Avv. Paolo Nesta


Palazzo Giustizia  Roma


Palazzo Giustizia Milano

Sede di Roma: C.so Vittorio Emanuele II,  252   00186 – Roma
Tel. (+39) 06.6864694 – 06.6833101 Fax (+39) 06.6838993
Sede di Milano:  Via Pattari,  6   20122 - Milano 
Tel. (+39) 02.36556452 – 02.36556453  Fax (+ 39) 02.36556454 

 

Consiglio di Stato, Sentenza n. 3013/2011, sull'applicazione del diritto antitrust agli organismi di diritto pubblico e sull'ambito di di applicazine agli stessi della clausola di esenzione ex art. 8, c. 2, l. n. 287/90

 

Home page

Note legali e privacy

Dove siamo

Profilo e attività

Avvocati dello Studio

Contatti

Cassa di Previdenza e deontologia forense

Notizie di cultura e di utilità varie

 

 

 

R E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sui seguenti ricorsi:

1) ricorso numero di registro generale 6426 del 2010, proposto da ANIE -

Federazione Nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche,

rappresentata e difesa dagli avvocati Beniamino Caravita Di Toritto, Stefano

Cassamagnaghi, Enrico Adriano Raffaelli, Paolo Todaro, con domicilio eletto

presso Paolo Todaro Rucellai & Raffaelli in Roma, via Gregoriana, n. 5;

contro

Esi Ecological Scrap Industry s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati

Domenico Ielo e Fabio Cintioli, con domicilio eletto presso il secondo, in

Roma, via Salaria, n. 259;

nei confronti di

Autorità garante della concorrenza e del mercato, COBAT - Consorzio

nazionale batterie al piombo esauste e rifiuti piombosi, Eco-Bat s.p.a.,

Piomboleghe s.r.l., Piombifera Bresciana s.p.a., Meca Lead Recycling s.p.a.;

2) sul ricorso numero di registro generale 6427 del 2010, proposto da

proposto da ANIE - Federazione Nazionale delle imprese elettrotecniche ed

elettroniche, rappresentata e difesa dagli avvocati Beniamino Caravita Di

Toritto, Stefano Cassamagnaghi, Enrico Adriano Raffaelli, Paolo Todaro, con

domicilio eletto presso Paolo Todaro Rucellai & Raffaelli in Roma, via

Gregoriana, n. 5;

contro

COBAT - Consorzio nazionale batterie al piombo esauste e rifiuti piombosi,

rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo Borromeo, Piero Fattori e Maria

Alessandra Sandulli, con domicilio eletto presso Maria Alessandra Sandulli in

Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 349;

nei confronti di

Autorità garante della concorrenza e del mercato, Eco-Bat s.p.a.,

Piomboleghe s.r.l., Piombifera Bresciana s.p.a., Meca Lead Recycling s.p.a.,

Esi Ecological Scrap Industry s.p.a.;

3) sul ricorso numero di registro generale 6429 del 2010, proposto da

proposto da ANIE - Federazione Nazionale delle imprese elettrotecniche ed

elettroniche, rappresentata e difesa dagli avvocati Beniamino Caravita Di

Toritto, Stefano Cassamagnaghi, Enrico Adriano Raffaelli, Paolo Todaro, con

domicilio eletto presso Paolo Todaro Rucellai & Raffaelli in Roma, via

Gregoriana, n. 5;

contro

Eco-Bat s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Domenico Ielo e Claudio

Tesauro, con domicilio eletto presso il secondo, in Roma, via Salaria, n. 259;

nei confronti di

Autorità garante della concorrenza e del mercato, COBAT - Consorzio

nazionale batterie al piombo esauste e rifiuti piombosi, Esi Ecological Scrap

Industry s.p.a., Piomboleghe s.r.l., Piombifera Bresciana s.p.a., Meca Lead

Recycling s.p.a.;

4) sul ricorso numero di registro generale 6430 del 2010, proposto da

proposto da ANIE - Federazione Nazionale delle imprese elettrotecniche ed

elettroniche, rappresentata e difesa dagli avvocati Beniamino Caravita Di

Toritto, Stefano Cassamagnaghi, Enrico Adriano Raffaelli, Paolo Todaro, con

domicilio eletto presso Paolo Todaro Rucellai &

Raffaelli in Roma, via Gregoriana, n. 5;

contro

Piomboleghe s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Tommaso Di Nitto e

Luisa Torchia, con domicilio eletto presso la seconda, in Roma, via Sannio, n.

65;

nei confronti di

Autorità garante della concorrenza e del mercato, COBAT - Consorzio

nazionale batterie al piombo esauste e rifiuti piombosi, Eco-Bat s.p.a., Esi

Ecological Scrap Industry s.p.a., Piomboleghe s.r.l., Piombifera Bresciana

s.p.a., Meca Lead Recycling s.p.a.;

5) sul ricorso numero di registro generale 6432 del 2010, proposto da

proposto da ANIE - Federazione Nazionale delle imprese elettrotecniche ed

elettroniche, rappresentata e difesa dagli avvocati Beniamino Caravita Di

Toritto, Stefano Cassamagnaghi, Enrico Adriano Raffaelli, Paolo Todaro, con

domicilio eletto presso Paolo Todaro Rucellai &

Raffaelli in Roma, via Gregoriana, n. 5;

contro

Piombifera Bresciana s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Claudio

Chiola, Innocenzo Gorlani e Mario Gorlani, con domicilio eletto presso

Claudio Chiola, in Roma, via della Camilluccia, n. 785;

nei confronti di

Autorità garante della concorrenza e del mercato, COBAT - Consorzio

nazionale batterie al piombo esauste e rifiuti piombosi, Eco-Bat s.p.a., Esi

Ecological Scrap Industry s.p.a., Piomboleghe s.r.l., Meca Lead Recycling

s.p.a.;

6) sul ricorso numero di registro generale 6433 del 2010, proposto da

proposto da ANIE - Federazione Nazionale delle imprese elettrotecniche ed

elettroniche, rappresentata e difesa dagli avvocati Beniamino Caravita Di

Toritto, Stefano Cassamagnaghi, Enrico Adriano Raffaelli, Paolo Todaro, con

domicilio eletto presso Paolo Todaro Rucellai & Raffaelli in Roma, via

Gregoriana, n. 5;

contro

Meca Lead Recycling s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Tommaso Di

Nitto e Luisa Torchia, con domicilio eletto presso la seconda, in Roma, via

Sannio, n. 65;

nei confronti di

Autorità garante della concorrenza e del mercato, COBAT - Consorzio

nazionale batterie al piombo esauste e rifiuti piombosi, Eco-Bat s.p.a., Esi

Ecological Scrap Industry s.p.a., Piomboleghe s.r.l., Piombifera Bresciana

s.p.a.;

7) sul ricorso numero di registro generale 6569 del 2010, proposto da

Consorzio Ecovorbat - Euroconsorzio ambiente, ditta individuale Saraceno

Demetrio, Saraceno s.r.l., rappresentati e difesi dagli avvocati Franco

Giampietro e Fabrizio Bonfante, con domicilio eletto presso il primo, in

Roma, via Franco Sacchetti, n. 114;

contro

COBAT - Consorzio nazionale batterie al piombo esauste e rifiuti piombosi,

rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo Borromeo, Piero Fattori e Maria

Alessandra Sandulli, con domicilio eletto presso Maria Alessandra Sandulli, in

Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 349;

nei confronti di

Autorità garante della concorrenza e del mercato;

ANIE - Federazione Nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche,

rappresentata e difesa dagli avvocati Beniamino Caravita Di Toritto, Stefano

Cassamagnaghi, Enrico Adriano Raffaelli, Paolo Todaro, con domicilio eletto

presso Paolo Todaro Rucellai & Raffaelli in Roma, via Gregoriana, n. 5;

8) sul ricorso numero di registro generale 6616 del 2010, proposto

dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, rappresentata e difesa

dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12;

contro

Piombifera Bresciana s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Claudio

Chiola, Innocenzo Gorlani, Mario Gorlani, con domicilio eletto presso

Claudio Chiola, in Roma, via della Camilluccia, n. 785;

nei confronti di

ANIE - Federazione Nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche,

rappresentata e difesa dagli avvocati Beniamino Caravita Di Toritto, Stefano

Cassamagnaghi, Enrico Adriano Raffaelli, Paolo Todaro, con domicilio eletto

presso Paolo Todaro Rucellai & Raffaelli in Roma, via Gregoriana, n. 5;

9) sul ricorso numero di registro generale 6635 del 2010, proposto

dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, rappresentata e difesa

dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12;

contro

Esi - Ecological Scrap Industry s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati

Domenico Ielo e Fabio Cintioli, con domicilio eletto presso il secondo, in

Roma, via Salaria, n. 259;

nei confronti di

ANIE - Federazione Nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche,

rappresentata e difesa dagli avvocati Beniamino Caravita Di Toritto, Stefano

Cassamagnaghi, Enrico Adriano Raffaelli, Paolo Todaro, con domicilio eletto

presso Paolo Todaro Rucellai & Raffaelli in Roma, via Gregoriana, n. 5;

10) sul ricorso numero di registro generale 6636 del 2010, proposto

dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, rappresentata e difesa

dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12;

contro

Piomboleghe s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Tommaso Di Nitto e

Luisa Torchia, con domicilio eletto presso la seconda, in Roma, via Sannio, n.

65;

nei confronti di

ANIE - Federazione Nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche,

rappresentata e difesa dagli avvocati Beniamino Caravita Di Toritto, Stefano

Cassamagnaghi, Enrico Adriano Raffaelli, Paolo Todaro, con domicilio eletto

presso Paolo Todaro Rucellai & Raffaelli in Roma, via Gregoriana, n. 5;

11) sul ricorso numero di registro generale 6638 del 2010, proposto

dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, rappresentata e difesa

dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12;

contro

Meca Lead Recycling s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Tommaso Di

Nitto e Luisa Torchia, con domicilio eletto presso la seconda, in Roma, via

Sannio, n. 65;

nei confronti di

ANIE - Federazione Nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche,

rappresentata e difesa dagli avvocati Beniamino Caravita Di Toritto, Stefano

Cassamagnaghi, Enrico Adriano Raffaelli, Paolo Todaro, con domicilio eletto

presso Paolo Todaro Rucellai & Raffaelli in Roma, via Gregoriana, n. 5;

12) sul ricorso numero di registro generale 6642 del 2010, proposto

dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, rappresentata e difesa

dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12;

contro

Ecolead s.r.l., non costituita in appello;

nei confronti di

ANIE - Federazione Nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche,

rappresentata e difesa dagli avvocati Beniamino Caravita Di Toritto, Stefano

Cassamagnaghi, Enrico Adriano Raffaelli, Paolo Todaro, con domicilio eletto

presso Paolo Todaro Rucellai & Raffaelli in Roma, via Gregoriana, n. 5;

13) sul ricorso numero di registro generale 6649 del 2010, proposto

dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, rappresentata e difesa

dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12;

contro

COBAT - Consorzio nazionale batterie al piombo esauste e rifiuti piombosi,

rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo Borromeo, Piero Fattori e Maria

Alessandra Sandulli, con domicilio eletto presso Maria Alessandra Sandulli in

Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 349;

nei confronti di

ANIE - Federazione Nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche,

rappresentata e difesa dagli avvocati Beniamino Caravita Di Toritto, Stefano

Cassamagnaghi, Enrico Adriano Raffaelli, Paolo Todaro, con domicilio eletto

presso Paolo Todaro Rucellai & Raffaelli in Roma, via Gregoriana, n. 5;

14) sul ricorso numero di registro generale 6651 del 2010, proposto

dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, rappresentata e difesa

dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12;

contro

Eco - Bat s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Domenico Ielo e

Claudio Tesauro, con domicilio eletto presso il secondo, in Roma, via Salaria,

n. 259;

nei confronti di

ANIE - Federazione Nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche,

rappresentata e difesa dagli avvocati Beniamino Caravita Di Toritto, Stefano

Cassamagnaghi, Enrico Adriano Raffaelli, Paolo Todaro, con domicilio eletto

presso Paolo Todaro Rucellai & Raffaelli in Roma, via Gregoriana, n. 5;

per la riforma delle seguenti sentenze del T.a.r. Lazio – Roma, sezione I:

quanto al ricorso n. 6426 del 2010: n. 3574/2010;

quanto al ricorso n. 6427 del 2010: n. 3578/2010;

quanto al ricorso n. 6429 del 2010: n. 3572/2010;

quanto al ricorso n. 6430 del 2010: n. 3573/2010;

quanto al ricorso n. 6432 del 2010: n. 3576/2010;

quanto al ricorso n. 6433 del 2010: n. 3575/2010;

quanto al ricorso n. 6569 del 2010: n. 3578/2010;

quanto al ricorso n. 6616 del 2010: n. 3576/2010;

quanto al ricorso n. 6635 del 2010: n. 3574/2010;

quanto al ricorso n. 6636 del 2010: n. 3573/2010;

quanto al ricorso n. 6638 del 2010: n. 3575/2010;

quanto al ricorso n. 6642 del 2010: n. 3577/2010;

quanto al ricorso n. 6649 del 2010: n. 3578/2010;

quanto al ricorso n. 6651 del 2010: n. 3572/2010;

tutte concernenti SANZIONE AMMINISTRATIVA PECUNIARIA PER

INTESA RESTRITTIVA DELLA CONCORRENZA NEL MERCATO

DELLA RACCOLTA E RICICLO DELLE BATTERIE AL PIOMBO

ESAUSTE

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione come da epigrafe;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 aprile 2011 il Cons. Rosanna De

Nictolis e uditi per le parti gli avvocati Borromeo, Caravita di Toritto, Cintioli,

Giampietro, Gorlani, Raffaelli, Sandulli, Tesauro, Torchia, e l’avvocato dello

Stato Fiorentino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

RIUNIONE DEGLI APPELLI

1. Preliminarmente va disposta la riunione dei quattordici appelli indicati in

epigrafe, perché proposti avverso sentenze di identico contenuto, vertenti a

loro volta sul medesimo provvedimento dell’Autorità garante della

concorrenza e del mercato (d’ora innanzi AGCM o Autorità).

