Il diritto alla cessione di un
alloggio di edilizia residenziale pubblica non si
trasferisce jure successionis all’erede, in quanto tale,
trattandosi di un diritto correlato alle condizioni
personali del titolare ed ex lege attribuito, in caso di
morte dell’assegnatario, solo a determinati congiunti,
in presenza di determinate condizioni, mentre gli eredi
dell’assegnatario privi del diritto di subentrare nel
rapporto locativo possono vantare solo un interesse
legittimo in ordine ad una nuova assegnazione a loro
favore del medesimo alloggio a titolo preferenziale ai
sensi dell’art. 12 DPR n. 1035/1972, in presenza delle
condizioni di carattere generale richieste dall’art. 2
del medesimo decreto.
(© Litis.it, 30 Maggio 2011 –
Riproduzione riservata )
Consiglio di Stato, Sezione Quarta,
Sentenza n. 3113 del 24/05/2011
FATTO e DIRITTO
I ricorrenti, presentatisi quali
eredi di [OMISSIS] – già assegnatario di un alloggio INA
Casa in Napoli, per il quale egli aveva presentato
richiesta di assegnazione in proprietà e che aveva, poi,
sublocato al sig. Ciro Tognino – hanno proposto appello
avverso la sentenza in epigrafe, con la quale il
Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania ha
deciso, respingendo il primo e dichiarando inammissibili
gli altri, tre ricorsi che i medesimi avevano proposto,
rispettivamente, avverso il silenzio dell’Istituto
autonomo per le case popolari della Provincia di Napoli
sulla loro istanza tesa a ottenere il riconoscimento del
loro diritto al riscatto dell’alloggio predetto (ricorso
n. 3131/95), avverso il decreto del 9.01.1997 di
regolarizzazione del rapporto di locazione del predetto
appartamento da parte del controinteressato Tognino
(ricorso n. 2880/97), avverso provvedimento senza numero
e data relativo alla perdita di ogni diritto che il
dante causa [OMISSIS] vantava sull’alloggio in questione
(ricorso n. 9981/2000).
Il TAR ha ritenuto infondate
l’impugnazione del silenzio sulla diffida notificata
allo I.A.C.P. il 9.12.94 nonchè la domanda di
accertamento del diritto dei ricorrenti al trasferimento
della proprietà dell’alloggio e del correlato obbligo
dell’Istituto a stipulare il relativo atto pubblico,
rilevando che non si era verificato l’acquisto della
proprietà in capo al dante causa dei ricorrenti e che
neppure poteva ritenersi trasferito in capo agli eredi
[OMISSIS] il rapporto di assegnazione dell’alloggio, con
il connesso jus ad rem consistente nel diritto al
trasferimento della proprietà in presenza di determinati
presupposti; alla morte dell’originario assegnatario;
secondo i primi giudici, l’immobile era rientrato nella
disponibilità dell’ente gestore, non risultando che gli
eredi avessero ottenuto una nuova assegnazione dello
stesso alla stregua della normativa vigente, previa
dimostrazione del possesso dei requisiti prescritti.
Conseguentemente, l’appellata sentenza ha dichiarato
l’inammissibilità, per carenza di interesse, della
pretesa dei ricorrenti all’annullamento dell’atto di
regolarizzazione della posizione del sig. Tognino,
occupante dell’alloggio. Il terzo ricorso è stato
dichiarato inammissibile per l’assorbente motivo della
ravveduta insussistenza di un provvedimento impugnabile,
atteso il contenuto della nota contestata.
L’atto di appello si articola nei
seguenti motivi: 1) Eccesso di potere, illogicità
manifesta, violazione e falsa applicazione degli artt. 3
e 37 L. n. 60/63 e del combinato disposto dell’art. 27
L. 513/77 e dell’art. 52 L. 457/78; si sostiene
l’erroneità ed il contrasto in particolare col disposto
dell’art. 27 legge n. 513/77 dell’avviso del TAR circa
il mancato trasferimento della proprietà dell’alloggio
in capo al sig. [OMISSIS] ed il rientro dell’immobile
nella disponibilità dell’ente gestore; 2) eccesso di
potere, omessa motivazione, contraddittorietà manifesta,
erroneità dei presupposti, erronea presupposizione dei
fatti, violazione degli artt. 2 e 3 L. 241/90 e 97
Cost., con riferimento al rapporto locatizio instaurato
dall’ente direttamente col sig. Tognino; 3) eccesso di
potere, erroneità dei presupposti, erronea
presupposizione dei fatti; la declaratoria di
inammissibilità del secondo e terzo ricorso sarebbe
conseguenza dell’errata tesi dei giudici di primo grado
circa il mancato trasferimento dei diritti del dante
causa dei ricorrenti, i quali avrebbero tutto
l’interesse a contestare altrui rapporti locatizi in
contrasto con il diritto loro trasferito dal Sig.
