CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE
EUROPEA
SENTENZA DELLA CORTE (Prima
Sezione)
28 aprile 2011(*)
«Spazio di libertà, di sicurezza e
di giustizia – Direttiva 2008/115/CE – Rimpatrio dei
cittadini
di paesi terzi il cui soggiorno è
irregolare – Artt. 15 e 16 – Normativa nazionale che
prevede
la reclusione per i cittadini di
paesi terzi in soggiorno irregolare in caso di
inottemperanza
all’ordine di lasciare il
territorio di uno Stato membro – Compatibilità»
Nel procedimento C-61/11 PPU,
avente ad oggetto una domanda di
pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE,
proposta dalla Corte d’appello di
Trento, con ordinanza 2 febbraio 2011, pervenuta in
cancelleria il 10 febbraio 2011,
nel procedimento penale a carico di
Hassen El Dridi,
alias Soufi Karim,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta dal sig. A. Tizzano,
presidente di sezione, dai sigg. J.-J. Kasel, M. Ilešič
(relatore),
E. Levits e M. Safjan, giudici,
avvocato generale: sig. J. Mazák
cancelliere: sig.ra A.
Impellizzeri, amministratore
vista la domanda del giudice del
rinvio del 2 febbraio 2011, pervenuta alla Corte il 10
febbraio 2011 e integrata l’11
febbraio 2011, di sottoporre il rinvio pregiudiziale a
procedimento d’urgenza, a norma
dell’art. 104 ter del regolamento di procedura della
Corte,
vista la decisione della Prima
Sezione del 17 febbraio 2011 di accogliere la suddetta
domanda,
vista la fase scritta del
procedimento e in seguito all’udienza del 30 marzo 2011,
considerate le osservazioni
presentate:
– per il sig. El Dridi, dagli
avv.ti M. Pisani e L. Masera;
– per il governo italiano, dalla
sig.ra G. Palmieri, in qualità di agente, assistita dal
sig. L. D’Ascia, avvocato dello
Stato;
– per la Commissione europea, dalla
sig.ra M. Condou-Durande e dal sig. L. Prete, in
qualità di agenti,
sentito l’avvocato generale,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
2
1 La domanda di pronuncia
pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 15
e 16 della
direttiva del Parlamento europeo e
del Consiglio 16 dicembre 2008, 2008/115/CE, recante
norme e procedure comuni
applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini
di paesi terzi
il cui soggiorno è irregolare (GU L
348, pag. 98).
2 Detta domanda è stata proposta
nell’ambito di un procedimento a carico del sig. El
Dridi, il
quale è condannato alla pena di un
anno di reclusione per il reato di permanenza irregolare
sul territorio italiano, senza
giustificato motivo, in violazione di un ordine di
allontanamento
emesso nei suoi confronti dal
questore di Udine.
Contesto normativo
La normativa dell’Unione
3 I ‘considerando’ secondo, sesto,
tredicesimo, sedicesimo e diciassettesimo della
direttiva
2008/115 enunciano quanto segue:
«(2) Il Consiglio europeo di
Bruxelles del 4 e 5 novembre 2004 ha sollecitato
l’istituzione
di un’efficace politica in materia
di allontanamento e rimpatrio basata su norme comuni
affinché le persone siano
rimpatriate in maniera umana e nel pieno rispetto dei
loro
diritti fondamentali e della loro
dignità.
(…)
(6) È opportuno che gli Stati
membri provvedano a porre fine al soggiorno irregolare
dei
cittadini di paesi terzi secondo
una procedura equa e trasparente. (…)
(…)
(13) L’uso di misure coercitive
dovrebbe essere espressamente subordinato al rispetto
dei principi di proporzionalità e
di efficacia per quanto riguarda i mezzi impiegati e gli
obiettivi perseguiti. (…)
(…)
(16) Il ricorso al trattenimento ai
fini dell’allontanamento dovrebbe essere limitato e
subordinato al principio di
proporzionalità con riguardo ai mezzi impiegati e agli
obiettivi
perseguiti. Il trattenimento è
giustificato soltanto per preparare il rimpatrio o
effettuare
l’allontanamento e se l’uso di
misure meno coercitive è insufficiente.
(17) I cittadini di paesi terzi che
sono trattenuti dovrebbero essere trattati in modo umano
e dignitoso, nel pieno rispetto dei
loro diritti fondamentali e in conformità del diritto
nazionale e internazionale. Fatto
salvo l’arresto iniziale da parte delle autorità
incaricate dell’applicazione della
legge, disciplinato dal diritto nazionale, il
trattenimento
dovrebbe di norma avvenire presso
gli appositi centri di permanenza temporanea».
4 L’art. 1 della direttiva
2008/115, rubricato «Oggetto», recita:
«La presente direttiva stabilisce
norme e procedure comuni da applicarsi negli Stati
membri
al rimpatrio di cittadini di paesi
terzi il cui soggiorno è irregolare, nel rispetto dei
diritti
fondamentali in quanto principi
generali del diritto comunitario e del diritto
internazionale,
compresi gli obblighi in materia di
protezione dei rifugiati e di diritti dell’uomo».
