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Due recenti provvedimenti giudiziari Trib. Roma su” interdizione: Trib. Roma , Sez. I civ., 6 ottobre 2011, pres. Sez. Crescenzi - Trib. Roma, Sez. I civ., 2 novembre 2011, pres. Sez. Crescenzi.TESTI

 

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Trib. Roma , Sez. I civ., 6 ottobre 2011, pres. Sez. Crescenzi -

l Presidente della Sezione,

 

letto il ricorso iscritto al n. R.G. …. e visto l’art. 713 c.p.c.,

 

atteso che la predetta norma “impone al giudice una delibazione preliminare della domanda onde accertare se essa abbia parvenza di fondatezza” (Corte cost. n. 87 del 1968);

 

considerato: a) che “in materia di misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di au-tonomia, la legge 9 gennaio 2004, n. 6 ha configurato l'interdizione come istituto di carattere resi-duale, perseguendo l'obbiettivo della minor limitazione possibile della capacità di agire, attraverso l'assunzione di provvedimenti di sostegno temporaneo o permanente; ne discende la necessità, prima di pronunziare l'interdizione, di valutare l'eventuale conformità dell'amministrazione di soste-gno alle esigenze del destinatario, alla stregua della peculiare flessibilità del nuovo istituto, della maggiore agilità della relativa procedura applicativa, nonché della complessiva condizione psico-fisica del soggetto e di tutte le circostanze caratterizzanti il caso di specie” (Cass. n. 4866 del 01/03/2010); b) “che, rispetto all'interdizione e all'inabilitazione, l'ambito di applicazione dell'ammi-nistrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado d'in-fermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piut-tosto alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze di detto soggetto” (Cass. 9628 del 22/04/2009); c) che “solo se non ravvisi interventi di sostegno idonei ad assicurare all'in-capace siffatta protezione, il giudice può ricorrere alle ben più invasive misure dell'inabilitazione o dell'interdizione, che attribuiscono uno status di incapacità, estesa per l'inabilitato agli atti di straor-dinaria amministrazione e per l'interdetto anche a quelli di amministrazione ordinaria” (Corte cost. n. 440 del 2005);

 

ritenuto, alla luce di principi sopra richiamati, che le deduzioni esposte nel ricorso non sembrano giustificare la misura richiesta e che non sembra opportuno, quindi, dare ulteriore corso al giudizio, avuto riguardo, in particolare, all’interesse dei soggetti coinvolti nel processo;

 

considerato che, comunque, prima di procedere al rigetto del ricorso, deve sentirsi la parte ricor-rente (Corte cost. n. 87 del 1968);

 

p.q.m.

 

manda alla Cancelleria per la comunicazione del ricorso e del presente decreto al P.M., affinché valuti l’opportunità di chiedere il rigetto del ricorso, e del decreto e delle richieste formulate dal P.M. alla parte ricorrente, affinché faccia pervenire nel termine di giorni venti dalla comunicazione eventuali osservazioni che possano giustificare la pronuncia richiesta, anziché la nomina di un amministratore di sostegno.

 

Il presidente dela sezione

Massimo Crescenzi

 

Trib. Roma, Sez. I civ., 2 novembre 2011, pres. Sez. Crescenzi

Il presidente della sezione,

 

esaminati gli atti e letta la richiesta formulata dal P.M. e diretta al rigetto del ricorso, nonché valuta-te e le note depositate nell’interesse del ricorrente;

 

