Cassano Giuseppe
La normativa vigente individua come
fatto ostativo, ai fini del rinnovo del permesso di
soggiorno, la condanna penale per taluni reati senza
attribuire alcun rilievo a circostanze quali il fatto
che la condanna sia avvenuta per patteggiamento, né ai
benefici, contestualmente o successivamente, concessi
che non fanno venir meno la condanna, ma incidono
soltanto sulla pena.
In materia di immigrazione, l'art.
4, comma 3, del D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286,
implicitamente richiamato, ai fini del rinnovo del
permesso di soggiorno, dall’art. 5, comma 5, del
medesimo decreto legislativo, individua specifiche
ipotesi preclusive dell'ingresso e della permanenza
dello straniero in Italia (tra le quali rientrano, senza
dubbio, le condanne penali per rapina).
In tali casi, la normativa vigente
individua come fatto ostativo la condanna penale senza
attribuire alcun rilievo a circostanze quali il fatto
che la condanna sia avvenuta per patteggiamento, né ai
benefici, contestualmente o successivamente, concessi ed
in particolare alla sospensione condizionale della pena
o al condono intervenuto in seguito, che, per
definizione, non fanno venir meno la condanna, ma
incidono soltanto sulla pena.
Le suddette circostanze, pertanto,
non costituiscono elementi sufficienti a far venir meno
l’automatismo conseguente a quel tipo di condanna.
Ai sensi del citato art.
5, comma 5, a questo fine occorrono
elementi sopraggiunti tali da consentire il rilascio del
permesso di soggiorno o aspetti - puntualmente indicati
dalla norma - quali l’avere effettuato una procedura di
ricongiungimento familiare e, in tal caso, la durata del
soggiorno e i legami familiari esistenti.
Immigrazione e permesso di
soggiorno (Cons. di Stato N. 05863/2011)
Presidente: Pier Giorgio Lignani
Consiglio di Stato Sezione
giurisdizionale n. 05863/2011, sez. Terza del 4/11/2011
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N. 05863/2011
REG.PROV.COLL.
N. 03865/2010
REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione
Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro
generale 3865 del 2010, proposto da***
contro***
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO -
ROMA: SEZIONE II QUA n. 12917/2009, resa tra le parti,
concernente DINIEGO RINNOVO PERMESSO DI SOGGIORNO
Visti il ricorso in appello e i
relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in
giudizio di Ministero dell'Interno e di Questura di
Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del
giorno 8 luglio 2011 il Cons. Alessandro Palanza e udito
per la parte resistente l’avvocato dello Stato Ventrella;
Ritenuto e considerato in fatto e
diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il signor Balal Mohammad,
cittadino del Bangladesh, ha impugnato innanzi al
Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, il
decreto del Questore di Roma del 16 ottobre 2006, con il
quale è stata respinta l'istanza di rinnovo del permesso
di soggiorno da lui presentata in data 14 dicembre 2003,
richiamando una condanna riportata dal ricorrente, in
data 3 novembre 2004, alla pena di anni 1 e mesi
8 di reclusione e € 500 di multa
per il reato di rapina aggravata in concorso, con
sentenza divenuta irrevocabile il 15 febbraio 2005.
2. Il T.A.R. di Firenze ha respinto
il ricorso in questione, interpretando le vigenti
disposizioni di legge, sulla base di un’ampia
giurisprudenza, nel senso che la condanna per uno dei
reati previsti dall’articolo 4, comma 3, del D.lgs. 25
luglio 1998, n. 286, tra cui rientra la rapina
aggravata, costituisca un automatico impedimento, ai
sensi del successivo articolo 5, comma 5, al rinnovo del
permesso di soggiorno e non richieda un’autonoma
valutazione della pericolosità sociale.
3. Avverso detta decisione il
signor Balal Mohammad ha proposto atto di appello,
rilevando in particolare come la sentenza del T.A.R. non
abbia preso in considerazione i seguenti elementi di
fatto e di diritto che avrebbero motivato una diversa
decisione:
- la marginale e occasionale
partecipazione dell’odierno appellante ai fatti che lo
hanno portato alla condanna, con modalità tali che
avrebbero certamente condotto in dibattimento ad una
assoluzione;
- la condanna stessa è intervenuta
invece per patteggiamento, richiesto, su consiglio del
difensore d’ufficio, al solo scopo di evitare la
permanenza in carcere;
- la condanna è stata
successivamente condonata per indul ai sensi della legge
n. 241/2006;
- l’assoluta assenza di
pericolosità sociale nella personalità dell’appellante è
confermata dalla concessione della sospensione
condizionale della pena che, altrimenti, non avrebbe
potuto essere concessa, come attesta la giurisprudenza
della Corte di Cassazione che viene puntualmente citata
(sentenze n. 11167/99 e n. 636/92);
- l’appellante ha ottenuto il
permesso di soggiorno nel 2000 e ha sempre svolto da
allora regolare attività lavorativa senz’alcun altro
episodio di rilevanza penale .