5 L’art. 2, nn. 1 e 2, di detta
direttiva così dispone:
3
«1. La presente direttiva si
applica ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno nel
territorio di
uno Stato membro è irregolare.
2. Gli Stati membri possono
decidere di non applicare la presente direttiva ai
cittadini di
paesi terzi:
(…)
b) sottoposti a rimpatrio come
sanzione penale o come conseguenza di una sanzione
penale, in conformità della
legislazione nazionale, o sottoposti a procedure di
estradizione».
6 Ai sensi dell’art. 3, punto 4,
della direttiva 2008/115 si intende per «decisione di
rimpatrio»,
ai fini della medesima direttiva,
«[una] decisione o [un] atto amministrativo o
giudiziario che
attesti o dichiari l’irregolarità
del soggiorno di un cittadino di paesi terzi e imponga o
attesti
l’obbligo di rimpatrio».
7 L’art. 4, n. 3, di detta
direttiva enuncia:
«La presente direttiva lascia
impregiudicata la facoltà degli Stati membri di
introdurre o
mantenere disposizioni più
favorevoli alle persone cui si applica, purché
compatibili con le
norme in essa stabilite».
8 A termini dell’art. 6, n. 1,
della medesima direttiva, « [g]li Stati membri adottano
una
decisione di rimpatrio nei
confronti di qualunque cittadino di un paese terzo il
cui soggiorno
nel loro territorio è irregolare,
fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi da 2 a 5».
9 L’art. 7 della direttiva
2008/115, rubricato «Partenza volontaria», prevede
quanto segue:
«1. La decisione di rimpatrio fissa
per la partenza volontaria un periodo congruo di durata
compresa tra sette e trenta giorni,
fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi 2 e 4. Gli
Stati
membri possono prevedere nella
legislazione nazionale che tale periodo sia concesso
unicamente su richiesta del
cittadino di un paese terzo interessato. In tal caso,
gli Stati
membri informano i cittadini di
paesi terzi interessati della possibilità di inoltrare
tale richiesta.
(…)
3. Per la durata del periodo per la
partenza volontaria possono essere imposti obblighi
diretti a evitare il rischio di
fuga, come l’obbligo di presentarsi periodicamente alle
autorità, la
costituzione di una garanzia
finanziaria adeguata, la consegna di documenti o
l’obbligo di
dimorare in un determinato luogo.
4. Se sussiste il rischio di fuga o
se una domanda di soggiorno regolare è stata respinta in
quanto manifestamente infondata o
fraudolenta o se l’interessato costituisce un pericolo
per
l’ordine pubblico, la pubblica
sicurezza o la sicurezza nazionale, gli Stati membri
possono
astenersi dal concedere un periodo
per la partenza volontaria o concederne uno inferiore a
sette giorni».
10 L’art. 8, nn. 1 e 4, di detta
direttiva così dispone:
«1. Gli Stati membri adottano tutte
le misure necessarie per eseguire la decisione di
rimpatrio qualora non sia stato
concesso un periodo per la partenza volontaria a norma
dell’articolo 7, paragrafo 4, o per
mancato adempimento dell’obbligo di rimpatrio entro il
periodo per la partenza volontaria
concesso a norma dell’articolo 7.
(…)
4
4. Ove gli Stati membri ricorrano –
in ultima istanza – a misure coercitive per allontanare
un cittadino di un paese terzo che
oppone resistenza, tali misure sono proporzionate e non
ecced[o]no un uso ragionevole della
forza. Le misure coercitive sono attuate conformemente
a quanto previsto dalla
legislazione nazionale in osservanza dei diritti
fondamentali e nel
debito rispetto della dignità e
dell’integrità fisica del cittadino di un paese terzo
interessato».
11 L’art. 15 della medesima
direttiva, compreso nel capo IV, relativo al
trattenimento ai fini
dell’allontanamento, è redatto nei
seguenti termini:
«1. Salvo se nel caso concreto
possono essere efficacemente applicate altre misure
sufficienti ma meno coercitive, gli
Stati membri possono trattenere il cittadino di un paese
terzo sottoposto a procedure di
rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o
effettuare
l’allontanamento, in particolare
quando:
a) sussiste un rischio di fuga o
b) il cittadino del paese terzo
evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o
dell’allontanamento.
Il trattenimento ha durata quanto
più breve possibile ed è mantenuto solo per il tempo
necessario all’espletamento
diligente delle modalità di rimpatrio.
(…)
3. In ogni caso, il trattenimento è
riesaminato ad intervalli ragionevoli su richiesta del
cittadino di un paese terzo
interessato o d’ufficio. Nel caso di periodi di
trattenimento
prolungati il riesame è sottoposto
al controllo di un’autorità giudiziaria.
4. Quando risulta che non esiste
più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per
motivi di ordine giuridico o per
altri motivi o che non sussistono più le condizioni di
cui al
paragrafo 1, il trattenimento non è
più giustificato e la persona interessata è
immediatamente
rilasciata.