IL PROVVEDIMENTO DELL’AGCM E LA SENTENZA DI PRIMO

GRADO

2. A seguito di segnalazioni pervenute all’AGCM nel corso degli anni 2006 e

2007 (da parte di Ecovorbat, di IBS e di ANIE) in relazione a condotte

asseritamente anticoncorrenziali tenute dal Consorzio obbligatorio batterie al

piombo esauste e rifiuti piombosi (d’ora innanzi COBAT), l’Autorità

nell’adunanza del 24 gennaio 2008 avviava un’istruttoria nei confronti di

COBAT, e successivamente, in data 10 aprile 2008 estendeva il procedimento

in senso oggettivo e soggettivo nei confronti di altre sei società operanti nel

settore del riciclo delle batterie esauste.

In data 15 gennaio 2009 l’Autorità comunicava alle parti le risultanze

istruttorie.

L’istruttoria evidenziava che a partire dal 2002 nei mercati della raccolta e del

riciclaggio delle batterie al piombo esauste si erano verificati comportamenti

restrittivi della concorrenza, tradottisi, da ultimo, in un aumento dei costi di

produzione di batterie nuove al piombo.

Con provvedimento del 29 aprile 2009 n. 19814, a conclusione dell’istruttoria,

l’Autorità ha deliberato che:

a) le condotte tenute da COBAT, mediante disposizioni contrattuali

contenute nei contratti con i raccoglitori delle batterie esauste (clausola di

esclusiva) e nei contratti con gli smelters (riciclatori) (ripartizione delle quote di

batterie da assegnare e clausola di decurtazione), hanno disincentivato le

attività di raccolta e riciclaggio indipendenti rispetto a quelle amministrate dal

Consorzio, determinando la compartimentazione dei mercati rilevanti e il

mantenimento dello status quo sul mercato nazionale del riciclaggio e

costituiscono violazione dell’art. 81 del Trattato CE (oggi art. 101 TFUE);

b) la condotta posta in essere dalle altre sei società parti del procedimento

(smelters), realizzata anche nell’ambito dell’associazione di categoria

“associazione imprese riciclo piombo da batterie – AIRPB”, e posta in essere

altresì dalla medesima associazione, consistente nella determinazione

congiunta delle rispettive quote di approvvigionamento nonché nell’adozione

di politiche comuni finalizzate ad evitare mutamenti delle condizioni

commerciali che ne avrebbero ridotto le rilevanti entrate economiche,

costituisce una violazione dell’art. 81 del Trattato CE (oggi art. 101 TFUE).

Conseguentemente, ai detti soggetti è stato ordinato di adottare misure atte a

porre termine all’illecito entro novanta giorni dalla notificazione del

provvedimento.

Infine, il citato provvedimento ha irrogato ai detti soggetti una sanzione

amministrativa pecuniaria come segue:

COBAT 4.400.000 euro;

Ecobat s.p.a. 4.588.350 euro;

Ecolead s.p.a. 545.000 euro;

ESI-Ecological Scrap Industry s.p.a. 903.500 euro;

ME.CA. Lead Recycling s.p.a. 994.500 euro;

Piombifera Bresciana s.p.a. 1.306.500 euro;

Piomboleghe s.r.l. 608.400 euro.

AIRPB 1000 euro.

3. Il provvedimento è stato impugnato, con separati ricorsi al Tar Lazio -

Roma, da COBAT, e dalle sei società di riciclo delle batterie esauste.

I ricorsi sono stati accolti dal Tar Lazio – Roma, con sette sentenze di

identico tenore (9 marzo 2010 nn. 3572, 3573, 3574, 3575, 3576, 3577 e 3578)

che hanno annullato il provvedimento impugnato, in ordine all’an dell’illecito

antitrust, con medesimi argomenti giuridici in relazione a tutti e sette i ricorsi

di primo grado, con assorbimento consequenziale delle censure specifiche

contenute nei singoli ricorsi in ordine all’an e al quantum della sanzione, e con

compensazione delle spese di lite.

4. Attraverso una ricostruzione del quadro normativo di riferimento il Tar

Lazio – Roma sostiene che:

- COBAT è un consorzio obbligatorio, avente natura di organismo di diritto

pubblico, e operante in regime di monopolio legale, che non determina

liberamente le proprie condotte;

- gli organismi di diritto pubblico sarebbero sottratti alla normativa antitrust

ex art. 8, co. 2, l. n. 287/1990;

- per assoggettare COBAT, organismo di diritto pubblico, alla legislazione

antitrust, l’Autorità avrebbe dovuto dimostrare il carattere imprenditoriale

della sua attività;

- le condotte di COBAT sono state necessitate dalle sue finalità istituzionali, e

segnatamente dal fine di tutela ambientale mediante raccolta e riciclo delle

batterie al piombo esauste;

- essendo obbligatorio, da parte dei produttori di batterie al piombo, il

conferimento delle batterie esauste al COBAT, ed essendo prevista per legge

la partecipazione al COBAT degli smelters per quote proporzionali, sarebbe

coerente da un lato che i raccoglitori di batterie fossero contrattualmente

legati a COBAT da un vincolo di esclusiva, dall’altro lato che gli smelters

ricevessero le batterie esauste per quote proporzionali alle loro quote di

partecipazione al Consorzio, e fossero contrattualmente tenuti all’osservanza

della clausola di decurtazione, che comportava una decurtazione percentuale

della quota delle batterie esauste ad essi spettante, se ritirassero batterie da

soggetti diversi dal COBAT;

- le condotte di COBAT sarebbero state poste in essere in un arco temporale

in cui il quadro normativo non prevedeva un’apertura alla concorrenza e

legittimava il monopolio legale.

AMBITO DEGLI APPELLI E DEI RICORSI DI PRIMO GRADO

RIEMERSI IN APPELLO. ORDINE DI ESAME

5. Le sentenze sono state appellate, come da epigrafe, dall’AGCM, dall’ANIE

e dal Consorzio ECOVORBAT.

5.1. Va precisato, sul versante degli appelli, che:

a) AGCM ha appellato tutte e sette le sentenze;

b) Ecovorbat ha appellato solo la sentenza del Tar Lazio n. 3578/2010, resa

nei confronti di COBAT;

c) ANIE ha appellato sei sentenze su sette, non avendo appellato la sentenza

n. 3577 resa nei confronti di Ecolead.

5.2. Va ancora precisato, sul versante della posizione degli appellati, che si

sono costituiti, nei rispettivi giudizi di interesse, sei dei sette appellati, e tutti

hanno chiesto, subordinatamente all’accoglimento degli appelli principali,

l’esame di tutti i motivi assorbiti in prime cure.

L’unico appellato che non si è costituito è Ecolead, nei cui confronti l’appello

è stato proposto solo dall’Autorità (appello n. 6642/2010), nonostante che

l’appello risulti ritualmente e tempestivamente notificato (nel domicilio eletto

per il giudizio di primo grado), e depositato.

5.3. Pertanto, nell’ordine di esame delle questioni, si procederà ad esame degli

appelli principali e, a seguire, all’esame dei singoli ricorsi di primo grado, in

ordine alle specifiche censure rimaste assorbite.

LA LEGITTIMAZIONE AD APPELLARE IN CAPO AD ANIE

6. In via preliminare va esaminata l’eccezione, sollevata da Piombifera

Bresciana s.p.a. in relazione all’appello n. 6432/2010 proposto da ANIE, di

inammissibilità dell’appello.

Si assume che ANIE ha partecipato al giudizio di primo grado in qualità di

interveniente ad opponendum. L’ interveniente ad opponendum potrebbe appellare

solo se titolare di una posizione giuridica autonoma suscettibile di essere lesa

dalla sentenza appellata. Tanto non si verificherebbe nel caso di specie, in cui

la sentenza appellata si riferisce a condotte poste in essere in passato in una

cornice normativa diversa da quella odierna. L’interesse di cui si fa portatrice

ANIE, cioè quello dei produttori a mettere in competizione le imprese di

smaltimento, sarebbe inattuale nel mutato contesto normativo, che già

assicurerebbe la concorrenza.

7. L’eccezione va respinta.

7.1. ANIE (Federazione Nazionale della Imprese Elettrotecniche ed

Elettroniche) rappresenta oltre 900 imprese ripartite tra 11 associazioni

federate e rappresentative di diversi settori industriali, tra cui quello della

produzione di batterie al piombo. Le società associate ad ANIE

rappresentano i principali produttori di batterie al piombo a livello nazionale.

ANIE, in rappresentanza dei produttori di batterie al piombo, ha presentato

una segnalazione all’Autorità in relazione alla condotta anticoncorrenziale di

COBAT e degli smelters e in veste di denunciante ha partecipato al

procedimento davanti all’Autorità (in cui è stata anche sentita in audizione

finale).

7.2. Secondo la consolidata giurisprudenza di questo Consesso, il soggetto

denunciante che partecipa al procedimento antitrust e ha un interesse

qualificato avendo subito una lesione dei propri interessi, lesione imputabile

alla condotta anticoncorrenziale, è un controinteressato in senso tecnico, che

in quanto tale ha la legittimazione e l’interesse ad impugnare in giudizio i

provvedimenti “assolutori” dell’Autorità (di archiviazione della denuncia).

Ha osservato la giurisprudenza che sono impugnabili da parte di terzi

controinteressati i c.d. provvedimenti negativi, con cui l’Autorità antitrust

archivia una determinata denuncia o comunque rifiuta di intervenire, (tali

provvedimenti o l’inerzia dell’Autorità non incidono in senso sfavorevole

sulle imprese che hanno posto in essere il comportamento segnalato, poiché

ne viene riconosciuta la liceità o espressamente o implicitamente omettendo

di intervenire, ma possono incidere sulle posizioni di soggetti terzi, che

assumono così la veste di controinteressati rispetto al comportamento

consentito).

Rispetto a tali soggetti l’orientamento giurisprudenziale contrario al

riconoscimento della legittimazione a ricorrere è stato definitivamente

superato da questa Sezione, che ha precisato che il denunziante, in quanto

tale, non è titolare di un interesse qualificato ad un corretto esame della sua

denuncia, ma lo diventa solo quando dimostra di essere portatore di un

interesse particolare e differenziato, che assume essere stato leso dalla

mancata adozione del provvedimento repressivo; la legittimazione deriva

allora non dalla qualità di denunciante, ma da quella di controinteressato (ex

plurimis Cons. St., sez. VI, 23 luglio 2009 n. 4597; 9 giugno 2008 n. 2761; 21

marzo 2005 n. 1113; 3 febbraio 2005 n. 280; 14 giugno 2004 n. 3865).

7.3. Se, dunque, vi siano soggetti “controinteressati”, in relazione ai

procedimenti e provvedimenti antitrust, legittimati ad impugnare i

“provvedimenti assolutori”, ne deriva anche, quale logico corollario, che:

a) in caso di provvedimenti sanzionatori, i controinteressati, ove agevolmente

individuabili, vanno evocati nel giudizio di impugnazione del provvedimento

sanzionatorio;

b) i controinteressati non evocati in giudizio possono intervenirvi ad

opponendum,

c) nel caso in cui il giudice di primo grado annulli un provvedimento

sanzionatorio, il controinteressato si trova nella medesima posizione in cui si

sarebbe trovato a fronte di un provvedimento ab origine assolutorio, e come ha

la legittimazione e l’interesse a impugnare il provvedimento assolutorio, ha

anche la legittimazione e l’interesse a proporre appello avverso la sentenza che

annulla un provvedimento sanzionatorio.

7.4. Nel caso di specie:

a) la posizione di controinteressato ad ANIE è stata pacificamente

riconosciuta dall’AGCM, che ne ha ammesso la partecipazione al

procedimento amministrativo;

b) tale posizione è stata implicitamente riconosciuta nei giudizi di primo

grado, atteso che: cinque dei sette ricorrenti in primo grado, hanno evocato in

giudizio ANIE; solo Piombifera Bresciana ed Ecolead non hanno notificato il

ricorso di primo grado ad ANIE, ma ANIE è intervenuta in primo grado ad

opponendum e non sono sorte questioni sulla sua legittimazione e interesse ad

intervenire;

c) ANIE non è mera denunciante, ma ha effettivamente una posizione di

controinteressato in senso tecnico, rappresentando la categoria dei produttori

delle batterie al piombo esauste, che assume di aver subito una lesione dalla

condotta anticoncorrenziale del COBAT e degli smelters;

d) in caso di provvedimento assolutorio, pertanto, ANIE avrebbe avuto

legittimazione e interesse ad impugnarlo;

e) nell’evenienza attuale, di provvedimento sanzionatorio annullato in prime

cure, ANIE ha interesse a difendere il provvedimento sanzionatorio, e

dunque a appellare la sentenza che lo ha posto nel nulla;

f) ANIE, pertanto, pur avendo formalmente, nel giudizio di primo grado

promosso da Piombifera Bresciana la posizione di interveniente, è comunque

controinteressata in senso tecnico, come tale avente pieno titolo ad appellare,

senza incontrare i limiti che incontra ordinariamente l’appello

dell’interveniente.

7.5. Va aggiunto che nemmeno può essere condivisa la tesi di Piombifera

Bresciana secondo cui l’interesse di ANIE sarebbe venuto meno a seguito del

mutato quadro normativo.

Ove anche, infatti, sia all’attualità cessata la condotta anticoncorrenziale per

effetto del mutato quadro normativo, non perciò ne deriva il difetto di

interesse in capo ad ANIE, non dovendosi tralasciare le possibili azioni

risarcitorie che ANIE e i singoli produttori di batterie potrebbero intentare

nei confronti di COBAT e degli smelters a seguito dell’accertamento

dell’illiceità delle loro condotte pregresse.

I MOTIVI DEGLI APPELLI PRINCIPALI

8. Le censure contenute nei 14 atti di appello sono di analogo tenore e

possono essere esaminate congiuntamente.