4. Si è costituita in giudizio, per
conto del Ministero dell’interno e della Questura di
Roma, l’Avvocatura generale dello Stato che, con propria
memoria, ha ulteriormente argomentato le motivazioni
svolte nella sentenza del T.A.R. in ordine
all’automatismo degli effetti della condanna,
sottolineando, in particolare, come il provvedimento del
Questore sia non solo legittimo, ma costituisca anche
atto dovuto.
5. La causa è passata in decisione
nell’udienza dell’8 luglio 2011.
6. L’appello non può essere accolto
e la sentenza del T.A.R. merita di essere confermata.
6.1. Il Collegio osserva che, come
correttamente posto in rilievo dal T.A.R., l'art. 4,
comma 3, del D.lgs. n. 286/1998, implicitamente
richiamato, ai fini del rinnovo del permesso di
soggiorno, dall’art.5, comma 5, del medesimo decreto
legislativo, individua specifiche ipotesi preclusive
dell'ingresso e della permanenza
dello straniero in Italia, tra le quali rientrano, senza
dubbio, le condanne penali per rapina.
6.2. In tali casi la normativa
vigente individua come fatto ostativo la condanna senza
attribuire alcun rilievo alle circostanze richiamate
nell’appello, quali il fatto che la condanna sia
avvenuta per patteggiamento, né ai benefici,
contestualmente o successivamente, concessi ed in
particolare alla sospensione condizionale della pena o
al condono intervenuto in seguito, che, per definizione,
non fanno venir meno la condanna, ma incidono soltanto
sulla pena.
Le suddette circostanze pertanto
non costituiscono elementi sufficienti a far venir meno
l’automatismo conseguente a quel tipo di condanna.
Ai sensi del citato art. 5, comma
5, a questo fine occorrono elementi sopraggiunti tali da
consentire il rilascio del permesso di soggiorno o
aspetti - puntualmente indicati dalla norma - quali
l’avere effettuato una procedura di ricongiungimento
familiare e, in tal caso, la durata del soggiorno e i
legami familiari esistenti.
6.3. Nel caso di specie, non
risultano agli atti aspetti che potrebbero richiedere di
ponderare, in rapporto con essi, i fatti ostativi anche
alla luce della complessiva normativa che regola i
permessi di soggiorno, tranne la durata del regolare
soggiorno in Italia (circa 6 anni, al momento del
provvedimento di diniego del permesso di soggiorno) e il
regolare svolgimento di attività lavorativa, che
risultano qualificati negativamente dalla circostanza,
rilevante secondo la giurisprudenza di questa stessa
Sezione, che la condanna per un reato grave come la
rapina è intervenuta nel 2004, diversi anni dopo
l’ingresso e la regolarizzazione in Italia
dell’appellante. Non può essere, pertanto, considerato
sufficiente a questi fini il mero svolgimento di
regolare attività lavorativa, prima e dopo il compimento
dei reati per i quali l’appellante è stato condannato,
né, come già osservato, sono rilevanti la sospensione
condizionale della pena e l’intervenuto condono.
7. Infine si può notare che lo
svolgimento cronologico dei fatti non consente, in
questo caso, di applicare quell’orientamento
giurisprudenziale che tende ad escludere l’automatismo
della preclusione qualora fra la condanna penale e il
diniego del titolo di soggiorno siano intercorsi
parecchi anni, e medio tempore l’interessato abbia
conseguito una o più volte il rinnovo del permesso senza
che nulla gli sia stato obiettato.
8. In conclusione l’appello va
respinto sulla base delle suddette motivazioni.
Si ravvisano tuttavia motivi
equitativi per compensare le spese del presente grado di
giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando
sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge
l 'appello.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 8 luglio 2011 con l'intervento dei
magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Salvatore Cacace, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Alessandro Palanza, Consigliere,
Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/11/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.) |