5. Il trattenimento è mantenuto
finché perdurano le condizioni di cui al paragrafo 1 e
per il
periodo necessario ad assicurare
che l’allontanamento sia eseguito. Ciascuno Stato membro
stabilisce un periodo limitato di
trattenimento, che non può superare i sei mesi.
6. Gli Stati membri non possono
prolungare il periodo di cui al paragrafo 5, salvo per
un
periodo limitato non superiore ad
altri dodici mesi conformemente alla legislazione
nazionale
nei casi in cui, nonostante sia
stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l’operazione di
allontanamento rischia di durare
più a lungo a causa:
a) della mancata cooperazione da
parte del cittadino di un paese terzo interessato, o
b) dei ritardi nell’ottenimento
della necessaria documentazione dai paesi terzi».
12 L’art. 16 della direttiva
2008/115, rubricato «Condizioni di trattenimento»,
prevede al n. 1
quanto segue:
«Il trattenimento avviene di norma
in appositi centri di permanenza temporanea. Qualora uno
Stato membro non possa ospitare il
cittadino di un paese terzo interessato in un apposito
centro di permanenza temporanea e
debba sistemarlo in un istituto penitenziario, i
cittadini di
paesi terzi trattenuti sono tenuti
separati dai detenuti ordinari».
13 Ai sensi dell’art. 18 della
direttiva 2008/115, rubricato «Situazioni di emergenza»:
5
«1. Nei casi in cui un numero
eccezionalmente elevato di cittadini di paesi terzi da
rimpatriare comporta un notevole
onere imprevisto per la capacità dei centri di
permanenza
temporanea di uno Stato membro o
per il suo personale amministrativo o giudiziario, sino
a
quando persiste la situazione
anomala detto Stato membro può decidere di (...)
adottare
misure urgenti quanto alle
condizioni di trattenimento in deroga a quelle previste
all’articolo
16, paragrafo 1 (...).
2. All’atto di ricorrere a tali
misure eccezionali, lo Stato membro in questione ne
informa la
Commissione. Quest’ultima è
informata anche non appena cessino di sussistere i
motivi che
hanno determinato l’applicazione
delle suddette misure eccezionali.
3. Nulla nel presente articolo può
essere interpretato nel senso che gli Stati membri siano
autorizzati a derogare al loro
obbligo generale di adottare tutte le misure di
carattere
generale e particolare atte ad
assicurare l’esecuzione degli obblighi ad essi
incombenti ai
sensi della presente direttiva».
14 Ai sensi dell’art. 20, n. 1,
primo comma, della direttiva 2008/115, gli Stati membri
dovevano
mettere in vigore le disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative necessarie
per
conformarsi a quest’ultima entro il
24 dicembre 2010, eccezion fatta per l’art. 13, n. 4.
15 Conformemente al suo art. 22,
detta direttiva è entrata in vigore il 13 gennaio 2009.
La normativa nazionale
16 L’art. 13 del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle
disposizioni
concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero
(Supplemento ordinario alla GURI n.
191 del 18 agosto 1998), come modificato dalla legge
15 luglio 2009, n. 94, recante
disposizioni in materia di sicurezza pubblica
(Supplemento
ordinario alla GURI n. 170 del 24
luglio 2009; in prosieguo: il «decreto legislativo
n. 286/1998»), prevede ai commi 2 e
4 quanto segue:
«2. L’espulsione è disposta dal
prefetto quando lo straniero:
a) è entrato nel territorio dello
Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è
stato
respinto (…);
b) si è trattenuto nel territorio
dello Stato (...) senza aver richiesto il permesso di
soggiorno nei termini prescritti,
salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore,
ovvero
quando il permesso di soggiorno è
stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da più
di sessanta giorni e non è stato
chiesto il rinnovo;
(...)
4. L’espulsione è sempre eseguita
dal questore con accompagnamento alla frontiera a
mezzo della forza pubblica ad
eccezione dei casi di cui al comma 5».
17 L’art. 14 del decreto
legislativo n. 286/1998 è così redatto:
«1. Quando non è possibile eseguire
con immediatezza l’espulsione mediante
accompagnamento alla frontiera
ovvero il respingimento, perché occorre procedere al
soccorso dello straniero, [ad]
accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o
nazionalità, ovvero
all’acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per
l’indisponibilità di
vettore o altro mezzo di trasporto
idoneo, il questore dispone che lo straniero sia
trattenuto
per il tempo strettamente
necessario presso il centro di identificazione e di
espulsione più
vicino, tra quelli individuati o
costituiti con decreto del Ministro dell’interno, di
concerto con i
6
Ministri per la solidarietà sociale
e del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica.
(…)
5-bis. Quando non sia stato
possibile trattenere lo straniero presso un centro di
identificazione ed espulsione,
ovvero la permanenza in tale struttura non abbia
consentito
l’esecuzione con l’accompagnamento
alla frontiera dell’espulsione o del respingimento, il
questore ordina allo straniero di
lasciare il territorio dello Stato entro il termine di
cinque
giorni. L’ordine è dato con
provvedimento scritto, recante l’indicazione delle
conseguenze
sanzionatorie della permanenza
illegale, anche reiterata, nel territorio dello Stato.
