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Per configurare la responsabilita' del proprietario di un'area per la realizzazione di una costruzione abusiva è necessaria la prova che egli abbia concorso materialmente o moralmente alla realizzazione dell'opera- Corte di Cassazione Sezione 3 Penale, Sentenza del 4 ottobre 2011, n. 35886-101 professionisti.it

 

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Per configurare la responsabilita' del proprietario di un'area per la realizzazione di una costruzione abusiva e' necessaria la sussistenza di elementi in base ai quali possa ragionevolmente presumersi che questi abbia concorso, anche solo moralmente, con il committente o l'esecutore dei lavori, tenendo conto della piena disponibilita' giuridica e di fatto del suolo e dell'interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione, cosi' come dei rapporti di parentela o affinita' tra terzo e proprietario, della sua eventuale presenza "in loco", dello svolgimento di attivita' di vigilanza dell'esecuzione dei lavori, della richiesta di provvedimenti abilitativi in sanatoria, del regime patrimoniale dei coniugi, ovvero di tutte quelle situazioni e comportamenti positivi o negativi dai quali possano trarsi elementi integrativi della colpa" (Si veda Sez. 3, n. 26121 del 12/4/2005, Rosato, Rv. 231954). Quando il proprietario non risulta formalmente quale committente dell'opera - e' stato precisato - occorre tener conto di elementi di fatto, quali la circostanza che lo stesso abiti "nello stesso territorio comunale ove e' stata eretta la costruzione abusiva, che sia stato individuato sul luogo, che sia il destinatario finale dell'opera (in tal senso Sez. 3, n. 9536 del 20/1/2004, Manco e altri, Rv. 227403); infatti il proprietario non puo' essere ritenuto responsabile per la sola qualita' rivestita, "ma occorre quantomeno la sua piena consapevolezza dell'esecuzione delle opere da parte del coimputato, nonche' il suo consenso, anche implicito o tacito, in relazione all'attivita' edilizia posta in essere" (Sez. 3, n. 44160 dell'1/10/2003, Neri, Rv. 226589).

Corte di Cassazione Sezione 3 Penale, Sentenza del 4 ottobre 2011, n. 35886

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

 

SEZIONE TERZA PENALE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. FERRUA Giuliana - Presidente

 

Dott. TERESI Alfredo - Consigliere

 

Dott. FIALE Aldo - Consigliere

 

Dott. GRILLO Renato - Consigliere

 

Dott. ROSI Elisabetta - rel. Consigliere

 

ha pronunciato la seguente:

 

SENTENZA

 

sul ricorso proposto da:

 

1) MO. FR. N. IL (OMESSO);

 

avverso la sentenza n. 5448/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del 11/06/2010;

 

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

 

udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/06/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ELISABETTA ROSI;

 

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Vincenzo Geraci, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

 

Udito il difensore Avv. Gnocchi Fabrizio del foro di Pavia, che ha concluso per l'accoglimento dei motivi di ricorso.

 

RITENUTO IN FATTO

 

La Corte di appello di Milano con sentenza dell'11 giugno 2010, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Pavia del 3 luglio 2008, ha assolto i coimputati (nella loro qualita' di componenti del consiglio direttivo dell'associazione "gruppo modellistica Be. ") ed ha confermato la condanna di Mo. Fr. (nella qualita' di proprietario del terreno), per i reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, lettera c) per aver fatto realizzare, senza permesso a costruire, in una zona sita all'Interno del (OMESSO), un manufatto in legno e lamiera delle dimensioni di 4,3 metri per 2, 5 e dell'altezza di m. 2,1, collocato su blocchi di mattoni cementati (essendo stata pronunciata sentenza di non doversi procedere per rimessione in pristino, in ordine al reato di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articoli 146 e 181), fatto accertato in (OMESSO).

 

L'imputato ha proposto ricorso per cassazione chiedendo l'annullamento della sentenza per i seguenti motivi:

 

1. Violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera c) in relazione all'articolo 192 c.p.p., comma 1 e articolo 546 c.p.p., in quanto la motivazione della conferma della dichiarazione di responsabilita' sarebbe stata basata unicamente sulla circostanza fatto che era stata riconosciuta l'estraneita' al reato dei membri del Consiglio direttivo dell'associazione e la di lui qualita' di proprietario del terreno ove era stato rinvenuto il manufatto, senza tenere conto che il Mo. e' comproprietario di tale terreno unitamente alla sorella, la quale non e' stata neppure tratta a giudizio.

 

2. Violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e) in riferimento all'articolo 157 c.p., in quanto sussiste un difetto di motivazione circa la data di realizzazione del manufatto; nella parte motiva della sentenza e' stata anche adombrata la possibilita' che il manufatto sia stato edificato in epoca anteriore alla cessione dell'area all'associazione, risalente al 1994. Pertanto in tal caso sarebbe intervenuta la prescrizione.

 

3. Violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera e), in relazione alla contraddittorieta' ed illogicita' della motivazione della sentenza impugnata, in quanto agli atti non sussiste alcun dato probatorio dal quale si evince che il Mo. abbia realizzato il manufatto e che fosse a conoscenza di tale realizzazione, dovendosi anche tenere conto che il manufatto era adibito ad ufficio degli aeromodellisti. Inoltre e' stata trascurata la deposizione del teste Sa. , pur citato in sentenza, che aveva indicato come epoca di realizzazione alcuni anni precedenti l'accertamento.