8.1. Tutti gli appelli contestano in radice la ricostruzione operata dal Tar Lazio

– Roma, ritengono per converso corretta la ricostruzione contenuta nel

provvedimento dell’Autorità, e osservano che il quadro normativo conduce a

conclusioni radicalmente opposte a quelle prese dal Tar; in particolare:

- il quadro normativo non autorizzerebbe il COBAT a porre in essere

condotte anticoncorrenziali;

- le condotte tenute dal COBAT non sarebbero state affatto necessarie per il

perseguimento del suo fine istituzionale;

- a far data dal 2002 il quadro normativo era stato modificato in adeguamento

al diritto comunitario, consentendosi l’operare, sul mercato, oltre che dei

raccoglitori “incaricati” dal COBAT, anche dei raccoglitori “autorizzati”, e

consentendosi altresì la raccolta per l’esportazione. Pertanto il ruolo di

COBAT non sarebbe più stato necessariamente quello di raccogliere e

riciclare le batterie esauste acquisendone la proprietà, ma piuttosto quello di

vigilare sul sistema di raccolta e smaltimento, non necessariamente gestendolo

in proprio; in tale mutato assetto normativo, COBAT non avrebbe potuto

impedire ai raccoglitori di cedere direttamente le batterie esauste agli smelters, e

dunque non avrebbe potuto prevedere né clausole di esclusiva nei contratti

con i raccoglitori, né clausole di decurtazione nei contratti con gli smelters;

- il parere dato dall’Autorità nel 1999 nel senso che COBAT non fosse

strumento restrittivo della concorrenza sarebbe stato espressamente ancorato

alla situazione di fatto dell’epoca, in cui il prezzo del piombo era molto basso

e il mercato non aveva un incentivo ad operare la raccolta e il riciclo delle

batterie esauste; sin dal 1998, peraltro, il Consiglio di Stato aveva espresso il

parere che la disciplina normativa violava il principio di libera circolazione

delle merci, e in prosieguo nel 2002 vi erano state aperture alla concorrenza,

per cui il COBAT non poteva ignorare che non poteva adottare condotte

anticoncorrenziali.

IL CONTESTO NORMATIVO

9. Va anzitutto ricostruito il contesto normativo.

9.1. Il COBAT è stato istituito dall’art. 9-quinquies, d.l. n. 397/1988, conv. in l.

n. 475/1988, al fine di assicurare il conseguimento dell’obiettivo, previsto

come obbligatorio dalla medesima disposizione, della raccolta e dello

smaltimento mediante riciclaggio delle batterie al piombo esauste.

Il Consorzio è stato configurato dalla legge istitutiva come:

- obbligatorio;

- dotato di personalità giuridica di diritto privato;

- senza scopo di lucro;

- retto da uno statuto approvato con decreto del Ministro dell'ambiente;

- fruente di finanziamento pubblico, mediante un “sovrapprezzo di vendita sulle

batterie”, in prosieguo divenuto “contributo ambientale sulla vendita delle batterie”

(co. 7 dell’art. 9-nonies, testo originario: “Al fine di assicurare al consorzio i mezzi

finanziari per lo svolgimento dei propri compiti è istituito un sovrapprezzo di vendita delle

batterie in relazione al contenuto a peso di piombo da applicarsi da parte dei produttori e

degli importatori delle batterie stesse, con diritto di rivalsa sugli acquirenti in tutte le

successive fasi della commercializzazione. I produttori e gli importatori verseranno

direttamente al consorzio i proventi del sovrapprezzo”; co. 7 dell’art. 9-nonies, come

novellato dal d.lgs. n. 152/2006: “Al fine di assicurare al consorzio i mezzi finanziari

per lo svolgimento dei propri compiti è istituito un contributo ambientale sulla vendita delle

batterie in relazione al contenuto a peso di piombo da applicarsi da parte di tutti i

produttori e gli importatori che immettono le batterie al piombo nel mercato italiano, con

diritto di rivalsa sugli acquirenti in tutte le successive fasi della commercializzazione. I

produttori e gli importatori versano direttamente al consorzio i proventi del contributo

ambientale”).

9.2. Al COBAT la legge istitutiva ha attribuito i seguenti compiti:

a) assicurare la raccolta delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi e

organizzare lo stoccaggio;

b) cedere i prodotti di cui alla lettera a) alle imprese che ne effettuano lo

smaltimento tramite il riciclaggio;

c) assicurare l'eliminazione dei prodotti stessi, nel caso non sia possibile o

economicamente conveniente il riciclaggio, nel rispetto delle disposizioni

contro l'inquinamento;

d) promuovere lo svolgimento di indagini di mercato e azioni di ricerca

tecnico-scientifica per il miglioramento tecnologico del ciclo di smaltimento.

Il d.lgs. n. 152/2006 ha aggiunto l’ulteriore compito di:

d-bis) promuovere la sensibilizzazione dell'opinione pubblica e dei

consumatori sulle tematiche della raccolta e dell'eliminazione delle batterie al

piombo esauste e dei rifiuti piombosi.

9.3. E’ stata prevista la partecipazione obbligatoria al Consorzio di:

a) le imprese che effettuano il riciclo delle batterie al piombo esauste e dei

rifiuti piombosi mediante la produzione di piombo secondario raffinato od in

lega;

b) le imprese che svolgono attività di fabbricazione oppure di importazione di

batterie al piombo;

c) le imprese che effettuano la raccolta delle batterie al piombo esauste e dei

rifiuti piombosi;

d) le imprese che effettuano la sostituzione e la vendita delle batterie al

piombo.

Le quote di partecipazione dei singoli soci, nell’ambito di ciascuna categoria,

sono state disciplinate

dal d.lgs. n. 152/2006 che ha inserito un co. 3-bis nel testo originario:

a) per le imprese di riciclo di cui alla lett. a) del co. 3 sono determinate in base

al rapporto fra la capacità produttiva di piombo secondario del singolo

soggetto consorziato e quella complessiva di tutti i consorziati appartenenti

alla stessa categoria;

b) per le imprese che svolgono attività di fabbricazione, oppure

d'importazione delle batterie al piombo di cui alla lett. b) del co. 3, sono

determinate sulla base del contributo ambientale versato al netto dei rimborsi;

c) le quote di partecipazione delle imprese e loro associazioni di cui alle lett. c)

e d) del co. 3 del presente articolo sono attribuite alle associazioni nazionali

dei raccoglitori di batterie al piombo esauste, in proporzione ai quantitativi

conferiti al Consorzio dai rispettivi associati, e alle associazioni dell'artigianato

che installano le batterie di avviamento al piombo.

La versione originaria della disposizione prevedeva invece le quote di

partecipazione senza distinzione di categoria, stabilendo che le quote di

partecipazione sono determinate in base al rapporto tra la capacità produttiva

di piombo secondario di ciascun consorziato e la capacità produttiva

complessiva di tutti i consorziati, installata nell'anno precedente.

9.4. Il testo originario dell’art. 9-quinquies prevedeva un obbligo

incondizionato di conferimento delle batterie al piombo esauste al Consorzio,

o in via diretta, o tramite raccoglitori incaricati. Disponeva infatti il testo

originario del co. 6: “a decorrere dalla scadenza del termine di novanta giorni

dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di

approvazione dello statuto del consorzio, chiunque detiene batterie al piombo

esauste o rifiuti piombosi è obbligato al loro conferimento al consorzio

direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati del consorzio”.

9.5. In prosieguo, con la legge comunitaria per il 2001 (l. n. 39/2002), al fine

di chiudere una procedura di infrazione comunitaria, la previsione è stata

modificata consentendo sia il conferimento delle batterie a raccoglitori solo

“autorizzati” sia l’esportazione. Il testo del co. 6, come modificato, dispone,

infatti, che “A decorrere dalla scadenza del termine di novanta giorni dalla data di

pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di approvazione dello statuto

del consorzio, chiunque detiene batterie al piombo esauste o rifiuti piombosi è obbligato al

loro conferimento al consorzio direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati del

consorzio o autorizzati, in base alla normativa vigente, a esercitare le attività di gestione di

tali rifiuti. L'obbligo di conferimento non esclude la facoltà per il detentore di cedere le

batterie esauste ed i rifiuti piombosi ad imprese di altro Stato membro della Comunità

europea”.

Peraltro, la problematica era ben nota al COBAT già in precedenza, atteso

che già nel 1998 il Consiglio di Stato in sede consultiva (Cons. St., sez. II, 2

dicembre 1998 n. 1527) aveva espresso il parere che l’art. 9-quinquies, d.l. n.

39/1988 fosse da disapplicare perché in contrasto con i principî di libera

circolazione delle merci e dei servizi posti dal trattato di Roma, nonché di

libertà di iniziativa economica privata di cui all’art. 41 Cost., e che, in

particolare, fosse da disapplicare l’obbligo di conferimento al COBAT o a

raccoglitori incaricati, e che, per l’effetto, le imprese private non «incaricate»,

dotate dei requisiti ex lege, sono legittimate ad operare nel mercato, attuando

raccolta e smaltimento.

9.6. In ulteriore prosieguo, il d.lgs. n. 152/2006 aveva previsto la possibilità di

istituire altri consorzi per la raccolta e il riciclo delle batterie esauste (art. 235).

9.7. Successivamente con il d.lgs. n. 4/2008, il legislatore ripristinava il sistema

COBAT.

9.8. Infine, il d.lgs. n. 188/2008 abrogava il sistema del Consorzio unico

obbligatorio e, per l’effetto, sia l’art. 9-quinquies, d.l. n. 397/1988 sia l’art. 235,

d.lgs. n. 152/2006.

Nel nuovo sistema normativo di raccolta e smaltimento delle batterie esauste,

il COBAT “è considerato uno dei sistemi di raccolta e di trattamento di cui agli articoli 6,

7 e 10, e continua a svolgere la propria attività conformandosi alle disposizioni del presente

decreto”.

L’ILLECITO ANTICONCORRENZIALE IMPUTATO

10. Le condotte contestate dall’Autorità al COBAT sono consistite:

- nell’instaurare un rapporto di esclusiva con i raccoglitori incaricati;

- nell’instaurare un rapporto di esclusiva di fatto con gli smelters, fissando le

quantità di batterie esauste da conferire a ciascun operatore;

- nell’inserimento nei rapporti contrattuali instaurati da COBAT con gli

smelters della cd. clausola di decurtazione;

- nell’ostacolare l’accesso di nuovi operatori a COBAT, dando luogo ad

un’artificiale chiusura del sistema nel suo complesso.

In particolare nei rapporti contrattuali instaurati da COBAT con i raccoglitori

incaricati è stato censurato dall’Autorità l’obbligo contrattuale per questi

ultimi di conferire l’intero quantitativo di batterie raccolte al COBAT e il

divieto per gli stessi raccoglitori incaricati di conferire le batterie esauste

raccolte a soggetti diversi dal Consorzio, pena la rescissione del contratto ed il

risarcimento di eventuali danni materiali causati al COBAT (art. 2.4 e art. 15

del CCR contratto COBAT - raccoglitori).

Nei rapporti contrattuali instaurati da COBAT con gli smelters l’Autorità ha

censurato, in particolare:

- la determinazione, in ambito COBAT, del quantitativo di batterie cedute dal

Consorzio al singolo smelter in misura proporzionale alla capacità produttiva

del singolo operatore (art. 2.1 del CCS, contratto COBAT - smelters);

- la decurtazione del quantitativo di batterie cedute al singolo smelter in ragione

delle quantità direttamente acquistate o comunque ricevute, anche in conto

lavorazione, dallo smelter (art. 2.2 del CCS).

Le disposizioni contrattuali di cui al contratti con i raccoglitori e gli smelters

sarebbero state preordinate a restringere la concorrenza sotto vari punti di

vista, in quanto avrebbero:

- disincentivato la formazione di sistemi di raccolta autonomi e paralleli al

COBAT stesso;

- disincentivato attività di riciclo indipendenti rispetto a quelle amministrate

dal Consorzio;

- determinato, di fatto, il mantenimento dello status quo sul mercato nazionale

del riciclo.

Attraverso tali disposizioni contrattuali il COBAT avrebbe reso poco

conveniente la modalità commerciale del “conto lavorazione”, il ricorso alla

quale avrebbe permesso ai produttori di batterie nuove di pagare il solo

servizio di riciclaggio. Invece tramite il sistema COBAT era previsto n

passaggio di proprietà al raccoglitore, poi al Consorzio e infine allo smelter, in

cui il prezzo di cessione era commisurato al prezzo della materia prima

(LME), oggetto di costanti rialzi sul mercato internazionale a partire dal 2002.

Al termine della catena di riciclo gestita dal COBAT, gli smelters potevano

rivendere sul mercato il materiale riciclato, al prezzo della materia prima.

Pertanto, la mancata possibilità di attivare modalità alternative di destinazione

al riciclaggio delle batterie esauste (tra cui il conto lavorazione), ha

comportato prezzi più alti pagati dai produttori, con conseguenti ripercussioni

sui prezzi delle batterie nuove per i consumatori finali.

L’istruttoria condotta dall’AGCM ha fatto inoltre emergere che il COBAT,

mediante l’esclusività della gestione del ciclo di raccolta e di recupero delle

batterie esauste, aveva nel tempo accumulato ingenti riserve a bilancio, che

non si sono tuttavia tradotte in una riduzione del contributo ambientale

pagato dal clienti finali di batterie nuove al piombo.

L’Autorità ha accertato una seconda intesa posta in essere direttamente tra gli

smelters, i quali, “anche attraverso l’associazione di categoria AIRPB, hanno

determinato in modo congiunto le rispettive quote di mercato, nonché più in

generale osteggiato qualsiasi tentativo di addivenire, in sede consortile, a

mutamenti delle condizioni commerciali i quali, in un contesto caratterizzato

da quotazioni particolarmente elevate del piombo sull’LME (London Metal

Exchange), avrebbero innescato dinamiche concorrenziali tra gli stessi smelters”.

MERCATO RILEVANTE E PRODOTTO

11. Avuto riguardo al quadro normativo come sopra ricostruito, il

provvedimento dell’AGCM è esente da vizi.

11.1. Immune da vizi è anzitutto la individuazione del mercato rilevante e del

prodotto. Se, in astratto, e secondo una nozione merceologica, le batterie al

piombo esauste non sono un “prodotto” ma un “rifiuto pericoloso”, è anche

vero che in concreto, anche a causa dell’aumento del costo del piombo, tale

“rifiuto” è divenuto un bene contendibile sul mercato, oggetto di scambio,

mediante la raccolta e la successiva vendita agli smelters. Correttamente va

pertanto qualificato “prodotto” oggetto di un mercato di scambio.

