MASSIMA
Per l’integrazione della
fattispecie del reato di truffa, non è necessario che
sia l’imputato a prendere contatto con la parte lesa,
essendo rilevante esclusivamente che la struttura
organizzativa predisposta sia idonea a ingannare la
vittima. (Nel caso di specie viene confermata la
condanna per l'imputato che aveva falsamente prospettato
ad un imprenditore la possibilità di ottenere vari
finanziamenti per l'ampliamento della sua azienda
agricola, per l'apertura di un'attività di agriturismo,
nonché per l'acquisto di pannelli solari).
CASUS DECISUS
La Corte di Appello di Genova,
dichiarava colpevole di truffa aggravata l’imputato, per
aver convinto, con artifizi e raggiri, la vittima a
consegnargli la somma di 75000,00 euro, allo scopo di
ottenere dei finanziamenti per l’ampliamento della
propria azienda. Avverso tale pronuncia, ricorre in
Cassazione l’imputato, lamentando, oltre violazione di
norme processuali, vizio di motivazione, in particolare
nella parte della pronuncia in cui i giudici non avevano
tenuto conto della circostanza che non avendo l’imputato
mai incontrato la presunta vittima non potevano
sussistere gli artifizi e i raggiri. Il ricorrente,
infine si doleva del fatto che la pronuncia della Corte
di Appello si fondasse esclusivamente sulle deposizioni
rese dalla persona offesa del reato.
ANNOTAZIONE
di Antonio Affinito
Con la sentenza in epigrafe la
Corte di legittimità ritorna sul reato di truffa di cui
all’art 640 c.p. allo scopo di identificare esattamente
la nozione da attribuire alla condotta connotata da
artifizi e ai raggiri, punita dalla norma.
Secondo il ricorrente, non si
configurerebbe la condotta tipica del reato di truffa,
allorché non sia l’imputato a contattare o avvicinare la
vittima.
La Corte, invece, seppur in modo
stringato, evidenzia che nella fattispecie di cui
all’art 640 c.p. , sotto il profilo oggettivo, è
sufficiente che la condotta dell’agente sia idonea a
trarre in errore la vittima, accompagnata, sotto il
profilo soggettivo dal dolo generico.
Da tale fattispecie, quindi, è
escluso qualsiasi riferimento a ogni e ulteriore
condotta finalizzata a contattare o avvicinare la
vittima.
Nel caso di specie, la Corte di
Appello ha accertato che l’imputato aveva predisposto
l'uso del logo, di un timbro e una partita IVA, il tutto
rigorosamente falso, relativo ad una inesistente
società, con l’effetto pratico di ingannare la vittima,
che ha consegnato circa Euro 75.000 nell'arco di soli
due mesi.
Con una valutazione ex post,
quindi, non può non rilevarsi come la struttura
organizzativa predisposta dall’agente(in questo caso il
logo, il timbro e la partita IVA), sia stata idonea a
trarre in errore la parte lesa.
La Cassazione, inoltre, rileva che
il giudizio di legittimità non è finalizzato a stabilire
se la decisione di merito adotti la ricostruzione dei
fatti più corretta, ma deve limitarsi a verificare se
questa ricostruzione sia compatibile con il senso
comune. Eseguita tale valutazione, è precluso ogni altro
apprezzamento sul fatto.
Irrilevante, poi, secondo la Corte
di legittimità, è la circostanza che la Corte di
Appello, per la ricostruzione dei fatti, abbia fondato
il proprio convincimento sulle sole deposizioni della
presunta parte offesa del reato, senza ricercare
eventuali riscontri.
Secondo i supremi giudici, infatti,
è principio unanime della stessa giurisprudenza di
legittimità, che a base del libero convincimento del
giudice possono essere poste le dichiarazioni della
parte offesa, ove sia sottoposta a un attento controllo
di affidabilità, ciò a prescindere da eventuali
riscontri.
TESTO DELLA SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II PENALE
- SENTENZA 14 ottobre 2011, n.37018 - Pres. Cosentino –
est. Chindemi
IN FATTO
La Corte di appello di Genova, con
sentenza in data 19/5/2011, confermava la sentenza del
Tribunale di Savona, in data 2/7/2010, appellata da
B.N., dichiarato colpevole di truffa aggravata per aver
falsamente prospettato a R.M. la possibilità di ottenere
vari finanziamenti per l'ampliamento della sua azienda
agricola, l'apertura di un'attività di agriturismo, per
l'acquisto di pannelli solari nonchè per altre attività
e condannato, con la continuazione, alla pena di mesi
nove di reclusione, oltre al risarcimento dei danni a
favore della parte civile da liquidarsi in separata
sede.
