Redditi di lavoro autonomo, conta solo il principio di
cassa-
Cassazione pronuncia 8626 del 15 aprile-Fiscooggi.it
La disposizione del Tuir è chiara:
i compensi vanno tassati in relazione all’anno in cui
sono percepiti
In base a quanto disposto
dall’articolo 54 del Tuir, la determinazione del reddito
di lavoro autonomo deve avvenire esclusivamente sulla
base del cosiddetto principio di cassa (diversamente
dalle imprese che sottostanno, invece, al principio di
competenza), con la conseguenza che, salvo deroghe
specifiche, lo stesso è costituito dalla differenza tra
l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti
nel periodo di imposta, anche sotto forma di
partecipazione agli utili, e quello delle spese
sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o
della professione.
Questo è il principio fissato dalla
Cassazione nella pronuncia 8626 del 15 aprile, a dir
poco curiosa in quanto, se per un verso ribadisce un
principio abbastanza chiaro e ampiamente noto a chi è si
occupa di questioni fiscali, dall’altro si segnala per
una interessante precisazione in merito al dovere di
correttezza e buona fede che deve ispirare l’attività
dell’Amministrazione finanziaria.
I fatti di causa
Un professionista impugna un avviso
di accertamento con il quale il competente ufficio
finanziario gli contestava l’omessa dichiarazione dei
redditi da lavoro autonomo per l’anno 1993.
Al ricorso, il contribuente, allega
le dichiarazioni degli anni 1992 e 1993, con le relative
ricevute di presentazione, spiegando di aver applicato
il principio di competenza e di avere quindi anticipato,
nella dichiarazione del 1992, i compensi relativi alle
prestazioni effettuate nel 1993, ancorché non percepiti.
Il giudice di primo grado accoglie
il ricorso, mentre il successivo appello proposto
dall’Amministrazione finanziaria viene accolto dal
giudice del gravame nella considerazione che i redditi
da lavoro autonomo, anche se assoggettati a ritenuta
d’acconto, vanno dichiarati secondo il principio di
cassa e non di competenza.
Il professionista propone allora
ricorso per Cassazione ed eccepisce, tra l’altro,
l’illegittimità della sentenza appellata, in quanto ha
ritenuto omessa una dichiarazione quando, invece, la
stessa era stata presentata, sebbene in modo erroneo
(con il principio di competenza in luogo di quello per
cassa).
Il ricorrente denuncia, poi, la
violazione e falsa applicazione dell’articolo 67 del Dpr
600/1973, per avere il giudice dell’appello erroneamente
legittimato una doppia tassazione sul medesimo reddito
effettuata da un ufficio che già conosceva (o che
comunque era in condizione di conoscere, nella
comparazione delle due dichiarazioni annuali) e che
l’imposta sulle prestazioni professionali era stata già
pagata con imputazione all’anno precedente.
Da ultimo, il professionista
lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo
10 della legge 212/2000, per avere il giudice
dell’appello erroneamente accolto l’appello
dell’Amministrazione finanziaria in evidente contrasto
col principio di correttezza e buona fede che deve
improntare i rapporti giuridici tra il contribuente e il
Fisco.
La decisione della Cassazione
La Corte suprema ritiene tutte le
doglianze non meritevoli di accoglimento: innanzitutto,
ricorda che l’articolo 54 del Tuir statuisce
categoricamente le modalità di tassazione del reddito di
lavoro autonomo, disponendo, al comma 1, che “il reddito
derivante dall’esercizio di arti e professioni è
costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi
in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta,
anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello
delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio
dell’arte o della professione, salvo quanto stabilito
nei successivi commi …”.
Tale disposizione, secondo i
giudici di legittimità, “… è chiara e non ammette
interpretazioni diverse da quella secondo la quale i
compensi vanno sottoposti a tassazione in relazione
all’anno in cui sono stati percepiti”.
Fatta questa premessa, appare
corretta la sentenza di appello – secondo cui tali
redditi vanno dichiarati in base al principio di cassa e
non di competenza – in quanto manca una disposizione
normativa sulla quale fondare la diversa interpretazione
sostenuta dal ricorrente.