L’ordine
del questore può essere
accompagnato dalla consegna all’interessato della
documentazione
necessaria per raggiungere gli
uffici della rappresentanza diplomatica del suo Paese in
Italia,
anche se onoraria, nonché per
rientrare nello Stato di appartenenza ovvero, quando ciò
non
sia possibile, nello Stato di
provenienza.
5-ter. Lo straniero che senza
giustificato motivo permane illegalmente nel territorio
dello
Stato, in violazione dell’ordine
impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis, è
punito con
la reclusione da uno a quattro anni
se l’espulsione o il respingimento sono stati disposti
per
ingresso illegale nel territorio
nazionale (...), ovvero per non aver richiesto il
permesso di
soggiorno o non aver dichiarato la
propria presenza nel territorio dello Stato nel termine
prescritto in assenza di cause di
forza maggiore, ovvero per essere stato il permesso
revocato o annullato. Si applica la
pena della reclusione da sei mesi ad un anno se
l’espulsione è stata disposta
perché il permesso di soggiorno è scaduto da più di
sessanta
giorni e non ne è stato richiesto
il rinnovo, ovvero se la richiesta del titolo di
soggiorno è stata
rifiutata (...). In ogni caso,
salvo che lo straniero si trovi in stato di detenzione
in carcere, si
procede all’adozione di un nuovo
provvedimento di espulsione con accompagnamento alla
frontiera a mezzo della forza
pubblica per violazione all’ordine di allontanamento
adottato dal
questore ai sensi del comma 5-bis.
Qualora non sia possibile procedere
all’accompagnamento alla frontiera,
si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 5-bis
del
presente articolo (...).
5-quater. Lo straniero destinatario
del provvedimento di espulsione di cui al comma 5-ter e
di
un nuovo ordine di allontanamento
di cui al comma 5-bis, che continua a permanere
illegalmente nel territorio dello
Stato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Si
applicano, in ogni caso, le
disposizioni di cui al comma 5-ter, terzo e ultimo
periodo.
5-quinquies. Per i reati previsti
ai commi 5-ter, primo periodo, e 5-quater si procede con
rito
direttissimo ed è obbligatorio
l’arresto dell’autore del fatto».
Procedimento principale e questione
pregiudiziale
18 Il sig. El Dridi è un cittadino
di un paese terzo entrato illegalmente in Italia e privo
di
permesso di soggiorno. Nei suoi
confronti il prefetto di Torino ha emanato un decreto di
espulsione in data 8 maggio 2004.
19 Un ordine di allontanamento dal
territorio nazionale, emesso il 21 maggio 2010 dal
questore
di Udine, in esecuzione di detto
decreto di espulsione, gli è stato notificato in pari
data. Tale
ordine di allontanamento era
motivato dall’indisponibilità di un vettore o di altro
mezzo di
trasporto, dalla mancanza di
documenti di identificazione del sig. El Dridi nonché
dall’impossibilità di ospitarlo in
un centro di permanenza temporanea per mancanza di posti
nelle apposite strutture.
20 Durante un controllo effettuato
il 29 settembre 2010 è stato constatato che il sig. El
Dridi non
si era conformato a detto ordine di
allontanamento.
7
21 Il sig. El Dridi è stato
condannato dal Tribunale monocratico di Trento,
all’esito di giudizio
abbreviato, alla pena di un anno di
reclusione per il reato di cui all’art. 14, comma 5-ter,
del
decreto legislativo n. 286/1998.
22 Egli ha impugnato tale decisione
dinanzi alla Corte d’appello di Trento.
23 Quest’ultima s’interroga sulla
possibilità di disporre una sanzione penale, nel corso
della
procedura amministrativa di
rimpatrio di uno straniero, per inosservanza di una
delle fasi di
tale procedura; una simile sanzione
sembra, infatti, contraria al principio di leale
cooperazione, al conseguimento
degli scopi della direttiva 2008/115 e al suo effetto
utile,
nonché ai principi di
proporzionalità, di adeguatezza e di ragionevolezza
della pena.
24 Essa precisa, al riguardo, che
la sanzione penale di cui all’art. 14, comma 5-ter, del
decreto
legislativo n. 286/1998 interviene
dopo l’accertata violazione di un passaggio intermedio
della procedura graduale di
attuazione della decisione di rimpatrio, prevista dalla
direttiva
2008/115, ovverosia
l’inottemperanza al solo ordine di allontanamento.
Potendo andare da
uno a quattro anni, la pena della
reclusione sarebbe connotata, peraltro, da un carattere
di
estremo rigore.