[OMISSIS], così come a contrastare atti riferiti alla
perdita di ogni diritto che il dante causa vantava
sull’immobile a lui assegnato; 4) eccesso di potere
sotto ulteriore profilo, erroneità dei presupposti ed
erronea presupposizione dei fatti; si contesta che il
TAR abbia ritenuto di poter prescindere da un’indagine
approfondita in ordine alla esistenza ed efficacia
dell’autorizzazione da parte dell’Istituto alla
sublocazione dell’alloggio al sig. Tognino, alle ragioni
di salute che avevano motivato la richiesta di
autorizzazione, alle iniziative giudiziarie assunte
dagli eredi [OMISSIS] per far dichiarare risolto il
rapporto di sublocazione, circostanze, queste, che gli
appellanti ritengono rilevanti proprio in virtù
dell’affermata trasmissione iure ereditario della
proprietà dell’alloggio in questione; 5) ulteriore
profilo di eccesso di potere, contraddittorietà tra atti
della stessa amministrazione; si contesta che, in
violazione dell’art. 112 c.p.c., la sentenza non si sia
pronunciata su uno dei motivi dedotti dai ricorrenti con
l’ultimo ricorso, ossia il motivo con il quale si
denunciava contraddittorietà nella condotta
dell’amministrazione, la quale nel 1988 aveva comunicato
al Tognino l’insussistenza delle condizioni per
l’assegnazione dell’alloggio poi, invece, nel 1997,
attribuita, senza, peraltro, il parere della Commissione
alloggi; viene segnalato, inoltre, che l’eventuale
decadenza da ogni diritto sull’immobile non poteva
essere eccepita da organo dello I.A.C.P. in quanto
l’adozione di provvedimenti di annullamento, di
decadenza o di revoca dell’assegnazione di alloggi ex
INCIS è attribuita ai Comuni.
L’Istituto intimato non si è
costituito; resiste, invece, il controinteressato.
I ricorrenti hanno dimesso memoria.
Il ricorso in appello è stato posto
in decisione all’udienza dell’1.02.2011.
Le argomentazioni con le quali i
ricorrenti sostengono l’erroneità del ragionamento del
TAR si compendiano nei seguenti assunti: a) il contratto
di compravendita dell’alloggio deve considerarsi, ai
sensi dell’art. 27 legge n. 513 del 1977, già stipulato,
avendo l’Ente gestore accettato la domanda di riscatto
avanzata da [OMISSIS], ed nel diritto a veder
formalizzato, con regolare atto pubblico, il
trasferimento di proprietà già operativo ex lege sono
succeduti gli eredi; b) comunque il dante causa dei
ricorrenti aveva il diritto alla cessione in proprietà
dell’alloggio assegnatogli, avendone fatta nei termini
domanda (nel 1964, reiterata in data 19.10.1977) ed tale
diritto, in virtù delle norme sulla successione, si è
trasferito agli eredi, che in data 19.05.1979 ribadivano
la domanda di riscatto; c) i ricorrenti avevano, in ogni
caso, tutti i requisiti previsti dalla legge (DPR
1035/72 artt. 2 e 12) per subentrare jure hereditatis
all’assegnatario, deceduto l’8.05.1979, e la conferma
della volontà di riscattare l’alloggio datata 19.05.1979
doveva intendersi anche come domanda di assegnazione; i
ricorrenti sostengono, quindi, che la sentenza impugnata
debba essere riformata accogliendo il primo originario
ricorso, con conseguenze anche relative al secondo e
terzo ricorso, per i quali ribadiscono il proprio
interesse sottolineando, in particolare, che il Tognino
occupava l’appartamento in questione come conduttore,
essendo stata autorizzata dall’ente proprietario la
locazione tra il [OMISSIS] ed il Tognino.
L’appello è infondato, risultando
pienamente condivisibile l’avviso dei primi giudici che,
nella specie, alla morte dell’originario assegnatario
l’alloggio è rientrato nella disponibilità dell’ente
gestore.
Il preteso acquisto della proprietà
dell’immobile in capo al dante causa dei ricorrenti non
si è verificato, non essendo intervenuto l’atto di
trasferimento del bene, comunque necessario al
perfezionamento dell’effetto traslativo della proprietà,
indipendentemente dalla maturazione dei relativi
presupposti e dalla presentazione della domanda di
riscatto o dal fatto che sia eventualmente intervenuta
una formale comunicazione dell’accettazione della
domanda da parte dell’Ente; circostanza, quest’ultima,
che neppure risulta essersi verificata nella specie,
atteso che la nota 2.03.1965 della GESCAL cui si
riferiscono i ricorrenti (loro doc. 3) non esprime
accettazione ma si limita a dar conto della regolare
ricezione della domanda di riscatto, alla cui pendenza
si riferisce anche la successiva nota dello IACP
15.07.70, mentre all’accenno alla possibilità di locare
a terzi, sentito l’Ente amministratore, non può
attribuirsi univoco significato di consenso al riscatto,
tanto più in un contesto nel quale si segnalava il
numero particolarmente rilevante di domande pervenute e
la necessità di tempo per il lavoro degli uffici onde
addivenire alla stipulazione dei contratti.