Né può essere preso in
considerazione, a tal fine, l’articolo 67 del Dpr
600/1973, che ha introdotto il principio del divieto di
doppia imposizione fiscale.
Il caso di specie, infatti, non
configura - secondo l’interpretazione della Corte
suprema - un’ipotesi di doppia imposizione, ma solo un
errore da parte del contribuente che nel 1992 ha
dichiarato tutti i redditi da lavoro autonomo prodotti
(sia quelli effettivamente percepiti che quelli a
percepirsi).
Secondo i giudici di piazza Cavour,
la maggiore imposizione derivante da tale erronea
dichiarazione da parte del contribuente non può essere
corretta né applicando un principio, quello di
competenza, che la legge non prevede per tale tipologia
reddituale, né, tantomeno, richiamando il divieto di
doppia imposizione sotto il quale non può essere
attratto il caso in esame (ma solo attraverso una
semplice istanza di rimborso).
Senza dimenticare, poi, che
l’imposta in trattazione ha natura progressiva e non
fissa, con la conseguenza che l’aliquota applicabile
potrebbe variare, passando da un anno all’altro, in
virtù del totale degli importi sottoposti a tassazione e
che, pertanto, non può considerarsi irrilevante, sotto
il profilo delle conseguenze tributarie, l’applicazione
del principio di competenza in luogo di quello di cassa.
Da ultimo, i giudici di legittimità
non ritengono neanche applicabile, al caso di specie, il
principio di correttezza e buona fede fissato
dall’articolo 10 dello Statuto dei diritti del
contribuente.
Al riguardo, infatti, la Cassazione
precisa che l’Amministrazione finanziaria “… solo se
correttamente compulsata, cioè con gli ordinari istituti
all’uopo configurati, può e deve rendersi conto
dell’esistenza (non di una doppia imposizione,
insussistente, come sopra esposto, nella fattispecie in
esame), di un plus di imposizione conseguita ad
un’erronea dichiarazione del contribuente …”, in quanto
non rientra “… nell’ordinario corretto svolgimento dei
compiti dell’agenzia quello di accertare una
dichiarazione errata perché contenente un reddito da
lavoro autonomo calcolato in maniera erronea”.
Considerazioni finali
Come detto, la sentenza in commento
esprime un principio oramai assodato nel diritto
tributario in merito all’ordinaria determinazione del
reddito di lavoro autonomo, secondo cui i compensi e i
costi assumono rilevanza nel momento in cui sono,
rispettivamente, percepiti e sostenuti (principio di
cassa).
L’imputazione temporale dei
compensi, tuttavia, potrebbe creare dei problemi in
ordine all’individuazione del momento esatto in cui il
corrispettivo si intende incassato da parte del
professionista, ciò soprattutto quando vengono
utilizzati alcuni strumenti di pagamento.
Al riguardo, con la circolare
38/2010, è stato chiarito che i compensi pagati mediante
assegno devono considerarsi percepiti nel momento in cui
il titolo di credito entra nella disponibilità del
professionista (momento che si realizza con la consegna
del titolo dal ricevente al committente), mentre, nel
caso di compensi pagati mediante bonifico bancario, tale
momento deve essere individuato in quello in cui il
professionista riceve l’accredito sul proprio conto
corrente.
Infine, per quanto riguarda la
ratio del disposto di cui all’articolo 10 dello Statuto
del contribuente - secondo cui i rapporti tra
contribuente e amministrazione finanziaria devono essere
improntati al principio della collaborazione e della
buona fede - questa deve rinvenirsi nel diritto del
cittadino-contribuente ad aver notizia, sin dall’inizio
della verifica/accertamento, delle chiare motivazioni
circa l’interesse conoscitivo del Fisco a esaminare la
sua posizione tributaria.
Se si accogliesse, invece, la tesi
dell’odierno ricorrente, si finirebbe per attribuire
all’Amministrazione finanziaria un ruolo di “consulente
fiscale” che, non solo non è in linea con la ratio dello
Statuto del contribuente, ma che non rientra nei compiti
istituzionali per cui la stessa è stata istituita.
Marco Denaro |