di Chiara Rossini
Lo ha stabilito la Corte di
Cassazione nella sentenza n. 11213/2011: l'acquisto di
beni da parte di un contribuente in regime di comunione
legale col coniuge, nulla ha a che vedere con la
disponibilita' dei beni stessi anche in capo ad altri
soggetti. Al fine dell'accertamento sintetico, ha valore
unicamente la concreta situazione fattuale data dal
riscontro del potere del contribuente sottoposto a
controllo, di trarre da ogni singolo bene una qualche
utilita' economica.
L’Agenzia delle Entrate notificava
nel corso del 2001 un avviso di accertamento alla Sig.ra
G.M.A., di professione casalinga, contestandole un
maggior reddito rideterminato sinteticamente in forza
all’art. 38, D.P.R. n. 600/1973, a seguito dell’omessa
presentazione della dichiarazione dei redditi.
Tale maggior reddito derivava
dall’aver sostenuto ingenti spese per l’acquisto di
un’autovettura, nonché spese per incrementi patrimoniali
relative all’acquisto di un immobile.
Avverso l’avviso di accertamento la
ricorrente proponeva ricorso in Commissione Tributaria
Provinciale, sostenendo che l’immobile era stato
acquistato al 50% con il marito e l’auto di lusso era
utilizzata dal figlio, che pagava i relativi premi
assicurativi. I giudici di prime cure avevano accolto le
eccezioni della contribuente, sulla base della
documentazione presentata, annullando l’atto impositivo.
Conseguentemente, l’Amministrazione finanziaria
presentava appello contro la sentenza di primo grado,
appello che veniva accolto dalla C.T.R. del Piemonte.
Contro la decisione dei giudici di
secondo grado, la ricorrente proponeva ricorso per
cassazione sulla base di sei motivi in diritto e in
fatto.
Sull’accertamento sintetico da
redditometro
Prima di analizzare la pronuncia
della Corte di Cassazione, appare utile ripercorrere
brevemente la disciplina relativa all’accertamento
sintetico, sottolineando sin d’ora che nel caso in esame
non sono applicabili le recenti novità intervenute in
materia di redditometro e che hanno modificato la
novella di cui all’art. 38, D.P.R. n. 600/1973.
Nel caso di omessa presentazione
della dichiarazione dei redditi, l’Ufficio può
determinare il reddito complessivo delle persone fisiche
sulla “base di elementi e circostanze di fatto certi”,
in forza dei quali presume l’esistenza di un reddito
superiore rispetto a quello dichiarato (art. 38, comma
4, D.P.R. n. 600/1973, testo vigente prima della riforma
introdotta dalla c.d. Manovra correttiva 2010).
Nello specifico, il redditometro è
uno strumento che si fonda sul presupposto della
disponibilità per il contribuente di alcuni “beni
indice”, sui quali vengono applicati determinati
coefficienti moltiplicatori stabiliti ex lege per
quantificare la capacità contributiva del soggetto
passivo.
Pertanto, il reddito complessivo
viene determinato avendo riferimento alla capacità
gestionale del contribuente, ossia al reddito necessario
per gestire i beni di cui ne ha la disponibilità (e non
solo la titolarità giuridica).
I principali elementi indicatori
della capacità contributiva, individuati dal D.M. 10
settembre 1992, sono i seguenti:
- veicoli;
- immobili;
- assicurazioni;
- imbarcazioni;
- spese per colf.
A questi vanno ad aggiungersi altri
indici di spesa, richiamati dalla circolare n. 1 del 29
dicembre 2008 della Guardia di Finanza, i quali sono
presi fortemente in considerazione dall’Agenzia delle
Entrate:
- pagamento di consistenti rate di
mutuo e locazioni finanziarie;
- sostenimento di spese per
ristrutturazione di immobili;
- spese per arredi di lusso;
- pagamento quote di iscrizione a
circoli esclusivi;
- pagamento di rette scolastiche
per la frequentazione di scuole private particolarmente
costose;
- frequenti viaggi e crociere;
- acquisto di beni di grande valore
come quadri d’autore, sculture, gioielli..
