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La garanzia di cui all'art. 1669 c.c. prevista, nell'ambito del contratto di appalto, nell'ipotesi di rovina e gravi difetti di cose immobili, opera anche in relazione a quelle alterazioni che riguardano solo una parte dell'opera - Tribunale Monza Civile, Sentenza del 8 febbraio 2011, n. 306-101 professionisti.it

 

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La garanzia di cui all'art. 1669 c.c. prevista, nell'ambito del contratto di appalto, nell'ipotesi di rovina e gravi difetti di cose immobili, opera anche in relazione a quelle alterazioni che riguardano solo una parte dell'opera - non necessariamente, quindi, rispetto a fenomeni di portata ampia che interessino l'intera struttura ed incidano su staticità, durata e conservazione dell'edificio - purché ne alterino la struttura e funzionalità globale determinando una significativa limitazione del libero godimento del bene da parte del committente. Atteso che, quindi, la garanzia copre una estesa gamma di vizi rispetto ai quali l'effettiva consapevolezza della reale gravità nonché riconducibilità alla responsabilità di chi ha eseguito materialmente l'opera può essere raggiunta, in maniera certa, solo con l'acquisizione di relazioni peritali appositamente commissionate allo scopo, deve desumersi che termine di decadenza ai fini dell'esercizio dell'azione in parola decorre, appunto, dal momento in cui avvenga detta acquisizione rimanendo irrilevanti, invece manifestazioni scarsamente rilevanti e meri sospetti.

Tribunale Monza Civile, Sentenza del 8 febbraio 2011, n. 306

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

TRIBUNALE DI MONZA

 

SEZIONE CIVILE

 

in composizione monocratica, nella persona del giudice dr.ssa Laura Bertoli, ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nella causa promossa da:

 

Fa. S.p.A., rappresentata e difesa dall'avv. Fa.Ma. ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo in Monza, via (...)

 

Attrice

 

Contro

 

Ki. S.r.l., già Ch. S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Iv.Be. ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo in Milano, via (...)

 

Convenuta

 

E CONTRO

 

Società Re., rappresentata e difesa dagli avv. Fa.La., Fr.La. e Fa.Mo. ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo in Monza, via (...)

 

con atto di citazione notificato in data 14 marzo 2008

 

Avente a oggetto: appalto.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

Deve preliminarmente essere respinta l'istanza di rimessione in termini formulata dalla difesa della convenuta, volta ad ottenere autorizzazione al deposito tardivo della comparsa conclusionale.

 

Non può infatti ritenersi incorsa in errore incolpevole la parte che abbia ritenuto possibile provvedere al deposito in via telematica del menzionato atto presso codesto Tribunale, ove detta modalità di inoltro degli atti processuali non è ad oggi attiva.

 

 

È onere della parte verificare preventivamente, rispetto alla scadenza del termine, quali siano le modalità concretamente e validamente utilizzabili per procedere al deposito delle memorie in cancelleria; nella fattispecie in esame, parte convenuta non ha nemmeno addotto quale sarebbe stata la circostanza che l'avrebbe indotta in errore incolpevole circa la possibilità di valersi delle modalità di inoltro in via telematica della comparsa conclusionale.

 

Respinta l'istanza di parte convenuta, delle argomentazioni contenute nella comparsa conclusionale tardivamente depositata non potrà quindi tenersi conto ai fini del decidere.

 

Nel merito, le domande attoree sono fondate e devono essere accolte, entro i limiti di seguito precisati.

 

Pacifica essendo la conclusione di contratto di subappalto tra attrice e convenuta (contratto con il quale la prima ha affidato alla seconda l'esecuzione di lavori di impermeabilizzazione della copertura piana di un immobile), l'esame della documentazione prodotta da parte attrice consente di ritenere provata l'esistenza di infiltrazioni provenienti dalla suddetta copertura (infiltrazioni il cui concreto verificarsi non è peraltro stato seriamente contestato dalla convenuta).

