R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione
Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sui seguenti ricorsi:
1) ricorso numero di registro
generale 6426 del 2010, proposto da ANIE -
Federazione Nazionale delle imprese
elettrotecniche ed elettroniche,
rappresentata e difesa dagli
avvocati Beniamino Caravita Di Toritto, Stefano
Cassamagnaghi, Enrico Adriano
Raffaelli, Paolo Todaro, con domicilio eletto
presso Paolo Todaro Rucellai &
Raffaelli in Roma, via Gregoriana, n. 5;
contro
Esi Ecological Scrap Industry
s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati
Domenico Ielo e Fabio Cintioli, con
domicilio eletto presso il secondo, in
Roma, via Salaria, n. 259;
nei confronti di
Autorità garante della concorrenza
e del mercato, COBAT - Consorzio
nazionale batterie al piombo
esauste e rifiuti piombosi, Eco-Bat s.p.a.,
Piomboleghe s.r.l., Piombifera
Bresciana s.p.a., Meca Lead Recycling s.p.a.;
2) sul ricorso numero di registro
generale 6427 del 2010, proposto da
proposto da ANIE - Federazione
Nazionale delle imprese elettrotecniche ed
elettroniche, rappresentata e
difesa dagli avvocati Beniamino Caravita Di
Toritto, Stefano Cassamagnaghi,
Enrico Adriano Raffaelli, Paolo Todaro, con
domicilio eletto presso Paolo
Todaro Rucellai & Raffaelli in Roma, via
Gregoriana, n. 5;
contro
COBAT - Consorzio nazionale
batterie al piombo esauste e rifiuti piombosi,
rappresentato e difeso dagli
avvocati Carlo Borromeo, Piero Fattori e Maria
Alessandra Sandulli, con domicilio
eletto presso Maria Alessandra Sandulli in
Roma, corso Vittorio Emanuele II,
n. 349;
nei confronti di
Autorità garante della concorrenza
e del mercato, Eco-Bat s.p.a.,
Piomboleghe s.r.l., Piombifera
Bresciana s.p.a., Meca Lead Recycling s.p.a.,
Esi Ecological Scrap Industry
s.p.a.;
3) sul ricorso numero di registro
generale 6429 del 2010, proposto da
proposto da ANIE - Federazione
Nazionale delle imprese elettrotecniche ed
elettroniche, rappresentata e
difesa dagli avvocati Beniamino Caravita Di
Toritto, Stefano Cassamagnaghi,
Enrico Adriano Raffaelli, Paolo Todaro, con
domicilio eletto presso Paolo
Todaro Rucellai & Raffaelli in Roma, via
Gregoriana, n. 5;
contro
Eco-Bat s.p.a., rappresentata e
difesa dagli avvocati Domenico Ielo e Claudio
Tesauro, con domicilio eletto
presso il secondo, in Roma, via Salaria, n. 259;
nei confronti di
Autorità garante della concorrenza
e del mercato, COBAT - Consorzio
nazionale batterie al piombo
esauste e rifiuti piombosi, Esi Ecological Scrap
Industry s.p.a., Piomboleghe
s.r.l., Piombifera Bresciana s.p.a., Meca Lead
Recycling s.p.a.;
4) sul ricorso numero di registro
generale 6430 del 2010, proposto da
proposto da ANIE - Federazione
Nazionale delle imprese elettrotecniche ed
elettroniche, rappresentata e
difesa dagli avvocati Beniamino Caravita Di
Toritto, Stefano Cassamagnaghi,
Enrico Adriano Raffaelli, Paolo Todaro, con
domicilio eletto presso Paolo
Todaro Rucellai &
Raffaelli in Roma, via Gregoriana,
n. 5;
contro
Piomboleghe s.r.l., rappresentata e
difesa dagli avvocati Tommaso Di Nitto e
Luisa Torchia, con domicilio eletto
presso la seconda, in Roma, via Sannio, n.
65;
nei confronti di
Autorità garante della concorrenza
e del mercato, COBAT - Consorzio
nazionale batterie al piombo
esauste e rifiuti piombosi, Eco-Bat s.p.a., Esi
Ecological Scrap Industry s.p.a.,
Piomboleghe s.r.l., Piombifera Bresciana
s.p.a., Meca
Lead Recycling s.p.a.;
5) sul ricorso numero di registro
generale 6432 del 2010, proposto da
proposto da ANIE - Federazione
Nazionale delle imprese elettrotecniche ed
elettroniche, rappresentata e
difesa dagli avvocati Beniamino Caravita Di
Toritto, Stefano Cassamagnaghi,
Enrico Adriano Raffaelli, Paolo Todaro, con
domicilio eletto presso Paolo
Todaro Rucellai &
Raffaelli in Roma, via Gregoriana,
n. 5;
contro
Piombifera Bresciana s.p.a.,
rappresentata e difesa dagli avvocati Claudio
Chiola, Innocenzo Gorlani e Mario
Gorlani, con domicilio eletto presso
Claudio Chiola, in Roma, via della
Camilluccia, n. 785;
nei confronti di
Autorità garante della concorrenza
e del mercato, COBAT - Consorzio
nazionale batterie al piombo
esauste e rifiuti piombosi, Eco-Bat s.p.a., Esi
Ecological Scrap Industry s.p.a.,
Piomboleghe s.r.l., Meca Lead Recycling
s.p.a.;
6) sul ricorso numero di registro
generale 6433 del 2010, proposto da
proposto da ANIE - Federazione
Nazionale delle imprese elettrotecniche ed
elettroniche, rappresentata e
difesa dagli avvocati Beniamino Caravita Di
Toritto, Stefano Cassamagnaghi,
Enrico Adriano Raffaelli, Paolo Todaro, con
domicilio eletto presso Paolo
Todaro Rucellai & Raffaelli in Roma, via
Gregoriana, n. 5;
contro
Meca Lead Recycling s.p.a.,
rappresentata e difesa dagli avvocati Tommaso Di
Nitto e Luisa Torchia, con
domicilio eletto presso la seconda, in Roma, via
Sannio, n. 65;
nei confronti di
Autorità garante della concorrenza
e del mercato, COBAT - Consorzio
nazionale batterie al piombo
esauste e rifiuti piombosi, Eco-Bat s.p.a., Esi
Ecological Scrap Industry s.p.a.,
Piomboleghe s.r.l., Piombifera Bresciana
s.p.a.;
7) sul ricorso numero di registro
generale 6569 del 2010, proposto da
Consorzio Ecovorbat - Euroconsorzio
ambiente, ditta individuale Saraceno
Demetrio, Saraceno s.r.l.,
rappresentati e difesi dagli avvocati Franco
Giampietro e Fabrizio Bonfante, con
domicilio eletto presso il primo, in
Roma, via Franco Sacchetti, n. 114;
contro
COBAT - Consorzio nazionale
batterie al piombo esauste e rifiuti piombosi,
rappresentato e difeso dagli
avvocati Carlo Borromeo, Piero Fattori e Maria
Alessandra Sandulli, con domicilio
eletto presso Maria Alessandra Sandulli, in
Roma, corso Vittorio Emanuele II,
n. 349;
nei confronti di
Autorità garante della concorrenza
e del mercato;
ANIE - Federazione Nazionale delle
imprese elettrotecniche ed elettroniche,
rappresentata e difesa dagli
avvocati Beniamino Caravita Di Toritto, Stefano
Cassamagnaghi, Enrico Adriano
Raffaelli, Paolo Todaro, con domicilio eletto
presso Paolo Todaro Rucellai &
Raffaelli in Roma, via Gregoriana, n. 5;
8) sul ricorso numero di registro
generale 6616 del 2010, proposto
dall’Autorità garante della
concorrenza e del mercato, rappresentata e difesa
dall'Avvocatura Generale dello
Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12;
contro
Piombifera Bresciana s.p.a.,
rappresentata e difesa dagli avvocati Claudio
Chiola, Innocenzo Gorlani, Mario
Gorlani, con domicilio eletto presso
Claudio Chiola, in Roma, via della
Camilluccia, n. 785;
nei confronti di
ANIE - Federazione Nazionale delle
imprese elettrotecniche ed elettroniche,
rappresentata e difesa dagli
avvocati Beniamino Caravita Di Toritto, Stefano
Cassamagnaghi, Enrico Adriano
Raffaelli, Paolo Todaro, con domicilio eletto
presso Paolo Todaro Rucellai &
Raffaelli in Roma, via Gregoriana, n. 5;
9) sul ricorso numero di registro
generale 6635 del 2010, proposto
dall’Autorità garante della
concorrenza e del mercato, rappresentata e difesa
dall'Avvocatura Generale dello
Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12;
contro
Esi - Ecological Scrap Industry
s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati
Domenico Ielo e Fabio Cintioli, con
domicilio eletto presso il secondo, in
Roma, via Salaria, n. 259;
nei confronti di
ANIE - Federazione Nazionale delle
imprese elettrotecniche ed elettroniche,
rappresentata e difesa dagli
avvocati Beniamino Caravita Di Toritto, Stefano
Cassamagnaghi, Enrico Adriano
Raffaelli, Paolo Todaro, con domicilio eletto
presso Paolo Todaro Rucellai &
Raffaelli in Roma, via Gregoriana, n. 5;
10) sul ricorso numero di registro
generale 6636 del 2010, proposto
dall’Autorità garante della
concorrenza e del mercato, rappresentata e difesa
dall'Avvocatura Generale dello
Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12;
contro
Piomboleghe s.r.l., rappresentata e
difesa dagli avvocati Tommaso Di Nitto e
Luisa Torchia, con domicilio eletto
presso la seconda, in Roma, via Sannio, n.
65;
nei confronti di
ANIE - Federazione Nazionale delle
imprese elettrotecniche ed elettroniche,
rappresentata e difesa dagli
avvocati Beniamino Caravita Di Toritto, Stefano
Cassamagnaghi, Enrico Adriano
Raffaelli, Paolo Todaro, con domicilio eletto
presso Paolo Todaro Rucellai &
Raffaelli in Roma, via Gregoriana, n. 5;
11) sul ricorso numero di registro
generale 6638 del 2010, proposto
dall’Autorità garante della
concorrenza e del mercato, rappresentata e difesa
dall'Avvocatura Generale dello
Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12;
contro
Meca Lead Recycling s.p.a.,
rappresentata e difesa dagli avvocati Tommaso Di
Nitto e Luisa Torchia, con
domicilio eletto presso la seconda, in Roma, via
Sannio, n. 65;
nei confronti di
ANIE - Federazione Nazionale delle
imprese elettrotecniche ed elettroniche,
rappresentata e difesa dagli
avvocati Beniamino Caravita Di Toritto, Stefano
Cassamagnaghi, Enrico Adriano
Raffaelli, Paolo Todaro, con domicilio eletto
presso Paolo Todaro Rucellai &
Raffaelli in Roma, via Gregoriana, n. 5;
12) sul ricorso numero di registro
generale 6642 del 2010, proposto
dall’Autorità garante della
concorrenza e del mercato, rappresentata e difesa
dall'Avvocatura Generale dello
Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12;
contro
Ecolead s.r.l., non costituita in
appello;
nei confronti di
ANIE - Federazione Nazionale delle
imprese elettrotecniche ed elettroniche,
rappresentata e difesa dagli
avvocati Beniamino Caravita Di Toritto, Stefano
Cassamagnaghi, Enrico Adriano
Raffaelli, Paolo Todaro, con domicilio eletto
presso Paolo Todaro Rucellai &
Raffaelli in Roma, via Gregoriana, n. 5;
13) sul ricorso numero di registro
generale 6649 del 2010, proposto
dall’Autorità garante della
concorrenza e del mercato, rappresentata e difesa
dall'Avvocatura Generale dello
Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12;
contro
COBAT - Consorzio nazionale
batterie al piombo esauste e rifiuti piombosi,
rappresentato e difeso dagli
avvocati Carlo Borromeo, Piero Fattori e Maria
Alessandra Sandulli, con domicilio
eletto presso Maria Alessandra Sandulli in
Roma, corso Vittorio Emanuele II,
n. 349;
nei confronti di
ANIE - Federazione Nazionale delle
imprese elettrotecniche ed elettroniche,
rappresentata e difesa dagli
avvocati Beniamino Caravita Di Toritto, Stefano
Cassamagnaghi, Enrico Adriano
Raffaelli, Paolo Todaro, con domicilio eletto
presso Paolo Todaro Rucellai &
Raffaelli in Roma, via Gregoriana, n. 5;
14) sul ricorso numero di registro
generale 6651 del 2010, proposto
dall’Autorità garante della
concorrenza e del mercato, rappresentata e difesa
dall'Avvocatura Generale dello
Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12;
contro
Eco - Bat s.p.a., rappresentata e
difesa dagli avvocati Domenico Ielo e
Claudio Tesauro, con domicilio
eletto presso il secondo, in Roma, via Salaria,
n. 259;
nei confronti di
ANIE - Federazione Nazionale delle
imprese elettrotecniche ed elettroniche,
rappresentata e difesa dagli
avvocati Beniamino Caravita Di Toritto, Stefano
Cassamagnaghi, Enrico Adriano
Raffaelli, Paolo Todaro, con domicilio eletto
presso Paolo Todaro Rucellai &
Raffaelli in Roma, via Gregoriana, n. 5;
per la riforma delle seguenti
sentenze del T.a.r. Lazio – Roma, sezione I:
quanto al ricorso n. 6426 del 2010:
n. 3574/2010;
quanto al ricorso n. 6427 del 2010:
n. 3578/2010;
quanto al ricorso n. 6429 del 2010:
n. 3572/2010;
quanto al ricorso n. 6430 del 2010:
n. 3573/2010;
quanto al ricorso n. 6432 del 2010:
n. 3576/2010;
quanto al ricorso n. 6433 del 2010:
n. 3575/2010;
quanto al ricorso n. 6569 del 2010:
n. 3578/2010;
quanto al ricorso n. 6616 del 2010:
n. 3576/2010;
quanto al ricorso n. 6635 del 2010:
n. 3574/2010;
quanto al ricorso n. 6636 del 2010:
n. 3573/2010;
quanto al ricorso n. 6638 del 2010:
n. 3575/2010;
quanto al ricorso n. 6642 del 2010:
n. 3577/2010;
quanto al ricorso n. 6649 del 2010:
n. 3578/2010;
quanto al ricorso n. 6651 del 2010:
n. 3572/2010;
tutte concernenti SANZIONE
AMMINISTRATIVA PECUNIARIA PER
INTESA RESTRITTIVA DELLA
CONCORRENZA NEL MERCATO
DELLA RACCOLTA E RICICLO DELLE
BATTERIE AL PIOMBO
ESAUSTE
Visti i ricorsi in appello e i
relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione come
da epigrafe;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del
giorno 29 aprile 2011 il Cons. Rosanna De
Nictolis e uditi per le parti gli
avvocati Borromeo, Caravita di Toritto, Cintioli,
Giampietro, Gorlani, Raffaelli,
Sandulli, Tesauro, Torchia, e l’avvocato dello
Stato Fiorentino;
Ritenuto e considerato in fatto e
diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
RIUNIONE DEGLI APPELLI
1. Preliminarmente va disposta la
riunione dei quattordici appelli indicati in
epigrafe, perché proposti avverso
sentenze di identico contenuto, vertenti a
loro volta sul medesimo
provvedimento dell’Autorità garante della
concorrenza e del mercato (d’ora
innanzi AGCM o Autorità).
IL PROVVEDIMENTO DELL’AGCM E LA
SENTENZA DI PRIMO
GRADO
2. A seguito di segnalazioni
pervenute all’AGCM nel corso degli anni 2006 e
2007 (da parte di Ecovorbat, di IBS
e di ANIE) in relazione a condotte
asseritamente anticoncorrenziali
tenute dal Consorzio obbligatorio batterie al
piombo esauste e rifiuti piombosi
(d’ora innanzi COBAT), l’Autorità
nell’adunanza del 24 gennaio 2008
avviava un’istruttoria nei confronti di
COBAT, e successivamente, in data
10 aprile 2008 estendeva il procedimento
in senso oggettivo e soggettivo nei
confronti di altre sei società operanti nel
settore del riciclo delle batterie
esauste.
In data 15 gennaio 2009 l’Autorità
comunicava alle parti le risultanze
istruttorie.
L’istruttoria evidenziava che a
partire dal 2002 nei mercati della raccolta e del
riciclaggio delle batterie al
piombo esauste si erano verificati comportamenti
restrittivi della concorrenza,
tradottisi, da ultimo, in un aumento dei costi di
produzione di batterie nuove al
piombo.
Con provvedimento del 29 aprile
2009 n. 19814, a conclusione dell’istruttoria,
l’Autorità ha deliberato che:
a) le condotte tenute da COBAT,
mediante disposizioni contrattuali
contenute nei contratti con i
raccoglitori delle batterie esauste (clausola di
esclusiva) e nei contratti con gli
smelters (riciclatori) (ripartizione delle quote di
batterie da assegnare e clausola di
decurtazione), hanno disincentivato le
attività di raccolta e riciclaggio
indipendenti rispetto a quelle amministrate dal
Consorzio, determinando la
compartimentazione dei mercati rilevanti e il
mantenimento dello status quo sul
mercato nazionale del riciclaggio e
costituiscono violazione dell’art.
81 del Trattato CE (oggi art. 101 TFUE);
b) la condotta posta in essere
dalle altre sei società parti del procedimento
(smelters), realizzata anche
nell’ambito dell’associazione di categoria
“associazione imprese riciclo
piombo da batterie – AIRPB”, e posta in essere
altresì dalla medesima
associazione, consistente nella determinazione
congiunta delle rispettive quote di
approvvigionamento nonché nell’adozione
di politiche comuni finalizzate ad
evitare mutamenti delle condizioni
commerciali che ne avrebbero
ridotto le rilevanti entrate economiche,
costituisce una violazione
dell’art. 81 del Trattato CE (oggi art. 101 TFUE).
Conseguentemente, ai detti soggetti
è stato ordinato di adottare misure atte a
porre termine all’illecito entro
novanta giorni dalla notificazione del
provvedimento.
Infine, il citato provvedimento ha
irrogato ai detti soggetti una sanzione
amministrativa pecuniaria come
segue:
COBAT 4.400.000 euro;
Ecobat s.p.a. 4.588.350 euro;
Ecolead s.p.a. 545.000 euro;
ESI-Ecological Scrap Industry
s.p.a. 903.500 euro;
ME.CA. Lead
Recycling s.p.a. 994.500 euro;
Piombifera Bresciana s.p.a.
1.306.500 euro;
Piomboleghe s.r.l. 608.400 euro.
AIRPB 1000 euro.
3. Il provvedimento è stato
impugnato, con separati ricorsi al Tar Lazio -
Roma, da COBAT, e dalle sei società
di riciclo delle batterie esauste.
I ricorsi sono stati accolti dal
Tar Lazio – Roma, con sette sentenze di
identico tenore (9 marzo 2010 nn.
3572, 3573, 3574, 3575, 3576, 3577 e 3578)
che hanno annullato il
provvedimento impugnato, in ordine all’an dell’illecito
antitrust, con medesimi argomenti
giuridici in relazione a tutti e sette i ricorsi
di primo grado, con assorbimento
consequenziale delle censure specifiche
contenute nei singoli ricorsi in
ordine all’an e al quantum della sanzione, e con
compensazione delle spese di lite.
4. Attraverso una ricostruzione del
quadro normativo di riferimento il Tar
Lazio – Roma sostiene che:
- COBAT è un consorzio
obbligatorio, avente natura di organismo di diritto
pubblico, e operante in regime di
monopolio legale, che non determina
liberamente le proprie condotte;
- gli organismi di diritto pubblico
sarebbero sottratti alla normativa antitrust
ex art. 8, co. 2, l. n. 287/1990;
- per assoggettare COBAT, organismo
di diritto pubblico, alla legislazione
antitrust, l’Autorità avrebbe
dovuto dimostrare il carattere imprenditoriale
della sua attività;
- le condotte di COBAT sono state
necessitate dalle sue finalità istituzionali, e
segnatamente dal fine di tutela
ambientale mediante raccolta e riciclo delle
batterie al piombo esauste;
- essendo obbligatorio, da parte
dei produttori di batterie al piombo, il
conferimento delle batterie esauste
al COBAT, ed essendo prevista per legge
la partecipazione al COBAT degli
smelters per quote proporzionali, sarebbe
coerente da un lato che i
raccoglitori di batterie fossero contrattualmente
legati a COBAT da un vincolo di
esclusiva, dall’altro lato che gli smelters
ricevessero le batterie esauste per
quote proporzionali alle loro quote di
partecipazione al Consorzio, e
fossero contrattualmente tenuti all’osservanza
della clausola di decurtazione, che
comportava una decurtazione percentuale
della quota delle batterie esauste
ad essi spettante, se ritirassero batterie da
soggetti diversi dal COBAT;
- le condotte di COBAT sarebbero
state poste in essere in un arco temporale
in cui il quadro normativo non
prevedeva un’apertura alla concorrenza e
legittimava il monopolio legale.
