"Il
Tribunale inoltre ha ritenuto che, anche se si ritenesse
provato il nesso di causalità tra le lavorazioni presso
la G. e l'insorgenza della malattia, le caratteristiche
di cancerogenicità delle sostanze utilizzate non
consentivano di risalire al momento iniziale
dell'instaurarsi della lesione, nè di affermare con
sicurezza un rapporto dose-risposta e pertanto non
sarebbe possibile stabilire il momento di assunzione
della dose scatenante il processo patologico, nè se
eventuali successive esposizioni avrebbero potuto avere
influito sul periodo di latenza della malattia e sul
momento della morte.
Tale
motivazione appare assolutamente congrua e pienamente
conforme alla giurisprudenza di questa Corte in materia
di nesso causale."
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME
DEL POPOLO ITALIANO
LA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE
QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott.
MARZANO Francesco - Presidente
Dott.
FOTI Giacomo - Consigliere
Dott.
IZZO Fausto - Consigliere
Dott.
MASSAFRA Umberto - Consigliere
Dott.
MARINELLI Felicetta - rel. Consigliere
ha
pronunciato la seguente:
sentenza
sul
ricorso proposto da:
1)
Tizio N. IL (OMISSIS);
2) Caio
N. IL (OMISSIS);
3)
Sempronio N. IL (OMISSIS);
avverso
la sentenza n. 3493/2009 TRIBUNALE di BRESCIA, del
22/02/2010; visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/03/2011 la relazione
fatta dal Consigliere Dott. MARINELLI Felicetta;
Udito
il Procuratore Generale in persona del Dott. MONETTI
Vito che ha concluso per il rigetto del ricorso; Udito
il difensore Avv. Parreca Eustacchio del Foro di Brescia
che ha chiesto l'accoglimento dei ricorsi.
Fatto
Tizio,
Caio ed Sempronio sono stati tratti a giudizio davanti
al Tribunale di Brescia per rispondere del reato di cui
agli artt. 41 cpv. e 589 c.p. per avere, - il primo in
qualità di presidente, consigliere delegato ed
amministratore delegato, dal 1966, della ditta "Alfa
spa" con stabilimento in (OMISSIS) in qualità di
Presidente e consigliere delegato della ditta "Alfa spa"
sopra citata, il secondo in qualità di consigliere
delegato, dal 1980, della ditta "Alfa s.p.a.", il terzo
in qualità di direttore del medesimo stabilimento di
(OMISSIS) della suddetta ditta, delegato dal 1983 per
gli aspetti di igiene e sicurezza del lavoro, -
cagionato colposamente la morte del lavoratore Z. G.,
operaio, decesso intervenuto in data (OMISSIS) per
arresto cardio - respiratorio in soggetto affetto da
"carcinoma dell'orofaringe", patologia di origine
professionale, per colpa consistita in negligenza,
imprudenza,imperizia ed inosservanza di norme preposte
alla prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle
malattie professionali.
Con
sentenza del 22 febbraio 2010 il Tribunale di Brescia
assolveva i sopra indicati imputati dal reato loro
ascritto perchè il fatto non costituisce reato.
Avverso
la decisione del Tribunale di Brescia presentavano
ricorso in Cassazione, a mezzo del loro difensore,
Tizio, Caio ed Sempronio e concludevano chiedendo a
questa Corte di volere provvedere alla sostituzione
della formula assolutoria adottata con quella "perchè il
fatto non sussiste" ai sensi dell'art. 620 c.p.p., lett.
l).
All'udienza pubblica del 3/02/2011 il ricorso era deciso
con il compimento degli incombenti imposti dal codice di
rito.
Diritto
I
ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata per i
seguenti motivi:
violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. b), per erronea
applicazione degli artt. 40 e 589 c.p. (conseguente
all'erronea applicazione dell'art. 530 c.p.p.).