 

4. Violazione dell'articolo 606 c.p.c., lettera e), in relazione alla contraddittorieta' ed illogicita' della motivazione della sentenza impugnata, in quanto, in maniera del tutto illogica, la Corte di appello avrebbe rilevato la consapevolezza del vincolo paesaggistico in capo al ricorrente come elemento di colpevolezza.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

 

1. Nel sindacare la motivazione, il compito del giudice di legittimita' non e' quello di sovrapporre la propria valutazione degli elementi probatori a quella compiuta dai giudici di merito, ma quella di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre.

 

2. Nel caso in esame le censure di illogicita' e contraddittorieta' della motivazione risultano fondate, ne' sono superabili da una lettura congiunta alle argomentazioni sviluppate nella sentenza di primo grado.

 

I giudici di secondo grado, dopo avere svolto un'ampia motivazione sulla natura non precaria del manufatto, in risposta alle censure avanzate dagli imputati con l'atto di appello, hanno fondato il giudizio di conferma della responsabilita' del Mo. , comproprietario del terreno, con uno stringato passaggio motivazionale, sulla sola circostanza che nel 1994 - quando l'area fu a questi ceduta da altri familiari - il ricorrente ebbe a richiedere certificato di destinazione urbanistica, per cui aveva piena consapevolezza della destinazione dell'area a zona agricola non edificabile. Proseguendo nell'iter logico, hanno poi assolto i componenti del consiglio direttivo dell'associazione aeromodellistica Be. , che aveva la sede dell'attivita' in esso, sulla base del fatto che tale associazione era stata costituita pochi mesi prima del sopralluogo dei verbalizzanti e che non risultava aver chiesto di realizzare, o contribuito a realizzare, la costruzione, e perche' non poteva essere esclusa la preesistenza del manufatto all'utilizzo di esso da parte del "gruppo aeromodellistica Be. ".

 

E' quindi evidente che i giudici di appello hanno fondato la responsabilita' in capo al Mo. solo sulla sua qualita' di comproprietario del terreno e sulla conoscenza della destinazione urbanistica dello stesso, senza esprimere le ragioni del giudizio di utilita' o funzionalita' al terreno dell'opera stessa che avrebbero dovuto essere sussistenti, nel caso di specie, al fine di ritenere logico il giudizio di attribuibilita' al ricorrente della realizzazione del manufatto.

 

3. Di fatti, insegna la giurisprudenza di legittimita' che per "configurare la responsabilita' del proprietario di un'area per la realizzazione di una costruzione abusiva e' necessaria la sussistenza di elementi in base ai quali possa ragionevolmente presumersi che questi abbia concorso, anche solo moralmente, con il committente o l'esecutore dei lavori, tenendo conto della piena disponibilita' giuridica e di fatto del suolo e dell'interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione, cosi' come dei rapporti di parentela o affinita' tra terzo e proprietario, della sua eventuale presenza "in loco", dello svolgimento di attivita' di vigilanza dell'esecuzione dei lavori, della richiesta di provvedimenti abilitativi in sanatoria, del regime patrimoniale dei coniugi, ovvero di tutte quelle situazioni e comportamenti positivi o negativi dai quali possano trarsi elementi integrativi della colpa" (Si veda Sez. 3, n. 26121 del 12/4/2005, Rosato, Rv. 231954). Quando il proprietario non risulta formalmente quale committente dell'opera - e' stato precisato - occorre tener conto di elementi di fatto, quali la circostanza che lo stesso abiti "nello stesso territorio comunale ove e' stata eretta la costruzione abusiva, che sia stato individuato sul luogo, che sia il destinatario finale dell'opera (in tal senso Sez. 3, n. 9536 del 20/1/2004, Manco e altri, Rv. 227403); infatti il proprietario non puo' essere ritenuto responsabile per la sola qualita' rivestita, "ma occorre quantomeno la sua piena consapevolezza dell'esecuzione delle opere da parte del coimputato, nonche' il suo consenso, anche implicito o tacito, in relazione all'attivita' edilizia posta in essere" (Sez. 3, n. 44160 dell'1/10/2003, Neri, Rv. 226589).

 

4. Orbene, la decisione impugnata non ha richiamato eventuali risultanze probatorie dalla quali dedurre elementi di responsabilita' in capo al ricorrente, ne' ha risolto la tematica sollevata circa l'epoca di realizzazione del manufatto (rimasta invero non definita) e neppure la sua eventuale qualita' servente ai fondo, che ha destinazione agricola. Di contro, l'unica funzionalita' ed utilita' che i giudici di merito hanno accertato risulta strettamente connessa all'attivita' del campo di volo gestito dall'associazione Gruppo Modellistico, che aveva il proprio deposito ed ufficio in tale manufatto.

 

Attese tali carenze ed illogicita' motivazionali, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di appello di Milano.

 

P.Q.M.

 

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di appello di Milano.

 

 

 

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