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Integra il reato di interruzione di un pubblico servizio, l'aver lasciato per due ore i pazienti in attesa- Corte di Cassazione Sezione 6 Penale, Sentenza del 6 ottobre 2011, n. 36253-101 professionisti.it

 

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Ai fini della integrazione dell'elemento oggettivo del reato previsto dall'articolo 340 cod. pen., non ha rilievo che l'interruzione sia stata temporanea o che si sia trattato di un mero turbamento nel regolare svolgimento dell'ufficio o del servizio, atteso che la predetta fattispecie incriminatrice tutela non solo l'effettivo funzionamento di un ufficio, ovvero di un servizio pubblico o di pubblica necessita', ma anche il suo ordinato e regolare svolgimento (Cass. pen. sez. 6, 35071/2007 Rv. 238025); Il reato de quo si realizza anche se l'interruzione o il turbamento della regolarita' dell'ufficio o del servizio siano temporalmente limitati e coinvolgano solamente un settore e non la totalita' delle attivita' (Cass. pen. sez. 6, 334/2008 Rv.); Pertanto, anche la condotta che determini una temporanea alterazione, purche' oggettivamente apprezzabile, nella regolarita' dell'ufficio o del servizio, e' idonea a realizzare l'azione esecutiva del delitto in questione (Cass. pen. sez. 5, 27919/2009 Rv. 244337).

Corte di Cassazione Sezione 6 Penale, Sentenza del 6 ottobre 2011, n. 36253

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

 

SEZIONE SESTA PENALE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. MANNINO Saverio F. - Presidente

 

Dott. SERPICO Francesco - Consigliere

 

Dott. MILO Nicola - Consigliere

 

Dott. CORTESE Arturo - Consigliere

 

Dott. LANZA Luigi - rel. Consigliere

 

ha pronunciato la seguente:

 

SENTENZA

 

sul ricorso proposto da:

 

Procuratore generale presso la Corte di appello di Napoli;

 

avverso la sentenza 26 febbraio 2010 della Corte di appello di Napoli, la quale, in parziale riforma della sentenza 9 giugno 2008 del Tribunale di Torre Annunziata che aveva condannato Ca. Ge. , nata il (OMESSO), per il reato ex articolo 340 cod. pen., ha assolto l'imputata dal reato di cui all'articolo 340 cod. pen. perche' il fatto non sussiste.

 

Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso.

 

Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.

 

Sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FODARONI Maria Giuseppina che ha concluso per annullamento senza rinvio per prescrizione in punto di responsabilita' penale e rinvio al giudice civile per le statuizioni civili.

 

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

 

Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Napoli ricorre avverso la sentenza 26 febbraio 2010 della Corte di appello di Napoli, la quale, in parziale riforma della sentenza 9 giugno 2008 del Tribunale di Torre Annunziata (che aveva condannato Ca. Ge. , per il reato ex articolo 340 cod. pen., ha assolto l'imputata dal reato di cui all'articolo 340 cod. pen. perche' il fatto non sussiste, ritenendo che il ritardo realizzato e consistito nell'essersi la dr.ssa recata in ambulatorio (attivo sin dalle ore 8 del mattino) alle 10, dopo essersi presentata al lavoro alle ore 9,06, non fosse idoneo ad integrare un danno rilevante all'andamento del servizio.

 

2.) i motivi di impugnazione e le ragioni della decisione di questa Corte.

 

Con un unico motivo di impugnazione il Procuratore generale prospetta violazione o erronea applicazione dell'articolo 340 c.p., contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione, nonche' travisamento della prova.

 

Rileva la parte pubblica:

 

a) che la Corte di appello, accogliendo un generico motivo di gravame della difesa, ha assolto l'imputata rilevando che la stessa era scesa all'ambulatorio, aperto dalle ore 08.00, solo alle ore 10.00 ma che tale ritardo non era temporalmente apprezzabile e che l'andamento del servizio non aveva subito danno rilevante;

 

b) che con tale motivazione la corte distrettuale ha ignorato il significato della norma incriminatrice, nella costante interpretazione della giurisprudenza di legittimita', secondo cui integra il reato di interruzione di un pubblico ufficio o servizio la condotta di colui che cagioni allo svolgimento del servizio anche un semplice ritardo, purche' apprezzabile sul piano temporale e su quello del suo regolare andamento (si cita in proposito: Cass. Sez. 6, 26934/2005; 334/2009; sez. 5, 919/2009), escludendo che un ritardo di ben due ore nell'apertura dell'ambulatorio di ortopedia, gestito esclusivamente dall'imputata, avesse integrato un significativo disservizio;

 

c) che con una tale illogica e carente motivazione sono state altresi' travisate tutte le prove testimoniali raccolte dal primo giudice ed analiticamente esposte nella sentenza del 9 giugno 2008, che evidenziavano una situazione di disagio ed allarme creatasi nel pubblico in attesa, cosi' come chiaramente riferito dai testi Pe. Do. , guardia giurata in servizio all'ospedale, e St. Ma. , agente di polizia allertato dai pazienti in attesa presso il medesimo nosocomio.

