Una recente sentenza della Corte
di Cassazione, la n. 6412 del 21 marzo, ci permette di
parlare della forma dell’atto introduttivo del giudizio
d’appello avverso una sentenza che abbia deciso
sull’impugnazione di una deliberazione condominiale. Il
caso è particolarmente interessante in quanto a
differenza della vexata quaestio della forma dell’atto
d’impugnazione della deliberazione (tutt’ora non si ha
certezza se si debba procedere con citazione o ricorso o
se sia legittimo utilizzare entrambi), per l’appello
pare non sorgano dubbi: in virtù del contenuto dell’art.
342 del codice di procedura civile, esso, in assenza di
una specifica disciplina, deve essere sempre proposto
con atto di citazione.
Prima di vedere più da vicino come
si sia espresso il Supremo Collegio, cerchiamo di capire
perché si è arrivati a tale soluzione. Nel caso di
specie un condomino impugnava la sentenza che aveva
deciso su una causa afferente la validità d’una
deliberazione condominiale. Nel farlo utilizzava il
ricorso quale atto introduttivo del giudizio, al pari di
quanto aveva fatto nel giudizio di primo grado. Vale la
pena ricordare che una delle differenze tra ricorso e
citazione sta nel fatto che mentre il primo va
depositato in cancelleria e solo successivamente ed
unitamente al decreto di fissazione dell’udienza
notificato alla controparte, la citazione, invece, va
prima notificata al convenuto e poi depositata in
cancelleria per l’iscrizione a ruolo della causa. La
differente procedura incide e non poco sul rispetto dei
termini per la proposizione dell’appello. Nel primo
caso, infatti, si deve considerare la data del deposito
presso la cancelleria, nel secondo quello di notifica
alla controparte. Il giudice di secondo grado, quindi,
dichiarava la tardività dell’appello proposto con
ricorso. Si leggeva nella sentenza che per
l’impugnazione delle sentenze afferenti deliberazioni
condominiali il codice di procedura civile non prevede
alcun rito speciale; in considerazione di ciò bisognava
tenere presente la norma generale di cui all’art. 342
c.p.c.
Contro queste motivazione il
condomino proponeva ricorso per Cassazione. Gli
“ermellini”, però, hanno confermato la pronuncia di
secondo grado. In particolare si legge nella sentenza di
legittimità che “l’appello avverso la sentenza che abbia
pronunciato sull'impugnazione di una delibera
dell'assemblea condominiale, in assenza di apposite
previsioni normative, va proposto - secondo la regola
generale contenuta nell'art. 342 c.p.c. - con citazione,
con la conseguenza che la tempestività dell'appello
medesimo va verificata in base alla data di notifica
dell'atto di citazione stesso e non alla data di
deposito dell'atto di gravame nella cancelleria del
giudice "ad quem". In altri termini, al di là della
forma per chiamare in giudizio il convenuto ammissibile
nella materia in discorso per l’instaurazione del
processo di primo grado, la questione esaminata dalla
Corte torinese atteneva alla forma di impugnazione della
sentenza emessa all'esito del giudizio di prime cure,
forma che, in base alla disposizione di carattere
generale prevista dal ricordato art. 342 c.p.c., è
costituita, appunto, dalla citazione, salvo l’espressa
previsione di una diversa modalità; pertanto, non
essendo contemplata nella materia in questione una forma
di impugnazione della sentenza di primo grado diversa
dalla citazione e non potendosi qualificare il rito
adottato in tale grado come un rito speciale,
correttamente la Corte territoriale ha, con motivazione
logica ed adeguata, affermato che, proprio in virtù
dell'applicazione della norma generale sancita dall'art.
342 c.p.c., l’appello avrebbe dovuto essere formulato
con atto di citazione” (così Cass. 21 marzo 2011 n.
6412).
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Avv. Alessandro Gallucci |