 

Dalla lettura della corrispondenza intercorsa tra le parti, delle lettere di contestazione inviata all'attrice dalla committente dell'opera (cfr. doc. 13 attrice) e dalla documentazione, nonché dalle fotografie concernenti i locali al cui interno si sono verificati i fenomeni infiltrativi (doc. 32 fascicolo attrice), emerge infatti l'esistenza e la gravità del fenomeno stesso (implicitamente riconosciuto anche dalla convenuta, la quale, pur negando inizialmente l'addebitabilità a propria responsabilità delle infiltrazioni, ne ha comunque ammesso l'esistenza, procedendo anche all'esecuzione di prove tecniche per l'individuazione delle cause esatte del fenomeno: cfr. docc. 4, 5, 7, 8, 11 fascicolo attrice).

 

Considerata la natura del vizio lamentato, corretta appare la riconducibilità della fattispecie in esame alla norma di cui all'art. 1669 c.c.

 

Come noto, la giurisprudenza della Suprema Corte ha reiteratamente affermato che "in tema di appalto, i gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall'art. 1669 cod. civ. non si identificano con i fenomeni che influiscono sulla staticità, durata e conservazione dell'edificio ma possono consistere in qualsiasi alterazione che, pur riguardando direttamente una parte dell'opera, incidano sulla struttura e funzionalità globale, menomando in modo apprezzabile il godimento dell'opera medesima, come ad esempio si verifica nel caso di infiltrazioni di acqua e di umidità per difetto di copertura dell'edificio" (Cass. 4.11.2005, n. 21351).

 

Ritenuta l'applicabilità della norma di cui all'art. 1669 c.c., risulta infondata l'eccezione di decadenza sollevata dalla convenuta.

 

Ed infatti, il termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti nella costruzione di un immobile, previsto dall'art. 1669 cod. civ. a pena di decadenza dall'azione di responsabilità contro l'appaltatore, decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravita dei difetti e della loro derivazione causale dall'imperfetta esecuzione dell'opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti; tale conoscenza deve ritenersi, di regola, acquisita, in assenza di anteriori ed esaustivi elementi, solo all'atto dell'acquisizione di relazioni peritali effettuate (Cass. 1.2.2008, n. 2460). Applicando tale principio interpretativo, la denuncia del vizio da parte dell'attrice risulta tempestivamente effettuata e, peraltro, ad essa è pure seguito il riconoscimento, da parte della convenuta, dell'esistenza delle infiltrazioni (cfr. docc. già sopra citati).

 

La valutazione unitaria delle risultanze istruttorie e dell'elaborato peritale consente poi di affermare che le infiltrazioni siano dipese da negligente esecuzione dei lavori di copertura da parte della convenuta.

 

In tal senso depone non solo la perizia di parte prodotta da parte attrice (doc. 47 fascicolo attrice: pur non costituendo prova piena, essa rappresenta infatti un elemento indiziario utilizzabile ai fini del decidere), ma anche l'accertamento peritale svolto in corso di causa.

 

Diversamente da quanto eccepito dalla difesa della terza chiamata, le conclusioni del ctu - peraltro condivise anche dal CTP di parte convenuta - non poggiano su mere valutazioni soggettive, bensì sull'esame delle risultanze documentali; sugli esiti di sopralluoghi e misurazioni effettuate in luogo; sulla considerazione della natura risolutiva degli interventi eseguiti da parte attrice; sulla esclusione sperimentale dell'esistenza di possibili cause alternative del prodursi delle infiltrazioni rispetto alla negligente realizzazione della copertura da parte della convenuta.

 

Condivisi, per queste ragioni, gli esiti della ctu, deve essere accolta la domanda attorea volta ad ottenere la condanna della convenuta al risarcimento dei danni sofferti dall'attrice e pari ai costi degli interventi rimediali eseguiti (costi stimati congrui dal CTU per l'importo di Euro 96.600,00; l'importo è liquidato in moneta attuale e quindi non necessitante di rivalutazione).

 

La condanna viene emessa nei confronti della società Ki. S.r.l., società incorporante Ch. S.r.l. (cfr. visura camerale prodotta dall'attrice con la comparsa conclusionale; per completezza si osserva che, posto che l'incorporazione è avvenuta successivamente all'entrata in vigore dell'art. 2504 bis c.c. come novellato dal D.Lgs. 5/2003, non si è verificato evento interruttivo alcuno: cfr. Cass. 3 maggio 2010 n. 10653).

 

Deve quindi essere esaminata la domanda di manleva svolta dalla convenuta nei confronti di Re., considerando innanzitutto le numerose eccezioni preliminari sollevate da quest'ultima, tra le quali, in primo luogo, quella di difetto di legittimazione attiva della convenuta.