AMBITO DEGLI APPELLI E DEI RICORSI
DI PRIMO GRADO
RIEMERSI IN APPELLO. ORDINE DI
ESAME
5. Le sentenze sono state
appellate, come da epigrafe, dall’AGCM, dall’ANIE
e dal Consorzio ECOVORBAT.
5.1. Va precisato, sul versante
degli appelli, che:
a) AGCM ha appellato tutte e sette
le sentenze;
b) Ecovorbat ha appellato solo la
sentenza del Tar Lazio n. 3578/2010, resa
nei confronti di COBAT;
c) ANIE ha appellato sei sentenze
su sette, non avendo appellato la sentenza
n. 3577 resa nei confronti di
Ecolead.
5.2. Va ancora precisato, sul
versante della posizione degli appellati, che si
sono costituiti, nei rispettivi
giudizi di interesse, sei dei sette appellati, e tutti
hanno chiesto, subordinatamente
all’accoglimento degli appelli principali,
l’esame di tutti i motivi assorbiti
in prime cure.
L’unico appellato che non si è
costituito è Ecolead, nei cui confronti l’appello
è stato proposto solo dall’Autorità
(appello n. 6642/2010), nonostante che
l’appello risulti ritualmente e
tempestivamente notificato (nel domicilio eletto
per il giudizio di primo grado), e
depositato.
5.3. Pertanto, nell’ordine di esame
delle questioni, si procederà ad esame degli
appelli principali e, a seguire,
all’esame dei singoli ricorsi di primo grado, in
ordine alle specifiche censure
rimaste assorbite.
LA LEGITTIMAZIONE AD APPELLARE IN
CAPO AD ANIE
6. In via preliminare va esaminata
l’eccezione, sollevata da Piombifera
Bresciana s.p.a. in relazione
all’appello n. 6432/2010 proposto da ANIE, di
inammissibilità dell’appello.
Si assume che ANIE ha partecipato
al giudizio di primo grado in qualità di
interveniente ad opponendum. L’
interveniente ad opponendum potrebbe appellare
solo se titolare di una posizione
giuridica autonoma suscettibile di essere lesa
dalla sentenza appellata. Tanto non
si verificherebbe nel caso di specie, in cui
la sentenza appellata si riferisce
a condotte poste in essere in passato in una
cornice normativa diversa da quella
odierna. L’interesse di cui si fa portatrice
ANIE, cioè quello dei produttori a
mettere in competizione le imprese di
smaltimento, sarebbe inattuale nel
mutato contesto normativo, che già
assicurerebbe la concorrenza.
7. L’eccezione va respinta.
7.1. ANIE (Federazione Nazionale
della Imprese Elettrotecniche ed
Elettroniche) rappresenta oltre 900
imprese ripartite tra 11 associazioni
federate e rappresentative di
diversi settori industriali, tra cui quello della
produzione di batterie al piombo.
Le società associate ad ANIE
rappresentano i principali
produttori di batterie al piombo a livello nazionale.
ANIE, in rappresentanza dei
produttori di batterie al piombo, ha presentato
una segnalazione all’Autorità in
relazione alla condotta anticoncorrenziale di
COBAT e degli smelters e in veste
di denunciante ha partecipato al
procedimento davanti all’Autorità
(in cui è stata anche sentita in audizione
finale).
7.2. Secondo la consolidata
giurisprudenza di questo Consesso, il soggetto
denunciante che partecipa al
procedimento antitrust e ha un interesse
qualificato avendo subito una
lesione dei propri interessi, lesione imputabile
alla condotta anticoncorrenziale, è
un controinteressato in senso tecnico, che
in quanto tale ha la legittimazione
e l’interesse ad impugnare in giudizio i
provvedimenti “assolutori”
dell’Autorità (di archiviazione della denuncia).
Ha osservato la giurisprudenza che
sono impugnabili da parte di terzi
controinteressati i c.d.
provvedimenti negativi, con cui l’Autorità antitrust
archivia una determinata denuncia o
comunque rifiuta di intervenire, (tali
provvedimenti o l’inerzia
dell’Autorità non incidono in senso sfavorevole
sulle imprese che hanno posto in
essere il comportamento segnalato, poiché
ne viene riconosciuta la liceità o
espressamente o implicitamente omettendo
di intervenire, ma possono incidere
sulle posizioni di soggetti terzi, che
assumono così la veste di
controinteressati rispetto al comportamento
consentito).
Rispetto a tali soggetti
l’orientamento giurisprudenziale contrario al
riconoscimento della legittimazione
a ricorrere è stato definitivamente
superato da questa Sezione, che ha
precisato che il denunziante, in quanto
tale, non è titolare di un
interesse qualificato ad un corretto esame della sua
denuncia, ma lo diventa solo quando
dimostra di essere portatore di un
interesse particolare e
differenziato, che assume essere stato leso dalla
mancata adozione del provvedimento
repressivo; la legittimazione deriva
allora non dalla qualità di
denunciante, ma da quella di controinteressato (ex
plurimis Cons. St., sez. VI, 23
luglio 2009 n. 4597; 9 giugno 2008 n. 2761; 21
marzo 2005 n. 1113; 3 febbraio 2005
n. 280; 14 giugno 2004 n. 3865).
7.3. Se, dunque, vi siano soggetti
“controinteressati”, in relazione ai
procedimenti e provvedimenti
antitrust, legittimati ad impugnare i
“provvedimenti assolutori”, ne
deriva anche, quale logico corollario, che:
a) in caso di provvedimenti
sanzionatori, i controinteressati, ove agevolmente
individuabili, vanno evocati nel
giudizio di impugnazione del provvedimento
sanzionatorio;
b) i controinteressati non evocati
in giudizio possono intervenirvi ad
opponendum,
c) nel caso in cui il giudice di
primo grado annulli un provvedimento
sanzionatorio, il controinteressato
si trova nella medesima posizione in cui si
sarebbe trovato a fronte di un
provvedimento ab origine assolutorio, e come ha
la legittimazione e l’interesse a
impugnare il provvedimento assolutorio, ha
anche la legittimazione e
l’interesse a proporre appello avverso la sentenza che
annulla un provvedimento
sanzionatorio.
7.4. Nel caso di specie:
a) la posizione di
controinteressato ad ANIE è stata pacificamente
riconosciuta dall’AGCM, che ne ha
ammesso la partecipazione al
procedimento amministrativo;
b) tale posizione è stata
implicitamente riconosciuta nei giudizi di primo
grado, atteso che: cinque dei sette
ricorrenti in primo grado, hanno evocato in
giudizio ANIE; solo Piombifera
Bresciana ed Ecolead non hanno notificato il
ricorso di primo grado ad ANIE, ma
ANIE è intervenuta in primo grado ad
opponendum e non sono sorte
questioni sulla sua legittimazione e interesse ad
intervenire;
c) ANIE non è mera denunciante, ma
ha effettivamente una posizione di
controinteressato in senso tecnico,
rappresentando la categoria dei produttori
delle batterie al piombo esauste,
che assume di aver subito una lesione dalla
condotta anticoncorrenziale del
COBAT e degli smelters;
d) in caso di provvedimento
assolutorio, pertanto, ANIE avrebbe avuto
legittimazione e interesse ad
impugnarlo;
e) nell’evenienza attuale, di
provvedimento sanzionatorio annullato in prime
cure, ANIE ha interesse a difendere
il provvedimento sanzionatorio, e
dunque a appellare la sentenza che
lo ha posto nel nulla;
f) ANIE, pertanto, pur avendo
formalmente, nel giudizio di primo grado
promosso da Piombifera Bresciana la
posizione di interveniente, è comunque
controinteressata in senso tecnico,
come tale avente pieno titolo ad appellare,
senza incontrare i limiti che
incontra ordinariamente l’appello
dell’interveniente.
7.5. Va aggiunto che nemmeno può
essere condivisa la tesi di Piombifera
Bresciana secondo cui l’interesse
di ANIE sarebbe venuto meno a seguito del
mutato quadro normativo.
Ove anche, infatti, sia
all’attualità cessata la condotta anticoncorrenziale per
effetto del mutato quadro
normativo, non perciò ne deriva il difetto di
interesse in capo ad ANIE, non
dovendosi tralasciare le possibili azioni
risarcitorie che ANIE e i singoli
produttori di batterie potrebbero intentare
nei confronti di COBAT e degli
smelters a seguito dell’accertamento
dell’illiceità delle loro condotte
pregresse.
I MOTIVI DEGLI APPELLI PRINCIPALI
8. Le censure contenute nei 14 atti
di appello sono di analogo tenore e
possono essere esaminate
congiuntamente.
8.1. Tutti gli appelli contestano
in radice la ricostruzione operata dal Tar Lazio
– Roma, ritengono per converso
corretta la ricostruzione contenuta nel
provvedimento dell’Autorità, e
osservano che il quadro normativo conduce a
conclusioni radicalmente opposte a
quelle prese dal Tar; in particolare:
- il quadro normativo non
autorizzerebbe il COBAT a porre in essere
condotte anticoncorrenziali;
- le condotte tenute dal COBAT non
sarebbero state affatto necessarie per il
perseguimento del suo fine
istituzionale;
- a far data dal 2002 il quadro
normativo era stato modificato in adeguamento
al diritto comunitario,
consentendosi l’operare, sul mercato, oltre che dei
raccoglitori “incaricati” dal
COBAT, anche dei raccoglitori “autorizzati”, e
consentendosi altresì la raccolta
per l’esportazione. Pertanto il ruolo di
COBAT non sarebbe più stato
necessariamente quello di raccogliere e
riciclare le batterie esauste
acquisendone la proprietà, ma piuttosto quello di
vigilare sul sistema di raccolta e
smaltimento, non necessariamente gestendolo
in proprio; in tale mutato assetto
normativo, COBAT non avrebbe potuto
impedire ai raccoglitori di cedere
direttamente le batterie esauste agli smelters, e
dunque non avrebbe potuto prevedere
né clausole di esclusiva nei contratti
con i raccoglitori, né clausole di
decurtazione nei contratti con gli smelters;
- il parere dato dall’Autorità nel
1999 nel senso che COBAT non fosse
strumento restrittivo della
concorrenza sarebbe stato espressamente ancorato
alla situazione di fatto
dell’epoca, in cui il prezzo del piombo era molto basso
e il mercato non aveva un incentivo
ad operare la raccolta e il riciclo delle
batterie esauste; sin dal 1998,
peraltro, il Consiglio di Stato aveva espresso il
parere che la disciplina normativa
violava il principio di libera circolazione
delle merci, e in prosieguo nel
2002 vi erano state aperture alla concorrenza,
per cui il COBAT non poteva
ignorare che non poteva adottare condotte
anticoncorrenziali.
IL CONTESTO NORMATIVO
9. Va anzitutto ricostruito il
contesto normativo.
9.1. Il COBAT è stato istituito
dall’art. 9-quinquies, d.l. n. 397/1988, conv. in l.
n. 475/1988, al fine di assicurare
il conseguimento dell’obiettivo, previsto
come obbligatorio dalla medesima
disposizione, della raccolta e dello
smaltimento mediante riciclaggio
delle batterie al piombo esauste.
Il Consorzio è stato configurato
dalla legge istitutiva come:
- obbligatorio;
- dotato di personalità giuridica
di diritto privato;
- senza scopo di lucro;
- retto da uno statuto approvato
con decreto del Ministro dell'ambiente;
- fruente di finanziamento
pubblico, mediante un “sovrapprezzo di vendita sulle
batterie”, in prosieguo divenuto
“contributo ambientale sulla vendita delle batterie”
(co. 7 dell’art. 9-nonies, testo
originario: “Al fine di assicurare al consorzio i mezzi
finanziari per lo svolgimento dei
propri compiti è istituito un sovrapprezzo di vendita
delle
batterie in relazione al contenuto
a peso di piombo da applicarsi da parte dei produttori e
degli importatori delle batterie
stesse, con diritto di rivalsa sugli acquirenti in tutte
le
successive fasi della
commercializzazione. I produttori e gli importatori
verseranno
direttamente al consorzio i
proventi del sovrapprezzo”; co. 7 dell’art. 9-nonies,
come
novellato dal d.lgs. n. 152/2006:
“Al fine di assicurare al consorzio i mezzi finanziari
per lo svolgimento dei propri
compiti è istituito un contributo ambientale sulla
vendita delle
batterie in relazione al contenuto
a peso di piombo da applicarsi da parte di tutti i
produttori e gli importatori che
immettono le batterie al piombo nel mercato italiano,
con
diritto di rivalsa sugli acquirenti
in tutte le successive fasi della commercializzazione. I
produttori e gli importatori
versano direttamente al consorzio i proventi del
contributo
ambientale”).
9.2. Al COBAT la legge istitutiva
ha attribuito i seguenti compiti:
a) assicurare la raccolta delle
batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi e
organizzare lo stoccaggio;
b) cedere i prodotti di cui alla
lettera a) alle imprese che ne effettuano lo
smaltimento tramite il riciclaggio;
c) assicurare l'eliminazione dei
prodotti stessi, nel caso non sia possibile o
economicamente conveniente il
riciclaggio, nel rispetto delle disposizioni
contro l'inquinamento;
d) promuovere lo svolgimento di
indagini di mercato e azioni di ricerca
tecnico-scientifica per il
miglioramento tecnologico del ciclo di smaltimento.
Il d.lgs. n. 152/2006 ha aggiunto
l’ulteriore compito di:
d-bis) promuovere la
sensibilizzazione dell'opinione pubblica e dei
consumatori sulle tematiche della
raccolta e dell'eliminazione delle batterie al
piombo esauste e dei rifiuti
piombosi.
9.3. E’ stata prevista la
partecipazione obbligatoria al Consorzio di:
a) le imprese che effettuano il
riciclo delle batterie al piombo esauste e dei
rifiuti piombosi mediante la
produzione di piombo secondario raffinato od in
lega;
b) le imprese che svolgono attività
di fabbricazione oppure di importazione di
batterie al piombo;
c) le imprese che effettuano la
raccolta delle batterie al piombo esauste e dei
rifiuti piombosi;
d) le imprese che effettuano la
sostituzione e la vendita delle batterie al
piombo.
Le quote di partecipazione dei
singoli soci, nell’ambito di ciascuna categoria,
sono state disciplinate
dal d.lgs. n. 152/2006 che ha
inserito un co. 3-bis nel testo originario:
a) per le imprese di riciclo di cui
alla lett. a) del co. 3 sono determinate in base
al rapporto fra la capacità
produttiva di piombo secondario del singolo
soggetto consorziato e quella
complessiva di tutti i consorziati appartenenti
alla stessa categoria;
b) per le imprese che svolgono
attività di fabbricazione, oppure
d'importazione delle batterie al
piombo di cui alla lett. b) del co. 3, sono
determinate sulla base del
contributo ambientale versato al netto dei rimborsi;
c) le quote di partecipazione delle
imprese e loro associazioni di cui alle lett. c)
e d) del co. 3 del presente
articolo sono attribuite alle associazioni nazionali
dei raccoglitori di batterie al
piombo esauste, in proporzione ai quantitativi
conferiti al Consorzio dai
rispettivi associati, e alle associazioni
dell'artigianato
che installano le batterie di
avviamento al piombo.
La versione originaria della
disposizione prevedeva invece le quote di
partecipazione senza distinzione di
categoria, stabilendo che le quote di
partecipazione sono determinate in
base al rapporto tra la capacità produttiva
di piombo secondario di ciascun
consorziato e la capacità produttiva
complessiva di tutti i consorziati,
installata nell'anno precedente.
9.4. Il testo originario dell’art.
9-quinquies prevedeva un obbligo
incondizionato di conferimento
delle batterie al piombo esauste al Consorzio,
o in via diretta, o tramite
raccoglitori incaricati. Disponeva infatti il testo
originario del co. 6: “a decorrere
dalla scadenza del termine di novanta giorni
dalla data di pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di
approvazione dello statuto del
consorzio, chiunque detiene batterie al piombo
esauste o rifiuti piombosi è
obbligato al loro conferimento al consorzio
direttamente o mediante consegna a
soggetti incaricati del consorzio”.
9.5. In prosieguo, con la legge
comunitaria per il 2001 (l. n. 39/2002), al fine
di chiudere una procedura di
infrazione comunitaria, la previsione è stata
modificata consentendo sia il
conferimento delle batterie a raccoglitori solo
“autorizzati” sia l’esportazione.
Il testo del co. 6, come modificato, dispone,
infatti, che “A decorrere dalla
scadenza del termine di novanta giorni dalla data di
pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale del decreto ministeriale di approvazione dello
statuto
del consorzio, chiunque detiene
batterie al piombo esauste o rifiuti piombosi è
obbligato al
loro conferimento al consorzio
direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati
del
consorzio o autorizzati, in base
alla normativa vigente, a esercitare le attività di
gestione di
tali rifiuti. L'obbligo di
conferimento non esclude la facoltà per il detentore di
cedere le
batterie esauste ed i rifiuti
piombosi ad imprese di altro Stato membro della Comunità
europea”.
Peraltro, la problematica era ben
nota al COBAT già in precedenza, atteso
che già nel 1998 il Consiglio di
Stato in sede consultiva (Cons. St., sez. II, 2
dicembre 1998 n. 1527) aveva
espresso il parere che l’art. 9-quinquies, d.l. n.
39/1988 fosse da disapplicare
perché in contrasto con i principî di libera
circolazione delle merci e dei
servizi posti dal trattato di Roma, nonché di
libertà di iniziativa economica
privata di cui all’art. 41 Cost., e che, in
particolare, fosse da disapplicare
l’obbligo di conferimento al COBAT o a
raccoglitori incaricati, e che, per
l’effetto, le imprese private non «incaricate»,
dotate dei requisiti ex lege, sono
legittimate ad operare nel mercato, attuando
raccolta e smaltimento.
9.6. In ulteriore prosieguo, il
d.lgs. n. 152/2006 aveva previsto la possibilità di
istituire altri consorzi per la
raccolta e il riciclo delle batterie esauste (art. 235).
9.7. Successivamente con il d.lgs.
n. 4/2008, il legislatore ripristinava il sistema
COBAT.
9.8. Infine, il d.lgs. n. 188/2008
abrogava il sistema del Consorzio unico
obbligatorio e, per l’effetto, sia
l’art. 9-quinquies, d.l. n. 397/1988 sia l’art. 235,
d.lgs. n. 152/2006.
Nel nuovo sistema normativo di
raccolta e smaltimento delle batterie esauste,
il COBAT “è considerato uno dei
sistemi di raccolta e di trattamento di cui agli
articoli 6,
7 e 10, e continua a svolgere la
propria attività conformandosi alle disposizioni del
presente
decreto”.
L’ILLECITO ANTICONCORRENZIALE
IMPUTATO
10. Le condotte contestate
dall’Autorità al COBAT sono consistite:
- nell’instaurare un rapporto di
esclusiva con i raccoglitori incaricati;
- nell’instaurare un rapporto di
esclusiva di fatto con gli smelters, fissando le
quantità di batterie esauste da
conferire a ciascun operatore;
- nell’inserimento nei rapporti
contrattuali instaurati da COBAT con gli
smelters della cd. clausola di
decurtazione;
- nell’ostacolare l’accesso di
nuovi operatori a COBAT, dando luogo ad
un’artificiale chiusura del sistema
nel suo complesso.
