eccezionalità,
dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al
procedimento lavorativo e alle direttive di
organizzazione ricevute (ex plurimis, Cass. 4, n.
21587/07, ric. Pelosi, rv. 236721). Nel caso di specie,
come correttamente segnalato nella sentenza di merito,
il Gu. ha patito l'infortunio mentre svolgeva la sua
ordinaria attività di lavoro presso il cassone che gli
ha procurato l'infortunio e che era priva di idoneo
dispositivo di sicurezza, in quanto dotato di una sola
pulsantiera che non impediva l'utilizzo dell'altra mano
per tener fermo il coperchio del cassonetto in
elevazione. Pertanto la circostanza che la parte lesa,
presa dalla routine del lavoro e da un eccesso di
sicurezza, abbia avvicinato imprudentemente la mano
sinistra una zona di pericolo, non costituisce
comportamento abnorme idoneo ad interrompere il nesso
causale tra la condotta del datore di lavoro e l'evento,
condotta connotata da colpa, tenuto conto che la cautela
omessa era proprio preordinata ad evitare il rischio
specifico (lesione agli arti) che poi concretamente si è
materializzato nell'infortunio.
Ne consegue da quanto detto, anche
la infondatezza della censura relativa alla mancata
assunzione di una prova decisiva.
Invero, la prova che il datore di
lavoro abbia impartito direttive a che i dipendenti non
posizionassero gli arti nelle zone operative della
macchina, non esonera per quanto sopra detto, la Pe.
dalle sue responsabilità di tema di sicurezza dei
macchinari utilizzati dai prestatori di lavoro.
L'infondatezza del ricorso comporta
il suo rigetto e, a norma dell'articolo 616 c.p.p., la
condanna della ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e
condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali. |