25 Ciò considerato, la Corte
d’appello di Trento ha deciso di sospendere il
procedimento e di
proporre alla Corte la seguente
questione pregiudiziale:
«Se alla luce dei principi di leale
collaborazione all’effetto utile di conseguimento degli
scopi
della direttiva e di
proporzionalità, adeguatezza e ragionevolezza della
pena, gli artt. 15 e 16
della direttiva [2008/115] ostino:
– alla possibilità che venga
sanzionata penalmente la violazione di un passaggio
intermedio della procedura
amministrativa di rimpatrio, prima che essa sia
completata[,] con il ricorso al
massimo rigore coercitivo ancora possibile
amministrativamente;
– alla possibilità che venga punita
con la reclusione sino a quattro anni la mera mancata
cooperazione dell’interessato alla
procedura di espulsione, ed in particolare l’ipotesi di
inosservanza al primo ordine di
allontanamento emanato dall’autorità amministrativa».
Sul procedimento d’urgenza
26 La Corte d’appello di Trento ha
chiesto che il presente rinvio pregiudiziale sia
sottoposto al
procedimento d’urgenza previsto
all’art. 104 ter del regolamento di procedura della
Corte.
27 Il giudice del rinvio ha
motivato tale domanda con il fatto che il sig. El Dridi
è detenuto in
esecuzione della pena cui è stato
condannato dal Tribunale di Trento.
28 La Prima Sezione della Corte,
sentito l’avvocato generale, ha deciso di accogliere la
domanda del giudice remittente di
sottoporre il rinvio pregiudiziale al procedimento
d’urgenza.
Sulla questione pregiudiziale
29 Con la sua questione il giudice
del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva
2008/115, in
particolare i suoi artt. 15 e 16,
debba essere interpretata nel senso che essa osta ad una
normativa di uno Stato membro, come
quella in discussione nel procedimento principale, che
preveda l’irrogazione della pena
della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui
8
soggiorno sia irregolare per la
sola ragione che questi, in violazione di un ordine di
lasciare
entro un determinato termine il
territorio di tale Stato, permane in detto territorio
senza
giustificato motivo.
30 Il giudice del rinvio fa
riferimento, al riguardo, al principio di leale
cooperazione di cui
all’art. 4, n. 3, TUE, nonché
all’obiettivo di assicurare l’effetto utile del diritto
dell’Unione.
31 In proposito si deve ricordare
che, come enuncia il suo secondo ‘considerando’, la
direttiva
2008/115 persegue l’attuazione di
un’efficace politica in materia di allontanamento e
rimpatrio basata su norme comuni
affinché le persone interessate siano rimpatriate in
maniera umana e nel pieno rispetto
dei loro diritti fondamentali e della loro dignità.
32 Come si apprende tanto dal suo
titolo quanto dall’art. 1, la direttiva 2008/115
stabilisce le
«norme e procedure comuni» che
devono essere applicate da ogni Stato membro al
rimpatrio dei cittadini di paesi
terzi il cui soggiorno sia irregolare. Discende dalla
locuzione
summenzionata, come pure
dall’economia generale della succitata direttiva, che
gli Stati
membri possono derogare a tali
norme e procedure solo alle condizioni previste dalla
direttiva medesima, segnatamente
quelle fissate al suo art. 4.
33 Di conseguenza, mentre il n. 3
di detto art. 4 riconosce agli Stati membri la facoltà
di
introdurre o di mantenere
disposizioni più favorevoli per i cittadini di paesi
terzi il cui
soggiorno sia irregolare rispetto a
quelle stabilite dalla direttiva 2008/115, purché
compatibili
con quest’ultima, detta direttiva
non permette invece a tali Stati di applicare norme più
severe
nell’ambito che essa disciplina.
34 Occorre del pari rilevare che la
direttiva 2008/115 stabilisce con precisione la
procedura che
ogni Stato membro è tenuto ad
applicare al rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il
cui
soggiorno sia irregolare e fissa la
successione delle diverse fasi di tale procedura.
35 In tal senso, l’art. 6, n. 1, di
detta direttiva prevede anzitutto, in via principale,
l’obbligo per gli
Stati membri di adottare una
decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque
cittadino di un
paese terzo il cui soggiorno nel
loro territorio sia irregolare.
36 Nell’ambito di questa prima fase
della procedura di rimpatrio va accordata priorità,
salvo
eccezioni, all’esecuzione
volontaria dell’obbligo derivante dalla decisione di
rimpatrio; in tal
senso, l’art. 7, n. 1, della
direttiva 2008/115 dispone che detta decisione fissa per
la partenza
volontaria un periodo congruo di
durata compresa tra sette e trenta giorni.
37 Risulta dall’art. 7, nn. 3 e 4,
di detta direttiva che solo in circostanze particolari,
per esempio
se sussiste rischio di fuga, gli
Stati membri possono, da un lato, imporre al
destinatario di
una decisione di rimpatrio
l’obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità,
di prestare
una garanzia finanziaria adeguata,
di consegnare i documenti o di dimorare in un
determinato luogo oppure,
dall’altro, concedere un termine per la partenza
volontaria
inferiore a sette giorni o
addirittura non accordare alcun termine.