In particolare nei rapporti
contrattuali instaurati da COBAT con i raccoglitori
incaricati è stato censurato
dall’Autorità l’obbligo contrattuale per questi
ultimi di conferire l’intero
quantitativo di batterie raccolte al COBAT e il
divieto per gli stessi raccoglitori
incaricati di conferire le batterie esauste
raccolte a soggetti diversi dal
Consorzio, pena la rescissione del contratto ed il
risarcimento di eventuali danni
materiali causati al COBAT (art. 2.4 e art. 15
del CCR contratto COBAT -
raccoglitori).
Nei rapporti contrattuali
instaurati da COBAT con gli smelters l’Autorità ha
censurato, in particolare:
- la determinazione, in ambito
COBAT, del quantitativo di batterie cedute dal
Consorzio al singolo smelter in
misura proporzionale alla capacità produttiva
del singolo operatore (art. 2.1 del
CCS, contratto COBAT - smelters);
- la decurtazione del quantitativo
di batterie cedute al singolo smelter in ragione
delle quantità direttamente
acquistate o comunque ricevute, anche in conto
lavorazione, dallo smelter (art.
2.2 del CCS).
Le disposizioni contrattuali di cui
al contratti con i raccoglitori e gli smelters
sarebbero state preordinate a
restringere la concorrenza sotto vari punti di
vista, in quanto avrebbero:
- disincentivato la formazione di
sistemi di raccolta autonomi e paralleli al
COBAT stesso;
- disincentivato attività di
riciclo indipendenti rispetto a quelle amministrate
dal Consorzio;
- determinato, di fatto, il
mantenimento dello status quo sul mercato nazionale
del riciclo.
Attraverso tali disposizioni
contrattuali il COBAT avrebbe reso poco
conveniente la modalità commerciale
del “conto lavorazione”, il ricorso alla
quale avrebbe permesso ai
produttori di batterie nuove di pagare il solo
servizio di riciclaggio. Invece
tramite il sistema COBAT era previsto n
passaggio di proprietà al
raccoglitore, poi al Consorzio e infine allo smelter, in
cui il prezzo di cessione era
commisurato al prezzo della materia prima
(LME), oggetto di costanti rialzi
sul mercato internazionale a partire dal 2002.
Al termine della catena di riciclo
gestita dal COBAT, gli smelters potevano
rivendere sul mercato il materiale
riciclato, al prezzo della materia prima.
Pertanto, la mancata possibilità di
attivare modalità alternative di destinazione
al riciclaggio delle batterie
esauste (tra cui il conto lavorazione), ha
comportato prezzi più alti pagati
dai produttori, con conseguenti ripercussioni
sui prezzi delle batterie nuove per
i consumatori finali.
L’istruttoria condotta dall’AGCM ha
fatto inoltre emergere che il COBAT,
mediante l’esclusività della
gestione del ciclo di raccolta e di recupero delle
batterie esauste, aveva nel tempo
accumulato ingenti riserve a bilancio, che
non si sono tuttavia tradotte in
una riduzione del contributo ambientale
pagato dal clienti finali di
batterie nuove al piombo.
L’Autorità ha accertato una seconda
intesa posta in essere direttamente tra gli
smelters, i quali, “anche
attraverso l’associazione di categoria AIRPB, hanno
determinato in modo congiunto le
rispettive quote di mercato, nonché più in
generale osteggiato qualsiasi
tentativo di addivenire, in sede consortile, a
mutamenti delle condizioni
commerciali i quali, in un contesto caratterizzato
da quotazioni particolarmente
elevate del piombo sull’LME (London Metal
Exchange), avrebbero innescato
dinamiche concorrenziali tra gli stessi smelters”.
MERCATO RILEVANTE E PRODOTTO
11. Avuto riguardo al quadro
normativo come sopra ricostruito, il
provvedimento dell’AGCM è esente da
vizi.
11.1. Immune da vizi è anzitutto la
individuazione del mercato rilevante e del
prodotto. Se, in astratto, e
secondo una nozione merceologica, le batterie al
piombo esauste non sono un
“prodotto” ma un “rifiuto pericoloso”, è anche
vero che in concreto, anche a causa
dell’aumento del costo del piombo, tale
“rifiuto” è divenuto un bene
contendibile sul mercato, oggetto di scambio,
mediante la raccolta e la
successiva vendita agli smelters. Correttamente va
pertanto qualificato “prodotto”
oggetto di un mercato di scambio.
SULLA NATURA GIURIDICA DI COBAT E
SUI SUOI OBBLIGHI DI
RISPETTO DELLA DISCIPLINA ANTITRUST
12. Occorre poi soffermarsi sulla
natura di COBAT e sulla sua idoneità ad
essere soggetto destinatario della
normativa antitrust.
L’assunto difensivo in prime cure
muoveva infatti dalla configurazione del
Consorzio come organismo di diritto
pubblico (secondo quanto affermato dal
precedente Tar Lazio – Roma, sez.
II-bis 9 maggio 2001 n. 4034). Da tale
qualificazione si asserisce che
deriverebbe la conseguenza che COBAT non
rientrerebbe nell’ambito della
disciplina antitrust, riferita alle “imprese”
(private o pubbliche) (art. 8, l.
n. 287/1990).
La tesi, basata sul puro dato
letterale, secondo cui l’organismo di diritto
pubblico non rientrerebbe nel campo
di applicazione della disciplina antitrust
è smentita dalla costante
giurisprudenza nazionale e comunitaria.
Secondo la giurisprudenza della C.
giust. CE, la nozione di impresa abbraccia
qualsiasi entità che eserciti
un'attività economica consistente nell'offerta di
beni o servizi sul mercato,
indipendentemente dallo statuto giuridico e dalle
modalità di finanziamento, o dalla
sussistenza o meno del fine di lucro.
In termini, si ricorda il
precedente del Consorzio per la tutela del formaggio
"Grana Padano" e della società di
Certificazione della qualità alimentare, in
relazione ai quali la Corte di
cassazione ha osservato che le attività svolte da
tali soggetti per le certificazioni
di conformità del prodotto e per i controlli
volti a prevenire abusi rispetto
alle prescrizioni del regolamento CE n. 2081
del 1992, in quanto rientranti nei
compiti essenziali dello Stato in materia di
alimentazione e, quindi,
nell'ambito dei servizi economici di carattere
generale, sono riconducibili
all'esercizio privato di pubbliche funzioni e cioè
ad attività di diritto pubblico,
per le quali si è, formalmente, fuori dall'ambito
di applicazione della normativa
antitrust, la quale presuppone, ai sensi dell'art.
8, co. 1, l. n. 287/1990, che
l'abuso di posizione dominante o le intese
restrittive della concorrenza
avvengano nello svolgimento dell'attività di
impresa. Tuttavia, poiché
l'esenzione prevista dal co. 2 dell'art. 8 per le
imprese che gestiscono servizi di
interesse economico generale, opera
limitatamente "a tutto quanto
strettamente connesso all'adempimento degli
specifici compiti loro affidati”,
qualora le summenzionate attività svolte da
soggetti privati, pur se
autoritative, devino dallo scopo istituzionale per cui
quelle pubbliche funzioni sono
state conferite, viene meno il nesso funzionale
con il carattere non economico
dell'attività posta in essere, la quale rientra a
pieno titolo nell'ambito
dell'attività di impresa, con conseguente applicazione
della disciplina a tutela della
concorrenza di cui alla l. n. 287/1990. (Nella
fattispecie, la S.C. ha cassato la
sentenza impugnata per avere omesso di
considerare che le determinazioni
assunte dal Consorzio sopra citato
attraverso apposite "linee guida",
ritenute da un produttore di formaggio
restrittive alla libertà di
concorrenza in quanto limitative alla propria capacità
produttiva, introducevano
arbitrariamente standard di qualità non previsti dal
regolamento comunitario citato
nonché il contingentamento della produzione
che esulava dalle proprie funzioni
di vigilanza e, pertanto, non potevano
essere considerate come espressione
dell'attività svolta iure imperii, ma come
attività economica rientrante nella
previsione degli art. 2 e 3, l. n. 287/1990 e
costituente pratica
anticoncorrenziale illecita) (Cass., sez. I, 10 gennaio
2008 n.
355).
Anche la giurisprudenza
amministrativa e comunitaria hanno già statuito che
la qualificazione di un soggetto
come organismo di diritto pubblico non
determina di per sé l’esonero dal
rispetto delle regole della concorrenza, se in
fatto tale soggetto abbia agito
come operatore economico (Cons. St., sez. VI,
12 febbraio 2007 n. 550, secondo
cui è immune da censura la valutazione
dell’AGCM che, pur ravvisando nella
Cassa depositi e prestiti s.p.a. la
permanenza di indubbi profili
pubblicistici, ha ugualmente riscontrato nella
gestione separata, dopo l’ingresso
delle fondazioni bancarie, una finalità di
profitto che non si conciliava con
il perseguimento dei fini generali di cui al
regolamento CE 139/04), e che un
soggetto può contemporaneamente
svolgere attività economiche
rilevanti a fini antitrust accanto ad attività di
natura pubblicistica (C. giust. CE
26 marzo 2009 C-113/07, Selex; C. giust.
CE, 12 settembre 2000 C-180/98,
Pavlov).
Non va trascurato che per il
diritto comunitario è operatore economico un
qualsivoglia soggetto, pubblico o
privato, che offre beni o servizi sul mercato,
anche se non ha istituzionalmente
fine di lucro (direttiva 2004/18/CE; C.
giust. CE, 23 dicembre 2009
C-305/08, Conisma).
Lo stesso precedente del Tar Lazio
– Roma n. 4034/2001, pur qualificando il
COBAT come organismo di diritto
pubblico, afferma che il Consorzio non è
esonerato dal rispetto del canone
di cui all’art. 8, co. 2, l. n. 287/1990, che
vieta al monopolista legale
condotte anticoncorrenziali che non siano
strettamente necessarie per la sua
missione.
Non rileva, pertanto, l’astratta
configurabilità di COBAT come organismo di
diritto pubblico, dovendosi
verificare in concreto il modo in cui esso ha
operato e in particolare dovendosi
verificare se, al di là del fine istituzionale di
interesse generale non avente
carattere commerciale, in concreto non abbia
agito secondo criteri
imprenditoriali, deviando dal perseguimento “neutrale”
del fine istituzionale.
13. Se dunque in astratto può
condividersi l’assunto che al momento della sua
istituzione COBAT potesse avere i
requisiti dell’organismo di diritto pubblico
(personalità giuridica,
finanziamento pubblico tramite il sovrapprezzo sulle
batterie, fine di interesse
generale non commerciale), operante in regime di
monopolio legale, è indubbio che:
a) l’assenza di fine di lucro è
stata normativamente circoscritta a COBAT, non
anche ai raccoglitori e agli
smelters consorziati, che hanno svolto la loro attività
a fine di lucro, conseguendo un
profitto grazie al contributo ambientale,
anche in fasi economiche connotate
dal prezzo del piombo basso;
b) in secondo luogo, l’aumentato
prezzo del piombo in concomitanza con i
meccanismi concreti di raccolta e
riciclo posti in essere da COBAT, hanno
procurato a COBAT ingenti profitti,
al di là del fine istituzionale non
lucrativo;
c) dall’altro lato a partire dal
2002 il legislatore italiano ha previsto aperture
alla concorrenza in relazione al
mercato della raccolta e riciclo delle batterie al
piombo esauste.
In virtù del primo elemento
suindicato, COBAT, ancorché soggetto non a
fine di lucro, ha consorziato
soggetti, i raccoglitori, gli smelters, i produttori,
che si sono sempre mossi in una
logica di profitto.
In virtù degli altri detti due
elementi COBAT ha iniziato ad operare in un
mercato remunerativo in cui il fine
di interesse generale di tutela ambientale
da perseguirsi mediante raccolta e
riciclo delle batterie esauste ha assunto
connotati di natura commerciale.
14. Al 2002 era inoltre mutato il
prezzo di mercato del piombo, rispetto al
momento istitutivo di COBAT, con un
balzo in avanti che aveva reso
remunerativa l’attività di raccolta
e riciclo delle batterie, attività che
inizialmente non era tale a causa
del basso prezzo del piombo.
Vi era dunque un mercato della
raccolta e riciclo delle batterie esauste, in cui
COBAT veniva a trovarsi in
posizione di (potenziale) concorrenza con altri
operatori, e nel quale l’attività
di COBAT ha prodotto profitto.
Sicché al di là del dato formale
normativo (che prevede l’assenza di fine di
lucro di COBAT), il COBAT si è
trovato ad operare come impresa in
posizione di monopolio legale, che
ha conseguito dalla sua attività profitti.
Tali dati si evincono con chiarezza
dal provvedimento dell’AGCM, sicché si
deve affermare che l’Autorità ha
fornito elementi esaustivi e convincenti del
carattere imprenditoriale
dell’attività di COBAT, contrariamente a quanto
sostenuto dalla sentenza di primo
grado.
Peraltro, neppure era
indispensabile dimostrare quale fosse la natura
giuridica
di COBAT, atteso che ciò che rileva
è che risultano dimostrate condotte
anticoncorrenziali consapevolmente
adottate all’interno di un Consorzio di
imprese in cui tra le varie
componenti (e segnatamente tra i produttori e gli
smelters) vi era una forte
conflittualità, dovuta alle modalità di conferimento
delle batterie, che si traduceva in
un vantaggio economico per gli smelters e in
uno svantaggio per i produttori (v.
parr. 88, 80, 90, e parr. da 239 a 243 del
provvedimento impugnato).
IN PARTICOLARE SULLA NECESSITA’ E
PROPORZIONALITA’ O
MENO DELLE CONDOTTE DI COBAT
RISPETTO ALLA SUA
MISSIONE
15. L’aver agito COBAT come impresa
ha per conseguenza, come
correttamente osservato
dall’Autorità, l’assoggettamento all’art. 8, co. 2, l.
n.
287/1990, a tenore del quale la
disciplina antitrust non si applica “alle imprese
che, per disposizioni di legge,
esercitano la gestione di servizi di interesse
economico generale ovvero operano
in regime di monopolio sul mercato, per
tutto quanto strettamente connesso
all'adempimento degli specifici compiti
loro affidati”.
E’ utile evidenziare che proprio
l’invocato precedente del Tar Lazio – Roma,
n. 4034/2001, che ha qualificato
COBAT come organismo di diritto pubblico,
lo ha ritenuto assoggettato
all’art. 8, co. 2, l. n. 287/1990, affermando,
testualmente: “la gestione dei
servizi di cui trattasi – pur potendo essere esercitata
anche
in una situazione di monopolio –
debba rapportarsi agli ambiti applicativi del già citato
art. 8, c. 2, l. n. 287/1990,
limitandosi a “quanto strettamente connesso agli
specifici
compiti”, affidati alle imprese di
cui si discute”.
16. Secondo l’interpretazione data
alla disposizione in commento, essa
introduce una deroga al principio
generale della piena applicazione delle
norme a tutela della concorrenza
alle imprese pubbliche e private, applicabile
alle sole imprese che esercitino la
gestione di servizi di interesse economico
generale, ovvero operino in regime
di monopolio legale, ma comunque
limitatamente a quanto
“strettamente necessario per la missione affidata”,
senza che siffatta condizione possa
diventare un alibi per condotte
anticoncorrenziali che vadano oltre
la “stretta necessità” (Cons. St., sez. VI,
11 aprile 2006 n. 1999, ETI- Ente
Tabacchi italiani, secondo cui la normativa
antitrust non può trovare
applicazione solo se una condotta
anticoncorrenziale sia imposta agli
operatori da una legge nazionale, o questa
comunque crei un contesto giuridico
suscettibile di per sé stesso di eliminare
ogni possibilità di comportamento
concorrenziale da parte loro; Cons. St.,
sez. VI, 21 settembre 2005 n. 4911,
secondo cui il regime pubblicistico
concessorio è operante solo in
quanto strettamente necessario
all’adempimento della specifica
missione affidata all’impresa beneficiaria di un
diritto speciale e non per
garantire ad essa una rendita privilegiata di
remuneratività della sua posizione
di concessionaria; pertanto, in materia di
autolinee, il concetto di
finitimità di un’autolinea preesistente, atto a
costituire
titolo preferenziale in sede di
concessione di una nuova autolinea, va
configurato in modo da escluderne
l’applicazione oltre lo stretto necessario;
Id., 4 gennaio 2002 n. 33,
Aeroporti di Roma, secondo cui fatta eccezione per i
comportamenti imposti
dall’amministrazione, l’impresa concessionaria della
gestione di una struttura
aeroportuale è assoggettata al divieto di abusare della
sua posizione dominante, in
relazione al mercato dei servizi di handling).
17. Non osta all’applicabilità
dell’art. 8, co. 2, l. n. 287/1990 al COBAT la
circostanza che si tratti di un
Consorzio obbligatorio e che il suo statuto sia
soggetto a controllo ministeriale.
Infatti la circostanza
dell’obbligatorietà legislativa non necessariamente ha
come conseguenza indefettibile che
le condotte in concreto poste in essere
siano giuridicamente necessitate
per presunzione assoluta, dovendosi
piuttosto verificare caso per caso
se le condotte tenute da un Consorzio
obbligatorio siano o meno
giuridicamente necessitate.
La giurisprudenza si è già occupata
di Consorzi obbligatori (Consorzio
italiano fiammiferi CIF), andando a
verificare in concreto se la normativa (che
nella specie prevedeva la
fissazione dei prezzi di vendita da parte dello Stato e
obbligava un consorzio di imprese a
ripartire la produzione di fiammiferi tra
le consorziate) creasse o meno, per
sua natura, una situazione tale da
escludere a priori ogni possibilità
di confronto concorrenziale.
Nel caso CIF, la C. giust. CE ha
statuito che in presenza di comportamenti
d’imprese in contrasto con l’art.
81, n. 1, Trattato CE, che sono imposti o
favoriti da una normativa nazionale
che ne legittima o rafforza gli effetti, con
specifico riguardo alla
determinazione dei prezzi e alla ripartizione del
mercato, l’autorità nazionale
preposta alla tutela della concorrenza:
- ha l’obbligo di disapplicare tale
normativa nazionale;
- non può infliggere sanzioni alle
imprese interessate per comportamenti
pregressi qualora questi siano
stati loro imposti dalla detta normativa
nazionale;
- può infliggere sanzioni alle
imprese interessate per i loro comportamenti
successivi alla decisione di
disapplicare la predetta normativa nazionale, una
volta che la decisione sia
diventata definitiva nei loro confronti;
- può comunque infliggere sanzioni
alle imprese interessate anche per
comportamenti pregressi qualora
questi siano stati semplicemente facilitati o
incoraggiati dalla normativa
nazionale, pur dovendo tenere in debito conto le
specificità del contesto normativo
nel quale le imprese hanno agito (C. giust.
CE 9 settembre 2003 C-198/2001).
Nel caso specifico del CIF il
giudice nazionale, facendo applicazione di tali
coordinate, ha escluso che la
legislazione non lasciasse margini di scelta, e ha
ritenuto legittimo il provvedimento
con cui l’AGCM aveva qualificato come
fattispecie anticoncorrenziali le
delibere consortili e gli accordi che avevano
determinato le modalità e i
meccanismi di ripartizione della produzione tra le
imprese, in modo da limitare la
concorrenza al di là di quanto implicasse la
legislazione vigente (Tar Lazio,
sez. I, 6 ottobre 2004 n. 10325).
In definitiva, la previsione legale
di un Consorzio obbligatorio non è per
presunzione assoluta in contrasto
con il diritto della concorrenza, e non
determina per presunzione assoluta
condotte necessitate del Consorzio,
imponendosi piuttosto una verifica
caso per caso; a seguito di tale verifica:
a) le condotte anticoncorrenziali
imposte dalla legge non sono sanzionabili,
salva la diversa questione della
disapplicazione della legge in contrasto con il
diritto comunitario e la
segnalazione della disfunzione normativa da parte
dell’Autorità al Parlamento ai
sensi dell’art. 21, l. n. 287/1990;
b) le condotte anticoncorrenziali
facilitate o incoraggiate dalla legge sono
sanzionabili, pur dovendo tenere in
debito conto le specificità del contesto
normativo nel quale le imprese
hanno agito;
c) a maggior ragione sono
sanzionabili le condotte anticoncorrenziali che non
sono imposte, né facilitate o
incoraggiate dalla legge.
