Per configurare la responsabilita'
del proprietario di un'area per la realizzazione di una
costruzione abusiva e' necessaria la sussistenza di
elementi in base ai quali possa ragionevolmente
presumersi che questi abbia concorso, anche solo
moralmente, con il committente o l'esecutore dei lavori,
tenendo conto della piena disponibilita' giuridica e di
fatto del suolo e dell'interesse specifico ad effettuare
la nuova costruzione, cosi' come dei rapporti di
parentela o affinita' tra terzo e proprietario, della
sua eventuale presenza "in loco", dello svolgimento di
attivita' di vigilanza dell'esecuzione dei lavori, della
richiesta di provvedimenti abilitativi in sanatoria, del
regime patrimoniale dei coniugi, ovvero di tutte quelle
situazioni e comportamenti positivi o negativi dai quali
possano trarsi elementi integrativi della colpa" (Si
veda Sez. 3, n. 26121 del 12/4/2005, Rosato, Rv.
231954). Quando il proprietario non risulta formalmente
quale committente dell'opera - e' stato precisato -
occorre tener conto di elementi di fatto, quali la
circostanza che lo stesso abiti "nello stesso territorio
comunale ove e' stata eretta la costruzione abusiva, che
sia stato individuato sul luogo, che sia il destinatario
finale dell'opera (in tal senso Sez. 3, n. 9536 del
20/1/2004, Manco e altri, Rv. 227403); infatti il
proprietario non puo' essere ritenuto responsabile per
la sola qualita' rivestita, "ma occorre quantomeno la
sua piena consapevolezza dell'esecuzione delle opere da
parte del coimputato, nonche' il suo consenso, anche
implicito o tacito, in relazione all'attivita' edilizia
posta in essere" (Sez. 3, n. 44160 dell'1/10/2003, Neri,
Rv. 226589).
Corte di Cassazione Sezione 3
Penale, Sentenza del 4 ottobre 2011, n. 35886
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. FERRUA Giuliana - Presidente
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere
Dott. FIALE Aldo - Consigliere
Dott. GRILLO Renato - Consigliere
Dott. ROSI Elisabetta - rel.
Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) MO. FR. N. IL (OMESSO);
avverso la sentenza n. 5448/2008
CORTE APPELLO di MILANO, del 11/06/2010;
visti gli atti, la sentenza e il
ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del
16/06/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott.
ELISABETTA ROSI;
Udito il Procuratore Generale in
persona del Dott. Vincenzo Geraci, che ha concluso per
il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv. Gnocchi
Fabrizio del foro di Pavia, che ha concluso per
l'accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano con
sentenza dell'11 giugno 2010, in parziale riforma della
sentenza del Tribunale di Pavia del 3 luglio 2008, ha
assolto i coimputati (nella loro qualita' di componenti
del consiglio direttivo dell'associazione "gruppo
modellistica Be. ") ed ha confermato la condanna di Mo.
Fr. (nella qualita' di proprietario del terreno), per i
reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica
n. 380 del 2001, articolo 44, lettera c) per aver fatto
realizzare, senza permesso a costruire, in una zona sita
all'Interno del (OMESSO), un manufatto in legno e
lamiera delle dimensioni di 4,3 metri per 2, 5 e
dell'altezza di m. 2,1, collocato su blocchi di mattoni
cementati (essendo stata pronunciata sentenza di non
doversi procedere per rimessione in pristino, in ordine
al reato di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004,
articoli 146 e 181), fatto accertato in (OMESSO).
L'imputato ha proposto ricorso per
cassazione chiedendo l'annullamento della sentenza per i
seguenti motivi:
1. Violazione dell'articolo 606
c.p.p., lettera c) in relazione all'articolo 192 c.p.p.,
comma 1 e articolo 546 c.p.p., in quanto la motivazione
della conferma della dichiarazione di responsabilita'
sarebbe stata basata unicamente sulla circostanza fatto
che era stata riconosciuta l'estraneita' al reato dei
membri del Consiglio direttivo dell'associazione e la di
lui qualita' di proprietario del terreno ove era stato
rinvenuto il manufatto, senza tenere conto che il Mo. e'
comproprietario di tale terreno unitamente alla sorella,
la quale non e' stata neppure tratta a giudizio.
2. Violazione dell'articolo 606
c.p.p., lettera b) ed e) in riferimento all'articolo 157
c.p., in quanto sussiste un difetto di motivazione circa
la data di realizzazione del manufatto; nella parte
motiva della sentenza e' stata anche adombrata la
possibilita' che il manufatto sia stato edificato in
epoca anteriore alla cessione dell'area
all'associazione, risalente al 1994. Pertanto in tal
caso sarebbe intervenuta la prescrizione.
3. Violazione dell'articolo 606
c.p.p., lettera e), in relazione alla contraddittorieta'
ed illogicita' della motivazione della sentenza
impugnata, in quanto agli atti non sussiste alcun dato
probatorio dal quale si evince che il Mo. abbia
realizzato il manufatto e che fosse a conoscenza di tale
realizzazione, dovendosi anche tenere conto che il
manufatto era adibito ad ufficio degli aeromodellisti.
Inoltre e' stata trascurata la deposizione del teste Sa.
, pur citato in sentenza, che aveva indicato come epoca
di realizzazione alcuni anni precedenti l'accertamento.