SULLA NATURA GIURIDICA DI COBAT E SUI SUOI OBBLIGHI DI

RISPETTO DELLA DISCIPLINA ANTITRUST

12. Occorre poi soffermarsi sulla natura di COBAT e sulla sua idoneità ad

essere soggetto destinatario della normativa antitrust.

L’assunto difensivo in prime cure muoveva infatti dalla configurazione del

Consorzio come organismo di diritto pubblico (secondo quanto affermato dal

precedente Tar Lazio – Roma, sez. II-bis 9 maggio 2001 n. 4034). Da tale

qualificazione si asserisce che deriverebbe la conseguenza che COBAT non

rientrerebbe nell’ambito della disciplina antitrust, riferita alle “imprese”

(private o pubbliche) (art. 8, l. n. 287/1990).

La tesi, basata sul puro dato letterale, secondo cui l’organismo di diritto

pubblico non rientrerebbe nel campo di applicazione della disciplina antitrust

è smentita dalla costante giurisprudenza nazionale e comunitaria.

Secondo la giurisprudenza della C. giust. CE, la nozione di impresa abbraccia

qualsiasi entità che eserciti un'attività economica consistente nell'offerta di

beni o servizi sul mercato, indipendentemente dallo statuto giuridico e dalle

modalità di finanziamento, o dalla sussistenza o meno del fine di lucro.

In termini, si ricorda il precedente del Consorzio per la tutela del formaggio

"Grana Padano" e della società di Certificazione della qualità alimentare, in

relazione ai quali la Corte di cassazione ha osservato che le attività svolte da

tali soggetti per le certificazioni di conformità del prodotto e per i controlli

volti a prevenire abusi rispetto alle prescrizioni del regolamento CE n. 2081

del 1992, in quanto rientranti nei compiti essenziali dello Stato in materia di

alimentazione e, quindi, nell'ambito dei servizi economici di carattere

generale, sono riconducibili all'esercizio privato di pubbliche funzioni e cioè

ad attività di diritto pubblico, per le quali si è, formalmente, fuori dall'ambito

di applicazione della normativa antitrust, la quale presuppone, ai sensi dell'art.

8, co. 1, l. n. 287/1990, che l'abuso di posizione dominante o le intese

restrittive della concorrenza avvengano nello svolgimento dell'attività di

impresa. Tuttavia, poiché l'esenzione prevista dal co. 2 dell'art. 8 per le

imprese che gestiscono servizi di interesse economico generale, opera

limitatamente "a tutto quanto strettamente connesso all'adempimento degli

specifici compiti loro affidati”, qualora le summenzionate attività svolte da

soggetti privati, pur se autoritative, devino dallo scopo istituzionale per cui

quelle pubbliche funzioni sono state conferite, viene meno il nesso funzionale

con il carattere non economico dell'attività posta in essere, la quale rientra a

pieno titolo nell'ambito dell'attività di impresa, con conseguente applicazione

della disciplina a tutela della concorrenza di cui alla l. n. 287/1990. (Nella

fattispecie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata per avere omesso di

considerare che le determinazioni assunte dal Consorzio sopra citato

attraverso apposite "linee guida", ritenute da un produttore di formaggio

restrittive alla libertà di concorrenza in quanto limitative alla propria capacità

produttiva, introducevano arbitrariamente standard di qualità non previsti dal

regolamento comunitario citato nonché il contingentamento della produzione

che esulava dalle proprie funzioni di vigilanza e, pertanto, non potevano

essere considerate come espressione dell'attività svolta iure imperii, ma come

attività economica rientrante nella previsione degli art. 2 e 3, l. n. 287/1990 e

costituente pratica anticoncorrenziale illecita) (Cass., sez. I, 10 gennaio 2008 n.

355).

Anche la giurisprudenza amministrativa e comunitaria hanno già statuito che

la qualificazione di un soggetto come organismo di diritto pubblico non

determina di per sé l’esonero dal rispetto delle regole della concorrenza, se in

fatto tale soggetto abbia agito come operatore economico (Cons. St., sez. VI,

12 febbraio 2007 n. 550, secondo cui è immune da censura la valutazione

dell’AGCM che, pur ravvisando nella Cassa depositi e prestiti s.p.a. la

permanenza di indubbi profili pubblicistici, ha ugualmente riscontrato nella

gestione separata, dopo l’ingresso delle fondazioni bancarie, una finalità di

profitto che non si conciliava con il perseguimento dei fini generali di cui al

regolamento CE 139/04), e che un soggetto può contemporaneamente

svolgere attività economiche rilevanti a fini antitrust accanto ad attività di

natura pubblicistica (C. giust. CE 26 marzo 2009 C-113/07, Selex; C. giust.

CE, 12 settembre 2000 C-180/98, Pavlov).

Non va trascurato che per il diritto comunitario è operatore economico un

qualsivoglia soggetto, pubblico o privato, che offre beni o servizi sul mercato,

anche se non ha istituzionalmente fine di lucro (direttiva 2004/18/CE; C.

giust. CE, 23 dicembre 2009 C-305/08, Conisma).

Lo stesso precedente del Tar Lazio – Roma n. 4034/2001, pur qualificando il

COBAT come organismo di diritto pubblico, afferma che il Consorzio non è

esonerato dal rispetto del canone di cui all’art. 8, co. 2, l. n. 287/1990, che

vieta al monopolista legale condotte anticoncorrenziali che non siano

strettamente necessarie per la sua missione.

Non rileva, pertanto, l’astratta configurabilità di COBAT come organismo di

diritto pubblico, dovendosi verificare in concreto il modo in cui esso ha

operato e in particolare dovendosi verificare se, al di là del fine istituzionale di

interesse generale non avente carattere commerciale, in concreto non abbia

agito secondo criteri imprenditoriali, deviando dal perseguimento “neutrale”

del fine istituzionale.

13. Se dunque in astratto può condividersi l’assunto che al momento della sua

istituzione COBAT potesse avere i requisiti dell’organismo di diritto pubblico

(personalità giuridica, finanziamento pubblico tramite il sovrapprezzo sulle

batterie, fine di interesse generale non commerciale), operante in regime di

monopolio legale, è indubbio che:

a) l’assenza di fine di lucro è stata normativamente circoscritta a COBAT, non

anche ai raccoglitori e agli smelters consorziati, che hanno svolto la loro attività

a fine di lucro, conseguendo un profitto grazie al contributo ambientale,

anche in fasi economiche connotate dal prezzo del piombo basso;

b) in secondo luogo, l’aumentato prezzo del piombo in concomitanza con i

meccanismi concreti di raccolta e riciclo posti in essere da COBAT, hanno

procurato a COBAT ingenti profitti, al di là del fine istituzionale non

lucrativo;

c) dall’altro lato a partire dal 2002 il legislatore italiano ha previsto aperture

alla concorrenza in relazione al mercato della raccolta e riciclo delle batterie al

piombo esauste.

In virtù del primo elemento suindicato, COBAT, ancorché soggetto non a

fine di lucro, ha consorziato soggetti, i raccoglitori, gli smelters, i produttori,

che si sono sempre mossi in una logica di profitto.

In virtù degli altri detti due elementi COBAT ha iniziato ad operare in un

mercato remunerativo in cui il fine di interesse generale di tutela ambientale

da perseguirsi mediante raccolta e riciclo delle batterie esauste ha assunto

connotati di natura commerciale.

14. Al 2002 era inoltre mutato il prezzo di mercato del piombo, rispetto al

momento istitutivo di COBAT, con un balzo in avanti che aveva reso

remunerativa l’attività di raccolta e riciclo delle batterie, attività che

inizialmente non era tale a causa del basso prezzo del piombo.

Vi era dunque un mercato della raccolta e riciclo delle batterie esauste, in cui

COBAT veniva a trovarsi in posizione di (potenziale) concorrenza con altri

operatori, e nel quale l’attività di COBAT ha prodotto profitto.

Sicché al di là del dato formale normativo (che prevede l’assenza di fine di

lucro di COBAT), il COBAT si è trovato ad operare come impresa in

posizione di monopolio legale, che ha conseguito dalla sua attività profitti.

Tali dati si evincono con chiarezza dal provvedimento dell’AGCM, sicché si

deve affermare che l’Autorità ha fornito elementi esaustivi e convincenti del

carattere imprenditoriale dell’attività di COBAT, contrariamente a quanto

sostenuto dalla sentenza di primo grado.

Peraltro, neppure era indispensabile dimostrare quale fosse la natura giuridica

di COBAT, atteso che ciò che rileva è che risultano dimostrate condotte

anticoncorrenziali consapevolmente adottate all’interno di un Consorzio di

imprese in cui tra le varie componenti (e segnatamente tra i produttori e gli

smelters) vi era una forte conflittualità, dovuta alle modalità di conferimento

delle batterie, che si traduceva in un vantaggio economico per gli smelters e in

uno svantaggio per i produttori (v. parr. 88, 80, 90, e parr. da 239 a 243 del

provvedimento impugnato).

IN PARTICOLARE SULLA NECESSITA’ E PROPORZIONALITA’ O

MENO DELLE CONDOTTE DI COBAT RISPETTO ALLA SUA

MISSIONE

15. L’aver agito COBAT come impresa ha per conseguenza, come

correttamente osservato dall’Autorità, l’assoggettamento all’art. 8, co. 2, l. n.

287/1990, a tenore del quale la disciplina antitrust non si applica “alle imprese

che, per disposizioni di legge, esercitano la gestione di servizi di interesse

economico generale ovvero operano in regime di monopolio sul mercato, per

tutto quanto strettamente connesso all'adempimento degli specifici compiti

loro affidati”.

E’ utile evidenziare che proprio l’invocato precedente del Tar Lazio – Roma,

n. 4034/2001, che ha qualificato COBAT come organismo di diritto pubblico,

lo ha ritenuto assoggettato all’art. 8, co. 2, l. n. 287/1990, affermando,

testualmente: “la gestione dei servizi di cui trattasi – pur potendo essere esercitata anche

in una situazione di monopolio – debba rapportarsi agli ambiti applicativi del già citato

art. 8, c. 2, l. n. 287/1990, limitandosi a “quanto strettamente connesso agli specifici

compiti”, affidati alle imprese di cui si discute”.

16. Secondo l’interpretazione data alla disposizione in commento, essa

introduce una deroga al principio generale della piena applicazione delle

norme a tutela della concorrenza alle imprese pubbliche e private, applicabile

alle sole imprese che esercitino la gestione di servizi di interesse economico

generale, ovvero operino in regime di monopolio legale, ma comunque

limitatamente a quanto “strettamente necessario per la missione affidata”,

senza che siffatta condizione possa diventare un alibi per condotte

anticoncorrenziali che vadano oltre la “stretta necessità” (Cons. St., sez. VI,

11 aprile 2006 n. 1999, ETI- Ente Tabacchi italiani, secondo cui la normativa

antitrust non può trovare applicazione solo se una condotta

anticoncorrenziale sia imposta agli operatori da una legge nazionale, o questa

comunque crei un contesto giuridico suscettibile di per sé stesso di eliminare

ogni possibilità di comportamento concorrenziale da parte loro; Cons. St.,

sez. VI, 21 settembre 2005 n. 4911, secondo cui il regime pubblicistico

concessorio è operante solo in quanto strettamente necessario

all’adempimento della specifica missione affidata all’impresa beneficiaria di un

diritto speciale e non per garantire ad essa una rendita privilegiata di

remuneratività della sua posizione di concessionaria; pertanto, in materia di

autolinee, il concetto di finitimità di un’autolinea preesistente, atto a costituire

titolo preferenziale in sede di concessione di una nuova autolinea, va

configurato in modo da escluderne l’applicazione oltre lo stretto necessario;

Id., 4 gennaio 2002 n. 33, Aeroporti di Roma, secondo cui fatta eccezione per i

comportamenti imposti dall’amministrazione, l’impresa concessionaria della

gestione di una struttura aeroportuale è assoggettata al divieto di abusare della

sua posizione dominante, in relazione al mercato dei servizi di handling).

17. Non osta all’applicabilità dell’art. 8, co. 2, l. n. 287/1990 al COBAT la

circostanza che si tratti di un Consorzio obbligatorio e che il suo statuto sia

soggetto a controllo ministeriale.

Infatti la circostanza dell’obbligatorietà legislativa non necessariamente ha

come conseguenza indefettibile che le condotte in concreto poste in essere

siano giuridicamente necessitate per presunzione assoluta, dovendosi

piuttosto verificare caso per caso se le condotte tenute da un Consorzio

obbligatorio siano o meno giuridicamente necessitate.

La giurisprudenza si è già occupata di Consorzi obbligatori (Consorzio

italiano fiammiferi CIF), andando a verificare in concreto se la normativa (che

nella specie prevedeva la fissazione dei prezzi di vendita da parte dello Stato e

obbligava un consorzio di imprese a ripartire la produzione di fiammiferi tra

le consorziate) creasse o meno, per sua natura, una situazione tale da

escludere a priori ogni possibilità di confronto concorrenziale.

Nel caso CIF, la C. giust. CE ha statuito che in presenza di comportamenti

d’imprese in contrasto con l’art. 81, n. 1, Trattato CE, che sono imposti o

favoriti da una normativa nazionale che ne legittima o rafforza gli effetti, con

specifico riguardo alla determinazione dei prezzi e alla ripartizione del

mercato, l’autorità nazionale preposta alla tutela della concorrenza:

- ha l’obbligo di disapplicare tale normativa nazionale;

- non può infliggere sanzioni alle imprese interessate per comportamenti

pregressi qualora questi siano stati loro imposti dalla detta normativa

nazionale;

- può infliggere sanzioni alle imprese interessate per i loro comportamenti

successivi alla decisione di disapplicare la predetta normativa nazionale, una

volta che la decisione sia diventata definitiva nei loro confronti;

- può comunque infliggere sanzioni alle imprese interessate anche per

comportamenti pregressi qualora questi siano stati semplicemente facilitati o

incoraggiati dalla normativa nazionale, pur dovendo tenere in debito conto le

specificità del contesto normativo nel quale le imprese hanno agito (C. giust.

