Ai fini della integrazione
dell'elemento oggettivo del reato previsto dall'articolo
340 cod. pen., non ha rilievo che l'interruzione sia
stata temporanea o che si sia trattato di un mero
turbamento nel regolare svolgimento dell'ufficio o del
servizio, atteso che la predetta fattispecie
incriminatrice tutela non solo l'effettivo funzionamento
di un ufficio, ovvero di un servizio pubblico o di
pubblica necessita', ma anche il suo ordinato e regolare
svolgimento (Cass. pen. sez. 6, 35071/2007 Rv. 238025);
Il reato de quo si realizza anche se l'interruzione o il
turbamento della regolarita' dell'ufficio o del servizio
siano temporalmente limitati e coinvolgano solamente un
settore e non la totalita' delle attivita' (Cass. pen.
sez. 6, 334/2008 Rv.); Pertanto, anche la condotta che
determini una temporanea alterazione, purche'
oggettivamente apprezzabile, nella regolarita'
dell'ufficio o del servizio, e' idonea a realizzare
l'azione esecutiva del delitto in questione (Cass. pen.
sez. 5, 27919/2009 Rv. 244337).
Corte di Cassazione Sezione 6
Penale, Sentenza del 6 ottobre 2011, n. 36253
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. MANNINO Saverio F. -
Presidente
Dott. SERPICO Francesco -
Consigliere
Dott. MILO Nicola - Consigliere
Dott. CORTESE Arturo - Consigliere
Dott. LANZA Luigi - rel.
Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore generale presso la
Corte di appello di Napoli;
avverso la sentenza 26 febbraio
2010 della Corte di appello di Napoli, la quale, in
parziale riforma della sentenza 9 giugno 2008 del
Tribunale di Torre Annunziata che aveva condannato Ca.
Ge. , nata il (OMESSO), per il reato ex articolo 340
cod. pen., ha assolto l'imputata dal reato di cui
all'articolo 340 cod. pen. perche' il fatto non
sussiste.
Visti gli atti, il provvedimento
impugnato ed il ricorso.
Udita la relazione fatta dal
Consigliere Luigi Lanza.
Sentito il Pubblico Ministero,
nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FODARONI Maria Giuseppina che ha concluso per
annullamento senza rinvio per prescrizione in punto di
responsabilita' penale e rinvio al giudice civile per le
statuizioni civili.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN
DIRITTO
Il Procuratore generale presso la
Corte di appello di Napoli ricorre avverso la sentenza
26 febbraio 2010 della Corte di appello di Napoli, la
quale, in parziale riforma della sentenza 9 giugno 2008
del Tribunale di Torre Annunziata (che aveva condannato
Ca. Ge. , per il reato ex articolo 340 cod. pen., ha
assolto l'imputata dal reato di cui all'articolo 340
cod. pen. perche' il fatto non sussiste, ritenendo che
il ritardo realizzato e consistito nell'essersi la
dr.ssa recata in ambulatorio (attivo sin dalle ore 8 del
mattino) alle 10, dopo essersi presentata al lavoro alle
ore 9,06, non fosse idoneo ad integrare un danno
rilevante all'andamento del servizio.
2.) i motivi di impugnazione e le
ragioni della decisione di questa Corte.
Con un unico motivo di impugnazione
il Procuratore generale prospetta violazione o erronea
applicazione dell'articolo 340 c.p., contraddittorieta'
e manifesta illogicita' della motivazione, nonche'
travisamento della prova.
Rileva la parte pubblica:
a) che la Corte di appello,
accogliendo un generico motivo di gravame della difesa,
ha assolto l'imputata rilevando che la stessa era scesa
all'ambulatorio, aperto dalle ore 08.00, solo alle ore
10.00 ma che tale ritardo non era temporalmente
apprezzabile e che l'andamento del servizio non aveva
subito danno rilevante;
b) che con tale motivazione la
corte distrettuale ha ignorato il significato della
norma incriminatrice, nella costante interpretazione
della giurisprudenza di legittimita', secondo cui
integra il reato di interruzione di un pubblico ufficio
o servizio la condotta di colui che cagioni allo
svolgimento del servizio anche un semplice ritardo,
purche' apprezzabile sul piano temporale e su quello del
suo regolare andamento (si cita in proposito: Cass. Sez.
6, 26934/2005; 334/2009; sez. 5, 919/2009), escludendo
che un ritardo di ben due ore nell'apertura
dell'ambulatorio di ortopedia, gestito esclusivamente
dall'imputata, avesse integrato un significativo
disservizio;
c) che con una tale illogica e
carente motivazione sono state altresi' travisate tutte
le prove testimoniali raccolte dal primo giudice ed
analiticamente esposte nella sentenza del 9 giugno 2008,
che evidenziavano una situazione di disagio ed allarme
creatasi nel pubblico in attesa, cosi' come chiaramente
riferito dai testi Pe. Do. , guardia giurata in servizio
all'ospedale, e St. Ma. , agente di polizia allertato
dai pazienti in attesa presso il medesimo nosocomio.