 

Il motivo e' per piu' profili fondato.

 

Va in proposito premesso che il reato di interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di pubblica necessita', di cui all'articolo 340 cod. pen., e' reato di evento la cui consumazione richiede un pregiudizio effettivo (e non necessariamente di particolare rilievo) nella continuita' o nella regolarita' di un servizio pubblico o di pubblica necessita' (Cass. pen. sez. 6, 29351/2006 Rv. 235089).

 

Su tali premesse va quindi conseguentemente ribadito:

 

1) che ai fini della integrazione dell'elemento oggettivo del reato previsto dall'articolo 340 cod. pen., non ha rilievo che l'interruzione sia stata temporanea o che si sia trattato di un mero turbamento nel regolare svolgimento dell'ufficio o del servizio, atteso che la predetta fattispecie incriminatrice tutela non solo l'effettivo funzionamento di un ufficio, ovvero di un servizio pubblico o di pubblica necessita', ma anche il suo ordinato e regolare svolgimento (Cass. pen. sez. 6, 35071/2007 Rv. 238025);

 

2) che il reato de quo si realizza anche se l'interruzione o il turbamento della regolarita' dell'ufficio o del servizio siano

 

temporalmente limitati e coinvolgano solamente un settore e non la totalita' delle attivita' (Cass. pen. sez. 6, 334/2008 Rv.);

 

3) che, pertanto, anche la condotta che determini una temporanea alterazione, purche' oggettivamente apprezzabile, nella regolarita' dell'ufficio o del servizio, e' idonea a realizzare l'azione esecutiva del delitto in questione (Cass. pen. sez. 5, 27919/2009 Rv. 244337).

 

Orbene in relazione a tali tre standards probatori non v'e' dubbio che la motivazione, che ha supportato la decisione di assoluzione della Corte di appello, sia affetta dai vizi indicati nell'impugnazione del Procuratore generale di Napoli.

 

Conclusione da assumersi avuto riguardo al quadro complessivo della condotta attribuita alla dr.ssa Ca. , che aveva indotto i pazienti in attesa a ricorrere all'intervento dell'agente di Polizia del "Drappello ospedaliere", e tenuto altresi' conto che nella specie dalla stessa sentenza di proscioglimento risulta un ritardo pari a due ore, che si prospetta erroneamente come giustificabile "per prassi", in relazione a generici altri impegni di reparto.

 

Va invero rilevato in punto di "prassi" che in tema di reati contro la P.A. non puo' essere affermata la carenza dell'elemento soggettivo allorquando una prassi diffusa si sia inserita in un contesto giuridico amministrativo, sicuramente incerto in ordine alla possibilita' di realizzare l'attivita' contestata, dovendo l'agente astenersi dal porre in essere comportamenti di incerta rilevanza ed acquisire dai competenti organi amministrativi le necessarie informazioni ed assicurazioni circa la legittimita' dell'attivita' svolta, in modo da adempiere a quell'onere informativo che potrebbe rendere scusabile l'errore sulla legge penale (cfr.in termini cass. pen. sezione 6, 35813/07, r.v. 237767).

 

Nella specie, a fronte di un orario del pronto soccorso di ortopedia che decorreva dalle ore 8, cui e' corrisposta una presenza della Ca. solo alle ore 10.

 

La "prassi di impegni altri", dopo la marcatura dell'ingresso (nella specie avvenuta alle 9,06), a parte ogni altra considerazione, era in tale contesto sicuramente discutibile, avuto riguardo alla urgenza ed improcrastinabilita' del servizio, appunto di "pronto soccorso" ed imponeva l'astensione da comportamenti diversi da quelli dovuti e corrispondenti alla gestione del servizio di pronto soccorso stesso.

 

Il ricorso del P.M. risulta quindi ammissibile in rito e fondato nel merito con conseguente annullamento senza rinvio dell'impugnata sentenza per intervenuta prescrizione.

 

Per risalente giurisprudenza (Cass. pen. sez. 4, 243/1966 Rv. 101276), formatasi gia' nella vigenza dell'articolo 152 cod. proc. pen. abrogato, ove nelle more del giudizio per cassazione venga a maturarsi il termine di estinzione del reato per prescrizione, la sentenza assolutoria con formula piena emessa dal giudice di appello non costituisce la prova richiesta dall'articolo 129 cpv cod. proc. pen. e non vale quindi ad escludere l'applicazione della causa estintiva, nei casi in cui, come quello di specie, il ricorso del P.M. risulti rituale e non manifestamente infondato.

 

P.Q.M.

 

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio perche' il reato e' estinto per prescrizione.

 

 

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