Né il diritto alla cessione di un
alloggio di edilizia residenziale pubblica si
trasferisce jure successionis all’erede, in quanto tale,
trattandosi di un diritto correlato alle condizioni
personali del titolare ed ex lege attribuito, in caso di
morte dell’assegnatario, solo a determinati congiunti,
in presenza di determinate condizioni, mentre gli eredi
dell’assegnatario privi del diritto di subentrare nel
rapporto locativo possono vantare solo un interesse
legittimo in ordine ad una nuova assegnazione a loro
favore del medesimo alloggio a titolo preferenziale ai
sensi dell’art. 12 DPR n. 1035/1972, in presenza delle
condizioni di carattere generale richieste dall’art. 2
del medesimo decreto.
I ricorrenti, che sostengono di
aver posseduto i requisiti di cui agli artt. 2 e 12 DPR
n. 1035 del 1977, si dolgono che il TAR abbia omesso di
valutare se gli eredi legittimi del [OMISSIS] si
trovassero nelle condizioni previste dalla legge per
subentrare nell’assegnazione dell’alloggio, ma a torto.
L’originario ricorso n. 3131/95 si articolava in due
motivi tesi ad evidenziare, il primo, la pretesa
violazione dell’art. 27 legge n. 513/77, come integrata
dall’art. 52 legge n. 457/1978, ed, il secondo, eccesso
di potere per omessa motivazione. La pretesa azionata
era quella, fondata sul proprio diritto ereditario, alla
formalizzazione mediante atto pubblico di un contratto
di compravendita asseritamente già concluso con il dante
causa. Altra causa petendi non era stata sottoposta al
giudice di prime cure ed è solo in sede di appello che
la domanda tesa alla declaratoria dell’obbligo dello
IACP di formalizzare il contratto di compravendita viene
ricollegata anche ad un asserito diritto
all’assegnazione (in via di subentro od ex novo ai sensi
dell’art. 12 DPR 1035/72) dell’alloggio in questione,
soggiungendosi, in memoria, che la conferma datata
19.05.1979 della domanda di riscatto doveva intendersi
anche come domanda di assegnazione.
Non costituisce, quindi, vizio
della sentenza la mancata indagine sull’eventuale
sussistenza in capo ai ricorrenti dei requisiti per
l’assegnazione, che era onere degli interessati allegare
e comprovare; nella specie i ricorrenti non solo non
comprovano il possesso dei requisiti, neppure
contestando quanto indicato nella memoria di
costituzione datata 15.07.2004 del sig. Tognino circa le
proprietà immobiliari dei sigg. [OMISSIS] risultanti da
accertamenti presso la Conservatoria di Napoli, ma
neppure dimostrano di aver chiesto all’Istituto autonomo
case popolari l’assegnazione, non potendosi intendere in
tal senso la nota del 19.05.1979, nella quale gli eredi
figuranti sono ben più numerosi degli attuali
ricorrenti, che esprime unicamente la loro concorde
volontà di riscattare l’alloggio.
I giudici di primo grado hanno,
comunque, colto l’aspetto essenziale osservando che
l’alloggio era rientrato nella disponibilità dell’Ente
“non risultando che gli eredi abbiano ottenuto una nuova
assegnazione dello stesso alla stregua della normativa
vigente, previa dimostrazione del possesso dei requisiti
prescritti”.
La sentenza, dunque, si sottrae
alle critiche esposte quanto alla reiezione del ricorso
n. 3131/95 e, conseguentemente, anche a quelle relative
alla declaratoria di inammissibilità dei due successivi
ricorsi, non avendo i ricorrenti alcun interesse a
contestare atti relativi ad un immobile che comunque non
entrerebbe, in caso di relativo annullamento, nella loro
disponibilità.
L’appello va, quindi, respinto.
Le spese, liquidate in dispositivo,
seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente
pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo
respinge.
Condanna i ricorrenti, in solido, a
rifondere a Tognino Ciro le spese del giudizio che
liquida in euro 3000,00 (tremila), oltre i.v.a. e
c.p.a..
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 1 febbraio 2011 con l’intervento
dei magistrati:
Anna Leoni, Presidente FF
Raffaele Greco, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Silvia La Guardia, Consigliere,
Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il
24/05/2011 |