Proponeva ricorso per cassazione il
difensore dell'imputato deducendo i seguenti motivi:
a) violazione di norme processuali
stabiliti a pena di nullità essendo stata effettuata la
notifica del decreto di citazione presso il difensore e
non presso il domicilio dichiarato dall'imputato via
(OMISSIS);
b) vizio di motivazione con
riferimento alla ritenuta responsabilità dell'imputato
che, in relazione ai primi due episodi contestati, non
aveva mai incontrato il signor R.M., escludendo la
sussistenza di artifizi o raggiri;
c) vizio di motivazione essendo
fondata la declaratoria di responsabilità esclusivamente
sulle deposizioni rese dalla persona offesa. Il
difensore della parte offesa trasmetteva via fax in data
5.10.2011 memoria con cui chiedeva il rigetto del
ricorso del B..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato.
1) Nel caso di domicilio
dichiarato, la notificazione del decreto di citazione in
giudizio con consegna di copia al difensore di fiducia,
invece che presso il domicilio dichiarato dall'imputato,
da luogo ad una nullità a regime intermedio dal momento
che la notificazione presso il difensore, salvo che
risultino elementi di fatto contrari, non è inidonea a
determinare, in ragione del rapporto fiduciario, la
conoscenza effettiva del procedimento da parte
dell'imputato (Sez. 2, Sentenza n. 45990 del 07/11/2007
Ud. (dep. 07/12/2007) Rv. 238509).
Essendo stata, quindi, effettuata
la notifica presso il difensore di fiducia, tale atto
non appare in sè inidoneo a raggiungere lo scopo.
Nè risulta o viene dedotto che vi
sia stata una interruzione del rapporto fiduciario col
legale. Ne consegue che si è in presenza non certo di
una omissione della notifica o situazione ad essa
equiparata, con conseguente impossibilità di
configurazione di nullità assoluta e insanabile. Si è in
presenza piuttosto, di una nullità di ordine generale
che è rimasta sanata per avere, il difensore di fiducia
avv. Giorgio Cangiano, presente all'udienza,omesso di
eccepire alcunchè dinanzi ai giudici di appello. Va
infatti rilevato che, secondo quanto prevede l'art. 182
c.p.p., comma 2, 'quando la parte vi assiste, la nullità
di un atto deve essere eccepita prima del suo compimento
ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo';
sicchè, non essendo stata effettuata, nel giudizio di
appello, dal difensore di fiducia del ricorrente, è
rimasta indeducibile in questa fase del giudizio (Cass.,
sez. 1^, 6 aprile 2000, Nardi, m. 216198, Cass., sez.
5^, 12 maggio 2004, Pastore m. 229520). A tal proposito
si osserva che mentre l'omissione della citazione
determina una nullità assoluta ed insanabile, rilevabile
e deducibile in ogni stato e grado del procedimento, la
violazione (nel nostro caso presunta e non specificata
dal ricorrente) delle norme di legge stabilite per le
notificazioni configura, invece, una nullità a regime
intermedio ai sensi dell'art. 180 stesso codice, non più
deducibile o rilevabile per la prima volta dopo la
conclusione del giudizio nella quale si è verificata
tale nullità (Si veda Sez. 4, Sentenza n. 36724 del
01/04/2004 Ud. - dep. 17/09/2004 - Rv. 229678).
Peraltro, 'l'imputato che intenda
eccepire la nullità assoluta della citazione o della sua
notificazione, non risultante dagli atti, non può
limitarsi a denunciare la inosservanza della relativa
norma processuale, ma deve rappresentare al giudice di
non avere avuto cognizione dell'atto e indicare gli
specifici elementi che consentano l'esercizio dei poteri
officiosi di accertamento da parte del giudice' (Cass.
Sez. Un. Sent. citata rv 229541). Tale motivo è, quindi,
manifestamente infondato.
2) Parimenti infondati sono gli
ulteriori motivi di ricorso perchè propongono censure
attinenti al merito della decisione impugnata,
congruamente giustificata.
Infatti, nel momento del controllo
di legittimità, la Corte di cassazione non deve
stabilire se la decisione di merito proponga
effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei
fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve
limitarsi a verificare se questa giustificazione sia
compatibile con il senso comune e con 'i limiti di una
plausibile opinabilità di apprezzamento', secondo una
formula giurisprudenziale ricorrente (Cass. Sez. 4^
sent. n. 47891 del 28.09.2004 dep. 10.12.2004 rv 230568;
Cass. Sez. 5^ sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep.