38 In quest’ultima ipotesi, ma
anche nel caso in cui l’obbligo di rimpatrio non sia
stato
adempiuto entro il termine concesso
per la partenza volontaria, risulta dall’art. 8, nn. 1 e
4,
della direttiva 2008/115 che, al
fine di assicurare l’efficacia delle procedure di
rimpatrio, tali
disposizioni impongono allo Stato
membro, che ha adottato una decisione di rimpatrio nei
confronti di un cittadino di un
paese terzo il cui soggiorno sia irregolare, l’obbligo
di
procedere all’allontanamento,
prendendo tutte le misure necessarie, comprese,
all’occorrenza, misure coercitive,
in maniera proporzionata e nel rispetto, in particolare,
dei
diritti fondamentali.
9
39 Al riguardo, discende dal
sedicesimo ‘considerando’ di detta direttiva nonché dal
testo del
suo art. 15, n. 1, che gli Stati
membri devono procedere all’allontanamento mediante le
misure meno coercitive possibili.
Solo qualora l’esecuzione della decisione di rimpatrio
sotto
forma di allontanamento rischi,
valutata la situazione caso per caso, di essere
compromessa
dal comportamento dell’interessato,
detti Stati possono privare quest’ultimo della libertà
ricorrendo al trattenimento.
40 Conformemente all’art. 15, n. 1,
secondo comma, della direttiva 2008/115, tale privazione
della libertà deve avere durata
quanto più breve possibile e protrarsi solo per il tempo
necessario all’espletamento
diligente delle modalità di rimpatrio. Ai sensi dei nn.
3 e 4 di
detto art. 15, tale privazione
della libertà è riesaminata ad intervalli ragionevoli e
deve
cessare appena risulti che non
esiste più una prospettiva ragionevole di
allontanamento. I
nn. 5 e 6 del medesimo articolo
fissano la sua durata massima in 18 mesi, termine
tassativo
per tutti gli Stati membri. L’art.
16, n. 1, di detta direttiva, inoltre, prescrive che gli
interessati
siano collocati in un centro
apposito e, in ogni caso, separati dai detenuti di
diritto comune.
41 Emerge da quanto precede che la
successione delle fasi della procedura di rimpatrio
stabilita dalla direttiva 2008/115
corrisponde ad una gradazione delle misure da prendere
per
dare esecuzione alla decisione di
rimpatrio, gradazione che va dalla misura meno
restrittiva
per la libertà dell’interessato –
la concessione di un termine per la sua partenza
volontaria –
alla misura che maggiormente limita
la sua libertà – il trattenimento in un apposito centro
–,
fermo restando in tutte le fasi di
detta procedura l’obbligo di osservare il principio di
proporzionalità.
42 Perfino il ricorso a
quest’ultima misura, la più restrittiva della libertà
che la direttiva consente
nell’ambito di una procedura di
allontanamento coattivo, appare strettamente
regolamentato,
in applicazione degli artt. 15 e 16
di detta direttiva, segnatamente allo scopo di
assicurare il
rispetto dei diritti fondamentali
dei cittadini interessati dei paesi terzi.
43 In particolare, la durata
massima prevista all’art. 15, nn. 5 e 6, della direttiva
2008/115 ha lo
scopo di limitare la privazione
della libertà dei cittadini di paesi terzi in situazione
di
allontanamento coattivo (sentenza
30 novembre 2009, causa C-357/09 PPU, Kadzoev,
Racc. pag. I-11189, punto 56). La
direttiva 2008/115 intende così tener conto sia della
giurisprudenza della Corte europea
dei diritti dell’uomo, secondo la quale il principio di
proporzionalità esige che il
trattenimento di una persona sottoposta a procedura di
espulsione o di estradizione non si
protragga oltre un termine ragionevole, vale a dire non
superi il tempo necessario per
raggiungere lo scopo perseguito (v., in particolare,
Corte eur.
D.U, sentenza Saadi c. Regno Unito
del 29 gennaio 2008, non ancora pubblicata nel Recueil
des arrêts et décisions, §§ 72 e
74), sia dell’ottavo dei «Venti orientamenti sul
rimpatrio
forzato» adottati il 4 maggio 2005
dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, ai
quali la
direttiva fa riferimento nel terzo
‘considerando’. Secondo tale principio, il trattenimento
ai fini
dell’allontanamento deve essere
quanto più breve possibile.
44 È alla luce delle suesposte
considerazioni che occorre valutare se le regole comuni
introdotte dalla direttiva 2008/115
ostino ad una normativa nazionale come quella in
discussione nel procedimento
principale.
45 Al riguardo va rilevato, in
primo luogo, che, come risulta dalle informazioni
fornite sia dal
giudice del rinvio sia dal governo
italiano nelle sue osservazioni scritte, la direttiva
2008/115
non è stata trasposta
nell’ordinamento giuridico italiano.
