In merito alla risarcibilità della
perdita del tempo libero la Cassazione concorda con i
giudici di primo e secondo grado, opponendo un rifiuto.
Nel caso di specie i danni lamentati erano originati
dalla illegittima sospensione di linee telefoniche
urbane per tre giorni nonché dalle errate informazioni
fornite dal tecnico sull'operatività della nuova linea
ADSL, con conseguenti interventi sostitutivi.
In via preliminare la Cassazione ha
ribadito che “i diritti inviolabili dalla valenza
costituzionale sono quelli non solo positivizzati, ma
anche che emergono dai documenti sovranazionali, quali
interpretati dai giudici nella loro attività
ermeneutica. Si tratta di diritti o interessi che
l'ordinamento non solo riconosce, ma garantisce e tutela
con efficacia erga omnes, proprio perché fondanti la
persona umana, che presenta una sua dignità, la quale fa
da presupposto ineludibile per il loro esercizio e la
loro attuazione”.
In sostanza: “la normativa
costituzionale da un lato, le norme della Convenzione
Europea sui diritti dell'uomo, così come interpretati
dalla Corte di Strasburgo, lo stesso Trattato di Lisbona
con l'allegata - e giuridicamente vincolante - Carta di
Nizza, la Carta sociale Europea aggiornata nel 1999,
dall'altro, non consentono di ritenere il diritto al
tempo libero come diritto fondamentale dell'uomo e,
nella sola prospettiva costituzionale, come diritto
costituzionalmente protetto e ciò per la semplice
ragione che il suo esercizio è rimesso alla esclusiva
autodeterminazione della persona, che è libera di
scegliere tra l'impegno instancabile nel lavoro e il
dedicarsi, invece, a realizzare il suo tempo libero da
lavoro e da ogni occupazione. Questa sua
caratterizzazione di autonoma opzionalità lo distingue
dai diritti inviolabili, che sono, di per sé, eccetto i
limiti posti dalle leggi, che, comunque con essi si
devono confrontare, pena la loro disapplicazione,
diritti irretrattabili della persona, perché ne fondano
la giuridica esistenza sia dal punto di vista della
identità individuale che della sua relazionalità
sociale”.
La Cassazione passa poi ad
esaminare i più recenti orientamenti in materia di danno
risarcibile, ricordando che “sulla base delle
argomentazioni svolte negli ultimi tempi dalla dottrina
e dalla giurisprudenza, le Sezioni Unite riconoscono la
tutela risarcitoria, oltre che nei casi determinati
dalla legge, solo nel caso di lesione di specifici
diritti inviolabili della persona, e cioè in presenza di
una ingiustizia costituzionalmente ed, aggiunge questo
Collegio, internazionalmente riconosciuta e qualificata.
Invero, nella motivazione, le Sezioni Unite escludono
ogni risarcibilità proprio per quello che il ricorrente
definisce un problema che si manifesta con preoccupante
frequenza nella vita quotidiana, per cui gli utenti sono
costretti a trascorrere ore a stare in coda, tanto che
sta assurgendo a causa primaria della oggettiva
insufficienza di ogni giornata ad adempiere alle proprie
incombenze lavorative. Infatti, il ricorrente invoca i
fastidi della vita quotidiana che, per le Sezioni Unite
integrano solo un attentato a diritti immaginari, come
il diritto alla qualità della vita, allo stato di
benessere, alla serenità: in definitiva, il diritto ad
essere e vivere felici. In questi casi, se non prevista
dalla legge, la lesione di un tale "immaginario" diritto
non è fonte di responsabilità risarcitoria non
patrimoniale”.
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