CE 9 settembre 2003 C-198/2001).

Nel caso specifico del CIF il giudice nazionale, facendo applicazione di tali

coordinate, ha escluso che la legislazione non lasciasse margini di scelta, e ha

ritenuto legittimo il provvedimento con cui l’AGCM aveva qualificato come

fattispecie anticoncorrenziali le delibere consortili e gli accordi che avevano

determinato le modalità e i meccanismi di ripartizione della produzione tra le

imprese, in modo da limitare la concorrenza al di là di quanto implicasse la

legislazione vigente (Tar Lazio, sez. I, 6 ottobre 2004 n. 10325).

In definitiva, la previsione legale di un Consorzio obbligatorio non è per

presunzione assoluta in contrasto con il diritto della concorrenza, e non

determina per presunzione assoluta condotte necessitate del Consorzio,

imponendosi piuttosto una verifica caso per caso; a seguito di tale verifica:

a) le condotte anticoncorrenziali imposte dalla legge non sono sanzionabili,

salva la diversa questione della disapplicazione della legge in contrasto con il

diritto comunitario e la segnalazione della disfunzione normativa da parte

dell’Autorità al Parlamento ai sensi dell’art. 21, l. n. 287/1990;

b) le condotte anticoncorrenziali facilitate o incoraggiate dalla legge sono

sanzionabili, pur dovendo tenere in debito conto le specificità del contesto

normativo nel quale le imprese hanno agito;

c) a maggior ragione sono sanzionabili le condotte anticoncorrenziali che non

sono imposte, né facilitate o incoraggiate dalla legge.

18. La ritenuta assoggettabilità di COBAT all’art. 8, co. 2, l. n. 287/1990

impone allora la verifica se le condotte da esso poste in essere

fossero”strettamente necessarie” per la gestione del servizio di interesse

economico generale, alla luce del quadro normativo di riferimento.

Anticipando le conclusioni all’analisi, il Collegio ritiene corretta la

ricostruzione condotta dall’Autorità, da cui si evince che:

a) le condotte anticoncorrenziali di COBAT non erano imposte dalla legge;

b) le condotte anticoncorrenziali di COBAT non erano neppure facilitate o

incoraggiate dalla legge;

c) le condotte anticoncorrenziali di COBAT non erano strettamente

necessarie per perseguire i suoi fini istituzionali, e pertanto erano sanzionabili.

19. Il mutato contesto normativo ha comportato una modifica del ruolo

istituzionale originario del COBAT. E’ condivisibile l’assunto dell’Autorità

secondo cui il COBAT, rispetto al ruolo iniziale di gestore diretto della

raccolta e riciclo (mediante acquisto della proprietà delle batterie dai

raccoglitori e rivendita agli smelters) ha assunto “un ruolo di mero controllore

del passaggio di batterie dai raccoglitori ai diversi impianti di smaltimento, al

fine di verificare se i primi effettivamente conferiscano le batterie esauste agli

smelters in modo che le quantità lavorate da ciascuno di essi corrispondano a

quelle formalmente determinate dal Consorzio, ma di fatto determinate dagli

smelters stessi”.

Sicché, la circostanza che il COBAT fosse un consorzio obbligatorio per

legge, nel mutato contesto normativo non comportava che tutte le sue

condotte fossero necessitate e che non vi fosse un margine per autonome

decisioni.

Persino l’originario contesto normativo non giustificava di per sé deroghe alla

concorrenza che non fossero strettamente necessarie: infatti il legislatore, nel

rendere obbligatorie le attività raccolta e il riciclo delle batterie esauste, le ha

rese economicamente appetibili dotando COBAT dei mezzi economici per

pagare raccoglitori e smelters, tramite il contributo ambientale. Sicché COBAT

aveva gli strumenti per muoversi secondo logiche concorrenziali.

In definitiva il fine di tutele ambientale poteva essere perseguito anche senza

un ruolo di COBAB come gestore diretto, acquirente e rivenditore delle

batterie, bensì attraverso un ruolo di controllore degli operatori della raccolta

e del riciclo.

Più a monte, ab origine il legislatore ha assegnato a COBAT il risultato da

raggiungere (la tutela ambientale mediante raccolta e riciclo delle batterie

esauste), ma non ha previsto modalità attuative vincolanti, sicché residuava

per COBAT un ampio margine per adottare modalità che non sacrificassero

oltre un ragionevole limite la concorrenza.

20. Né le condotte di COBAT erano necessitate dal suo statuto, sicché rimane

irrilevante la circostanza che lo statuto di COBAT fosse stato sottoposto ad

approvazione ministeriale.

21. Che le condotte poste in essere da COBAT e contestate dall’Autorità, non

fossero connesse all’adempimento dei compiti istituzionali del Consorzio,

rispetto ai quali erano strumenti non necessari né proporzionati, si evince

all’evidenza dal quadro normativo:

a) a partire dal 2002 non erano più contemplati solo i raccoglitori “incaricati”

ma anche quelli “autorizzati” ed erano inoltre consentire le esportazioni di

batterie esauste;

b) dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 152/2006 e per circa due anni,

erano stati previsti consorzi facoltativi per la raccolta e smaltimento delle

batterie esauste, in concorrenza con COBAT.

22. In tale contesto normativo, pertanto, i raccoglitori non potevano essere

obbligati ad avere un vincolo di esclusiva con COBAT, atteso che tale vincolo

di esclusiva avrebbe potuto avere un nesso di strumentalità necessaria con il

fine istituzionale di COBAT solo in un contesto di indefettibile conferimento

obbligatorio delle batterie esauste al COBAT, direttamente o tramite

raccoglitori incaricati.

Ma in un contesto in cui il conferimento delle batterie esauste poteva avvenire

anche (i) ai raccoglitori autorizzati; (ii) a imprese di altri Stati dell’UE; (iii) a

consorzi facoltativi, le clausole di esclusiva non erano necessarie a fini

istituzionali e si colorano come anticoncorrenziali.

23. Né può condividersi l’assunto difensivo, sostenuto in prime cure, secondo

cui la clausola di esclusiva avrebbe una spiegazione alternativa lecita, sotto il

profilo che i raccoglitori incaricati, a differenza degli autorizzati, erano stati

scelti con procedura selettiva e avevano una serie di obblighi inerenti la

raccolta su richiesta di COBAT, anche in aree in cui la raccolta non fosse

remunerativa, sicché si comprenderebbe sia la clausola di esclusiva, sia il

migliore trattamento economico, volti ad assicurare il puntuale adempimento

degli obblighi assunti e, in particolare per assicurare una rete di raccolta

capillare anche nelle zone a bassa concentrazione di raccolta del rifiuto.

Tale assunto trascura che in base al diritto antitrust è vietato “applicare, nei

rapporti commerciali con altri contraenti, condizioni oggettivamente diverse

per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati svantaggi

nella concorrenza” (art. 2, co. 2, lett. d), l. n. 287/1990): sicché, il corrispettivo

per la raccolta delle batterie esauste avrebbe dovuto essere lo stesso,

trattandosi di prestazione equivalente, salvo a prevedere un autonomo e

separato corrispettivo per eventuali prestazioni aggiuntive.

L’assunto trascura inoltre che la tematica della disparità di trattamento di

raccoglitori incaricati e autorizzati era già stata stigmatizzata dal giudice

amministrativo (Tar Lazio – Roma, n. 4034/2001), sicché il COBAT non

poteva ignorare il carattere anticoncorrenziale della sua condotta. Tale

precedente afferma, infatti che:

a) i detentori delle batterie esauste non possono essere obbligati al

conferimento solo al consorzio (in via diretta o tramite i raccoglitori

incaricati), potendo conferirli anche ai raccoglitori autorizzati;

b) le esigenze segnalate dal consorzio, circa la raccolta “anche in condizioni di

mercato stagnante e in ribasso”, ovvero per quantità di rifiuti anche minime o

da prelevare in località decentrate, possono – invece – giustificare

l’assegnazione di incarichi da parte del consorzio stesso, per coprire

integralmente le aree interessate dalla presenza dei rifiuti di cui trattasi, in

qualsiasi condizione o in via integrativa;

c) detti incarichi vanno assegnati mediante “accordi contrattuali flessibili ed in

nessun caso preclusivi della concorrenza, ovvero senza le limitazioni”

derivanti dal mancato intervento sui “criteri di determinazione del compenso

per il servizio di raccolta e per il valore delle batterie recuperate, rendendo

non remunerativo il servizio stesso e di fatto continuando a precludere

l’attività imprenditoriale di soggetti autorizzati alla raccolta, che non siano i

predetti incaricati del consorzio”.

Di tale problematica il COBAT era a conoscenza come emerge dalle

risultanze istruttorie, da cui si evince che si dibatteva, in seno a COBAT, nel

corso del 2007, della necessità di rivedere il contratto con i raccoglitori.

24. Nel suddetto contesto normativo, inoltre, non poteva prevedersi una

clausola di decurtazione nei contratti con gli smelters, che comportava la

sottrazione alla quota assegnata dei quantitativi di batterie pervenuti agli

smelters per altra via, anche in conto lavorazione. Tale clausola aveva l’effetto

di una fidelizzazione degli smelters, in un quadro in cui gli stessi avrebbero

potuto approvvigionarsi di batterie esauste direttamente dai raccoglitori, o

tramite consorzi diversi dal COBAT.

Inoltre tale clausola, incentivando l’acquisto delle batterie in proprietà tramite

il COBAT, in danno del meccanismo del “conto lavorazione”, si è tradotta

nella preferenza di un meccanismo più vantaggioso economicamente per

COBAT e smelters, ma più costoso per i produttori di batterie e in definitiva

per i consumatori finali acquirenti.

24.1. Né è condivisibile l’assunto, che emerge dai ricorsi di primo grado,

secondo cui l’unica modalità di raccolta e smaltimento consentita (anzi,

imposta) dalla legge, sarebbe quella che vede il COBAT come acquirente e

rivenditore delle batterie esauste, e secondo cui il “conto lavorazione” sarebbe

stato contra legem.

Dal quadro normativo si evince una missione del COBAT indicata in termini

finalistici, senza alcun dettaglio sulle modalità concrete; nessuna disposizione

di legge imponeva che COBAT diventasse proprietario delle batterie esauste,

e che solo COBAT potesse cederle in proprietà agli smelters.

L’art. 9-quinquies, d.l. n. 397/1988 assegna al COBAT i compiti di “a)

assicurare la raccolta delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi e

organizzare lo stoccaggio” e di “b) cedere i prodotti di cui alla lettera a) alle

imprese che ne effettuano lo smaltimento tramite il riciclaggio.

L’espressione “assicurare la raccolta” delle batterie e “cedere” le batterie agli

smelters indicano solo una generica descrizione della missione del Consorzio,

che è di far raccogliere le batterie e di farle pervenire agli smelters, ma non

evoca alcun negozio giuridico prestabilito, né impone che nell’operazione il

COBAT o gli smelters diventino proprietari delle batterie esauste.

24.2. Anche di tale tematica in ambito COBAT si era consapevoli, come

emerge dalle risultanze istruttorie riportate nei parr. da 88 a 93 del

provvedimento impugnato: dalle quali si evince con chiarezza il conflitto

interno al COBAT tra produttori e smelters, e la consapevolezza che il sistema

“conto lavorazione” cui aspiravano i produttori sarebbe stato maggiormente

concorrenziale.

In particolare:

a) nel verbale del 13 aprile 2007, relativo a un incontro tra la Commissione e

le associazioni dei

raccoglitori di batterie, si legge che il presidente di COBAT, ing. Morandi,

“pone ai

presenti una considerazione di carattere generale, con il Pb così alto, il sistema organizzativo

sul

quale poggia l’operatività del COBAT non è più coerente. Ovvero il garantire la raccolta ai

livelli

degli anni scorsi, il garantire il flusso dei materiali agli impianti di riciclo, gestire le raccolte

globali. Con le quotazioni del Pb così alto, anche il valore del rottame batteria cresce

favorendo

l’inserimento di nuovi attori che inevitabilmente turbano il mercato così come oggi è

concepito. Il

sistema organizzativo del COBAT non è più coerente con la nuova situazione. Attori

produttori di

batterie che organizzano in proprio le raccolte di rottame. // Altri che tendono timidamente

a

iniziare. // In Italia la potenzialità di riciclo del Pb è di molto superiore alle quantità di

rottame

raccolto/disponibile”. “Le quantità di rottame disponibili sono+// 200.000 ton, di

conseguenza con l’aumentare del valore del Pb, aumentano i costi perl’acquisto del rottame e

la competizione nel mercato. Il tentativo che stiamo perseguendo è quellodi trovare una

nuova modalità operativa […] Si sta cercando di trovare un accordo che facciacessare le

raccolte fatte da alcuni produttori. I riciclatori dovrebbero fornirci circa 25.000 ton diPb

dolce, che a sua volta il COBAT rivende ai produttori. I riciclatori rinunciano ad una

parte deiloro utili, i produttori cessano le raccolte in proprio del rottame, occorre che anche i

raccoglitorimettano in campo iniziative che facilitino l’accordo […] In alternativa, conclude

l’ing. Morandi,si dovranno rivedere i contratti di raccolta, lasciando ai raccoglitori la facoltà

di consegnare ilrottame al COBAT o ad altri, lasciando al COBAT la competenza sulla

microraccolta, e sulmonitoraggio previsto dalla normativa. Questo aumenta la concorrenza,

ma anche i reciprocicosti. Le modifiche al contratto dei raccoglitori si possono attuare con

una certa facilità, per

quanto riguarda i contratti dei riciclatori, questi sono in scadenza al 31 dicembre 2007”.

b) nel verbale di riunione del 5 aprile 2007, l’allora rappresentante dei

produttori afferma che “se i raccoglitori intendono intraprendereattività extra

COBAT, anche i produttori/importatori di batterie sono pronti” . Più oltre, il

presidente ing. Morandi rileva che “se si desidera arrivare a un accordo, occorre che le

categorie siano consapevoli che tutte devono rinunciare ad una parte dei propri interessi”.

c) al medesimo periodo è anche da ricondurre un tentativo di accordo

caldeggiato dai produttori

con gli altri operatori consorziati a COBAT, fallito per l’opposizione degli

smelter e alla quale ha

fatto evidentemente seguito una recrudescenza della contrapposizione tra le

parti (all’origine, con

ogni probabilità, della risoluzione di ANIE a presentare la segnalazione

all’Autorità a suo tempo

presa in considerazione per l’avvio del presente procedimento). Tale accordo,

per quanto è dato

capire, prevedeva “per qualunque tipo di lega e/o secondario lo sconto di 50 euro sui

premi [di

trasformazione da riconoscersi agli smelter]”, a fronte dell’impegno dei

produttori “per tutta la

durata dell’accordo a non intraprendere e/o promuovere direttamente o indirettamente la

raccolta

sul mercato italiano” (doc. IV.199);

d) nel verbale di riunione del 16 febbraio 2006 si legge: “Produttori,pagano con il

sovrapprezzo la raccolta. Raccoglitori, pongono il problema degli alti costi in casodi

sottrazione delle quantità [di batterie al piombo esauste] dal sistema COBAT.