18. La ritenuta assoggettabilità di
COBAT all’art. 8, co. 2, l. n. 287/1990
impone allora la verifica se le
condotte da esso poste in essere
fossero”strettamente necessarie”
per la gestione del servizio di interesse
economico generale, alla luce del
quadro normativo di riferimento.
Anticipando le conclusioni
all’analisi, il Collegio ritiene corretta la
ricostruzione condotta
dall’Autorità, da cui si evince che:
a) le condotte anticoncorrenziali
di COBAT non erano imposte dalla legge;
b) le condotte anticoncorrenziali
di COBAT non erano neppure facilitate o
incoraggiate dalla legge;
c) le condotte anticoncorrenziali
di COBAT non erano strettamente
necessarie per perseguire i suoi
fini istituzionali, e pertanto erano sanzionabili.
19. Il mutato contesto normativo ha
comportato una modifica del ruolo
istituzionale originario del COBAT.
E’ condivisibile l’assunto dell’Autorità
secondo cui il COBAT, rispetto al
ruolo iniziale di gestore diretto della
raccolta e riciclo (mediante
acquisto della proprietà delle batterie dai
raccoglitori e rivendita agli
smelters) ha assunto “un ruolo di mero controllore
del passaggio di batterie dai
raccoglitori ai diversi impianti di smaltimento, al
fine di verificare se i primi
effettivamente conferiscano le batterie esauste agli
smelters in modo che le quantità
lavorate da ciascuno di essi corrispondano a
quelle formalmente determinate dal
Consorzio, ma di fatto determinate dagli
smelters stessi”.
Sicché, la circostanza che il COBAT
fosse un consorzio obbligatorio per
legge, nel mutato contesto
normativo non comportava che tutte le sue
condotte fossero necessitate e che
non vi fosse un margine per autonome
decisioni.
Persino l’originario contesto
normativo non giustificava di per sé deroghe alla
concorrenza che non fossero
strettamente necessarie: infatti il legislatore, nel
rendere obbligatorie le attività
raccolta e il riciclo delle batterie esauste, le ha
rese economicamente appetibili
dotando COBAT dei mezzi economici per
pagare raccoglitori e smelters,
tramite il contributo ambientale. Sicché COBAT
aveva gli strumenti per muoversi
secondo logiche concorrenziali.
In definitiva il fine di tutele
ambientale poteva essere perseguito anche senza
un ruolo di COBAB come gestore
diretto, acquirente e rivenditore delle
batterie, bensì attraverso un ruolo
di controllore degli operatori della raccolta
e del riciclo.
Più a monte, ab origine il
legislatore ha assegnato a COBAT il risultato da
raggiungere (la tutela ambientale
mediante raccolta e riciclo delle batterie
esauste), ma non ha previsto
modalità attuative vincolanti, sicché residuava
per COBAT un ampio margine per
adottare modalità che non sacrificassero
oltre un ragionevole limite la
concorrenza.
20. Né le condotte di COBAT erano
necessitate dal suo statuto, sicché rimane
irrilevante la circostanza che lo
statuto di COBAT fosse stato sottoposto ad
approvazione ministeriale.
21. Che le condotte poste in essere
da COBAT e contestate dall’Autorità, non
fossero connesse all’adempimento
dei compiti istituzionali del Consorzio,
rispetto ai quali erano strumenti
non necessari né proporzionati, si evince
all’evidenza dal quadro normativo:
a) a partire dal 2002 non erano più
contemplati solo i raccoglitori “incaricati”
ma anche quelli “autorizzati” ed
erano inoltre consentire le esportazioni di
batterie esauste;
b) dalla data di entrata in vigore
del d.lgs. n. 152/2006 e per circa due anni,
erano stati previsti consorzi
facoltativi per la raccolta e smaltimento delle
batterie esauste, in concorrenza
con COBAT.
22. In tale contesto normativo,
pertanto, i raccoglitori non potevano essere
obbligati ad avere un vincolo di
esclusiva con COBAT, atteso che tale vincolo
di esclusiva avrebbe potuto avere
un nesso di strumentalità necessaria con il
fine istituzionale di COBAT solo in
un contesto di indefettibile conferimento
obbligatorio delle batterie esauste
al COBAT, direttamente o tramite
raccoglitori incaricati.
Ma in un contesto in cui il
conferimento delle batterie esauste poteva avvenire
anche (i) ai raccoglitori
autorizzati; (ii) a imprese di altri Stati dell’UE;
(iii) a
consorzi facoltativi, le clausole
di esclusiva non erano necessarie a fini
istituzionali e si colorano come
anticoncorrenziali.
23. Né può condividersi l’assunto
difensivo, sostenuto in prime cure, secondo
cui la clausola di esclusiva
avrebbe una spiegazione alternativa lecita, sotto il
profilo che i raccoglitori
incaricati, a differenza degli autorizzati, erano stati
scelti con procedura selettiva e
avevano una serie di obblighi inerenti la
raccolta su richiesta di COBAT,
anche in aree in cui la raccolta non fosse
remunerativa, sicché si
comprenderebbe sia la clausola di esclusiva, sia il
migliore trattamento economico,
volti ad assicurare il puntuale adempimento
degli obblighi assunti e, in
particolare per assicurare una rete di raccolta
capillare anche nelle zone a bassa
concentrazione di raccolta del rifiuto.
Tale assunto trascura che in base
al diritto antitrust è vietato “applicare, nei
rapporti commerciali con altri
contraenti, condizioni oggettivamente diverse
per prestazioni equivalenti, così
da determinare per essi ingiustificati svantaggi
nella concorrenza” (art. 2, co. 2,
lett. d), l. n. 287/1990): sicché, il corrispettivo
per la raccolta delle batterie
esauste avrebbe dovuto essere lo stesso,
trattandosi di prestazione
equivalente, salvo a prevedere un autonomo e
separato corrispettivo per
eventuali prestazioni aggiuntive.
L’assunto trascura inoltre che la
tematica della disparità di trattamento di
raccoglitori incaricati e
autorizzati era già stata stigmatizzata dal giudice
amministrativo (Tar Lazio – Roma,
n. 4034/2001), sicché il COBAT non
poteva ignorare il carattere
anticoncorrenziale della sua condotta. Tale
precedente afferma, infatti che:
a) i detentori delle batterie
esauste non possono essere obbligati al
conferimento solo al consorzio (in
via diretta o tramite i raccoglitori
incaricati), potendo conferirli
anche ai raccoglitori autorizzati;
b) le esigenze segnalate dal
consorzio, circa la raccolta “anche in condizioni di
mercato stagnante e in ribasso”,
ovvero per quantità di rifiuti anche minime o
da prelevare in località
decentrate, possono – invece – giustificare
l’assegnazione di incarichi da
parte del consorzio stesso, per coprire
integralmente le aree interessate
dalla presenza dei rifiuti di cui trattasi, in
qualsiasi condizione o in via
integrativa;
c) detti incarichi vanno assegnati
mediante “accordi contrattuali flessibili ed in
nessun caso preclusivi della
concorrenza, ovvero senza le limitazioni”
derivanti dal mancato intervento
sui “criteri di determinazione del compenso
per il servizio di raccolta e per
il valore delle batterie recuperate, rendendo
non remunerativo il servizio stesso
e di fatto continuando a precludere
l’attività imprenditoriale di
soggetti autorizzati alla raccolta, che non siano i
predetti incaricati del consorzio”.
Di tale problematica il COBAT era a
conoscenza come emerge dalle
risultanze istruttorie, da cui si
evince che si dibatteva, in seno a COBAT, nel
corso del 2007, della necessità di
rivedere il contratto con i raccoglitori.
24. Nel suddetto contesto
normativo, inoltre, non poteva prevedersi una
clausola di decurtazione nei
contratti con gli smelters, che comportava la
sottrazione alla quota assegnata
dei quantitativi di batterie pervenuti agli
smelters per altra via, anche in
conto lavorazione. Tale clausola aveva l’effetto
di una fidelizzazione degli
smelters, in un quadro in cui gli stessi avrebbero
potuto approvvigionarsi di batterie
esauste direttamente dai raccoglitori, o
tramite consorzi diversi dal COBAT.
Inoltre tale clausola, incentivando
l’acquisto delle batterie in proprietà tramite
il COBAT, in danno del meccanismo
del “conto lavorazione”, si è tradotta
nella preferenza di un meccanismo
più vantaggioso economicamente per
COBAT e smelters, ma più costoso
per i produttori di batterie e in definitiva
per i consumatori finali
acquirenti.
24.1. Né è condivisibile l’assunto,
che emerge dai ricorsi di primo grado,
secondo cui l’unica modalità di
raccolta e smaltimento consentita (anzi,
imposta) dalla legge, sarebbe
quella che vede il COBAT come acquirente e
rivenditore delle batterie esauste,
e secondo cui il “conto lavorazione” sarebbe
stato contra legem.
Dal quadro normativo si evince una
missione del COBAT indicata in termini
finalistici, senza alcun dettaglio
sulle modalità concrete; nessuna disposizione
di legge imponeva che COBAT
diventasse proprietario delle batterie esauste,
e che solo COBAT potesse cederle in
proprietà agli smelters.
L’art. 9-quinquies, d.l. n.
397/1988 assegna al COBAT i compiti di “a)
assicurare la raccolta delle
batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi e
organizzare lo stoccaggio” e di “b)
cedere i prodotti di cui alla lettera a) alle
imprese che ne effettuano lo
smaltimento tramite il riciclaggio.
L’espressione “assicurare la
raccolta” delle batterie e “cedere” le batterie agli
smelters indicano solo una generica
descrizione della missione del Consorzio,
che è di far raccogliere le
batterie e di farle pervenire agli smelters, ma non
evoca alcun negozio giuridico
prestabilito, né impone che nell’operazione il
COBAT o gli smelters diventino
proprietari delle batterie esauste.
24.2. Anche di tale tematica in
ambito COBAT si era consapevoli, come
emerge dalle risultanze istruttorie
riportate nei parr. da 88 a 93 del
provvedimento impugnato: dalle
quali si evince con chiarezza il conflitto
interno al COBAT tra produttori e
smelters, e la consapevolezza che il sistema
“conto lavorazione” cui aspiravano
i produttori sarebbe stato maggiormente
concorrenziale.
In particolare:
a) nel verbale del 13 aprile 2007,
relativo a un incontro tra la Commissione e
le associazioni dei
raccoglitori di batterie, si legge
che il presidente di COBAT, ing. Morandi,
“pone ai
presenti una considerazione di
carattere generale, con il Pb così alto, il sistema
organizzativo
sul
quale poggia l’operatività del
COBAT non è più coerente. Ovvero il garantire la
raccolta ai
livelli
degli anni scorsi, il garantire il
flusso dei materiali agli impianti di riciclo, gestire
le raccolte
globali. Con le quotazioni del Pb
così alto, anche il valore del rottame batteria cresce
favorendo
l’inserimento di nuovi attori che
inevitabilmente turbano il mercato così come oggi è
concepito. Il
sistema organizzativo del COBAT non
è più coerente con la nuova situazione. Attori
produttori di
batterie che organizzano in proprio
le raccolte di rottame. // Altri che tendono timidamente
a
iniziare. // In Italia la
potenzialità di riciclo del Pb è di molto superiore alle
quantità di
rottame
raccolto/disponibile”. “Le quantità
di rottame disponibili sono+// 200.000 ton, di
conseguenza con l’aumentare del
valore del Pb, aumentano i costi perl’acquisto del
rottame e
la competizione nel mercato. Il
tentativo che stiamo perseguendo è quellodi trovare una
nuova modalità operativa […] Si sta
cercando di trovare un accordo che facciacessare le
raccolte fatte da alcuni
produttori. I riciclatori dovrebbero fornirci circa
25.000 ton diPb
dolce, che a sua volta il COBAT
rivende ai produttori. I riciclatori rinunciano ad una
parte deiloro utili, i produttori
cessano le raccolte in proprio del rottame, occorre che
anche i
raccoglitorimettano in campo
iniziative che facilitino l’accordo […] In alternativa,
conclude
l’ing. Morandi,si dovranno rivedere
i contratti di raccolta, lasciando ai raccoglitori la
facoltà
di consegnare ilrottame al COBAT o
ad altri, lasciando al COBAT la competenza sulla
microraccolta, e sulmonitoraggio
previsto dalla normativa. Questo aumenta la concorrenza,
ma anche i reciprocicosti. Le
modifiche al contratto dei raccoglitori si possono
attuare con
una certa facilità, per
quanto riguarda i contratti dei
riciclatori, questi sono in scadenza al 31 dicembre
2007”.
b) nel verbale di riunione del 5
aprile 2007, l’allora rappresentante dei
produttori afferma che “se i
raccoglitori intendono intraprendereattività extra
COBAT, anche i
produttori/importatori di batterie sono pronti” . Più
oltre, il
presidente ing. Morandi rileva che
“se si desidera arrivare a un accordo, occorre che le
categorie siano consapevoli che
tutte devono rinunciare ad una parte dei propri
interessi”.
c) al medesimo periodo è anche da
ricondurre un tentativo di accordo
caldeggiato dai produttori
con gli altri operatori consorziati
a COBAT, fallito per l’opposizione degli
smelter e alla quale ha
fatto evidentemente seguito una
recrudescenza della contrapposizione tra le
parti (all’origine, con
ogni probabilità, della risoluzione
di ANIE a presentare la segnalazione
all’Autorità a suo tempo
presa in considerazione per l’avvio
del presente procedimento). Tale accordo,
per quanto è dato
capire, prevedeva “per qualunque
tipo di lega e/o secondario lo sconto di 50 euro sui
premi [di
trasformazione da riconoscersi agli
smelter]”, a fronte dell’impegno dei
produttori “per tutta la
durata dell’accordo a non
intraprendere e/o promuovere direttamente o
indirettamente la
raccolta
sul mercato italiano” (doc.
IV.199);
d) nel verbale di riunione del 16
febbraio 2006 si legge: “Produttori,pagano con il
sovrapprezzo la raccolta.
Raccoglitori, pongono il problema degli alti costi in
casodi
sottrazione delle quantità [di
batterie al piombo esauste] dal sistema COBAT.
Riciclatori, hannoposto il vincolo
di acquisto delle batterie in Italia, e desiderano avere
a
disposizione una quota delmaggior
valore del piombo. L’ing. Urbani [consigliere
COBAT riconducibile agli smelter]
dichiara che il valore del piombo secondo una serie
di studi è costretto, nel tempo, a
subire unariduzione del suo valore. Prosegue dichiarando
che alcuni consorziati operano con
un sistemaalternativo creando problemi al CdA del
COBAT. In senso generale tutti
sottolineano il fatto chel’obbiettivo consiste nel come
si
possano equilibrare le rispettive
convenienze”; il presidente della Commissione
“informa che abbiamo un problema
reale in quanto alcuni produttori stanno pensando di
creare un sistema in Italia simile
a quello in essere negli USA. Ovvero un accordo diretto
di
conto lavorazione tra i produttori
e i riciclatori. In una parola il problema è oggi la
convenienza in quanto i produttori
hanno un problema di competitività”.
25. Quanto alla circostanza che la
clausola di decurtazione sia stata modificata
in corso di procedimento antitrust
nell’anno 2008, tale elemento:
a) non elide il dato di fatto che
quanto meno dal 2002, e fino alla introdotta
modifica, la clausola ha operato;
b) comprova che la clausola non
rispondeva ad una stretta necessità per la
missione affidata al COBAT;
c) non risolve la problematica
perché anche il meccanismo introdotto con la
nuova clausola di fatto
disincentiva il conto lavorazione rispetto alla vendita.
In dettaglio, la nuova clausola
prevede che:
- ciascuno smelter ha la facoltà di
ritirare extra COBAT e sotto qualsiasi forma
giuridica, batterie esauste e
sottoprodotti derivanti dal trattamento delle
batterie esauste;
- il COBAT rimane estraneo ad ogni
rapporto tra smelters e terzi conferenti;
- le quantità di cessione agli
smelters di batterie da parte del COBAT viene
determinata in base al complessivo
raccolto in Italia.
Determinandosi le quote assegnate
in ambito COBAT sulla complessiva
raccolta di batterie esauste in
Italia, è evidente che la quota di ciascuno smelter
viene comunque decurtata dei
quantitativi che lo stesso riceve extra COBAT,
con sostanziale identità della
nuova clausola rispetto alla precedente.
Né può ritenersi contraddittorio
l’operato dell’Autorità che, in sede cautelare,
riteneva la nuova clausola idonea
ad evitare l’adozione di misure cautelari, e in
sede di decisione di merito, re
melius perpensa, ha ritenuto la nuova clausola
ugualmente lesiva.
E’ noto, infatti, che le
valutazioni compiute in sede cautelare sono sommarie e
non sono vincolanti in sede di
decisione finale, senza che sia necessario
motivare puntualmente sulle ragioni
di scostamento dalle valutazioni
compiute in sede cautelare.
26. Correttamente, poi, è stata
stigmatizzata l’intesa tra gli smelters, che ha
comportato una ripartizione delle
quote di batterie esauste da assegnare a
ciascuno di essi. Tale intesa ha
avuto lo scopo e l’effetto di garantire a
ciascuno smelter una quota di
batterie, acquistate in proprietà, con la possibilità
di rivendere a prezzo di mercato il
piombo derivante dal riciclo (a fronte di
batterie esauste oggetto di
conferimento obbligatorio e gratuito da parte dei
produttori). In un contesto di
aumento del prezzo della materia prima
piombo, tale meccanismo si è
tradotto in un notevole vantaggio economico
per gli smelters. L’istruttoria
compiuta dall’Autorità denota, poi, come gli
smelters fossero fortemente
interessati al mantenimento dello status quo e si
opponessero a meccanismi
alternativi, per essi meno vantaggiosi, in
particolare il meccanismo del
“conto lavorazione”, in virtù del quale i
produttori di batterie, anziché
essere obbligati al conferimento gratuito,
avrebbero potuto direttamente
conferire le batterie agli smelters, invece che in
proprietà, al solo fine della
lavorazione, pagando infine solo il prezzo delle
operazioni di riciclo del piombo e
smaltimento degli scarti.
27. In definitiva, l’operare
combinato delle quote assegnate a ciascuno smelter e
della clausola di “decurtazione” in
virtù della quale la quota assegnata a
ciascuno smelter veniva decurtata
della quantità di batterie altrimenti acquistate
dallo smelter, tramite terzi, anche
in conto lavorazione, assumono un ruolo
chiaramente disincentivante del
meccanismo conto lavorazione, meno
vantaggioso economicamente per gli
smelters.
Il meccanismo “conto lavorazione”
che ben avrebbe potuto e dovuto essere
contemplato dal COBAT per il
raggiungimento dei suoi fini istituzionali,
avrebbe consentito un netto
risparmio ai produttori di batterie, con
conseguente possibilità di
riduzione del prezzo del prodotto finito, e
vantaggio per i consumatori.
28. Le clausole di esclusiva nei
contratti con i raccoglitori e di decurtazione
nei contratti con gli smelters si
sono tradotte anche in un vantaggio per
COBAT, che attraverso il meccanismo
di diventare acquirente e rivenditore
delle batterie esauste, ha
accumulato utili economici senza che
contestualmente si sia proceduto ad
una riduzione del contributo ambientale.
29. Né le clausole di esclusiva né
quelle di decurtazione, né la ripartizione del
quantitativo complessivo di
batterie esauste tra gli smelters appaiono
giuridicamente necessitati dalle
finalità istituzionali di COBAT. L’obiettivo di
tutela ambientale mediante la
raccolta e riciclo delle batterie esauste, rendeva
necessario solo che venisse
garantito un meccanismo di raccolta capillare; il
meccanismo poteva essere capillare
anche attraverso strumenti diversi, tanto
più in un mutato contesto economico
in cui il nuovo prezzo di mercato del
piombo di per sé era diventato un
incentivo al riciclo.
30. Le condotte poste in esse
rientrano tra violazioni tipiche della disciplina
della concorrenza: si tratta da un
lato, di atti consortili, e, dall’altro lato, di
un’intesa orizzontale tra imprese
concorrenti, entrambi preordinati alla
ripartizione del mercato.