46 Orbene, per costante
giurisprudenza, qualora uno Stato membro si astenga dal
recepire
una direttiva entro i termini o non
l’abbia recepita correttamente, i singoli sono
legittimati a
invocare contro detto Stato membro
le disposizioni di tale direttiva che appaiano, dal
punto di
vista sostanziale, incondizionate e
sufficientemente precise (v. in tal senso, in
particolare,
10
sentenze 26 febbraio 1986, causa
152/84, Marshall, Racc. pag. 723, punto 46, e 3 marzo
2011, causa C-203/10, Auto
Nikolovi, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto
61).
47 Ciò vale anche per gli artt. 15
e 16 della direttiva 2008/115, i quali, come si evince
dal punto
40 della presente sentenza, sono
incondizionati e sufficientemente precisi da non
richiedere
ulteriori specifici elementi perché
gli Stati membri li possano mettere in atto.
48 Peraltro, una persona che si
trovi nella situazione del sig. El Dridi rientra
nell’ambito di
applicazione ratione personae della
direttiva 2008/115, la quale si applica, conformemente
al
suo art. 2, n. 1, ai cittadini di
paesi terzi il cui soggiorno nel territorio di uno Stato
membro sia
irregolare.
49 Come ha osservato l’avvocato
generale ai paragrafi 22-28 della sua presa di
posizione, non
incide su tale conclusione l’art.
2, n. 2, lett. b), di detta direttiva, ai sensi del
quale gli Stati
membri possono decidere di non
applicare la direttiva ai cittadini di paesi terzi
sottoposti a
rimpatrio come sanzione penale o in
conseguenza di una sanzione penale, in conformità
della legislazione nazionale, o
sottoposti a procedura di estradizione. Invero, si
apprende
dalla decisione di rinvio che
l’obbligo di rimpatrio risulta, nel procedimento
principale, da un
decreto del prefetto di Torino
dell’8 maggio 2004. Peraltro, le sanzioni penali di cui
a detta
disposizione non concernono
l’inosservanza del termine impartito per la partenza
volontaria.
50 Si deve constatare, in secondo
luogo, che, sebbene il decreto del prefetto di Torino
dell’8
maggio 2004, in quanto stabilisce
un obbligo per il sig. El Dridi di lasciare il
territorio
nazionale, integri una «decisione
di rimpatrio» come definita all’art. 3, punto 4, della
direttiva
2008/115 e menzionata, in
particolare, agli artt. 6, n. 1, e 7, n. 1, della
stessa, la procedura di
allontanamento prevista dalla
normativa italiana in discussione nel procedimento
principale
differisce notevolmente da quella
stabilita da detta direttiva.
51 Infatti, mentre detta direttiva
prescrive la concessione di un termine per la partenza
volontaria, compreso tra i sette e
i trenta giorni, il decreto legislativo n. 286/1998 non
prevede una tale misura.
52 Per quanto riguarda, poi, le
misure coercitive che gli Stati membri possono adottare
ai sensi
dell’art. 8, n. 4, della direttiva
2008/115, in particolare l’accompagnamento coattivo alla
frontiera previsto all’art. 13,
comma 4, del decreto legislativo n. 286/1998, è
giocoforza
constatare che, in una situazione
in cui tali misure non abbiano consentito di raggiungere
il
risultato perseguito, ossia
l’allontanamento del cittadino di un paese terzo contro
il quale
sono state disposte, gli Stati
membri restano liberi di adottare misure, anche penali,
atte
segnatamente a dissuadere tali
cittadini dal soggiornare illegalmente nel territorio di
detti
Stati.
53 Occorre tuttavia rilevare che,
se è vero che la legislazione penale e le norme di
procedura
penale rientrano, in linea di
principio, nella competenza degli Stati membri, su tale
ambito
giuridico può nondimeno incidere il
diritto dell’Unione (v. in questo senso, in particolare,
sentenze 11 novembre 1981, causa
203/80, Casati, Racc. pag. 2595, punto 27; 2 febbraio
1989, causa 186/87, Cowan, Racc.
pag. 195, punto 19, e 16 giugno 1998, causa C-226/97,
Lemmens, Racc. pag. I-3711, punto
19).
54 Di conseguenza, sebbene né
l’art. 63, primo comma, punto 3, lett. b), CE –
disposizione che
è stata ripresa dall’art. 79, n. 2,
lett. c), TFUE – né la direttiva 2008/115, adottata in
particolare sul fondamento di detta
disposizione del Trattato CE, escludano la competenza
penale degli Stati membri in tema
di immigrazione clandestina e di soggiorno irregolare,
questi ultimi devono fare in modo
che la propria legislazione in materia rispetti il
diritto
dell’Unione.
11
55 In particolare, detti Stati non
possono applicare una normativa, sia pure di diritto
penale, tale
da compromettere la realizzazione
degli obiettivi perseguiti da una direttiva e da privare
così
quest’ultima del suo effetto utile.
56 Infatti, ai sensi
rispettivamente del secondo e del terzo comma dell’art.