Riciclatori, hannoposto il vincolo di acquisto delle batterie in Italia, e desiderano avere a

disposizione una quota delmaggior valore del piombo. L’ing. Urbani [consigliere

COBAT riconducibile agli smelter] dichiara che il valore del piombo secondo una serie

di studi è costretto, nel tempo, a subire unariduzione del suo valore. Prosegue dichiarando

che alcuni consorziati operano con un sistemaalternativo creando problemi al CdA del

COBAT. In senso generale tutti sottolineano il fatto chel’obbiettivo consiste nel come si

possano equilibrare le rispettive convenienze”; il presidente della Commissione

“informa che abbiamo un problema reale in quanto alcuni produttori stanno pensando di

creare un sistema in Italia simile a quello in essere negli USA. Ovvero un accordo diretto di

conto lavorazione tra i produttori e i riciclatori. In una parola il problema è oggi la

convenienza in quanto i produttori hanno un problema di competitività”.

25. Quanto alla circostanza che la clausola di decurtazione sia stata modificata

in corso di procedimento antitrust nell’anno 2008, tale elemento:

a) non elide il dato di fatto che quanto meno dal 2002, e fino alla introdotta

modifica, la clausola ha operato;

b) comprova che la clausola non rispondeva ad una stretta necessità per la

missione affidata al COBAT;

c) non risolve la problematica perché anche il meccanismo introdotto con la

nuova clausola di fatto disincentiva il conto lavorazione rispetto alla vendita.

In dettaglio, la nuova clausola prevede che:

- ciascuno smelter ha la facoltà di ritirare extra COBAT e sotto qualsiasi forma

giuridica, batterie esauste e sottoprodotti derivanti dal trattamento delle

batterie esauste;

- il COBAT rimane estraneo ad ogni rapporto tra smelters e terzi conferenti;

- le quantità di cessione agli smelters di batterie da parte del COBAT viene

determinata in base al complessivo raccolto in Italia.

Determinandosi le quote assegnate in ambito COBAT sulla complessiva

raccolta di batterie esauste in Italia, è evidente che la quota di ciascuno smelter

viene comunque decurtata dei quantitativi che lo stesso riceve extra COBAT,

con sostanziale identità della nuova clausola rispetto alla precedente.

Né può ritenersi contraddittorio l’operato dell’Autorità che, in sede cautelare,

riteneva la nuova clausola idonea ad evitare l’adozione di misure cautelari, e in

sede di decisione di merito, re melius perpensa, ha ritenuto la nuova clausola

ugualmente lesiva.

E’ noto, infatti, che le valutazioni compiute in sede cautelare sono sommarie e

non sono vincolanti in sede di decisione finale, senza che sia necessario

motivare puntualmente sulle ragioni di scostamento dalle valutazioni

compiute in sede cautelare.

26. Correttamente, poi, è stata stigmatizzata l’intesa tra gli smelters, che ha

comportato una ripartizione delle quote di batterie esauste da assegnare a

ciascuno di essi. Tale intesa ha avuto lo scopo e l’effetto di garantire a

ciascuno smelter una quota di batterie, acquistate in proprietà, con la possibilità

di rivendere a prezzo di mercato il piombo derivante dal riciclo (a fronte di

batterie esauste oggetto di conferimento obbligatorio e gratuito da parte dei

produttori). In un contesto di aumento del prezzo della materia prima

piombo, tale meccanismo si è tradotto in un notevole vantaggio economico

per gli smelters. L’istruttoria compiuta dall’Autorità denota, poi, come gli

smelters fossero fortemente interessati al mantenimento dello status quo e si

opponessero a meccanismi alternativi, per essi meno vantaggiosi, in

particolare il meccanismo del “conto lavorazione”, in virtù del quale i

produttori di batterie, anziché essere obbligati al conferimento gratuito,

avrebbero potuto direttamente conferire le batterie agli smelters, invece che in

proprietà, al solo fine della lavorazione, pagando infine solo il prezzo delle

operazioni di riciclo del piombo e smaltimento degli scarti.

27. In definitiva, l’operare combinato delle quote assegnate a ciascuno smelter e

della clausola di “decurtazione” in virtù della quale la quota assegnata a

ciascuno smelter veniva decurtata della quantità di batterie altrimenti acquistate

dallo smelter, tramite terzi, anche in conto lavorazione, assumono un ruolo

chiaramente disincentivante del meccanismo conto lavorazione, meno

vantaggioso economicamente per gli smelters.

Il meccanismo “conto lavorazione” che ben avrebbe potuto e dovuto essere

contemplato dal COBAT per il raggiungimento dei suoi fini istituzionali,

avrebbe consentito un netto risparmio ai produttori di batterie, con

conseguente possibilità di riduzione del prezzo del prodotto finito, e

vantaggio per i consumatori.

28. Le clausole di esclusiva nei contratti con i raccoglitori e di decurtazione

nei contratti con gli smelters si sono tradotte anche in un vantaggio per

COBAT, che attraverso il meccanismo di diventare acquirente e rivenditore

delle batterie esauste, ha accumulato utili economici senza che

contestualmente si sia proceduto ad una riduzione del contributo ambientale.

29. Né le clausole di esclusiva né quelle di decurtazione, né la ripartizione del

quantitativo complessivo di batterie esauste tra gli smelters appaiono

giuridicamente necessitati dalle finalità istituzionali di COBAT. L’obiettivo di

tutela ambientale mediante la raccolta e riciclo delle batterie esauste, rendeva

necessario solo che venisse garantito un meccanismo di raccolta capillare; il

meccanismo poteva essere capillare anche attraverso strumenti diversi, tanto

più in un mutato contesto economico in cui il nuovo prezzo di mercato del

piombo di per sé era diventato un incentivo al riciclo.

30. Le condotte poste in esse rientrano tra violazioni tipiche della disciplina

della concorrenza: si tratta da un lato, di atti consortili, e, dall’altro lato, di

un’intesa orizzontale tra imprese concorrenti, entrambi preordinati alla

ripartizione del mercato.

31. Non inficiano la bontà della ricostruzione operata dall’Autorità alcuni

elementi valorizzati dal Tar per accogliere i ricorsi di primo grado.

31.1. Anzitutto, non determina vizio di contraddittorietà del provvedimento la

circostanza che nel 1999 l’Autorità si fosse espressa (con parere 20 gennaio

1999) nel senso che il COBAT non contrastasse con il diritto antitrust,

dovendo ritenersi prevalente la finalità di tutela ambientale. Invero il parere

del 1999 era stato reso in un diverso contesto economico, in cui stante il

prezzo basso del piombo, il mercato non aveva incentivi a operare la raccolta

e riciclo delle batterie esauste, sicché era necessitato l’operare di un Consorzio

obbligatorio fruente di un finanziamento pubblico per coprire il differenziale

tra i costi di raccolta e il prezzo di rivendita agli smelters. In un mutato contesto

economico (aumento del prezzo del piombo) e normativo (apertura alla

concorrenza), non è contraddittorio il mutamento di rotta dell’AGCM.

31.2. Inoltre non inficia la bontà della ricostruzione operata dall’Autorità il

dato relativo alla ripartizione delle quote di batterie esauste da attribuire a

ciascuno smelter in proporzione alla quota di partecipazione al Consorzio.

Dirimente è la considerazione che il legislatore contempla le quote di

partecipazione al Consorzio, ma non autorizza una divisione delle quote di

mercato in modo automatico e proporzionale.

31.3. Neppure può condividersi l’assunto del Tar secondo cui a fronte di

obblighi legislativi del Consorzio, gli stessi, se ritenuti in contrasto con la

concorrenza, avrebbero dovuto comportare la disapplicazione della

normativa, senza applicazione di sanzione e con segnalazione al Governo

della necessità di una modifica normativa, ai sensi dell’art. 21, l. n. 287/1990.

Dispone l’appena citato art. 21 che “1. Allo scopo di contribuire ad una più completa

tutela della concorrenza e del mercato, l'Autorità individua i casi di particolare rilevanza

nei quali norme di legge o di regolamento o provvedimenti amministrativi di carattere

generale determinano distorsioni della concorrenza o del corretto funzionamento del mercato

che non siano giustificate da esigenze di interesse generale.

2. L'Autorità segnala le situazioni distorsive derivanti da provvedimenti legislativi al

Parlamento e al Presidente del Consiglio dei Ministri e, negli altri casi, al Presidente del

Consiglio dei Ministri, ai Ministri competenti e agli enti locali e territoriali interessati.

3. L'Autorità, ove ne ravvisi l'opportunità, esprime parere circa le iniziative necessarie per

rimuovere o prevenire le distorsioni e può pubblicare le segnalazioni ed i pareri nei modi più

congrui in relazione alla natura e all'importanza delle situazioni discorsive”.

Tuttavia, nel caso di specie non si può ritenere che la condotta

anticoncorrenziale sia stata posta in essere in adempimento di obblighi

legislativi, e che dunque la distorsione della concorrenza sia imputabile alla

legge, in quanto i compiti istituzionali assegnati dalla legge al COBAT

potevano essere perseguiti con condotte diverse rispettose delle regole della

concorrenza, mentre le condotte in concreto poste in essere non erano

necessitate né proporzionate rispetto agli obblighi di legge.

31.4. Neppure può condividersi l’assunto del Tar secondo cui la direttiva

comunitaria 91/157/CE non impedirebbe un sistema monopolistico di

raccolta e smaltimento delle batterie esauste, essendo l’obiettivo di tutela

ambientale preminente su quello di tutela della concorrenza e del mercato.

In realtà da tale direttiva si desume come gli Stati membri erano invitati a

raggiungere l’obiettivo mediante strumenti rispettosi della tutela della

concorrenza. L’art. 7 di essa dispone, infatti, che “Gli Stati membri

provvedono a che la raccolta selettiva ed eventualmente l'instaurazione di un

sistema di cauzione siano organizzate in modo efficace. Gli Stati membri

inoltre, al fine di incoraggiare il riciclaggio, possono introdurre misure quali,

per esempio, strumenti economici. Tali misure devono essere introdotte dopo

aver consultato le parti interessate, devono basarsi su validi criteri ecologici ed

economici ed evitare distorsioni di concorrenza”. Dunque le misure da

adottarsi per incoraggiare il riciclaggio non devono comportare distorsioni

della concorrenza, il che implica che l’obiettivo di tutela ambientale va

perseguito senza sacrificare la tutela del mercato.

Tanto è in linea con la posizione degli organi comunitari secondo i quali

l’obiettivo di tutela ambientale può giustificare un sacrificio della concorrenza

solo se venga rispettato il principio di proporzionalità, ossia se il sacrificio

della concorrenza sia indispensabile per il raggiungimento dell’obiettivo (v.

Commissione – Linee direttrici sull’applicazione dell’art. 101 TFUE agli

accordi di cooperazione orizzontale, par. 314; Comunicazione della

Commissione sugli accordi in materia di ambiente 27 novembre 1996 n. 561.

parr. 27 e 27; Trib. CE, 24 maggio 2007 T-151/01, Der Grüne Punkt, secondo

cui ai sensi dell’art. 86, n. 2, Trattato CE le imprese incaricate della gestione di

servizi di interesse economico generale sono sottoposte alle norme del

Trattato, e in particolare a quelle in materia di concorrenza, qualora

l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di

fatto, degli specifici compiti loro affidati. Tale articolo dispone anche che lo

sviluppo degli scambi non dev’essere compromesso in misura contraria agli

interessi della Comunità).

31.5. Infine non può condividersi l’assunto, prospettato negli scritti difensivi

in prime cure e fatto proprio dal Tar, che COBAT avrebbe operato in un

quadro normativo di monopolio legale, non essendo state previste, se non per

limitati periodi, aperture alla concorrenza, che in concreto non si sarebbero

realizzate.

Infatti sin dal 2002 era stata prevista non solo la possibilità di esportazione

delle batterie esauste, in alternativa al conferimento obbligatorio al Consorzio,

ma anche, e in concomitanza con siffatta possibilità, la figura del raccoglitore

“autorizzato” che aveva la facoltà alternativa di esportare o conferire al

Consorzio.

Inoltre a far data dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 152/2006, e per circa un

biennio, era stata normativamente prevista l’apertura alla concorrenza, con la

previsione dei Consorzi facoltativi, previsione i prosieguo abrogata per un

breve lasso temporale, salvo poi a introdurre a regime un regime

concorrenziale della raccolta e riciclo delle batterie esauste.

Né rileva l’assunto sostenuto da COBAT in prime cure, che la concorrenza

non si sarebbe realizzata in concreto, atteso che la condotta

anticoncorrenziale di COBAT è stato un fattore determinante di ostacolo alla

concorrenza.

ACCOGLIMENTO DEI QUATTORDICI APPELLI PRINCIPALI

32. In conclusione:

- la natura giuridica formale del Consorzio è irrilevante in relazione ai suoi

doveri di condotta sul mercato, se risulta provato, come lo è, che il Consorzio

ha operato in un quadro normativo ed economico di mercato;

- il quadro normativo non comportava un obbligo assoluto di conferimento al

Consorzio delle batterie esauste;

- il quadro normativo, consentendo l’operare sul mercato di raccoglitori

autorizzati, esportatori, consorzi volontari, non rendeva necessitate e perciò

lecite clausole contrattuali di esclusiva.