31. Non inficiano la bontà della
ricostruzione operata dall’Autorità alcuni
elementi valorizzati dal Tar per
accogliere i ricorsi di primo grado.
31.1. Anzitutto, non determina
vizio di contraddittorietà del provvedimento la
circostanza che nel 1999 l’Autorità
si fosse espressa (con parere 20 gennaio
1999) nel senso che il COBAT non
contrastasse con il diritto antitrust,
dovendo ritenersi prevalente la
finalità di tutela ambientale. Invero il parere
del 1999 era stato reso in un
diverso contesto economico, in cui stante il
prezzo basso del piombo, il mercato
non aveva incentivi a operare la raccolta
e riciclo delle batterie esauste,
sicché era necessitato l’operare di un Consorzio
obbligatorio fruente di un
finanziamento pubblico per coprire il differenziale
tra i costi di raccolta e il prezzo
di rivendita agli smelters. In un mutato contesto
economico (aumento del prezzo del
piombo) e normativo (apertura alla
concorrenza), non è contraddittorio
il mutamento di rotta dell’AGCM.
31.2. Inoltre non inficia la bontà
della ricostruzione operata dall’Autorità il
dato relativo alla ripartizione
delle quote di batterie esauste da attribuire a
ciascuno smelter in proporzione
alla quota di partecipazione al Consorzio.
Dirimente è la considerazione che
il legislatore contempla le quote di
partecipazione al Consorzio, ma non
autorizza una divisione delle quote di
mercato in modo automatico e
proporzionale.
31.3. Neppure può condividersi
l’assunto del Tar secondo cui a fronte di
obblighi legislativi del Consorzio,
gli stessi, se ritenuti in contrasto con la
concorrenza, avrebbero dovuto
comportare la disapplicazione della
normativa, senza applicazione di
sanzione e con segnalazione al Governo
della necessità di una modifica
normativa, ai sensi dell’art. 21, l. n. 287/1990.
Dispone l’appena citato art. 21 che
“1. Allo scopo di contribuire ad una più completa
tutela della concorrenza e del
mercato, l'Autorità individua i casi di particolare
rilevanza
nei quali norme di legge o di
regolamento o provvedimenti amministrativi di carattere
generale determinano distorsioni
della concorrenza o del corretto funzionamento del
mercato
che non siano giustificate da
esigenze di interesse generale.
2. L'Autorità segnala le situazioni
distorsive derivanti da provvedimenti legislativi al
Parlamento e al Presidente del
Consiglio dei Ministri e, negli altri casi, al
Presidente del
Consiglio dei Ministri, ai Ministri
competenti e agli enti locali e territoriali
interessati.
3. L'Autorità, ove ne ravvisi
l'opportunità, esprime parere circa le iniziative
necessarie per
rimuovere o prevenire le
distorsioni e può pubblicare le segnalazioni ed i pareri
nei modi più
congrui in relazione alla natura e
all'importanza delle situazioni discorsive”.
Tuttavia, nel caso di specie non si
può ritenere che la condotta
anticoncorrenziale sia stata posta
in essere in adempimento di obblighi
legislativi, e che dunque la
distorsione della concorrenza sia imputabile alla
legge, in quanto i compiti
istituzionali assegnati dalla legge al COBAT
potevano essere perseguiti con
condotte diverse rispettose delle regole della
concorrenza, mentre le condotte in
concreto poste in essere non erano
necessitate né proporzionate
rispetto agli obblighi di legge.
31.4. Neppure può condividersi
l’assunto del Tar secondo cui la direttiva
comunitaria 91/157/CE non
impedirebbe un sistema monopolistico di
raccolta e smaltimento delle
batterie esauste, essendo l’obiettivo di tutela
ambientale preminente su quello di
tutela della concorrenza e del mercato.
In realtà da tale direttiva si
desume come gli Stati membri erano invitati a
raggiungere l’obiettivo mediante
strumenti rispettosi della tutela della
concorrenza. L’art. 7 di essa
dispone, infatti, che “Gli Stati membri
provvedono a che la raccolta
selettiva ed eventualmente l'instaurazione di un
sistema di cauzione siano
organizzate in modo efficace. Gli Stati membri
inoltre, al fine di incoraggiare il
riciclaggio, possono introdurre misure quali,
per esempio, strumenti economici.
Tali misure devono essere introdotte dopo
aver consultato le parti
interessate, devono basarsi su validi criteri ecologici
ed
economici ed evitare distorsioni di
concorrenza”. Dunque le misure da
adottarsi per incoraggiare il
riciclaggio non devono comportare distorsioni
della concorrenza, il che implica
che l’obiettivo di tutela ambientale va
perseguito senza sacrificare la
tutela del mercato.
Tanto è in linea con la posizione
degli organi comunitari secondo i quali
l’obiettivo di tutela ambientale
può giustificare un sacrificio della concorrenza
solo se venga rispettato il
principio di proporzionalità, ossia se il sacrificio
della concorrenza sia
indispensabile per il raggiungimento dell’obiettivo (v.
Commissione – Linee direttrici
sull’applicazione dell’art. 101 TFUE agli
accordi di cooperazione
orizzontale, par. 314; Comunicazione della
Commissione sugli accordi in
materia di ambiente 27 novembre 1996 n. 561.
parr. 27 e 27; Trib. CE, 24 maggio
2007 T-151/01, Der Grüne Punkt, secondo
cui ai sensi dell’art. 86, n. 2,
Trattato CE le imprese incaricate della gestione di
servizi di interesse economico
generale sono sottoposte alle norme del
Trattato, e in particolare a quelle
in materia di concorrenza, qualora
l’applicazione di tali norme non
osti all’adempimento, in linea di diritto e di
fatto, degli specifici compiti loro
affidati. Tale articolo dispone anche che lo
sviluppo degli scambi non
dev’essere compromesso in misura contraria agli
interessi della Comunità).
31.5. Infine non può condividersi
l’assunto, prospettato negli scritti difensivi
in prime cure e fatto proprio dal
Tar, che COBAT avrebbe operato in un
quadro normativo di monopolio
legale, non essendo state previste, se non per
limitati periodi, aperture alla
concorrenza, che in concreto non si sarebbero
realizzate.
Infatti sin dal 2002 era stata
prevista non solo la possibilità di esportazione
delle batterie esauste, in
alternativa al conferimento obbligatorio al Consorzio,
ma anche, e in concomitanza con
siffatta possibilità, la figura del raccoglitore
“autorizzato” che aveva la facoltà
alternativa di esportare o conferire al
Consorzio.
Inoltre a far data dall’entrata in
vigore del d.lgs. n. 152/2006, e per circa un
biennio, era stata normativamente
prevista l’apertura alla concorrenza, con la
previsione dei Consorzi
facoltativi, previsione i prosieguo abrogata per un
breve lasso temporale, salvo poi a
introdurre a regime un regime
concorrenziale della raccolta e
riciclo delle batterie esauste.
Né rileva l’assunto sostenuto da
COBAT in prime cure, che la concorrenza
non si sarebbe realizzata in
concreto, atteso che la condotta
anticoncorrenziale di COBAT è stato
un fattore determinante di ostacolo alla
concorrenza.
ACCOGLIMENTO DEI QUATTORDICI
APPELLI PRINCIPALI
32. In conclusione:
- la natura giuridica formale del
Consorzio è irrilevante in relazione ai suoi
doveri di condotta sul mercato, se
risulta provato, come lo è, che il Consorzio
ha operato in un quadro normativo
ed economico di mercato;
- il quadro normativo non
comportava un obbligo assoluto di conferimento al
Consorzio delle batterie esauste;
- il quadro normativo, consentendo
l’operare sul mercato di raccoglitori
autorizzati, esportatori, consorzi
volontari, non rendeva necessitate e perciò
lecite clausole contrattuali di
esclusiva.
Per l’effetto, i quattordici
appelli vanno accolti.
ESAME DEI MOTIVI ASSORBITI
33. Si impone, a questo punto,
l’esame dei motivi assorbiti in prime cure,
riproposti da ciascuno dei sei
appellati costituiti. I motivi sono stati riproposti
con memoria (come è consentito,
trattandosi di appelli già depositati alla data
di entrata in vigore del c.p.a.,
dall’art. 3, disp. trans., c.p.a.).
MOTIVI ASSORBITI DEL RICORSO DI
PRIMO GRADO DI COBAT
(appelli nn. 6427/2010, 6569/2010 e
6649/2010)
34. Nell’ordine logico va esaminato
il ricorso di primo grado di COBAT, le
cui censure sono state riproposte
con memoria, in relazione agli appelli nn.
6427/2010, 6569/2010 e 6649/2010.
35. Con una prima censura si
lamenta il difetto di istruttoria da parte
dell’Autorità, che avrebbe ritenuto
restrittivo della concorrenza il contratto
con i raccoglitori, senza sentire
questi ultimi e basandosi sulle dichiarazioni dei
denuncianti.
35.1. L’assunto va disatteso,
atteso che gli elementi raccolti dall’Autorità sono
più che sufficienti a reggere
l’impatto accusatorio sicché nulla avrebbe
aggiunto il supplemento istruttorio
indicato dal COBAT.
36. Con ulteriori due motivi si
contesta il carattere anticoncorrenziale del
contratto con i raccoglitori e del
contratto con gli smelters.
36.1. Gli argomenti risultano già
disattesi dal Collegio in sede di esame degli
appelli principali.
37. Viene poi contestato il par.
269 del provvedimento impugnato, in cui si
afferma che “Come detto, COBAT
assegna agli smelter le batterie esauste
raccolte attraverso un meccanismo
pro quota (art. 2.1 del CCS). Tale decisione
risulta costituire un’autonoma
violazione di cui all’art. 81 del Trattato CE,
posto che in tal modo il Consorzio
ha di fatto escluso altre opzioni, in primo
luogo la gara, che avrebbero potuto
determinare un reale confronto
competitivo tra i riciclatori per
l’accaparramento di materia prima. Tale scelta
pare trovare la sua più chiara
giustificazione in quanto a suo tempo
considerato dal COBAT, ovvero che –
lungi dal perseguire un assetto
maggiormente concorrenziale del
settore e/o l’ottenimento di migliori risultati
sotto il profilo ambientale – il
criterio dell’assegnazione pro-quota sarebbe
stato motivato “anchedall’interesse
a mantenere una omogenea presenza territoriale degli
smelters su base nazionale” (supra,
§ 119), ovvero a tutelare le attività produttive
degli operatori consorziati”.
37.1. Si lamenta anzitutto la
violazione del principio di contestazione
dell’infrazione, atteso che tale
autonoma violazione non sarebbe stata in
precedenza contestata, prima della
CRI, e si invoca all’uopo il precedente
Cons. St., sez. VI, 2 ottobre 2007
n. 5085.
Si lamenta in secondo luogo che il
criterio pro quota è razionale, non
discriminatorio, e che non è
provato che il criterio della gara sarebbe più
razionale.
37.2. La censura di ordine
procedurale va disattesa.
Non sembra al Collegio che il
precedente invocato sia da interpretare nel
senso preteso dal ricorrente, e
segnatamente nel senso che in sede di CRI non
si potrebbero compiere
contestazioni diverse da quelle iniziali.
Il precedente sembra piuttosto da
interpretare nel senso che la fase istruttoria
serve proprio a individuare la
corretta imputazione degli addebiti, e che la
imputazione (o se si vuole la
contestazione degli addebiti) si cristallizza con la
CRI (comunicazione delle risultanze
istruttorie).
La CRI fissa infatti un temine di
chiusura della fase di acquisizione degli
elementi probatori e le parti
possono presentare memorie e documenti sino a
cinque prima di tale termine, e
possono, entro cinque giorni dal ricevimento
della CRI, chiedere di essere
sentiti (art. 14, d.P.R. n. 217/1998).
Le parti, pertanto, dopo la CRI,
hanno ampio margine per esercitare il diritto
di difesa, contestando
l’imputazione e fornendo prove a discarico.
Ovviamente, il provvedimento finale
non può contenere imputazioni diverse
da quelle contestate con la CRI.
In definitiva la CRI costituisce la
finale contestazione degli addebiti con la
delimitazione dell’imputazione: ove
emergessero ulteriori elementi nella fase
procedimentale successiva, sarebbe
necessario, per modificare l’imputazione,
procedere a nuova contestazione, in
quanto la decisione finale deve riferirsi
alle imputazioni contestate, in
analogia a quanto si verifica nel processo
penale.
Le conclusioni qui raggiunte sono
coerenti con quanto affermato
dall’invocato precedente della
Sezione n. 5085/2007, in cui si legge “La
Sezione ha già statuito che la
contestazione iniziale in base alla quale sia stata
portata a termine una
corrispondente istruttoria, non consente di pervenire,
all’interno dello stesso
procedimento, e dopo la conclusione dell’istruttoria
stessa, alla legittima
contestazione di ulteriori fatti ipotizzati come
autonomi
illeciti, assumendoli come
rilevanti nell’unico procedimento già instaurato ed
inserendoli in tale procedimento
nello stato in cui esso si trova in relazione
alla prima contestazione”.
37.3. Venendo al caso di specie, in
esso il provvedimento impugnato
configura come autonomo illecito
antitrust l’assegnazione delle batterie
esauste agli smelters secondo il
criterio delle quote anziché secondo il criterio
della gara (par. 268 del
provvedimento), ma tale imputazione è già contenuta
nella CRI del 15 gennaio 2009 (art.
190).
La CRI fissava come termine finale
per acquisizione di elementi probatori la
data del 4 marzo 2009.
Le parti hanno avuto un termine di
quasi cinquanta giorni per difendersi
dall’imputazione.
Non vi è stata pertanto alcuna
violazione del contraddittorio.
37.4. Va disattesa anche la censura
di merito.
Non vi era una correlazione
necessaria tra quote di partecipazione al
Consorzio e quote di partecipazione
alla divisione delle batterie, imposta dalla
legge.
Né convince l’assunto che le quote
fossero correlate alla capacità produttiva e
pertanto rispondenti ad un criterio
logico, atteso che:
a) le quote facevano riferimento
alla capacità produttiva dell’anno precedente,
che a sua volta si basava sulla
quota prestabilita, decurtata dalla raccolta
esterna; sicché la capacità
produttiva restava fissa e immutabile da un anno
all’altro, e non c’era possibilità
di modifica;
b) in un sistema per quote rigide,
dunque, è la capacità produttiva ad
adeguarsi alle quote, in un sistema
con gara, ben potrebbe accadere il
contrario.
Il sistema delle quote, pertanto,
effettivamente non incentiva lo sviluppo della
concorrenza, ma salvaguarda lo
status quo.
Né convince l’assunto che il
sistema della gara non sarebbe consono ad una
situazione di mercato connotata da
incertezza sulla remuneratività
dell’affidamento.
E, invero:
a) l’assunto sulla inidoneità della
gara è meramente ipotetico e non ha il
riscontro della prova concreta
atteso che non vi è mai stata una pubblica gara;
b) viene trascurato il dato
fondamentale che la differenza tra costo del riciclo
e prezzo di vendita del piombo
riciclato, in periodi di prezzo basso del
piombo, resta coperta dal
contributo ambientale, sicché vi era comunque un
margine di appetibilità per
l’attività di riciclo, anche in periodo di basso
prezzo del piombo, e dunque una
possibilità di affidamento con gara;
c) irrilevante è il dato che vi fu
solo una trattativa privata con esito
insoddisfacente, perché un conto è
la trattativa privata, un conto sarebbe stata
una gara pubblica che avrebbe
attratto un maggior numero di aspiranti.
Né è incompatibile con la gara il
meccanismo di adesione obbligatoria al
Consorzio, imposto agli smelters,
atteso che l’adesione al Consorzio ben poteva
essere configurata come un
posterius, a seguito di scelta con gara degli smelters,
anziché un prius.
38. Un ulteriore ordine di censure
è diretto contro la sanzione pecuniaria.
38.1. Con una prima censura si
contesta in radice l’applicazione della
sanzione, osservandosi che:
a) il provvedimento ha considerato
l’illecito “molto grave” avuto riguardo
all’oggetto e all’effetto
dell’intesa, alla natura giuridica e alle finalità
istituzionali del COBAT, e
considerando, quanto alla durata, un inizio
dell’illecito nel 2002 e ancora in
corso durante il procedimento;
b) difetterebbero i presupposti di
carattere soggettivo per considerare l’illecito
“molto grave”;
c) sarebbe stato negletto il
contesto normativo di monopolio legale in cui
COBAT ha operato; se anche non si
vogliano ritenere le condotte di COBAT
imposte dalla legge, quantomeno
esse sarebbero state facilitate dal contesto
normativo medesimo; la invocata
“liberalizzazione” non avrebbe mai avuto
attuazione;
d) sarebbe infondato l’assunto in
ordine alla dannosità della condotta di
COBAT, che ha invece raggiunto gli
obiettivi prefissi di raccolta e riciclaggio;
e) anche la durata sarebbe stata
erroneamente individuata.
38.2. Con una seconda censura si
contesta, invece, la sola quantificazione della
sanzione, applicata in una
percentuale del 5,87% del fatturato, percentuale tra
le più elevate applicate ad un ente
associativo.
Si lamenta la iniquità e la
sproporzione della sanzione.
L’Autorità avrebbe dovuto
considerare specifiche circostanze attenuanti e in
particolare:
- la novità del caso;
- l’essere stato il comportamento
anticoncorrenziale autorizzato o
incoraggiato dalla legge;
- l’assenza di consapevolezza, in
capo a COBAT, del carattere
anticoncorrenziale della propria
condotta, essendosi piuttosto ingenerato un
legittimo affidamento di COBAT
nella liceità della sua condotta avuto
riguardo al parere dell’AGCM reso
nel 1999.
La base di calcolo della sanzione
ha poi tenuto conto delle riserve patrimoniali
del Consorzio, nel cui ambito però
confluiscono circa 10 milioni di utili di
esercizio realizzati prima del
periodo preso in considerazione per la
contestazione dell’abuso.
39. Le censure meritano solo
parziale accoglimento.
39.1. Va condivisa la
qualificazione dell’illecito come “molto grave” operata
dall’Autorità, atteso che le
risultanze istruttorie evidenziano la
consapevolezza, in capo a COBAT,
del carattere anticoncorrenziale della
propria condotta.
Non si può pertanto accogliere la
censura finalizzata all’azzeramento della
sanzione.
39.2. Quanto alla misura della
sanzione non potevano militare come
circostanze attenuanti la novità
del caso e il contesto normativo in fase
evolutiva, che pur potendo
ingenerare incertezze sulle corrette condotte da
tenere, avrebbero imposto una
condotta prudentemente orientata in senso
pro concorrenziale, e non
giustificavano, invece, una condotta di chiara
chiusura alla concorrenza. Tanto
più che il COBAT era ben consapevole che i
costi superiori ai ricavi erano già
coperti dal finanziamento pubblico mediante
contributo ambientale, e che
pertanto gli extraprofitti avrebbero dovuto
indurre ad un ripensamento, dal
2002 in poi, del sistema precedente.
Il monopolista legale, proprio per
la particolare posizione di vantaggio di cui
gode, è tenuto a limitare le
condotte non concorrenziali a ciò che è
strettamente necessario per il fine
istituzionale perseguito.
39.3. Va invece condivisa la
censura in ordine alla base di calcolo della
sanzione.
Invero:
- ai sensi dell’art. 15, l. n.
287/1990, la sanzione va calcolata in una
percentuale fino al 10% del
fatturato realizzato in ciascuna impresa o ente
nell'ultimo esercizio chiuso
anteriormente alla notificazione della diffida;
- secondo gli orientamenti della
Commissione europea, la sanzione va
commisurata al valore delle vendite
dei beni cui l’infrazione si riferisce.
Nel caso di specie, l’Autorità non
ha tenuto conto del fatturato annuale, ma
delle riserve patrimoniali
complessive accumulate nel corso degli anni e pari a
21,7 milioni di euro, a fronte
delle quali è stata irrogata una sanzione di 4,4
milioni di euro. La sanzione è
dunque stata quantificata in una percentuale
che supera il 20%, ed inoltre
calcolata su una base più ampia del fatturato
annuale.