Secondo
i ricorrenti il dispositivo della sentenza impugnata
sarebbe affetto da errore nell'adozione della formula di
proscioglimento in quanto, snodandosi la motivazione
sull'insussistenza della prova del nesso di causalità
tra le condotte degli imputati e il decesso del
lavoratore Z.G., essi avrebbero dovuto essere assolti
con la formula perchè il fatto non sussiste e non già
con la formula perchè il fatto non costituisce reato.
Rilevavano poi i ricorrenti che sussisteva il loro
interesse ad ottenere in tal senso la rettifica della
formula di proscioglimento in considerazione della
diversità degli effetti che gli artt. 652 e 653 c.p.p.
collegano ai due tipi di dispositivo nel giudizio civile
o amministrativo.
Il
ricorso è fondato.
Si
rileva preliminarmente che sussiste l'interesse dei
ricorrenti ad ottenere la rettifica della formula di
proscioglimento adottata "perchè il fatto non
costituisce reato" in luogo di quella "perchè il fatto
non sussiste", a fronte della diversità degli effetti
che gli artt. 652 e 653 c.p.p. collegano ai due tipi di
dispositivo nel giudizio civile o amministrativo di
danno. Secondo la giurisprudenza di questa Corte,
infatti, (cfr., tra le altre, Cass., Sez., Sent. n. 3193
de 14.02.2006) l'accertamento contenuto in una sentenza
penale irrevocabile di assoluzione con dispositivo
"perchè il fatto non costituisce reato" non possiede
efficacia di giudicato, come previsto dall'art. 652
c.p.p. nel giudizio civile di danno, rimanendo immutato
in capo al giudice civile il potere di accertare
autonomamente e con pienezza di cognizione i fatti
dedotti in giudizio.
Tanto
premesso si osserva che nella fattispecie di cui è
processo il giudice non ha ritenuto sussistente il nesso
di causalità tra le condotte ascritte agli odierni
ricorrenti e la malattia che ha portato al decesso il
lavoratore Z., in quanto ha ritenuto che non vi fossero
elementi che consentissero di ricondurre con
apprezzabile sicurezza l'insorgenza della malattia e la
sua evoluzione nel tempo alle violazioni riscontrate
presso la "Alfa s.p.a.". Il Tribunale inoltre ha
ritenuto che, anche se si ritenesse provato il nesso di
causalità tra le lavorazioni presso la G. e l'insorgenza
della malattia, le caratteristiche di cancerogenicità
delle sostanze utilizzate non consentivano di risalire
al momento iniziale dell'instaurarsi della lesione, nè
di affermare con sicurezza un rapporto dose-risposta e
pertanto non sarebbe possibile stabilire il momento di
assunzione della dose scatenante il processo patologico,
nè se eventuali successive esposizioni avrebbero potuto
avere influito sul periodo di latenza della malattia e
sul momento della morte.
Tale
motivazione appare assolutamente congrua e pienamente
conforme alla giurisprudenza di questa Corte in materia
di nesso causale.
Peraltro deve essere pronunciata assoluzione con la
formula "perchè il fatto non sussiste" allorquando
manchi uno degli elementi oggettivi del reato (azione,
evento, nesso di causalità), mentre deve assolversi con
la formula "perchè il fatto non costituisce reato"
quando manchi l'elemento soggettivo.
Nella
fattispecie di cui è processo, quindi, essendo stato
accertato il difetto del nesso di causalità tra l'azione
e l'evento, doveva essere pronunciata assoluzione con la
formula "perchè il fatto non sussiste".
Ai
sensi dell'art. 620 c.p.p., lett. l) la sentenza
impugnata deve essere quindi annullata senza rinvio
limitatamente alla formula di assoluzione, che deve
essere sostituita con la formula "perchè il fatto non
sussiste".
P.Q.M.
Annulla
senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla
formula di assoluzione e sostituisce quella indicata
"perchè il fatto non costituisce reato" con quella
"perchè il fatto non sussiste |