Per l’effetto, i quattordici appelli vanno accolti.

ESAME DEI MOTIVI ASSORBITI

33. Si impone, a questo punto, l’esame dei motivi assorbiti in prime cure,

riproposti da ciascuno dei sei appellati costituiti. I motivi sono stati riproposti

con memoria (come è consentito, trattandosi di appelli già depositati alla data

di entrata in vigore del c.p.a., dall’art. 3, disp. trans., c.p.a.).

MOTIVI ASSORBITI DEL RICORSO DI PRIMO GRADO DI COBAT

(appelli nn. 6427/2010, 6569/2010 e 6649/2010)

34. Nell’ordine logico va esaminato il ricorso di primo grado di COBAT, le

cui censure sono state riproposte con memoria, in relazione agli appelli nn.

6427/2010, 6569/2010 e 6649/2010.

35. Con una prima censura si lamenta il difetto di istruttoria da parte

dell’Autorità, che avrebbe ritenuto restrittivo della concorrenza il contratto

con i raccoglitori, senza sentire questi ultimi e basandosi sulle dichiarazioni dei

denuncianti.

35.1. L’assunto va disatteso, atteso che gli elementi raccolti dall’Autorità sono

più che sufficienti a reggere l’impatto accusatorio sicché nulla avrebbe

aggiunto il supplemento istruttorio indicato dal COBAT.

36. Con ulteriori due motivi si contesta il carattere anticoncorrenziale del

contratto con i raccoglitori e del contratto con gli smelters.

36.1. Gli argomenti risultano già disattesi dal Collegio in sede di esame degli

appelli principali.

37. Viene poi contestato il par. 269 del provvedimento impugnato, in cui si

afferma che “Come detto, COBAT assegna agli smelter le batterie esauste

raccolte attraverso un meccanismo pro quota (art. 2.1 del CCS). Tale decisione

risulta costituire un’autonoma violazione di cui all’art. 81 del Trattato CE,

posto che in tal modo il Consorzio ha di fatto escluso altre opzioni, in primo

luogo la gara, che avrebbero potuto determinare un reale confronto

competitivo tra i riciclatori per l’accaparramento di materia prima. Tale scelta

pare trovare la sua più chiara giustificazione in quanto a suo tempo

considerato dal COBAT, ovvero che – lungi dal perseguire un assetto

maggiormente concorrenziale del settore e/o l’ottenimento di migliori risultati

sotto il profilo ambientale – il criterio dell’assegnazione pro-quota sarebbe

stato motivato “anchedall’interesse a mantenere una omogenea presenza territoriale degli

smelters su base nazionale” (supra, § 119), ovvero a tutelare le attività produttive

degli operatori consorziati”.

37.1. Si lamenta anzitutto la violazione del principio di contestazione

dell’infrazione, atteso che tale autonoma violazione non sarebbe stata in

precedenza contestata, prima della CRI, e si invoca all’uopo il precedente

Cons. St., sez. VI, 2 ottobre 2007 n. 5085.

Si lamenta in secondo luogo che il criterio pro quota è razionale, non

discriminatorio, e che non è provato che il criterio della gara sarebbe più

razionale.

37.2. La censura di ordine procedurale va disattesa.

Non sembra al Collegio che il precedente invocato sia da interpretare nel

senso preteso dal ricorrente, e segnatamente nel senso che in sede di CRI non

si potrebbero compiere contestazioni diverse da quelle iniziali.

Il precedente sembra piuttosto da interpretare nel senso che la fase istruttoria

serve proprio a individuare la corretta imputazione degli addebiti, e che la

imputazione (o se si vuole la contestazione degli addebiti) si cristallizza con la

CRI (comunicazione delle risultanze istruttorie).

La CRI fissa infatti un temine di chiusura della fase di acquisizione degli

elementi probatori e le parti possono presentare memorie e documenti sino a

cinque prima di tale termine, e possono, entro cinque giorni dal ricevimento

della CRI, chiedere di essere sentiti (art. 14, d.P.R. n. 217/1998).

Le parti, pertanto, dopo la CRI, hanno ampio margine per esercitare il diritto

di difesa, contestando l’imputazione e fornendo prove a discarico.

Ovviamente, il provvedimento finale non può contenere imputazioni diverse

da quelle contestate con la CRI.

In definitiva la CRI costituisce la finale contestazione degli addebiti con la

delimitazione dell’imputazione: ove emergessero ulteriori elementi nella fase

procedimentale successiva, sarebbe necessario, per modificare l’imputazione,

procedere a nuova contestazione, in quanto la decisione finale deve riferirsi

alle imputazioni contestate, in analogia a quanto si verifica nel processo

penale.

Le conclusioni qui raggiunte sono coerenti con quanto affermato

dall’invocato precedente della Sezione n. 5085/2007, in cui si legge “La

Sezione ha già statuito che la contestazione iniziale in base alla quale sia stata

portata a termine una corrispondente istruttoria, non consente di pervenire,

all’interno dello stesso procedimento, e dopo la conclusione dell’istruttoria

stessa, alla legittima contestazione di ulteriori fatti ipotizzati come autonomi

illeciti, assumendoli come rilevanti nell’unico procedimento già instaurato ed

inserendoli in tale procedimento nello stato in cui esso si trova in relazione

alla prima contestazione”.

37.3. Venendo al caso di specie, in esso il provvedimento impugnato

configura come autonomo illecito antitrust l’assegnazione delle batterie

esauste agli smelters secondo il criterio delle quote anziché secondo il criterio

della gara (par. 268 del provvedimento), ma tale imputazione è già contenuta

nella CRI del 15 gennaio 2009 (art. 190).

La CRI fissava come termine finale per acquisizione di elementi probatori la

data del 4 marzo 2009.

Le parti hanno avuto un termine di quasi cinquanta giorni per difendersi

dall’imputazione.

Non vi è stata pertanto alcuna violazione del contraddittorio.

37.4. Va disattesa anche la censura di merito.

Non vi era una correlazione necessaria tra quote di partecipazione al

Consorzio e quote di partecipazione alla divisione delle batterie, imposta dalla

legge.

Né convince l’assunto che le quote fossero correlate alla capacità produttiva e

pertanto rispondenti ad un criterio logico, atteso che:

a) le quote facevano riferimento alla capacità produttiva dell’anno precedente,

che a sua volta si basava sulla quota prestabilita, decurtata dalla raccolta

esterna; sicché la capacità produttiva restava fissa e immutabile da un anno

all’altro, e non c’era possibilità di modifica;

b) in un sistema per quote rigide, dunque, è la capacità produttiva ad

adeguarsi alle quote, in un sistema con gara, ben potrebbe accadere il

contrario.

Il sistema delle quote, pertanto, effettivamente non incentiva lo sviluppo della

concorrenza, ma salvaguarda lo status quo.

Né convince l’assunto che il sistema della gara non sarebbe consono ad una

situazione di mercato connotata da incertezza sulla remuneratività

dell’affidamento.

E, invero:

a) l’assunto sulla inidoneità della gara è meramente ipotetico e non ha il

riscontro della prova concreta atteso che non vi è mai stata una pubblica gara;

b) viene trascurato il dato fondamentale che la differenza tra costo del riciclo

e prezzo di vendita del piombo riciclato, in periodi di prezzo basso del

piombo, resta coperta dal contributo ambientale, sicché vi era comunque un

margine di appetibilità per l’attività di riciclo, anche in periodo di basso

prezzo del piombo, e dunque una possibilità di affidamento con gara;

c) irrilevante è il dato che vi fu solo una trattativa privata con esito

insoddisfacente, perché un conto è la trattativa privata, un conto sarebbe stata

una gara pubblica che avrebbe attratto un maggior numero di aspiranti.

Né è incompatibile con la gara il meccanismo di adesione obbligatoria al

Consorzio, imposto agli smelters, atteso che l’adesione al Consorzio ben poteva

essere configurata come un posterius, a seguito di scelta con gara degli smelters,

anziché un prius.

38. Un ulteriore ordine di censure è diretto contro la sanzione pecuniaria.

38.1. Con una prima censura si contesta in radice l’applicazione della

sanzione, osservandosi che:

a) il provvedimento ha considerato l’illecito “molto grave” avuto riguardo

all’oggetto e all’effetto dell’intesa, alla natura giuridica e alle finalità

istituzionali del COBAT, e considerando, quanto alla durata, un inizio

dell’illecito nel 2002 e ancora in corso durante il procedimento;

b) difetterebbero i presupposti di carattere soggettivo per considerare l’illecito

“molto grave”;

c) sarebbe stato negletto il contesto normativo di monopolio legale in cui

COBAT ha operato; se anche non si vogliano ritenere le condotte di COBAT

imposte dalla legge, quantomeno esse sarebbero state facilitate dal contesto

normativo medesimo; la invocata “liberalizzazione” non avrebbe mai avuto

attuazione;

d) sarebbe infondato l’assunto in ordine alla dannosità della condotta di

COBAT, che ha invece raggiunto gli obiettivi prefissi di raccolta e riciclaggio;

e) anche la durata sarebbe stata erroneamente individuata.

38.2. Con una seconda censura si contesta, invece, la sola quantificazione della

sanzione, applicata in una percentuale del 5,87% del fatturato, percentuale tra

le più elevate applicate ad un ente associativo.

Si lamenta la iniquità e la sproporzione della sanzione.

L’Autorità avrebbe dovuto considerare specifiche circostanze attenuanti e in

particolare:

- la novità del caso;

- l’essere stato il comportamento anticoncorrenziale autorizzato o

incoraggiato dalla legge;

- l’assenza di consapevolezza, in capo a COBAT, del carattere

anticoncorrenziale della propria condotta, essendosi piuttosto ingenerato un

legittimo affidamento di COBAT nella liceità della sua condotta avuto

riguardo al parere dell’AGCM reso nel 1999.

La base di calcolo della sanzione ha poi tenuto conto delle riserve patrimoniali

del Consorzio, nel cui ambito però confluiscono circa 10 milioni di utili di

esercizio realizzati prima del periodo preso in considerazione per la

contestazione dell’abuso.

39. Le censure meritano solo parziale accoglimento.

39.1. Va condivisa la qualificazione dell’illecito come “molto grave” operata

dall’Autorità, atteso che le risultanze istruttorie evidenziano la

consapevolezza, in capo a COBAT, del carattere anticoncorrenziale della

propria condotta.

Non si può pertanto accogliere la censura finalizzata all’azzeramento della

sanzione.

39.2. Quanto alla misura della sanzione non potevano militare come

circostanze attenuanti la novità del caso e il contesto normativo in fase

evolutiva, che pur potendo ingenerare incertezze sulle corrette condotte da

tenere, avrebbero imposto una condotta prudentemente orientata in senso

pro concorrenziale, e non giustificavano, invece, una condotta di chiara

chiusura alla concorrenza. Tanto più che il COBAT era ben consapevole che i

costi superiori ai ricavi erano già coperti dal finanziamento pubblico mediante

contributo ambientale, e che pertanto gli extraprofitti avrebbero dovuto

indurre ad un ripensamento, dal 2002 in poi, del sistema precedente.

Il monopolista legale, proprio per la particolare posizione di vantaggio di cui

gode, è tenuto a limitare le condotte non concorrenziali a ciò che è

strettamente necessario per il fine istituzionale perseguito.

39.3. Va invece condivisa la censura in ordine alla base di calcolo della

sanzione.

Invero:

- ai sensi dell’art. 15, l. n. 287/1990, la sanzione va calcolata in una

percentuale fino al 10% del fatturato realizzato in ciascuna impresa o ente

nell'ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida;

- secondo gli orientamenti della Commissione europea, la sanzione va

commisurata al valore delle vendite dei beni cui l’infrazione si riferisce.

Nel caso di specie, l’Autorità non ha tenuto conto del fatturato annuale, ma

delle riserve patrimoniali complessive accumulate nel corso degli anni e pari a

21,7 milioni di euro, a fronte delle quali è stata irrogata una sanzione di 4,4

milioni di euro. La sanzione è dunque stata quantificata in una percentuale

che supera il 20%, ed inoltre calcolata su una base più ampia del fatturato

annuale.

Il Collegio non è in grado di rideterminare la sanzione, difettando agli atti di

causa elementi conoscitivi in ordine al fatturato dell’ultimo esercizio chiuso

anteriormente alla notificazione della diffida.

Il Collegio pertanto demanda all’Autorità il compito di rideterminare la

sanzione, in misura percentuale non superiore al limite legale, e rapportata al

fatturato realizzato dal Consorzio nell'ultimo esercizio chiuso anteriormente

alla notificazione della diffida.

39.4. In conclusione il Collegio accoglie il ricorso di primo grado di COBAT

limitatamente alla misura della sanzione, da rideterminarsi da parte

dell’Autorità con i criteri indicati.

MOTIVI ASSORBITI DEL RICORSO DI PRIMO GRADO DI

PIOMBOLEGHE (appelli nn. 6430/2010 e 6636/2010) E MOTIVI

ASSORBITI DEL RICORSO DI PRIMO GRADO DI ME.CA. LEAD

RECYCLING S.P.A. (appelli nn. 6433/2010 e 6638/2010)

40. Possono essere congiuntamente esaminati i motivi assorbiti del ricorso di

primo grado di Piomboleghe, riproposti con memoria in relazione agli appelli

nn. 6430/2010 e 6636/2010, e i motivi assorbiti del ricorso di primo grado di

ME.CA. LEAD RECYCLING s.p.a. riproposto con memoria in relazione

agli appelli nn. 6433/2010 e 6638/2010.

Essi infatti sollevano identiche questioni.

41. Un primo gruppo di motivi assorbiti in primo grado, contesta la

commissione dell’illecito anticoncorrenziale da parte del COBAT.

41.1. Si lamenta anzitutto la disparità di trattamento tra smelters e raccoglitori

in quanto i secondi non sono stati coinvolti nel procedimento.