Il Collegio non è in grado di
rideterminare la sanzione, difettando agli atti di
causa elementi conoscitivi in
ordine al fatturato dell’ultimo esercizio chiuso
anteriormente alla notificazione
della diffida.
Il Collegio pertanto demanda
all’Autorità il compito di rideterminare la
sanzione, in misura percentuale non
superiore al limite legale, e rapportata al
fatturato realizzato dal Consorzio
nell'ultimo esercizio chiuso anteriormente
alla notificazione della diffida.
39.4. In conclusione il Collegio
accoglie il ricorso di primo grado di COBAT
limitatamente alla misura della
sanzione, da rideterminarsi da parte
dell’Autorità con i criteri
indicati.
MOTIVI ASSORBITI DEL RICORSO DI
PRIMO GRADO DI
PIOMBOLEGHE (appelli nn. 6430/2010
e 6636/2010) E MOTIVI
ASSORBITI DEL RICORSO DI PRIMO
GRADO DI ME.CA. LEAD
RECYCLING S.P.A. (appelli nn.
6433/2010 e 6638/2010)
40. Possono essere congiuntamente
esaminati i motivi assorbiti del ricorso di
primo grado di Piomboleghe,
riproposti con memoria in relazione agli appelli
nn. 6430/2010 e 6636/2010, e i
motivi assorbiti del ricorso di primo grado di
ME.CA. LEAD RECYCLING s.p.a.
riproposto con memoria in relazione
agli appelli nn. 6433/2010 e
6638/2010.
Essi infatti sollevano identiche
questioni.
41. Un primo gruppo di motivi
assorbiti in primo grado, contesta la
commissione dell’illecito
anticoncorrenziale da parte del COBAT.
41.1. Si lamenta anzitutto la
disparità di trattamento tra smelters e raccoglitori
in quanto i secondi non sono stati
coinvolti nel procedimento.
41.2. La censura va disattesa
perché il vizio di disparità di trattamento è
configurabile solo a fronte di
situazioni del tutto identiche.
Nel caso di specie numerosi
elementi di fatto differenziano la posizione degli
smelters da quella dei
raccoglitori, emergendo dall’istruttoria la posizione di
particolare forza contrattuale che,
in seno al Consorzio, avevano gli smelters (in
numero di soli sei) rispetto ai
raccoglitori (in numero ben più elevato). Solo
per i primi, e non per i secondi,
inoltre, è emerso anche il raggiungimento di
un’autonoma intesa restrittiva.
42. Si lamenta in secondo luogo che
se si fosse prevista una cessione delle
batterie esauste in via diretta dai
raccoglitori agli smelters, sarebbe venuta meno
la gestione centralizzata in capo a
COBAT, voluta dalla legge.
42.1. La censura non può essere
condivisa.
La gestione centralizzata ben può
avvenire anche nell’evenienza prospettata,
mediante un sistema di controlli.
43. Si lamenta in terzo luogo che
il criterio pro quota per l’assegnazione delle
batterie agli smelters sarebbe
razionale, non discriminatorio, e che non è
provato che il criterio della gara
sarebbe più razionale.
43.1. La censura è di tenore
analogo a quella contenuta nel ricorso di primo
grado di COBAT.
Il Collegio ha già esaminato e
disatteso tale censura in sede di esame del
ricorso di primo grado di COBAT.
In questa sede le censure vanno
pertanto disattese con i medesimi argomenti,
per i quali il Collegio rinvia ai
capi di sentenza dedicati al ricorso di primo
grado di COBAT.
44. Con altro gruppo di censure si
lamenta l’illegittimità del provvedimento
nella parte in cui imputa alle
società di smelting una autonoma intesa.
A sostegno della tesi difensiva
vengono addotti i seguenti argomenti:
a) la condotta anticoncorrenziale
postula la possibilità di tenere
comportamenti indipendenti: nella
specie, invece, vi erano obblighi legislativi,
e vincoli, per gli smelters,
derivanti dalle delibere consortili;
b) non sussisterebbero i
presupposti soggettivi per l’imputabilità dell’illecito
anticoncorrenziale, che deve essere
imputabile a titolo di condotta cosciente e
volontaria, dolosa o colposa;
sarebbe invece mancata in capo agli smelters la
consapevolezza del carattere
illecito della condotta.
c) vi sarebbe violazione del ne bis
in idem, in quanto per i medesimi fatti è già
sanzionato il COBAT, di cui gli
smelters fanno parte;
d) difetterebbero gli elementi
oggettivi dell’autonoma intesa, e segnatamente
lo scambio di informazioni
sensibili e le pratiche concordate; le informazioni
scambiate sarebbero di dominio
pubblico e avrebbero una spiegazione
alternativa lecita; sarebbero
mancate politiche comuni volte a mantenere lo
status quo; gli smelters non
avrebbero avuto la possibilità di far prevalere la
propria posizione in ambito
consortile, avendo una quota di partecipazione
pari a quella dei produttori;
e) censurabile sarebbe la
valutazione di gravità dell’intesa, valutazione che non
terrebbe conto del contesto
normativo;
f) erronea sarebbe la
determinazione della durata dell’intesa, atteso che
quella
degli smelters non potrebbe farsi
risalire al 2002.
45. Le censure sono nel loro
complesso infondate.
45.1. Quanto all’argomento sub a),
la tesi non può essere condivisa perché si è
già ampiamente dato conto di come
la legislazione non imponesse né
facilitasse condotte
anticoncorrenziali.
Il provvedimento impugnato dà
inoltre conto con ampia istruttoria del ruolo
peculiare degli smelters in ambito
COBAT e del loro interesse a mantenere il
sistema delle quote di assegnazione
(v. parr. 115, 116 e 117 del
provvedimento impugnato). Il
sistema delle quote è stato infatti deliberato in
epoca in cui gli smelters avevano
una partecipazione al Consorzio pari al 50%,
potendone così determinare la
volontà.
45.2. Va disatteso anche
l’argomento sub b).
Il provvedimento impugnato e le
risultanze istruttorie denotano che gli smelters
in ambito COBAT difendevano
accanitamente la propria posizione, pur
consapevoli delle proteste dei
produttori, che proponevano altri sistemi di
raccolta e conferimento (parr. 88 e
ss.; parr. 115, 116 e 117)
Non si può negare la consapevolezza
del carattere anticoncorrenziale della
loro condotta.
45.3. Va disatteso l’argomento sub
c).
Il bis in idem postula la perfetta
identità soggettiva e oggettiva, che nel caso di
specie non ricorre atteso che:
- il Consorzio ha una maggiore
complessità soggettiva, non essendo
emanazione dei soli smelters;
- gli smelters hanno tenuto
condotte ulteriori, extra COBAT, tramite la propria
associazione di categoria, per
conseguire il risultato dell’assegnazione per
quota;
- gli illeciti contestati al
Consorzio hanno portata oggettiva differente rispetto
a quello addebitato agli smelters.
45.4. Vanno disattese le censure
sub d).
Esse sono smentite dalle risultanze
istruttorie da cui risulta un chiaro
coordinamento delle condotte degli
smelters al fine di mantenere la propria
posizione, e che il sistema delle
quote è stato introdotto quando gli smelters
detenevano la maggioranza delle
quote consortili (50%) (parr. 115, 116 e 117
del provvedimento).
I parr. da 140 a 169 del
provvedimento danno conto delle numerose condotte
tenute dagli smelters al di fuori
di riunioni in ambito COBAT, finalizzate a
assumere un comportamento compatto
e uniforme di rifiuto della modalità
del conto lavorazione; al punto che
quando uno smelter acquisiva in conto
lavorazione ridotte quantità, si
contestava tale condotta e si chiedeva il
rispetto dell’impegno a tenere una
condotta compatta.
Vi è dunque la piena prova di una
pratica concordata anticoncorrenziale.
E’ anche ampiamente documentato lo
scambio di informazioni sensibili,
finalizzato a stabilire la
ripartizione ottimale delle quote di assegnazione delle
batterie, nei medesimi parr. sopra
citati.
Tutto ciò è avvenuto mediante
contatti diretti tra gli smelters fuori da COBAT,
e talora per il tramite
dell’associazione di categoria AIRPB.
Vi sono perciò tutti gli elementi
costitutivi di un’autonoma intesa.
45.5. Vanno infine disattese le
censure sub e) ed f).
Quanto alla gravità dell’illecito,
il contesto normativo non autorizzava
condotte anticoncorrenziali e
l’intesa è grave proprio perché raggiunta in un
ambito in cui si imponeva
neutralità e imparzialità di comportamento, tanto
più che l’equa remunerazione per
gli smelters era già assicurata tramite il
finanziamento pubblico (mediante
contributo ambientale), per cui la pretesa
degli smelters di lucrare
l’extraprofitto derivante dall’aumento del prezzo del
piombo non è semplicemente una
contesa “smelters contro produttori” ma è
una condotta che ha danneggiato in
definitiva i consumatori.
Quanto alla durata dell’illecito, è
sin dal 2002 che emerge il tentativo di
ostacolare la concorrenza nel
mercato della raccolta e riciclo delle batterie
esauste.
46. Con ulteriore ordine di
censure, si assume la peculiarità della posizione sia
di Piomboleghe che di ME.CA. LEAD
RECYCLING s.p.a., che avrebbero
per oggetto un’attività più ampia
di quella in ambito COBAT e che avrebbero
sempre tentato di ampliare la
propria a acquisizione di batterie.
46.1. Quanto, in particolare, alla
posizione di Piomboleghe, si lamenta la
mancata valutazione dei documenti
istruttori, da cui emergerebbe che il legale
rappresentante di Piomboleghe
avrebbe svolto un ruolo di mediatore tra le
contrapposte categorie dei
produttori e dei riciclatori.
46.2. Quanto, in particolare, alla
posizione di ME.CA. LEAD RECYCLING
s.p.a., si lamenta che l’unico
elemento a carico della società sarebbe una
e.mail, datata 30 maggio 2007, in
cui il legale rappresentante della società
ipotizza la possibilità di
raggiungere un gentlemen’s agreement all’interno della
categoria degli smaltitori: si
tratterebbe di elemento inidoneo a dimostrare la
partecipazione della società alla
presunta logica collusiva.
46.3. La censura va disattesa,
perché comunque sia Piomboleghe che ME.CA.
LEAD RECYCLING s.p.a. hanno
partecipato allo scambio di informazioni e
si sono avvantaggiate del sistema
delle quote, dal quale non risulta che si siano
mai espressamente dissociate.
In definitiva, l’autonoma intesa
tra gli smelters, individuata dall’Autorità, è
sorretta da un quadro probatorio
univoco da cui emergono scambi di
informazioni e compattezza di
posizioni.
Tutti gli smelters si sono
avvantaggiati di tale scambio di informazioni e
compattezza di posizioni, atteso
che tutti hanno beneficiato del
mantenimento dello status quo (la
propria quota di batterie).
Alla luce di tale quadro fattuale,
in cui tutti gli smelters sono stati quanto meno
destinatari dello scambio di
informazioni, e tutti hanno beneficiato del
risultato perseguito e raggiunto, è
superfluo andare ad indagare sul ruolo del
singolo smelters, salvo ove si
tratti di provare la totale estraneità o un ruolo
effettivamente minore rilevante al
solo fine della quantificazione della
sanzione. Ma al di fuori di tali
estremi, diventa superfluo, al fine dell’an della
responsabilità, indagare se il
singolo smelter abbia avuto un ruolo maggiore o
minore, attivo o meramente passivo:
infatti l’intesa è contestabile anche a chi
ne trae un vantaggio assumendo un
ruolo meramente passivo, dovendosi
riconoscere l’esonero da
responsabilità solo in caso di dissociazione espressa
dall’intesa (Cons. St., sez. VI, 9
febbraio 2011 n. 896, secondo cui “Risulta
corretta anche l’applicazione che
l’Autorità ha fatto del principio della c.d.
partecipazione
passiva, del principio, cioè,
secondo cui, ove risulti provato che un’impresa abbia
partecipato
a riunioni durante le quali sono
stati conclusi accordi di natura anticoncorrenziale,
senza
esservisi manifestamente opposta,
spetta a tale impresa dedurre indizi atti a dimostrare
che
la sua partecipazione alle dette
riunioni era priva di qualunque spirito
anticoncorrenziale,
dimostrando che essa aveva
dichiarato alle sue concorrenti di partecipare alle
riunioni in
un’ottica diversa dalla loro.
Diversamente, il fatto stesso di approvare tacitamente
una
iniziativa illecita, senza
distanziarsi pubblicamente dal suo contenuto o
denunciarla agli
organi amministrativi rappresenta
una modalità di partecipazione all’intesa, idonea a far
sorgere la responsabilità
dell’impresa nell’ambito di un unico accordo, anche
qualora
l’impresa non abbia dato seguito ai
risultati di una riunione avente un oggetto
anticoncorrenziale.”).
47. Con i motivi dal nono al
dodicesimo del ricorso di primo grado di
Piomboleghe vengono svolte censure
in ordine alla misura della sanzione
pecuniaria e in ordine alla
diffida:
a) con il nono motivo si lamenta
che non si poteva irrogare autonoma
sanzione agli smelters per condotta
– ripartizione delle quote – già sanzionata
in relazione al COBAT.
b) con il decimo motivo si lamenta
l’ingiustizia della sanzione per
incomprensibilità del parametro
applicato per la sua determinazione e per
violazione degli Orientamenti della
Commissione europea in tema di
quantificazione delle sanzioni per
gli illeciti antitrust; non sarebbe chiaro a
quale fatturato si è fatto
riferimento.
c) con l’undicesimo motivo si
lamenta che la sanzione inflitta a Piomboleghe
sarebbe sproporzionata perché non
avrebbe tenuto conto delle scelte
imprenditoriali autonome e del
fatturato specifico derivante dal riciclo delle
batterie esauste;
d) con il dodicesimo motivo si
contesta la diffida ad adottare misure atte a
porre termine all’illecito
contestato, per genericità delle misure imposte; si
assume che il potere di diffida
dovrebbe essere accompagnato
dall’esplicitazione delle misure
imposte (si invoca all’uopo la decisione Cons.
St., sez. VI, 2 marzo 2004 n. 926).
47.1. Il ricorso di primo grado di
ME.CA. LEAD RECYCLING s.p.a.
sottopone le medesime censure e
inoltre lamenta (decimo motivo del ricorso
di primo grado) che l’Autorità nel
corso del procedimento avrebbe chiesto
alla società di produrre i
fatturati degli esercizi 2006, 2007 e 2008,
ingenerando l’aspettativa che si
sarebbe tenuto conto di un fatturato medio;
contraddittorio sarebbe stato
invece tener conto del fatturato 2007, atteso che
si tratta dell’anno di picco
massimo del prezzo del piombo, che poi ha iniziato
a scendere nel 2008.
48. Le censure relative alle
sanzioni vanno respinte, salvo quella sollevata in
ordine all’incertezza del fatturato
di riferimento.
48.1. Va anzitutto disattesa la
censura di cui al nono motivo, atteso che
essendosi escluso il bis in idem,
ed essendovi due autonomi illeciti, si giustifica
la sanzione sia in capo al
Consorzio, sia in capo agli smelters.
48.2. Va invece accolta la censura
di cui al decimo motivo di ricorso, che
lamenta l’incertezza del fatturato
preso a riferimento.
Il par. 334 del provvedimento
impugnato afferma di aver quantificato la
sanzione in base agli orientamenti
della Commissione, e pertanto prendendo a
riferimento il valore delle vendite
dei beni a cui l’infrazione si riferisce, ossia il
fatturato realizzato dalle parti
nel mercato del ricicli delle batterie.
Tanto, evidentemente, in base
all’implicita considerazione che essendo stato
contestato l’illecito antitrust ai
sensi dell’art. 81 del Trattato (oggi art. 101
TFUE), il trattamento sanzionatorio
deve essere quello previsto dai citati
Orientamenti della Commissione.
Il criterio, facendo riferimento al
fatturato specifico, si scosta da quello
previsto dall’art. 15, l. n.
287/1990, secondo cui la sanzione si calcola sul
fatturato globale e non sul
fatturato del prodotto oggetto dell’intesa.
Le parti tuttavia contestano che la
base di calcolo della sanzione sia stato il
fatturato specifico, e lamentano
che la base di partenza sia stato il fatturato
globale.
Le tesi contrastanti delle parti e
dell’Autorità sono state sostenute anche
durante l’udienza di discussione, e
nonostante il Collegio abbia chiesto alle
parti chiarimenti, esse non sono
state in grado di fornirli. In particolare il
Collegio ha chiesto all’Avvocatura
Generale se esistano atti istruttori da cui
desumere la base di computo e i
criteri di calcolo delle sanzioni, e la risposta è
stata negativa.
Il Collegio rileva che il
provvedimento è, nella parte sanzionatoria, viziato da
carenza di motivazione, essendovi
incertezza assoluta quanto alla base di
calcolo e alla percentuale delle
sanzioni applicate.
Infatti nel provvedimento sono
indicati solo i fatturati globali delle imprese
sanzionate, realizzati nell’anno
2007 (parr. da 6 a 12 del provvedimento), e le
sanzioni irrogate; non vi è né
indicazione dei fatturati specifici, né delle
sanzioni in termini percentuali.
Sicché la lettura del provvedimento
potrebbe indurre a pensare che le
sanzioni siano state applicate sui
fatturati globali del 2007, e per COBAT sulla
riserva patrimoniale, ma i
risultati, se si traducono le sanzioni in termini
percentuali sulla base di tali
elementi, sono paradossali, risultandone
percentuali del tutto disomogenee
per le imprese sanzionate, senza alcuna
razionale giustificazione.
E, invero, risulterebbero le
seguenti sanzioni in termini percentuali:
- 6,5% del fatturato quanto a
Piombifera Bresciana (sanzione di 1.306.500
euro a fronte di un fatturato di
20.200.000 euro);
- 4,54% del fatturato quanto a ESI
(sanzione di 903.500 euro a fronte di un
fatturato di 19.900.000 euro);
- 2,8% del fatturato quanto a Eco –
Bat (sanzione di 4.588.350 euro a fronte
di un fatturato di 163.400.000
euro);
- 2,6% del fatturato quanto a
ME.CA. (sanzione di 994.500 euro a fronte di
un fatturato di 36.900.000 euro);
- 1,15% del fatturato quanto a
Piomboleghe (sanzione di 608.400 euro a
fronte di un fatturato di
52.900.000 euro).
- 5% quanto a Ecolead s.p.a.
(sanzione di 545.000 euro a fronte di un
fatturato di euro 10.900.000);
- 20,27% quanto a COBAT (sanzione
di 4.400.000 euro a fronte di una
riserva patrimoniale di euro
21.700.000).
Se, invece, come si afferma nel
par. 335 del provvedimento, la base di calcolo
non è stata il fatturato globale
del 2007 (l’unico dato che c’è nel
provvedimento), ma il fatturato
specifico, tale elemento avrebbe dovuto
essere indicato nel provvedimento,
per consentire ai destinatari di
comprendere in che percentuale la
sanzione era stata applicata.
Pertanto, delle due l’una:
- o la base di calcolo delle
sanzioni sono stati i fatturati globali del 2007, e
allora le misure percentuali delle
sanzioni sono incongrue e irrazionali;
- o la base di calcolo delle
sanzioni sono stati i fatturati specifici, ma allora le
sanzioni si fondano su un elemento
che non è nel provvedimento, sicché non
si comprendono le misure
percentuali delle stesse, e allora il provvedimento è
viziato da carenza di motivazione.
E’ appena il caso di sottolineare
che i provvedimenti dell’Autorità, nella parte
sanzionatoria, devono recare
l’indicazione di tutti gli elementi necessari per
comprendere le modalità di calcolo
delle sanzioni.
Il Consiglio di Stato già in
passato ha ritenuto necessario che l’Autorità
indicasse i seguenti dati:
qualificazione dell'infrazioni come grave o molto
grave; durata dell'illecito;
importo della sanzione per ciascuna impresa;
eventuali circostanze attenuanti o
aggravanti applicate; rapporto percentuale
tra importo della sanzione e
fatturato complessivo dell'impresa; eventuali altri
criteri di quantificazione
utilizzati (Cons. St., sez. VI, 17 dicembre 2007 n.