4. Violazione dell'articolo 606
c.p.c., lettera e), in relazione alla contraddittorieta'
ed illogicita' della motivazione della sentenza
impugnata, in quanto, in maniera del tutto illogica, la
Corte di appello avrebbe rilevato la consapevolezza del
vincolo paesaggistico in capo al ricorrente come
elemento di colpevolezza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Nel sindacare la motivazione, il
compito del giudice di legittimita' non e' quello di
sovrapporre la propria valutazione degli elementi
probatori a quella compiuta dai giudici di merito, ma
quella di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato
tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano
fornito una corretta interpretazione di essi, dando
esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle
parti, e se abbiano esattamente applicato le regole
della logica nello sviluppo delle argomentazioni che
hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni
a preferenza di altre.
2. Nel caso in esame le censure di
illogicita' e contraddittorieta' della motivazione
risultano fondate, ne' sono superabili da una lettura
congiunta alle argomentazioni sviluppate nella sentenza
di primo grado.
I giudici di secondo grado, dopo
avere svolto un'ampia motivazione sulla natura non
precaria del manufatto, in risposta alle censure
avanzate dagli imputati con l'atto di appello, hanno
fondato il giudizio di conferma della responsabilita'
del Mo. , comproprietario del terreno, con uno stringato
passaggio motivazionale, sulla sola circostanza che nel
1994 - quando l'area fu a questi ceduta da altri
familiari - il ricorrente ebbe a richiedere certificato
di destinazione urbanistica, per cui aveva piena
consapevolezza della destinazione dell'area a zona
agricola non edificabile. Proseguendo nell'iter logico,
hanno poi assolto i componenti del consiglio direttivo
dell'associazione aeromodellistica Be. , che aveva la
sede dell'attivita' in esso, sulla base del fatto che
tale associazione era stata costituita pochi mesi prima
del sopralluogo dei verbalizzanti e che non risultava
aver chiesto di realizzare, o contribuito a realizzare,
la costruzione, e perche' non poteva essere esclusa la
preesistenza del manufatto all'utilizzo di esso da parte
del "gruppo aeromodellistica Be. ".
E' quindi evidente che i giudici di
appello hanno fondato la responsabilita' in capo al Mo.
solo sulla sua qualita' di comproprietario del terreno e
sulla conoscenza della destinazione urbanistica dello
stesso, senza esprimere le ragioni del giudizio di
utilita' o funzionalita' al terreno dell'opera stessa
che avrebbero dovuto essere sussistenti, nel caso di
specie, al fine di ritenere logico il giudizio di
attribuibilita' al ricorrente della realizzazione del
manufatto.
3. Di fatti, insegna la
giurisprudenza di legittimita' che per "configurare la
responsabilita' del proprietario di un'area per la
realizzazione di una costruzione abusiva e' necessaria
la sussistenza di elementi in base ai quali possa
ragionevolmente presumersi che questi abbia concorso,
anche solo moralmente, con il committente o l'esecutore
dei lavori, tenendo conto della piena disponibilita'
giuridica e di fatto del suolo e dell'interesse
specifico ad effettuare la nuova costruzione, cosi' come
dei rapporti di parentela o affinita' tra terzo e
proprietario, della sua eventuale presenza "in loco",
dello svolgimento di attivita' di vigilanza
dell'esecuzione dei lavori, della richiesta di
provvedimenti abilitativi in sanatoria, del regime
patrimoniale dei coniugi, ovvero di tutte quelle
situazioni e comportamenti positivi o negativi dai quali
possano trarsi elementi integrativi della colpa" (Si
veda Sez. 3, n. 26121 del 12/4/2005, Rosato, Rv.
231954). Quando il proprietario non risulta formalmente
quale committente dell'opera - e' stato precisato -
occorre tener conto di elementi di fatto, quali la
circostanza che lo stesso abiti "nello stesso territorio
comunale ove e' stata eretta la costruzione abusiva, che
sia stato individuato sul luogo, che sia il destinatario
finale dell'opera (in tal senso Sez. 3, n. 9536 del
20/1/2004, Manco e altri, Rv. 227403); infatti il
proprietario non puo' essere ritenuto responsabile per
la sola qualita' rivestita, "ma occorre quantomeno la
sua piena consapevolezza dell'esecuzione delle opere da
parte del coimputato, nonche' il suo consenso, anche
implicito o tacito, in relazione all'attivita' edilizia
posta in essere" (Sez. 3, n. 44160 dell'1/10/2003, Neri,
Rv. 226589).
4. Orbene, la decisione impugnata
non ha richiamato eventuali risultanze probatorie dalla
quali dedurre elementi di responsabilita' in capo al
ricorrente, ne' ha risolto la tematica sollevata circa
l'epoca di realizzazione del manufatto (rimasta invero
non definita) e neppure la sua eventuale qualita'
servente ai fondo, che ha destinazione agricola. Di
contro, l'unica funzionalita' ed utilita' che i giudici
di merito hanno accertato risulta strettamente connessa
all'attivita' del campo di volo gestito
dall'associazione Gruppo Modellistico, che aveva il
proprio deposito ed ufficio in tale manufatto.
Attese tali carenze ed illogicita'
motivazionali, la sentenza impugnata deve essere
annullata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione
della Corte di appello di Milano.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con
rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di
appello di Milano.
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