- hobby particolarmente costosi.
In merito alla spesa per incrementi
patrimoniali, la legge prevede che essa si presume
sostenuta, salvo prova contraria, “in quote costanti,
nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro
precedenti” (art. 38, comma 5, D.P.R. n. 600/1973).
Nota beneTale previsione normativa
è stata oggi eliminata, per cui, a partire dagli
accertamenti relativi al periodo di imposta 2009, non
vengono più prese in considerazione le spese per
incrementi patrimoniali. Invero, le spese si intendono
sostenute con i redditi conseguiti nello stesso anno.
Al contribuente è comunque
riconosciuta la possibilità di dimostrare che tali spese
sono state finanziate con redditi diversi, con redditi
esenti o soggetti a ritenuta a titolo d’imposta o
comunque legalmente esclusi dalla base imponibile. Il
venir meno del richiamo alle spese per incrementi
patrimoniali, previsto ex lege, comporta, quindi, che
sarà a carico del contribuente fornire la prova che i
redditi dichiarati negli anni precedenti hanno concorso
a finanziare la spesa sostenuta nell’anno accertato.
La sentenza della corte di
Cassazione
La Suprema Corte si è trovata a
dover decidere in merito all’applicazione del meccanismo
del redditometro in capo ad una persona fisica che ha
sostenuto spese per acquistare un’autovettura di lusso e
un immobile. La particolarità del caso risiede nel fatto
che la spesa relativa all’immobile era stata sostenuta
dalla ricorrente al 50%, in quanto il bene era in
comunione legale con il marito.
Invece, per quanto concerne le
spese relative all’autovettura, la Sig.ra G.M.A. si era
difesa contestando che la stessa sopportava solo in
parte le spese di mantenimento dell’auto, in quanto i
premi assicurativi venivano pagati dal figlio.
La Corte di Cassazione ha,
tuttavia, ritenuto infondato il ricorso presentato dalla
ricorrente.
Secondo i giudici di legittimità,
l’Amministrazione finanziaria ha legittimamente
utilizzato lo strumento del redditometro basando la
propria indagine sugli indici presuntivi ricollegabili
alla contribuente.
In forza alla normativa, l’Ufficio
considera gli importi relativi a ciascun bene o servizio
disponibile al contribuente accertato al fine di
rideterminare il reddito complessivo.
La Corte ha chiarito che, la
“disponibilità” di un bene, “attesa la sua esclusiva
valenza di significazione reddituale, prescinde del
tutto dalla (ed è, quindi, indifferente alla) effettiva
titolarità giuridica del bene (come pure al titolo
giuridico fonte di essa "disponibilità") perché
considera rilevante e sintomatico non già quella
titolarità secondo la legge ma unicamente la concreta
situazione fattuale data dal riscontro del potere del
soggetto di trarre dallo stesso ed in proprio favore le
utilità economiche che il bene, per sua natura, è in
grado di fornire”.
Pertanto, l’acquisto di un immobile
in regime di comunione legale dei beni non è condizione
per far ricadere la disponibilità del bene stesso anche
in capo ad altri soggetti.
Per quanto riguarda le spese
relative alla manutenzione dell’autovettura di lusso
intestata alla ricorrente, i giudici hanno precisato che
il fatto che il figlio sopporti le spese per
l’assicurazione prova esclusivamente che lo stesso si
occupa di tale pagamento, “ma non l’effettiva
“sopportazione” (ovverosia il finale carico economico)
della spesa”.
A tale conclusione la Corte è
giunta per il fatto che la ricorrente non ha in alcun
modo provato la dissociazione soggettiva tra il soggetto
che ha la concreta disponibilità dell’autovettura e la
diversa intestazione del contratto assicurativo.
Dunque, non avendo la ricorrente
provveduto a giustificare e controvertire le presunzioni
utilizzate dall’Agenzia delle Entrate, l’accertamento
sintetico è fondato.
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