6469, Lottomatica).
Il provvedimento va inoltre
stigmatizzato perché ha preso a base i fatturati del
2007 anziché quelli del 2008, che
era l’ultimo esercizio anteriore all’adozione
del provvedimento sanzionatorio
(come richiedono l’art. 15, l. n. 287/1990 e
gli Orientamenti della
Commissione).
In sede di rideterminazione della
sanzione, l’Autorità terrà conto
espressamente (come sembra aver già
fatto, implicitamente) della particolare
posizione di ME. CA. e di
Piomboleghe, sotto il profilo che hanno accettato il
conto deposito, così non dando
piena attuazione all’intesa.
48.3. Va respinto l’undicesimo
motivo nella parte in cui lamenta un ruolo
minore delle due imprese, in quanto
non si ravvisa un ruolo minore né di
Piomboleghe né di ME.CA. LEAD
RECYCLING s.p.a., che si sono
comunque avvantaggiate del sistema
delle quote.
Come già visto in relazione al
decimo motivo di ricorso, merita invece
accoglimento la censura relativa
alla base di calcolo della sanzione, sotto il
profilo del difetto di motivazione.
48.4. Quanto alla censura di cui al
dodicesimo motivo di ricorso, il
provvedimento impugnato ha
diffidato le imprese e il COBAT affinché
adottassero “misure atte a porre
termine all’illecito riscontrato” dando
comunicazione all’Autorità, entro
novanta giorni dalla notifica del
provvedimento, “ delle misure a tal
fine adottate”.
Si tratta di clausola conforme al
dettato legislativo (art. 15, l. n. 287/1990), che
non può essere tacciata di
genericità, in quanto è sufficiente che l’Autorità
inviti le imprese a porre termine
all’illecito riscontrato, adottando le misure
idonee.
Il precedente invocato dalla
ricorrente non può essere interpretato nel senso
da essa preteso, in quanto esso non
afferma l’illegittimità di una diffida
generica, ma solo la inidoneità di
una diffida generica a imporre obblighi da
tenersi, da parte dei diffidati,
nei confronti di soggetti terzi rispetto all’illecito
antri trust.
Osserva infatti Cons. St., sez. VI,
n. 926/2004 che:
a) la diffida “per l’eliminazione
dell’infrazione” costituisce atto dovuto da
parte dell’Autorità, in quanto la
finalità della diffida non è solo quella di
eliminare i comportamenti oggetto
dell’intesa, che come fatti storici non
potrebbero essere cancellati, ma
anche quella di rimuovere, ove possibile, le
conseguenze anticoncorrenziali
dell’intesa e di intimare alle imprese di
astenersi dal porre in essere
analoghi comportamenti per il futuro.
b) la diffida ha quindi anche lo
scopo di intimare alle imprese di astenersi dagli
accertati comportamenti
anticoncorrenziali per il futuro;
c) se l’Autorità si limita ad
impartire una diffida del tutto generica senza
indicare alle parti alcuno
specifico comportamento da tenere con riguardo ai
rapporti in essere con un soggetto
terzo rispetto all’illecito, non può che
prevalere una interpretazione
letterale della diffida nel senso di intimazione ad
astenersi, anche per il futuro, dai
comportamenti anticoncorrenziali accertati,
senza che dalla diffida possa
essere interpretata nel senso di comprendere
comportamenti che le imprese devono
tenere nei confronti di un soggetto
terzo.
La diffida generica è dunque
sufficiente e pienamente legittima, tanto più che
nel caso di specie il COBAT e le
imprese non devono, in ossequio alla diffida,
adottare comportamenti che possano
avere effetti pregiudizievoli su soggetti
terzi o determinare oneri per i
terzi.
49. In conclusione i ricorsi di
primo grado di Piomboleghe e di ME.CA.
LEAD RECYCLING s.p.a. vanno accolti
limitatamente alla misura della
sanzione, che dovrà essere
rideterminata dall’Autorità secondo i criteri indicati
dal Collegio, individuando con
congrua motivazione la base di calcolo e la
percentuale base, con successiva
applicazione dell’unica aggravante contestata
(durata dell’illecito).
MOTIVI ASSORBITI DEL RICORSO DI
PRIMO GRADO DI ESI
ECOLOGICAL SCRAP INDUSTRY (appelli
nn. 6426/2010 e 6635/2010)
50. Ecological Scrap Industry ha
riproposto i motivi assorbiti del ricorso di
primo grado, in relazione agli
appelli nn. 6426/2010 e 6635/2010, e in
particolare i motivi 4, 5 e 6,
relativi alla autonoma intesa tra gli smelters e al
trattamento sanzionatorio.
51. Altre censure, assorbite dal
Tar, in ordine ad un presunto divieto
legislativo del “conto lavorazione”
e alla ripartizione delle batterie tra gli
smelters mediante quote anziché
mediante gara, contenute nei primi tre motivi
del ricorso di primo grado, pongono
questioni di identico tenore rispetto a
quelle che il Collegio ha già
esaminato e disatteso in sede di esame degli
appelli principali e del ricorso di
primo grado di COBAT, cui pertanto si
rinvia.
52. Con il quarto motivo del
ricorso di primo grado di ESI si lamenta
anzitutto il difetto di istruttoria
per mancato coinvolgimento, nel
procedimento, dei raccoglitori.
52.1. La censura è stata già
esaminata e disattesa dal Collegio in sede di esame
del ricorso di primo grado di
COBAT, che ha proposto identico motivo di
ricorso.
53. Sempre con il quarto motivo del
ricorso di primo grado ESI contesta la
propria partecipazione all’intesa
tra gli smelters, assumendo che l’Autorità non
avrebbe dimostrato il come, il
quando, il quomodo e la misura della
partecipazione di ESI.
Degli scambi di informazioni
accertati dall’Autorità, un unico comportamento
sarebbe riferibile ad ESI, e in
particolare una e.mail con cui l’amministrazione
delegato di ESI afferma di
condividere la posizione espressa da Piomboleghe
in relazione alla ripartizione
delle batterie. In tutti gli altri casi ESI sarebbe
solo destinataria di altrui note o
e-mails.
Quanto alla tabella di riparto
redatta in ambito AIRPB, l’Autorità non
avrebbe fornito la prova
dell’influenza di tale tabella sulla reale attribuzione
delle quote in ambito COBAT.
53.1. Il motivo è infondato.
Come il Collegio ha già osservato
in relazione al ricorso di primo grado di
Piomboleghe: - l’autonoma intesa
tra gli smelters, individuata dall’Autorità, è
sorretta da un quadro probatorio
univoco da cui emergono scambi di
informazioni e compattezza di
posizioni;
- tutti gli smelters si sono
avvantaggiati di tale scambio di informazioni e
compattezza di posizioni, atteso
che tutti hanno beneficiato del
mantenimento dello status quo (la
propria quota di batterie);
- anche una partecipazione
meramente passiva rende l’intesa imputabile, salva
la prova dell’espressa
dissociazione dall’intesa, nella specie mancante (Cons.
St., sez. VI, 9 febbraio 2011 n.
896).
Né rileva la prova dell’influenza
delle tabelle AIRPB sulla ripartizione delle
quote in ambito COBAT, atteso che
l’intesa sanzionabile non
necessariamente deve avere un
effetto anticoncorrenziale, essendone
sufficiente l’oggetto con tale
colorazione.
54. Con il quinto motivo del
ricorso di primo grado ESI si contesta la diffida
impartita dall’Autorità, assumendo
che sarebbe in concreto irrealizzabile, in
quanto:
a) l’Autorità non potrebbe imporre
al COBAT l’indizione della gara per
l’assegnazione delle batterie
esauste e comunque non potrebbe imporlo ai
singoli smelters;
b) l’Autorità non potrebbe impedire
lo scambio di informazioni, fisiologico in
un sistema di adesione obbligatoria
al consorzio;
c) l’Autorità non potrebbe imporre
il conto lavorazione.
54.1. Le censure vanno disattese.
La diffida indica genericamente il
fine da raggiungere (la cessazione delle
condotte anticoncorrenziali), non
indicando i mezzi da utilizzare, che pertanto
mantengono la necessaria
flessibilità in relazione al mutato contesto
normativo.
Non a caso, poi, il provvedimento
sanzionatorio assegna ai sanzionati un
termine entro il quale dovranno
indicare all’Autorità le misure che intendono
adottare per eliminare l’illecito:
si apre pertanto una ulteriore fase in cui
l’Autorità valuta l’idoneità delle
misure proposte.
Non senza trascurare che i
sanzionati possono, anche prima della scadenza
del termine, rivolgersi
all’Autorità per formulare proposte o ricevere
indicazioni sulle misure più
idonee.
Non si può pertanto tacciare la
diffida di genericità o impossibilità
dell’oggetto.
55. Con il sesto e ultimo motivo
del ricorso di primo grado ESI vengono
sollevate censure in ordine al
quantum della sanzione.
55.1. Si sostiene anzitutto che
alla luce della giurisprudenza comunitaria sul
caso CIF, la sanzione non doveva
essere applicata o doveva essere ridotta,
perché la condotta asseritamente
anticoncorrenziale sarebbe stata imposta o
agevolata dalla legge, e comunque
vi era il legittimo affidamento di ESI sul
fatto che il sistema era imposto
dalla legge.
55.2. Censure di identico tenore
sono state dal Collegio esaminate e respinte
in relazione ai ricorsi di primo
grado di COBAT e di Piomboleghe: si rinvia ai
relativi argomenti per disattendere
anche le censure qui sollevate da ESI.
55.3. Si lamenta poi che la
sanzione di 903.500 euro comminata ad ESI
sarebbe sproporzionata, in quanto:
- ad AIRPB sarebbe stata irrogata
una sanzione “simbolica” di 1000 euro;
- a Ecolead è stata irrogata una
sanzione di 545.000 euro;
- ESI avrebbe una quota di
partecipazione al COBAT pari all’8% della
partecipazione degli smelters ma
avrebbe subito una sanzione pari all’11,42%
del monte sanzioni;
- l’Autorità avrebbe utilizzato
percentuali differenti di fatturato per ciascuna
impresa sanzionata senza indicare
le ragioni;
- la motivazione in punto di
sanzione sarebbe insufficiente;
- erronea sarebbe stata la
quantificazione della durata dell’abuso;
- non si sarebbe tenuto conto del
ruolo minore di ESI.
55.4. Le censure vanno disattese.
Non risulta comprovato il ruolo
minore di ESI rispetto alle altre imprese.
Quanto alla durata dell’illecito,
il Collegio ne ha già ritenuto corretta la
determinazione in sede di esame dei
motivi del ricorso di primo grado di
COBAT.
55.5. Sono invece fondate le
censure in ordine al difetto di motivazione della
sanzione quanto a base di calcolo e
percentuale irrogata, per le ragioni già
esposte in relazione ai ricorsi di
Piomboleghe e ME.CA. Lead (par. 48.2. della
presente sentenza).
56. In conclusione, il ricorso di
primo grado di ESI va accolto limitatamente
alla misura della sanzione, che
dovrà essere rideterminata dall’Autorità
secondo i criteri indicati dal
Collegio, individuando con congrua motivazione
la base di calcolo e la percentuale
base, con successiva applicazione dell’unica
aggravante contestata (durata
dell’illecito).
MOTIVI ASSORBITI DEL RICORSO DI
PRIMO GRADO DI ECO –
BAT (appelli nn. 6429/2010 e
6651/2010)
57. Eco - Bat ha riproposto i
motivi assorbiti del ricorso di primo grado, in
relazione agli appelli nn.
6429/2010 e 6651/2010, e in particolare i motivi 5 e
6.
Con il quinto motivo del ricorso di
primo grado Eco - Bat contesta la propria
partecipazione all’intesa tra gli
smelters, assumendo che l’Autorità non avrebbe
dimostrato il come, il quando, il
quomodo e la misura della sua partecipazione.
57.1. La censura è di tenore
analogo a quelle proposte da Piomboleghe e da
ESI e merita reiezione in base ai
medesimi argomenti, atteso che Eco - Bat,
come gli altri smelters, ha
partecipato allo scambio di informazioni e ne è stata
destinataria, e ha tratto vantaggio
dal mantenimento delle quote, e atteso che
anche la mera partecipazione
passiva all’intesa, rende la stessa ascrivibile
all’impresa, in difetto di
dissociazione espressa, qui inesistente.
58. Con il sesto motivo del ricorso
di primo grado Eco - Bat contesta la
misura della sanzione, lamentando
che essa sarebbe sproporzionata.
Si assume, anzitutto, che in
violazione dell’art. 15, l. n. 287/1990, l’Autorità,
anziché prendere a base il
fatturato dell’ultimo esercizio chiuso prima della
notificazione della diffida, vale a
dire il fatturato del 2008, ha preso a base il
fatturato del 2007, che era di
importo maggiore.
Tanto, in base all’argomento che
non tutte le società parti del procedimento
avrebbero avuto la disponibilità
dei dati di fatturato relativi al 2008.
Lamenta l’appellante che essa nel
corso del procedimento ha fornito dati
puntuali relativi al proprio
fatturato del 2008.
Si lamenta inoltre la sproporzione
della sanzione (pari a 4.588.350 euro) che è
la più elevata tra quelle irrogate,
senza plausibile motivazione.
L’Autorità avrebbe erroneamente:
a) considerato grave l’illecito;
b) non applicato l’attenuante del
contesto normativo;
c) enfatizzato il ruolo di Eco -
Bat, attribuendole un ruolo direttivo ricoperto
nell’intesa, privo di prova;
d) quantificato la durata
dell’illecito.
58.1. Le censure in ordine alla
gravità e durata dell’illecito, e alla non
applicazione dell’attenuante del
contesto normativo sono state già esaminate e
disattese in relazione agli altri
ricorsi di primo grado sin qui esaminati, e
meritano rigetto per le ragioni già
esposte, cui si rinvia.
58.2. Anche quanto all’aggravante
riferita al ruolo direttivo di Eco - Bat, vi
sono sufficienti elementi per
attribuire ad Eco - Bat un ruolo direttivo
nell’intesa illecita.
Tale assunto si basa anzitutto su
una nota inviata dal rappresentante in Italia
di Eco - Bat al referente inglese
del gruppo, in cui si resoconta su una
riunione tra smelters e produttori
tenutasi nel maggio 2007. Secondo la
traduzione di tale documento fatta
propria dall’Autorità, il rappresentante
italiano di Eco - Bat direbbe “da
quando gli smelters ottengono un livello di profitti
eccessivamente scandaloso la
richiesta è stata di passare ai produttori un bel pezzo
dello
stesso, nella forma della proposta
poi abortita o in qualsiasi altro modo, assegni compresi
(par. 146 del provvedimento
impugnato).
Nella versione originale inglese,
si legge “There was a meeting between smelters and
battery
producers to hear requests and proposals by the
producers. Since smelters make an
excessively
outrageous amount of profits the request was to pass to
producers good chunck of
it in the form
of the aborted ‘proposal’ or whatever, cashier checks
accepted”.
Il teorema del ruolo direttivo di
Eco - Bat nell’intesa si basa inoltre su un
commento del medesimo smelter in
merito al produttore Varta, la quale
sarebbe all’origine del “disordine”
riscontrato sul mercato per aver
organizzato un autonomo sistema di
raccolta, finalizzato all’esportazione delle
batterie raccolte verso Paesi in
cui l’impresa, che è parte di un importante
gruppo internazionale, dispone di
propri impianti di produzione e dove le
batterie potrebbero essere trattate
in conto lavorazione da smelter locali.
Si legge in un memo interno
all’impresa, “i produttori di batterie devono arrestare
ogni interferenza con la raccolta.
In particolare Varta, che è all’origine del casino, deve
impegnarsi a smettere di comprare e
a smantellare la sua organizzazione” (nella versione
originale
inglese, “battery producers must stop any interference
with collection. In
particolare
Varta,who is the main origin of the mess, has to commit
to stop buying and to
dismantle its organisation”.
Ancora, nei parr. 154 e 155 del
provvedimento si legge che uno smelter,
Piombifera, aveva accettato modeste
quantità in conto lavorazione, suscitando
le preoccupazioni degli altri
smelters; si legge ancora che “(…) In ogni caso, la
vicenda si è chiusa quando l’a.d.
di Eco-Bat ha ricevuto puntuali rassicurazioni da
Piombifera circa una cambio di
politica da parte della stessa, la quale (perlomeno nel
periodo a cui risale la
comunicazione, ovvero il giugno 2007) si sarebbe
comportata da
“smelter leale”, ovvero non
accettando più batterie provenienti direttamente dai
produttori
(doc. III.174)”.
E, ancora, rilevano gli elementi di
fatto che si evincono dai parr. 163, 164,
165, 166, 167 e 168 del
provvedimento impugnato, che confermano il ruolo
di leadership assunto da Eco - Bat
all’interno dell’intesa:
a) si legge nel par. 163 “Da un
messaggio inviato il 6 dicembre 2007 al
presidente di AIRPB dall’a.d. di
Eco - Bat – che nell’occasione sembra aver
svolto la funzione di principale
decisore, evidentemente in virtù del primato di
mercato detenuto dalla sua impresa
– si legge come questi confermi al primo
“perconto di Eco-bat l’applicazione
ai contratti 2008 degli stessi principi generali secondo
i
quali èstato redatto il contratto
2007. Per le quote si dovrà tener conto dell’adesione di
Ecolead e della
continuazione dell’accordo con i
due frantumatori campani, Geri e De Vita20, sempre
secondo i criteri sopra indicati”.
Il messaggio si conclude con l’indicazione di aver
“comunicato la posizione Eco-Bat al
dr. Zilla [direttore di COBAT], che provvederà a
verificare i conteggi” (doc.X.457);
b) si legge nel par 164 che alla
data dell’ 11 dicembre 2007 risale una email
dell’a.d. di Eco - Bat al
presidente di AIRPB, contenente due diversi
conteggio per stabilire la
ripartizione delle batterie, uno dei quali “si basa sul
garantire a Eco-Lead 10.000 t, non
facendolo partecipare allariduzione per Geri/De
Vita. Forse rispetta meglio la
sostanza degli accordi presi a suo tempo” (doc. X.463).
c) nel par. 165 si legge che in
un’altra email di pari data l’a.d. di Piomboleghe
scrive all’a.d. di Eco - Bat di
aver “ricostruito su un documento inviatomi da Zilla
quella che dovrebbe essere la
ripartizione batterieper il contratto che dovremo
firmare giovedì
[ovvero il CCS], su una base
raccolta COBAT di190.000 t”. Il testo prosegue
riportando come “in base agli
accordi fatti con Pofferi [rappresentante di Ecolead],
le prime eccedenze di raccolto
oltre il budgettato saranno sue finoalla concorrenza
della sua
quota effettiva, solo se si
verificasse tale ipotesi anche sulla quota
Ecolead andrà calcolata la
percentuale per Geri/De Vita”;
d) nel par. 166 si legge che il 14
dicembre 2007, nel rispondere a un messaggio
dell’AIRPB in cui si indicavano le
modalità di ripartizione, sempre l’a.d. di
Eco - Bat rileva che “i numeri e
lepercentuali [...] sembrano corretti” (doc. X.435);
e) si legge nel par. 167 che il 19
dicembre 2007, l’a.d. di Eco - Bat esprime al
Presidente di AIRPB il suo consenso
nei confronti dell’ultima bozza di
ripartizione;
f) nel par. 168 si legge che l’a.d.
di Eco - Bat invia al direttore generale di
COBAT un documento
informatico, denominato “Quota
Ecolead”, in cui vengono riportate le quote di
batterie da assegnare alla società
Ecolead per gli anni 2008/2010.
E’, ancora rilevante quanto si
legge nel par. 171, che prende in considerazione
documenti riferiti alla ipotesi di
chiusura di uno stabilimento produttivo di un
operatore, e in particolare alle
modalità di riassegnazione ad altri operatori
delle batterie esauste spettanti
all’impianto chiuso. In particolare, risulta che
l’a.d. di Eco - Bat abbia
comunicato per iscritto a presidente, direttore
generale e direttore operativo di
COBAT il “benestare della Eco-Bat a che non
venga applicata laridistribuzione
delle batterie della quota Piombifera per il periodo di
chiusura”. Nello stesso documento
viene evidenziata la disponibilità della
stessa Eco-Bat a ricevere le
batterie della quota
di Piombifera, “con l’impegno alla
successiva restituzione”, in modo che rimangano
inalterate le
quote attribuite a ciascuno smelter
(doc. II.55).