premesso che è ormai principio acquisito in giurisprudenza che: a) non risulta “configurabile una sostanziale differenza tra i presupposti dei due strumenti di tutela sulla base della diversa gravità della impossibilità, o incapacità, di provvedere ai propri interessi. Del resto, la ricordata disposizione dell'art. 427 c.c., comma 1, con il prevedere la possibilità di stabilire che taluni atti di ordinaria amministrazione possano essere compiuti dall'interdetto senza l'intervento, o con la semplice assistenza, del tutore, ha ritenuto ammissibile l'adozione di un provvedimento di interdizione in presenza di un grado di incapacità non assoluta”; b) “dunque, il criterio quantitativo non sembra, di per sé solo, offrire un utile strumento di distinzione tra i presupposti per l'amministrazione di sostegno e quelli per la interdizione. A tale scopo, occorre piuttosto valorizzare l'inciso contenuto nell'art. 414 c.c., che collega la interdizione alla necessità di assicurare l'adeguata protezione del soggetto maggiore di età che si trovi in condizioni di abituale infermità di mente che lo renda incapace di provvedere ai propri interessi, ciò che equivale ad affermare che l'ordito normativo esclude che si faccia luogo alla interdizione tutte le volte in cui la protezione del soggetto abitualmente infermo di mente, e perciò incapace di provvedere ai propri interessi, sia garantita dallo strumento dell’amministrazione di sostegno”; c) “in via generale, può affermarsi che la scelta -che va effettuata dal Giudice sulla base dei dati a sua conoscenza, e nell'esercizio della quale questi deve essere guidato da quella che è stata sopra individuata, alla stregua della L. n. 6 del 2004, art. 1, come la funzione della legge, quella, cioè, di provvedere, con interventi di sostegno, e con il minor sacrificio possibile della rispettiva capacità di agire, alla cura delle persone prive di autonomia nell'espleta-mento delle funzioni della vita quotidiana- non può non essere influenzata dal tipo di attività che deve essere compiuta in nome del beneficiario della protezione. Ad un'attività minima, estrema-mente semplice, e tale da non rischiare di pregiudicare gli interessi del soggetto - vuoi per la scarsa consistenza del patrimonio disponibile, vuoi per la semplicità delle operazioni da svolgere (atti-nenti, ad esempio, alla gestione ordinaria del reddito da pensione), e per l'attitudine del soggetto protetto a non porre in discussione i risultati dell'attività di sostegno nei suoi confronti -, e, in definitiva, ad una ipotesi in cui non risulti necessaria una limitazione generale della capacità del sogget-te, corrisponderà l'amministrazione di sostegno, che si fa preferire non solo sul piano pratico, in considerazione dei costi meno elevati e delle procedure più snelle, ma altresì su quello etico-sociale, per il maggior rispetto della dignità dell'individuo che, come si è osservato, essa sottende, in contrapposizione alle più invasive misure dell'inabilitazione e della interdizione, che attribuiscono uno status di incapacità, concernente, nel primo caso, i soli atti di straordinaria amministrazione, ed estesa, per l'interdizione, anche a quelli di amministrazione ordinaria”; (Cass. 12 giugno 2006, n. 13584 e successive conformi);

atteso che il detto orientamento risulta conforme ai principi generali della materia, derivanti dalla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006, e ratifica-ta dall’Italia per effetto degli artt. 1 e 2 della legge 3 marzo 2009, n. 18, che riconosce espressamente (lett. n del preambolo) “l’importanza per le persone con disabilità della loro autonomia ed indipendenza individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte” (collocati nel novero dei “principi generali”, v. art. 3 della convenzione), precisando che “per persone con disabilità si intendono (art. 1, comma II, Conv. New York) coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacola-re la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri, e prevedendo all’art. 12 (“uguale riconoscimento dinanzi alla legge), comma IV, che “gli Stati devono assicurare che le misure relative all’esercizio della capacità giuridica rispettino i diritti, la volontà e le preferenze della persona, che siano scevre da ogni conflitto di interesse e da ogni influenza in-debita, che siano proporzionate e adatte alle condizioni della persona, che siano applicate per il più breve tempo possibile e siano soggette a periodica revisione da parte di una autorità competente, indipendente ed imparziale o di un organo giudiziario”;

considerato che parte ricorrente non ha allegato né particolari situazioni di carattere patrimoniale che possano incidere sulla valutazione dell’adeguatezza della misura dell’amministrazione di so-stegno, né specifiche condizioni di malattia che possano indurre a ritenere incongrua la predetta misura (la patologia da cui risulta affetta la signora C. -morbo di Alzheimer- è una delle fattispecie più ricorrenti in relazione alle quali si provvede alla nomina dell’amministratore di sostegno);

ritenuto, pertanto, che in relazione alle considerazioni sopra esposte e richiamate quelle di cui al decreto in data 12 ottobre 2011, debba procedersi al rigetto del ricorso ai sensi dell’art. 713 c.p.c, senza che in questa sede possano trovare ingresso istanze interinali che non sono di competenza del presidente, ma solo del giudice del procedimento, a seguito del rigetto da parte del collegio della domanda di interdizione e della rimessione degli atti al giudice tutelare;

 

p.q.m.

 

visto l’art. 713 c.p.c. ed esaminata la richiesta del P.M.,

 

rigetta il ricorso.

 

Roma, 2 novembre 2011 Il presidente della sezione

 

Massimo Crescenzi

 

 

 

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