31.1.2000 rv 215745; Cass., Sez. 2^ sent. n. 2436 del
21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
La Corte di Appello di Genova,
invero, con motivazione esaustiva, logica e non
contraddittoria, evidenzia la sussistenza dei reati di
truffa aggravata ascritti all'imputato che aveva
predisposto l'uso del logo e timbro fasullo della
inesistente società Morgan Italia e di una partita Iva
fittizia, avendo tratto in inganno l'imputato con tale
falsa rappresentazione, ponendo in essere artifizi e
raggiri idonei a trarre in inganno la parte offesa che
ha consegnato all'imputato circa Euro 75.000 nell'arco
di soli due mesi, e ciò indipendentemente dai rapporti
sussistenti fra l'imputato e il commercialista Cortese
Agostino che aveva indotto la parte lesa a rivolgersi al
prevenuto per ottenere un finanziamento.
Infatti il reato di truffa sussiste
indipendentemente dalla circostanza che sia stato
l'imputato a mettersi in contatto con la parte lesa,
qualora la struttura commerciale e predisposta sia
idonea, come nella fattispecie, a ingannare il cliente
che ha bisogno di finanziamenti.
3) E' indiscusso nella
giurisprudenza di questa Corte che a base del libero
convincimento del giudice possono essere poste le
dichiarazioni della parte offesa (Cass., sez. 3, 5 marzo
1993, Russo, m. 193862; Cass., sez. 4, 26 giugno 1990,
Falduto, m. 185349) che, pur se non può essere
equiparata a quella del testimone estraneo, può tuttavia
essere anche da sola assunta come fonte di prova, ove
venga sottoposta a un attento controllo di credibilità
oggettiva e soggettiva (Cass., sez. 1, 28 febbraio 1992,
Simbula, m. 189916;
Cass., sez. 6, 20 gennaio 1994,
Mazzaglia, m. 198250; Cass., sez. 2, 26 aprile 1994,
Gesualdo, m. 198323; Cass., sez. 6, 30 novembre 1994,
Numelter, m. 201251; Cass., sez. 3, 20 settembre 1995,
Azingoli, m.
203155), non richiedendo
necessariamente neppure riscontri esterni, quando non
sussistano situazioni che inducano a dubitare della sua
attendibilità (Cass., sez. 6, 13 gennaio 1994, Patan, m.
197386, Cass., sez. 4, 29 gennaio 1997, Benatti, m.
206985, Cass., sez. 6, 24 febbraio 1997, Orsini, m.
208912, Cass., sez. 6, 24 febbraio 1997, Orsini, m.
208913, Cass., sez. 2,13 maggio 1997, Di Candia, m.
208229, Cass., sez. 1, 11 luglio
1997, Bello, m. 208581, Cass., sez. 3, 26 novembre 1997,
Caggiula, m. 209404). A tali dichiarazioni, invero, non
si applicano le regole di cui all'art. 192 c.p.p., commi
3 e 4, che riguardano le propalazioni dei coimputati del
medesimo reato o di imputati in procedimenti connessi o
di persone imputate di un reato collegato e che
presuppongono l'esistenza di altri elementi di prova
unitamente ai quali le dichiarazioni devono essere
valutate per verificarne l'attendibilità.
Nel caso di specie i Giudici di
merito, hanno sottoposto ad attento controllo le
dichiarazioni della vittima, valutate nel contesto delle
emergenze processuali, segnatamente evidenziando le
caratteristiche peculiari di linearità delle
dichiarazioni accusatorie L'utilizzazione della fonte di
prova è stata, quindi, condotta dai Giudici del merito
nella corretta osservanza delle regole di giudizio che
disciplinano la valutazione della testimonianza delle
persone offese dal reato e con adeguata motivazione, che
si sottrae a censura in questa sede.
E' appena il caso di aggiungere che
l'esattezza delle suddette valutazioni, non può formare
oggetto di contestazione, essendo notoriamente preclusi
alla Corte di legittimità l'esame degli elementi
fattuali e l'apprezzamento fattone dal giudice del
merito al fine di pervenire al proprio convincimento. In
conclusione si tratta di reiterazione delle difese di
merito ampiamente e compiutamente disattese dai giudici
di secondo grado, oltre che censura in punto di fatto
della sentenza impugnata, inerendo esclusivamente alla
valutazione degli elementi di prova ed alla scelta delle
ragioni ritenute idonee a giustificare la decisione,
cioè ad attività che rientrano nel potere discrezionale
del giudice di merito, il cui apprezzamento è
insindacabile in sede di legittimità se sorretto, come
nel caso in esame, da adeguata e congrua motivazione
esente da vizi logico - giuridici.
Gli argomenti proposti dal
ricorrente costituiscono, in realtà, solo un diverso
modo di valutazione dei fatti, ma il controllo demandato
alla Corte di Cassazione, è solo di legittimità e non
può certo estendersi ad una valutazione di merito.
Conclusivamente il ricorso va rigettato Ai sensi
dell'art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta
il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve
essere condannata al pagamento delle spese del
procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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