 

Dalla lettura del contratto di assicurazione e delle allegate condizioni generali di contratto (doc. 4 fascicolo convenuta), infatti, si desume la fondatezza della suddetta eccezione.

 

Il contraente della polizza viene indicato in società diversa dalla convenuta, quest'ultima compare solo come esecutrice dell'opera e l'attrice come committente dell'opera.

 

Viene altresì precisato in contratto che, sussistendone le condizioni, l'indennizzo verrà corrisposto al contraente (soggetto terzo estraneo) o al soggetto per conto di chi spetta, nozione quest'ultima definita dalla norma dell'art. 1891 c.c.

 

Detta disposizione disciplina due ipotesi che si differenziano in ciò, che l'assicurazione per conto altrui è stipulata nell'interesse di un soggetto identificato mentre quella per conto di chi spetta è stipulata nell'interesse di un assicurato la cui identità è inizialmente sconosciuta.

 

La funzione della clausola per conto di chi spetta è indubbiamente quella di consentire l'incondizionato e automatico trasferimento della garanzia assicurativa in seguito e per effetto del trasferimento - nel corso del contratto di assicurazione - del bene assicurato e, quindi, della titolarità dell'interesse al risarcimento del danno.

 

La clausola esprime, infatti, la volontà delle parti, non già di assicurare l'interesse alla conservazione del bene indipendentemente dalla considerazione della persona che ne è o che potrà risultarne il titolare, nonché, di conseguenza, indipendentemente dalla natura particolare dell'interesse medesimo, bensì di voler contrarre l'assicurazione in modo che di essa possa avvantaggiarsi chiunque abbia nel momento della stipulazione del contratto - o successivamente acquisti nel corso del medesimo - interesse al risarcimento del danno in quanto titolare del particolare interesse assicurato.

 

Se detta è la nozione del contratto di assicurazione per conto di chi spetta, deve escludersi che la legittimazione a richiedere il pagamento dell'indennizzo possa essere attribuita alla convenuta, soggetto già identificato al momento della stipula del contratto di assicurazione e soggetto che non era né è portatore diretto dell'interesse al risarcimento del danno per il rischio assicurato.

 

La domanda di manleva deve pertanto essere respinta.

 

Per quanto concerne le spese di lite, quelle sostenute dall'attrice, liquidate in dispositivo, devono essere poste a carico della convenuta, per il principio di soccombenza, così come a carico della convenuta devono essere poste in via definitiva le spese di CTU (già liquidate con separato decreto).

 

Nei rapporti tra convenuta e terza chiamata si ritiene sussistano eccezionali ragioni per la integrale compensazione delle spese, avuto riguardo alla condotta tenuta in sede stragiudiziale dalla terza chiamata.

 

Se è vero infatti che l'avvenuta istruzione della pratica da parte della compagnia assicuratrice non vale certo ad attribuire alla convenuta legittimazione a far valere i diritti nascenti dalla polizza, l'esistenza e il tenore dei protratti scambi epistolari (cfr. documentazione fascicolo attrice) e l'atteggiamento assunto dalla terza chiamata in fase stragiudiziale giustificano la compensazione delle spese di lite.

 

Sentenza esecutiva.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale di Monza, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda ed eccezione rigettata, così provvede:

 

1) Condanna Ki. S.r.l. (già Ch. S.r.l.) a pagare a Fa. S.r.l. la somma di Euro 96.000,00, oltre interessi legali dalla domanda (14.3.2008) al saldo effettivo;

 

2) Rigetta le domande formulate da Ki. S.r.l. (già Ch. S.r.l.) nei confronti di Società Re.;

 

3) Pone definitivamente a carico di Ki. S.r.l. le spese di CTU, già liquidate con separato decreto;

 

4) Condanna Ki. S.r.l. (già Ch. S.r.l.) a rifondere a Fa. S.r.l. le spese di lite, liquidate in Euro 510,00 per spese, Euro 3.500,00 per diritti e Euro 5.000,00 per onorari.

 

Sentenza esecutiva.

 

Così deciso in Monza il 26 gennaio 2011.

 

Depositata in Cancelleria l'8 febbraio 2011.

 

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