4, n. 3, TUE, gli Stati
membri, in particolare, «adottano
ogni misura di carattere generale o particolare atta ad
assicurare l’esecuzione degli
obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti
delle
istituzioni dell’Unione» e «si
astengono da qualsiasi misura che rischi di mettere in
pericolo la
realizzazione degli obiettivi
dell’Unione», compresi quelli perseguiti dalle
direttive.
57 Quanto, più specificamente, alla
direttiva 2008/115, si deve ricordare che – come enuncia
il
suo tredicesimo ‘considerando’ –
essa subordina espressamente l’uso di misure coercitive
al
rispetto dei principi di
proporzionalità e di efficacia per quanto riguarda i
mezzi impiegati e gli
obiettivi perseguiti.
58 Ne consegue che gli Stati membri
non possono introdurre, al fine di ovviare
all’insuccesso
delle misure coercitive adottate
per procedere all’allontanamento coattivo conformemente
all’art. 8, n. 4, di detta
direttiva, una pena detentiva, come quella prevista
all’art. 14, comma
5-ter, del decreto legislativo n.
286/1998, solo perché un cittadino di un paese terzo,
dopo
che gli è stato notificato un
ordine di lasciare il territorio di uno Stato membro e
che il termine
impartito con tale ordine è
scaduto, permane in maniera irregolare nel territorio
nazionale.
Essi devono, invece, continuare ad
adoperarsi per dare esecuzione alla decisione di
rimpatrio, che continua a produrre
i suoi effetti.
59 Una tale pena, infatti,
segnatamente in ragione delle sue condizioni e modalità
di
applicazione, rischia di
compromettere la realizzazione dell’obiettivo perseguito
da detta
direttiva, ossia l’instaurazione di
una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio
dei
cittadini di paesi terzi il cui
soggiorno sia irregolare. In particolare, come ha
rilevato
l’avvocato generale al paragrafo 42
della sua presa di posizione, una normativa nazionale
quale quella oggetto del
procedimento principale può ostacolare l’applicazione
delle misure
di cui all’art. 8, n. 1, della
direttiva 2008/115 e ritardare l’esecuzione della
decisione di
rimpatrio.
60 Ciò non esclude la facoltà per
gli Stati membri di adottare, nel rispetto dei principi
della
direttiva 2008/115 e del suo
obiettivo, disposizioni che disciplinino le situazioni
in cui le
misure coercitive non hanno
consentito di realizzare l’allontanamento di un
cittadino di un
paese terzo il cui soggiorno sul
loro territorio sia irregolare.
61 Alla luce di quanto precede, al
giudice del rinvio, incaricato di applicare, nell’ambito
della
propria competenza, le disposizioni
del diritto dell’Unione e di assicurarne la piena
efficacia,
spetterà disapplicare ogni
disposizione del decreto legislativo n. 286/1998
contraria al
risultato della direttiva 2008/115,
segnatamente l’art. 14, comma 5-ter, di tale decreto
legislativo (v., in tal senso,
sentenze 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal,
Racc. pag. 629, punto 24; 22 maggio
2003, causa C-462/99, Connect Austria,
Racc. pag. I-5197, punti 38 e 40,
nonché 22 giugno 2010, cause riunite C-188/10 e
C-189/10, Melki e Abdeli, non
ancora pubblicata nella Raccolta, punto 43). Ciò facendo
il
giudice del rinvio dovrà tenere
debito conto del principio dell’applicazione retroattiva
della
pena più mite, il quale fa parte
delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri
(sentenze 3 maggio 2005, cause
riunite C-387/02, C-391/02 e C-403/02, Berlusconi e a.,
Racc. pag. I-3565, punti 67-69,
nonché 11 marzo 2008, causa C-420/06, Jager,
Racc. pag. I-1315, punto 59).
62 Pertanto, occorre risolvere la
questione deferita dichiarando che la direttiva
2008/115, in
particolare i suoi artt. 15 e 16,
deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una
normativa di uno Stato membro, come
quella in discussione nel procedimento principale, che
12
preveda l’irrogazione della pena
della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui
soggiorno sia irregolare per la
sola ragione che questi, in violazione di un ordine di
lasciare
entro un determinato termine il
territorio di tale Stato, permane in detto territorio
senza
giustificato motivo.
Sulle spese
63 Nei confronti delle parti nel
procedimento principale il presente procedimento
costituisce un
incidente sollevato dinanzi al
giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle
spese. Le
spese sostenute da altri soggetti
per presentare osservazioni alla Corte non possono dar
luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima
Sezione) dichiara:
La direttiva del Parlamento europeo
e del Consiglio 16 dicembre 2008, 2008/115/CE,
recante norme e procedure comuni
applicabili negli Stati membri al rimpatrio di
cittadini di paesi terzi il cui
soggiorno è irregolare, in particolare i suoi artt. 15 e
16,
deve essere interpretata nel senso
che essa osta ad una normativa di uno Stato
membro, come quella in discussione
nel procedimento principale, che preveda
l’irrogazione della pena della
reclusione al cittadino di un paese terzo il cui
soggiorno
sia irregolare per la sola ragione
che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro
un determinato termine |