E’, infine, rilevante quanto emerge
dai parr. 172 e 173, che esaminano un
documento in cui l’a.d. di Eco -
Bat considera “un incubo” (“nightmare” nel
testo: v. doc. III.163) l’ingresso
di Ecolead nel Consorzio. Nello stesso
documento vengono poi studiate le
possibilità di incrementare la quota di Eco
- Bat all’interno del Consorzio (e
dunque, le conseguenti assegnazioni)
attraverso l’associazione in
associazione temporanea con soggetti minori, così
da accrescere la capacità
produttiva di Eco - Bat. Tuttavia, a ulteriore
conferma della sensibilità delle
relazioni intercorrenti tra gli operatori
consorziati, tale ipotesi viene
valutata criticamente dallo stesso a.d. di Eco -
Bat, atteso che “interromperà le
relazioni amichevoli che abbiamo adesso con tutti gli
altri smelter”21 (doc. III.163).
Ad avviso del Collegio tali
numerosi elementi, oltre a fornire la prova della
consapevolezza del carattere
anticoncorrenziale della condotta, dimostrano
anche il ruolo maggiore di Eco -
Bat nell’intesa, e il particolare interesse che
essa aveva a mantenere lo status
quo.
58.3. Meritano invece accoglimento
le censure in ordine alla base di calcolo
della sanzione per le ragioni già
esposte in relazione ai ricorsi di Piomboleghe
e ME.CA. (par. 48.2. della presente
sentenza).
59. In conclusione, il ricorso di
primo grado di Eco - Bat va accolto
limitatamente alla misura della
sanzione, che dovrà essere rideterminata
dall’Autorità secondo i criteri
indicati dal Collegio, individuando con congrua
motivazione la base di calcolo e la
percentuale base, con successiva
applicazione, con successiva
applicazione delle due aggravanti contestate
(ruolo direttivo e durata
dell’illecito).
MOTIVI ASSORBITI DEL RICORSO DI
PRIMO GRADO DI
PIOMBIFERA BRESCIANA S.P.A.
(appelli n. 6432/2010 e 6616/2010)
60. Piombifera Bresciana s.p.a. ha
riproposto i motivi assorbiti del ricorso di
primo grado (primo, secondo, terzo,
quinto, sesto e settimo), in relazione agli
appelli nn. 6432/2010 e 6616/2010
(da pag. 102 a pag. 143 della memoria).
61. Con il primo motivo del ricorso
di primo grado (da pag. 7 a pag. 33 del
ricorso di primo grado, e da pag.
103 a pag. 121 della memoria in appello) si
lamentava l’erronea individuazione
della base giuridica, e segnatamente
l’erronea invocazione dell’art. 81
del Trattato, che punisce le intese che
abbiano per oggetto o per effetto
di restringere la concorrenza all’interno del
mercato comune o che siano idonee a
pregiudicare il commercio tra Stati
membri.
Sarebbe mancata l’esatta
individuazione del mercato rilevante.
L’Autorità fa riferimento al
mercato della raccolta di batterie al piombo
esauste e al mercato del
riciclaggio delle medesime batterie (par. 66del
provvedimento).
Piombifera Bresciana, in qualità di
smelter, è interessata al mercato a valle del
riciclaggio.
Per la corretta individuazione di
tale mercato, a dire della ricorrente in primo
grado, l’Autorità avrebbe dovuto:
- esaminare la sostituibilità dal
lato della domanda, analisi del tutto assente nel
provvedimento;
- essendo il piombo secondario
sostituibile con quello primario, il mercato
sarebbe più ampio, non essendo
riferibile al solo riciclaggio;
- esaminare la sostituibilità dal
lato dell’offerta, analisi assente nel
provvedimento dell’Autorità;
- esaminare l’eventuale esistenza
della concorrenza potenziale, nella specie
insussistente stanti le elevate
barriere all’ingresso.
Si conclude nel senso che dati sia
la struttura del prezzo che del mercato
l’ingresso di altre imprese non
avrebbero riportato il prezzo a valori
competitivi.
Contraddittoriamente l’Autorità
farebbe riferimento al mercato nazionale,
applicando poi l’art. 81 del
Trattato, che si riferisce al mercato comunitario.
Sarebbe poi illogico il riferimento
al pregiudizio del commercio tra Stati
membri, del tutto indimostrato.
61.1. Il mezzo va disatteso.
Per mercato rilevante si intende
quella zona geograficamente circoscritta
dove, dato un prodotto o una gamma
di prodotti considerati tra loro
sostituibili, le imprese che
forniscono quel prodotto si pongono fra loro in
rapporto di concorrenza (cfr. Cons.
St., sez. VI, 14 marzo 2000 n. 1348,
Italcementi; Cons. St., sez. VI, 12
febbraio 2001 n. 652, Vendomusica).
Come è noto, la definizione del
mercato rilevante implica un accertamento di
fatto cui segue l’applicazione ai
fatti accertati delle norme giuridiche in tema di
mercato rilevante, come
interpretate dalla giurisprudenza comunitaria e
nazionale. Tale applicazione delle
norme ai fatti implica un’operazione di
<<contestualizzazione>> delle
norme, frutto di una valutazione giuridica
complessa che adatta concetti
giuridici indeterminati, quale il <<mercato
rilevante>> e <<l’abuso di
posizione dominante>> al caso specifico.
Non di rado tale operazione di
contestualizzazione implica margini di
opinabilità, atteso il carattere di
concetto giuridico indeterminato di dette
nozioni.
Il giudice amministrativo in
relazione ai provvedimenti dell’AGCM esercita
un sindacato di legittimità, che
non si estende al merito, salvo per quanto
attiene al profilo sanzionatorio:
pertanto, deve valutare i fatti, onde acclarare
se la ricostruzione di essi operata
dall’AGCM sia immune da travisamenti e
vizi logici, e accertare che le
norme giuridiche siano state correttamente
individuate, interpretate e
applicate. Laddove residuino margini di opinabilità
in relazione ai concetti
indeterminati, il giudice amministrativo non può
comunque sostituirsi all’AGCM nella
definizione del mercato rilevante, se
questa sia immune da vizi di
travisamento dei fatti, da vizi logici, da vizi di
violazione di legge (Cons. St.,
sez. VI, 23 aprile 2002 n. 2199, Rc Auto; Cons.
St., sez. VI, 2 marzo 2004 n. 926,
buoni - pasto).
Nell’ipotesi di intese restrittive,
la definizione del mercato rilevante è
successiva all’individuazione
dell’intesa, in quanto sono l’ampiezza e l’oggetto
dell’intesa a circoscrivere il
mercato su cui l’abuso è commesso: vale a dire che
la definizione dell'ambito
merceologico e territoriale nel quale si manifesta un
coordinamento fra imprese
concorrenti e si realizzano gli effetti derivanti
dall'illecito concorrenziale è
funzionale alla decifrazione del grado di
offensività dell’illecito (Cons.
St., sez. VI, 10 marzo 2006 n. 1271 Telecom
Italia).
61.2. Nel caso di specie la
ricostruzione del mercato rilevante ad opera
dell’Autorità è immune da vizi
logici o di travisamento (parr. da 65 a 79 e parr.
319-321 del provvedimento), in
quanto:
a) correttamente la base giuridica
invocata dall’Autorità è l’art. 81 del Trattato
UE, e il mercato rilevante è stato
individuato avuto riguardo a quello
comunitario anziché a quello
nazionale, ove si consideri, da un lato, che la
disciplina positiva prevede la
possibilità che i raccoglitori procedano
all’esportazione in alternativa al
conferimento al COBAT, e che le condotte
contestate hanno ostacolato le
modalità alternative al conferimento al
COBAT, e dunque anche le
esportazioni, con evidente idoneità a pregiudicare
gli scambi sul mercato comunitario,
e ove si consideri, dall’altro lato, che
secondo le stesse indicazioni
fornite dalla Commissione, una intesa tra
imprese estesa all’intero
territorio di uno Stato membro è normalmente
idonea a recare pregiudizio agli
scambi comunitari, perché ha l’effetto di
compartimentale e separare il
mercato nazionale rispetto al mercato
comunitario, e che tale “normale
idoneità” nella specie è esattamente
configurabile, ove si consideri che
sul mercato operavano raccoglitori
incaricati, essenzialmente
esportatori delle batterie, e produttori di batterie che
avevano interesse al conto
lavorazione, e che avevano la possibilità di
realizzare il conto lavorazione in
altri Paesi comunitari e che anche quanto agli
smelters, l’Autorità ha dimostrato
che in assenza delle barriere all’ingresso
frapposte dal Consorzio, vi sarebbe
stato margine per l’ingresso sul mercato
italiano di smelters di altri Paesi
comunitari;
b) la sostituibilità sul versante
della domanda e dell’offerta sono state
correttamente valutate
dall’Autorità, ove si consideri che in un contesto
economico di prezzo del piombo in
aumento, il bene “piombo secondario”
non è perfettamente fungibile con
il bene “piombo primario”;
c) l’esistenza di barriere al
mercato della raccolta e riciclo è assunto non
adeguatamente dimostrato dal
ricorrente, a fronte di un contesto normativo
che sia pur in modo contorto, si è
aperto alla concorrenza.
62. Con il secondo motivo del
ricorso di primo grado (da pag. 33 a pag. 38 del
ricorso di primo grado e da pag.
121 a pag. 125 della memoria di appello) si
assume la non imputabilità
dell’illecito ex art. 81 del Trattato quando le
condotte sono imposte dalla legge e
l’impresa non ha alcuna margine di
autonomia. Piombifera, in quanto
smelter, era tenuta a aderire al Consorzio e
ad adempiere agli obblighi imposti;
né gli smelters nel loro complesso, ne
Piombifera singolarmente, erano in
grado di influire sulle decisioni del
Consorzio.
62.1. Tale ordine di censure è
contenuto anche in altri ricorsi di primo grado,
sinora esaminati, e sono censure
già disattese.
Si sono già illustrate le ragioni
per cui:
- le condotte di COBAT non erano
legislativamente né imposte né agevolate;
- gli smelters nel loro complesso
hanno inizialmente avuto una quota di
partecipazione al Consorzio pari al
50%, a fronte del 30% attribuito ai
produttori, del 10% attribuito ai
raccoglitori e del 10% attribuito ai
rivenditori, e successivamente del
40%, a fronte di un aumento al 40% della
quota dei produttori, invariate
restando le altre due quote;
- pertanto gli smelters, dapprima
dal punto di vista giuridico, poi dal punto di
vista fattuale, hanno avuto un
ruolo determinante in ordine alle decisioni del
Consorzio e ne hanno causato una
politica di favore per gli smelters medesimi.
63. Con il terzo motivo del ricorso
di primo grado (da pag 39 a pag. 48 del
ricorso di primo grado e da pag.
125 a pag. 132 della memoria di appello), si
contesta la sussistenza
dell’illecito volto alla determinazione delle quote.
In ambito COBAT, le scelte sulle
quote sarebbero state imposte agli smelters,
che non vi potevano influire.
Quanto allo scambio di informazioni
tra smelters anche nell’ambito della loro
associazione di categoria, si
sarebbe trattato di fisiologici scambi di
informazioni al fine di organizzare
un servizio per legge obbligatorio, e non di
informazioni sensibili.
Inoltre Piombifera sarebbe l’unica
impresa che ha effettuato il conto
lavorazione, accettando
direttamente dai produttori batterie esauste.
Vi sarebbe inoltre violazione del
ne bis in idem perché la medesima condotta
sarebbe sanzionata in capo al
Consorzio e ai singoli smelters.
63.1. Le censure relative al
sistema delle quote, agli scambi di informazioni tra
i riciclatori e al ne bis in idem
sono state esaminate in relazione ad altri dei
ricorsi di primo grado sin qui
esaminati e già disattese.
Vanno, per i medesimi argomenti,
cui si rinvia, disattese, pertanto, anche le
presenti lagnanze.
63.2. Resta da verificare se
effettivamente Piombifera Bresciana avesse una
posizione differenziata, avendo
acconsentito al conto lavorazione.
Dal provvedimento impugnato (parr.
154 e 155) si evince che effettivamente
Piombifera Bresciana aveva
accettato modeste quantità in conto lavorazione,
ma ciò aveva destato la
preoccupazione degli altri smelters perché veniva
infranto un principio, e Piombifera
aveva dato puntuali assicurazioni che
d’ora innanzi si sarebbe adeguata
alla politica del gruppo degli smelters,
comportandosi da “smelter leale”
(v. parr. 154 e 155: 154. (…) merita qui
riportare le preoccupazioni
espresse da alcuni degli stessi circa la condotta di
altri riciclatori – segnatamente,
Piombifera – che avrebbero accettato batterie
esauste dai produttori. Per quanto
tale accordo di lavorazione avesse
interessato quantità modeste,
nell’ottica degli altri smelter queste sarebbero
state comunque sufficienti a
rompere l’equilibrio alla base del rifiuto compatto
ad accettare materiale in conto
lavorazione (“to break a principle” nel testo),
dando così una qualche speranza ai
produttori e insieme indebolendo la
posizione comune degli smelter
(doc. III.172). 155. (…) In ogni caso, la
vicenda si è chiusa quando l’a.d.
di Eco-Bat ha ricevuto puntuali rassicurazioni
da Piombifera circa una cambio di
politica da parte della stessa, la quale
(perlomeno nel periodo a cui risale
la comunicazione, ovvero il giugno 2007)
si sarebbe comportata da “smelter
leale”, ovvero non accettando più batterie
provenienti direttamente dai
produttori (doc. III.174).
E’ allora chiaro che l’aver
Piombifera accettato modeste quantità in conto
lavorazione, condotta subito
seguita da un ritorno all’ovile, non denota affatto
la “dissociazione espressa”
dall’intesa, che è l’unica condizione per escludere
l’imputabilità dell’intesa.
64. Con il quinto, sesto e settimo
motivo del ricorso di primo grado sono
state proposte censure in ordine
alla sanzione, riproposte in appello con
memoria.
64.1. Con il quinto motivo (pag. 56
del ricorso di primo grado) si lamenta che
contraddittoriamente l’Autorità ha
contestato la violazione dell’art. 81 del
Trattato e hai poi quantificato la
sanzione con i criteri previsti dall’art. 15, l. n.
287/1990 anziché con i criteri
previsti per l’illecito antitrust comunitario.
64.2. Il motivo va accolto per le
stesse ragioni già esaminate in relazione ai
ricorsi di Piomboleghe e ME. CA.
Lead (par. 48.2. della presente sentenza).
65. Con il sesto motivo del ricorso
di primo grado si lamenta che:
a) non sarebbe chiaro il criterio
in base al quale l’Autorità ha calcolato
l’aggravante;
b) erroneamente l’illecito è stato
qualificato come grave;
c) sarebbe mancata una indagine
sulla coscienza e volontà dell’illecito, in
violazione della l. n. 689/1981;
d) erronea sarebbe la
determinazione della durata dell’infrazione;
e) non sarebbero state considerate
le circostanze attenuanti, e segnatamente il
ruolo marginale di Piombifera, che
avrebbe provato di aver tenuto un
atteggiamento indipendente, la
collaborazione con l’Autorità, e l’attenuante
del contesto normativo.
66.1. Il mezzo è parzialmente
fondato.
Il Collegio ha già disatteso, in
sede di esame degli altri ricorsi di primo grado,
con argomenti che si intendono qui
richiamati, le censure in ordine alla gravità
e durata dell’illecito, e in ordine
alla mancata considerazione dell’attenuante
del contesto normativo.
66.2. Quanto alle ulteriori
censure, merita accoglimento la prima mentre
vanno disattese tutte le altre:
a) come già osservato non è chiaro
il ragionamento seguito dall’Autorità in
ordine alla base di calcolo della
sanzione e alla percentuale irrogata;
b) la collaborazione dell’impresa
con l’Autorità durante il procedimento non è
di per sé circostanza attenuante,
specie se gli effetti dell’intesa perdurano
durante il procedimento, come è nel
caso di specie;
c) l’atteggiamento indipendente di
Piombifera non risulta, ad avviso del
Collegio, comprovato, atteso che
l’accettazione del conto lavorazione è stato
un episodio isolato e non comprova
una dissociazione espressa dall’intesa,
tuttavia non è effettivamente
chiaro quale è in termini percentuali la sanzione
irrogata a Piombifera, non essendo
chiara quale è stata la base di calcolo.
Non è chiaro per l’effetto, se il
ruolo di Piombifera Bresciana sia stato
considerato maggiore di o minore di
quello di Eco - Bat e di ESI.
67. Con il settimo motivo del
ricorso di primo grado si lamenta che
erroneamente la base di calcolo
della sanzione è stato l’intero fatturato
dell’impresa anziché solo quello
cui si riferisce l’illecito.
67.1. Analoga censura è stata già
accolta, sotto il profilo del difetto di
motivazione, in relazione ai
ricorsi di Piomboleghe e di ME.CA Lead.
68. In conclusione, il ricorso di
primo grado di Piombifera Bresciana va
accolto limitatamente alla
sanzione, che andrà rideterminata dall’Autorità in
base ai criteri suindicati,
scegliendo una percentuale congrua in confronto alle
percentuali applicate alle altre
imprese sanzionate.
MOTIVI ASSORBITI DEL RICORSO DI
PRIMO GRADO DI Ecolead
(appello n. 6642/2010)
69. In difetto di costituzione in
appello di Ecolead non rivivono i motivi del
suo ricorso di primo grado
assorbiti dal Tar. Restano salvi i poteri di
autotutela dell’Autorità, che, nel
rideterminare la sanzione per gli altri sei
ricorrenti in primo grado, valuterà
se rideterminarla anche per Ecolead alla
luce dei criteri generali indicati
dal collegio.
CONCLUSIONI E STATUIZIONE SULLE
SPESE DI GIUDIZIO
70. Alla luce di quanto esposto,
gli appelli principali vanno accolti e, per
l’effetto:
a) vanno accolti in parte, quanto
alla misura della sanzione, i ricorsi di primo
grado di COBAT, Eco - Bat,
Piomboleghe, ME.CA. LEAD RECYCLING
s.p.a., ESI, Piombifera Bresciana,
demandando all’Autorità di rideterminare la
sanzione secondo i criteri già
indicati;
b) vanno respinti nel resto tutti i
ricorsi di primo grado.
Il Collegio esprime l’auspicio che
in futuro l’Autorità, nei paragrafi relativi alla
quantificazione della sanzione,
indichi esplicitamente, oltre all’importo finale
della sanzione, anche gli elementi
per la sua quantificazione, vale a dire
l’ammontare del fatturato, la
percentuale della sanzione base, la percentuale di
sanzione irrogata per circostanze
aggravanti o per converso le riduzioni per
attenuanti, eventuali altri criteri
di quantificazione utilizzati (secondo le
indicazioni già date all’Autorità
da Cons. St., sez. VI, 17 dicembre 2007 n.
6469, Lottomatica), in modo da
consentire al Collegio una migliore e più celere
comprensione dei fatti di causa.
71. La complessità delle questioni
giustifica l’integrale compensazione delle
spese di lite in relazione ad
entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale, sezione VI, definitivamente
pronunciando sui ricorsi in
epigrafe:
1) riunisce gli appelli;
2) accoglie gli appelli e, per
l’effetto:
2.a) accoglie in parte, quanto alla
misura della sanzione, i ricorsi di primo
grado di COBAT, Eco - Bat,
Piomboleghe, ME.CA. LEAD RECYCLING
s.p.a., ESI e Piombifera Bresciana,
demandando all’Autorità di rideterminare
le sanzioni secondo i criteri di
cui in motivazione;
2.b) respinge nel resto tutti i
ricorsi di primo grado;
3) compensa le spese di entrambi i
gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 29 aprile 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Coraggio, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere,
Estensore
Claudio Contessa, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg,
Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/05/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3,
cod. proc. amm.) |