Il motivo e' per piu' profili
fondato.
Va in proposito premesso che il
reato di interruzione di un ufficio o servizio pubblico
o di pubblica necessita', di cui all'articolo 340 cod.
pen., e' reato di evento la cui consumazione richiede un
pregiudizio effettivo (e non necessariamente di
particolare rilievo) nella continuita' o nella
regolarita' di un servizio pubblico o di pubblica
necessita' (Cass. pen. sez. 6, 29351/2006 Rv. 235089).
Su tali premesse va quindi
conseguentemente ribadito:
1) che ai fini della integrazione
dell'elemento oggettivo del reato previsto dall'articolo
340 cod. pen., non ha rilievo che l'interruzione sia
stata temporanea o che si sia trattato di un mero
turbamento nel regolare svolgimento dell'ufficio o del
servizio, atteso che la predetta fattispecie
incriminatrice tutela non solo l'effettivo funzionamento
di un ufficio, ovvero di un servizio pubblico o di
pubblica necessita', ma anche il suo ordinato e regolare
svolgimento (Cass. pen. sez. 6, 35071/2007 Rv. 238025);
2) che il reato de quo si realizza
anche se l'interruzione o il turbamento della
regolarita' dell'ufficio o del servizio siano
temporalmente limitati e
coinvolgano solamente un settore e non la totalita'
delle attivita' (Cass. pen. sez. 6, 334/2008 Rv.);
3) che, pertanto, anche la condotta
che determini una temporanea alterazione, purche'
oggettivamente apprezzabile, nella regolarita'
dell'ufficio o del servizio, e' idonea a realizzare
l'azione esecutiva del delitto in questione (Cass. pen.
sez. 5, 27919/2009 Rv. 244337).
Orbene in relazione a tali tre
standards probatori non v'e' dubbio che la motivazione,
che ha supportato la decisione di assoluzione della
Corte di appello, sia affetta dai vizi indicati
nell'impugnazione del Procuratore generale di Napoli.
Conclusione da assumersi avuto
riguardo al quadro complessivo della condotta attribuita
alla dr.ssa Ca. , che aveva indotto i pazienti in attesa
a ricorrere all'intervento dell'agente di Polizia del
"Drappello ospedaliere", e tenuto altresi' conto che
nella specie dalla stessa sentenza di proscioglimento
risulta un ritardo pari a due ore, che si prospetta
erroneamente come giustificabile "per prassi", in
relazione a generici altri impegni di reparto.
Va invero rilevato in punto di
"prassi" che in tema di reati contro la P.A. non puo'
essere affermata la carenza dell'elemento soggettivo
allorquando una prassi diffusa si sia inserita in un
contesto giuridico amministrativo, sicuramente incerto
in ordine alla possibilita' di realizzare l'attivita'
contestata, dovendo l'agente astenersi dal porre in
essere comportamenti di incerta rilevanza ed acquisire
dai competenti organi amministrativi le necessarie
informazioni ed assicurazioni circa la legittimita'
dell'attivita' svolta, in modo da adempiere a
quell'onere informativo che potrebbe rendere scusabile
l'errore sulla legge penale (cfr.in termini cass. pen.
sezione 6, 35813/07, r.v. 237767).
Nella specie, a fronte di un orario
del pronto soccorso di ortopedia che decorreva dalle ore
8, cui e' corrisposta una presenza della Ca. solo alle
ore 10.
La "prassi di impegni altri", dopo
la marcatura dell'ingresso (nella specie avvenuta alle
9,06), a parte ogni altra considerazione, era in tale
contesto sicuramente discutibile, avuto riguardo alla
urgenza ed improcrastinabilita' del servizio, appunto di
"pronto soccorso" ed imponeva l'astensione da
comportamenti diversi da quelli dovuti e corrispondenti
alla gestione del servizio di pronto soccorso stesso.
Il ricorso del P.M. risulta quindi
ammissibile in rito e fondato nel merito con conseguente
annullamento senza rinvio dell'impugnata sentenza per
intervenuta prescrizione.
Per risalente giurisprudenza (Cass.
pen. sez. 4, 243/1966 Rv. 101276), formatasi gia' nella
vigenza dell'articolo 152 cod. proc. pen. abrogato, ove
nelle more del giudizio per cassazione venga a maturarsi
il termine di estinzione del reato per prescrizione, la
sentenza assolutoria con formula piena emessa dal
giudice di appello non costituisce la prova richiesta
dall'articolo 129 cpv cod. proc. pen. e non vale quindi
ad escludere l'applicazione della causa estintiva, nei
casi in cui, come quello di specie, il ricorso del P.M.
risulti rituale e non manifestamente infondato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza
rinvio perche' il reato e' estinto per prescrizione.
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