Efficacia limitata
dell'estratto conto come prova in una causa tra banca e
correntista. Tassi d'interesse in chiaro. Nullità delle
clausole anatocistiche. La Cassazione prova a fare
chiarezza su alcuni passaggi chiave dei rapporti tra
banche e risparmiatori. La sentenza n. 9695 della terza
sezione civile, depositata ieri, sottolinea innanzitutto
che l'estratto del conto corrente rappresenta un atto
unilaterale della banca creditrice e non può costituire
da solo la prova dell'entità del credito a favore della
banca. Non serve poi all'istituto di credito contestare
che lo stesso estratto conto ha un pieno valore
probatorio per ottenere un decreto ingiuntivo. In questo
tipo di procedimento, infatti, c'è la garanzia del
contraddittorio con il debitore che propone
l'opposizione.
Ogni accordo sugli
interessi, poi, per essere valido deve avere forma
scritta e il tasso da applicare al correntista deve
essere specificato in maniera precisa e puntuale. Non si
può, cioè, pensare che le condizioni abitualmente
rispettate dalle banche sulla piazza (il cosiddetto
rinvio a clausole "su piazza") possano avere un valore
vincolante quasi a livello normativo. La stessa
precisione deve caratterizzare le previsioni di costi,
commissioni e la disciplina della postergazione delle
valute di accredito.
Quanto alle clausole anatocistiche, «è illegittima la
capitalizzazione trimestrale degli interessi su saldi di
conto corrente bancario passivi per il cliente se
prevista da clausole anatocistiche stipulate prima del
decreto legislativo 342/99 e dalla delibera del Cicr
prevista dall'articolo 25, comma 2 di tale decreto, in
quanto siffatte clausole, secondo i principi che
regolano la successione delle leggi nel tempo sono (...)
da considerare nulle».
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