41.2. La censura va disattesa perché il vizio di disparità di trattamento è

configurabile solo a fronte di situazioni del tutto identiche.

Nel caso di specie numerosi elementi di fatto differenziano la posizione degli

smelters da quella dei raccoglitori, emergendo dall’istruttoria la posizione di

particolare forza contrattuale che, in seno al Consorzio, avevano gli smelters (in

numero di soli sei) rispetto ai raccoglitori (in numero ben più elevato). Solo

per i primi, e non per i secondi, inoltre, è emerso anche il raggiungimento di

un’autonoma intesa restrittiva.

42. Si lamenta in secondo luogo che se si fosse prevista una cessione delle

batterie esauste in via diretta dai raccoglitori agli smelters, sarebbe venuta meno

la gestione centralizzata in capo a COBAT, voluta dalla legge.

42.1. La censura non può essere condivisa.

La gestione centralizzata ben può avvenire anche nell’evenienza prospettata,

mediante un sistema di controlli.

43. Si lamenta in terzo luogo che il criterio pro quota per l’assegnazione delle

batterie agli smelters sarebbe razionale, non discriminatorio, e che non è

provato che il criterio della gara sarebbe più razionale.

43.1. La censura è di tenore analogo a quella contenuta nel ricorso di primo

grado di COBAT.

Il Collegio ha già esaminato e disatteso tale censura in sede di esame del

ricorso di primo grado di COBAT.

In questa sede le censure vanno pertanto disattese con i medesimi argomenti,

per i quali il Collegio rinvia ai capi di sentenza dedicati al ricorso di primo

grado di COBAT.

44. Con altro gruppo di censure si lamenta l’illegittimità del provvedimento

nella parte in cui imputa alle società di smelting una autonoma intesa.

A sostegno della tesi difensiva vengono addotti i seguenti argomenti:

a) la condotta anticoncorrenziale postula la possibilità di tenere

comportamenti indipendenti: nella specie, invece, vi erano obblighi legislativi,

e vincoli, per gli smelters, derivanti dalle delibere consortili;

b) non sussisterebbero i presupposti soggettivi per l’imputabilità dell’illecito

anticoncorrenziale, che deve essere imputabile a titolo di condotta cosciente e

volontaria, dolosa o colposa; sarebbe invece mancata in capo agli smelters la

consapevolezza del carattere illecito della condotta.

c) vi sarebbe violazione del ne bis in idem, in quanto per i medesimi fatti è già

sanzionato il COBAT, di cui gli smelters fanno parte;

d) difetterebbero gli elementi oggettivi dell’autonoma intesa, e segnatamente

lo scambio di informazioni sensibili e le pratiche concordate; le informazioni

scambiate sarebbero di dominio pubblico e avrebbero una spiegazione

alternativa lecita; sarebbero mancate politiche comuni volte a mantenere lo

status quo; gli smelters non avrebbero avuto la possibilità di far prevalere la

propria posizione in ambito consortile, avendo una quota di partecipazione

pari a quella dei produttori;

e) censurabile sarebbe la valutazione di gravità dell’intesa, valutazione che non

terrebbe conto del contesto normativo;

f) erronea sarebbe la determinazione della durata dell’intesa, atteso che quella

degli smelters non potrebbe farsi risalire al 2002.

45. Le censure sono nel loro complesso infondate.

45.1. Quanto all’argomento sub a), la tesi non può essere condivisa perché si è

già ampiamente dato conto di come la legislazione non imponesse né

facilitasse condotte anticoncorrenziali.

Il provvedimento impugnato dà inoltre conto con ampia istruttoria del ruolo

peculiare degli smelters in ambito COBAT e del loro interesse a mantenere il

sistema delle quote di assegnazione (v. parr. 115, 116 e 117 del

provvedimento impugnato). Il sistema delle quote è stato infatti deliberato in

epoca in cui gli smelters avevano una partecipazione al Consorzio pari al 50%,

potendone così determinare la volontà.

45.2. Va disatteso anche l’argomento sub b).

Il provvedimento impugnato e le risultanze istruttorie denotano che gli smelters

in ambito COBAT difendevano accanitamente la propria posizione, pur

consapevoli delle proteste dei produttori, che proponevano altri sistemi di

raccolta e conferimento (parr. 88 e ss.; parr. 115, 116 e 117)

Non si può negare la consapevolezza del carattere anticoncorrenziale della

loro condotta.

45.3. Va disatteso l’argomento sub c).

Il bis in idem postula la perfetta identità soggettiva e oggettiva, che nel caso di

specie non ricorre atteso che:

- il Consorzio ha una maggiore complessità soggettiva, non essendo

emanazione dei soli smelters;

- gli smelters hanno tenuto condotte ulteriori, extra COBAT, tramite la propria

associazione di categoria, per conseguire il risultato dell’assegnazione per

quota;

- gli illeciti contestati al Consorzio hanno portata oggettiva differente rispetto

a quello addebitato agli smelters.

45.4. Vanno disattese le censure sub d).

Esse sono smentite dalle risultanze istruttorie da cui risulta un chiaro

coordinamento delle condotte degli smelters al fine di mantenere la propria

posizione, e che il sistema delle quote è stato introdotto quando gli smelters

detenevano la maggioranza delle quote consortili (50%) (parr. 115, 116 e 117

del provvedimento).

I parr. da 140 a 169 del provvedimento danno conto delle numerose condotte

tenute dagli smelters al di fuori di riunioni in ambito COBAT, finalizzate a

assumere un comportamento compatto e uniforme di rifiuto della modalità

del conto lavorazione; al punto che quando uno smelter acquisiva in conto

lavorazione ridotte quantità, si contestava tale condotta e si chiedeva il

rispetto dell’impegno a tenere una condotta compatta.

Vi è dunque la piena prova di una pratica concordata anticoncorrenziale.

E’ anche ampiamente documentato lo scambio di informazioni sensibili,

finalizzato a stabilire la ripartizione ottimale delle quote di assegnazione delle

batterie, nei medesimi parr. sopra citati.

Tutto ciò è avvenuto mediante contatti diretti tra gli smelters fuori da COBAT,

e talora per il tramite dell’associazione di categoria AIRPB.

Vi sono perciò tutti gli elementi costitutivi di un’autonoma intesa.

45.5. Vanno infine disattese le censure sub e) ed f).

Quanto alla gravità dell’illecito, il contesto normativo non autorizzava

condotte anticoncorrenziali e l’intesa è grave proprio perché raggiunta in un

ambito in cui si imponeva neutralità e imparzialità di comportamento, tanto

più che l’equa remunerazione per gli smelters era già assicurata tramite il

finanziamento pubblico (mediante contributo ambientale), per cui la pretesa

degli smelters di lucrare l’extraprofitto derivante dall’aumento del prezzo del

piombo non è semplicemente una contesa “smelters contro produttori” ma è

una condotta che ha danneggiato in definitiva i consumatori.

Quanto alla durata dell’illecito, è sin dal 2002 che emerge il tentativo di

ostacolare la concorrenza nel mercato della raccolta e riciclo delle batterie

esauste.

46. Con ulteriore ordine di censure, si assume la peculiarità della posizione sia

di Piomboleghe che di ME.CA. LEAD RECYCLING s.p.a., che avrebbero

per oggetto un’attività più ampia di quella in ambito COBAT e che avrebbero

sempre tentato di ampliare la propria a acquisizione di batterie.

46.1. Quanto, in particolare, alla posizione di Piomboleghe, si lamenta la

mancata valutazione dei documenti istruttori, da cui emergerebbe che il legale

rappresentante di Piomboleghe avrebbe svolto un ruolo di mediatore tra le

contrapposte categorie dei produttori e dei riciclatori.

46.2. Quanto, in particolare, alla posizione di ME.CA. LEAD RECYCLING

s.p.a., si lamenta che l’unico elemento a carico della società sarebbe una

e.mail, datata 30 maggio 2007, in cui il legale rappresentante della società

ipotizza la possibilità di raggiungere un gentlemen’s agreement all’interno della

categoria degli smaltitori: si tratterebbe di elemento inidoneo a dimostrare la

partecipazione della società alla presunta logica collusiva.

46.3. La censura va disattesa, perché comunque sia Piomboleghe che ME.CA.

LEAD RECYCLING s.p.a. hanno partecipato allo scambio di informazioni e

si sono avvantaggiate del sistema delle quote, dal quale non risulta che si siano

mai espressamente dissociate.

In definitiva, l’autonoma intesa tra gli smelters, individuata dall’Autorità, è

sorretta da un quadro probatorio univoco da cui emergono scambi di

informazioni e compattezza di posizioni.

Tutti gli smelters si sono avvantaggiati di tale scambio di informazioni e

compattezza di posizioni, atteso che tutti hanno beneficiato del

mantenimento dello status quo (la propria quota di batterie).

Alla luce di tale quadro fattuale, in cui tutti gli smelters sono stati quanto meno

destinatari dello scambio di informazioni, e tutti hanno beneficiato del

risultato perseguito e raggiunto, è superfluo andare ad indagare sul ruolo del

singolo smelters, salvo ove si tratti di provare la totale estraneità o un ruolo

effettivamente minore rilevante al solo fine della quantificazione della

sanzione. Ma al di fuori di tali estremi, diventa superfluo, al fine dell’an della

responsabilità, indagare se il singolo smelter abbia avuto un ruolo maggiore o

minore, attivo o meramente passivo: infatti l’intesa è contestabile anche a chi

ne trae un vantaggio assumendo un ruolo meramente passivo, dovendosi

riconoscere l’esonero da responsabilità solo in caso di dissociazione espressa

dall’intesa (Cons. St., sez. VI, 9 febbraio 2011 n. 896, secondo cui “Risulta

corretta anche l’applicazione che l’Autorità ha fatto del principio della c.d. partecipazione

passiva, del principio, cioè, secondo cui, ove risulti provato che un’impresa abbia partecipato

a riunioni durante le quali sono stati conclusi accordi di natura anticoncorrenziale, senza

esservisi manifestamente opposta, spetta a tale impresa dedurre indizi atti a dimostrare che

la sua partecipazione alle dette riunioni era priva di qualunque spirito anticoncorrenziale,

dimostrando che essa aveva dichiarato alle sue concorrenti di partecipare alle riunioni in

un’ottica diversa dalla loro. Diversamente, il fatto stesso di approvare tacitamente una

iniziativa illecita, senza distanziarsi pubblicamente dal suo contenuto o denunciarla agli

organi amministrativi rappresenta una modalità di partecipazione all’intesa, idonea a far

sorgere la responsabilità dell’impresa nell’ambito di un unico accordo, anche qualora

l’impresa non abbia dato seguito ai risultati di una riunione avente un oggetto

anticoncorrenziale.”).

47. Con i motivi dal nono al dodicesimo del ricorso di primo grado di

Piomboleghe vengono svolte censure in ordine alla misura della sanzione

pecuniaria e in ordine alla diffida:

a) con il nono motivo si lamenta che non si poteva irrogare autonoma

sanzione agli smelters per condotta – ripartizione delle quote – già sanzionata

in relazione al COBAT.

b) con il decimo motivo si lamenta l’ingiustizia della sanzione per

incomprensibilità del parametro applicato per la sua determinazione e per

violazione degli Orientamenti della Commissione europea in tema di

quantificazione delle sanzioni per gli illeciti antitrust; non sarebbe chiaro a

quale fatturato si è fatto riferimento.

c) con l’undicesimo motivo si lamenta che la sanzione inflitta a Piomboleghe

sarebbe sproporzionata perché non avrebbe tenuto conto delle scelte

imprenditoriali autonome e del fatturato specifico derivante dal riciclo delle

batterie esauste;

d) con il dodicesimo motivo si contesta la diffida ad adottare misure atte a

porre termine all’illecito contestato, per genericità delle misure imposte; si

assume che il potere di diffida dovrebbe essere accompagnato

dall’esplicitazione delle misure imposte (si invoca all’uopo la decisione Cons.

St., sez. VI, 2 marzo 2004 n. 926).

47.1. Il ricorso di primo grado di ME.CA. LEAD RECYCLING s.p.a.

sottopone le medesime censure e inoltre lamenta (decimo motivo del ricorso

di primo grado) che l’Autorità nel corso del procedimento avrebbe chiesto

alla società di produrre i fatturati degli esercizi 2006, 2007 e 2008,

ingenerando l’aspettativa che si sarebbe tenuto conto di un fatturato medio;

contraddittorio sarebbe stato invece tener conto del fatturato 2007, atteso che

si tratta dell’anno di picco massimo del prezzo del piombo, che poi ha iniziato

a scendere nel 2008.

48. Le censure relative alle sanzioni vanno respinte, salvo quella sollevata in

ordine all’incertezza del fatturato di riferimento.

48.1. Va anzitutto disattesa la censura di cui al nono motivo, atteso che

essendosi escluso il bis in idem, ed essendovi due autonomi illeciti, si giustifica

la sanzione sia in capo al Consorzio, sia in capo agli smelters.

48.2. Va invece accolta la censura di cui al decimo motivo di ricorso, che

lamenta l’incertezza del fatturato preso a riferimento.

Il par. 334 del provvedimento impugnato afferma di aver quantificato la

sanzione in base agli orientamenti della Commissione, e pertanto prendendo a

riferimento il valore delle vendite dei beni a cui l’infrazione si riferisce, ossia il

fatturato realizzato dalle parti nel mercato del ricicli delle batterie.

Tanto, evidentemente, in base all’implicita considerazione che essendo stato

contestato l’illecito antitrust ai sensi dell’art. 81 del Trattato (oggi art. 101

TFUE), il trattamento sanzionatorio deve essere quello previsto dai citati

Orientamenti della Commissione.

Il criterio, facendo riferimento al fatturato specifico, si scosta da quello

previsto dall’art. 15, l. n. 287/1990, secondo cui la sanzione si calcola sul

fatturato globale e non sul fatturato del prodotto oggetto dell’intesa.

Le parti tuttavia contestano che la base di calcolo della sanzione sia stato il

fatturato specifico, e lamentano che la base di partenza sia stato il fatturato

globale.

Le tesi contrastanti delle parti e dell’Autorità sono state sostenute anche

durante l’udienza di discussione, e nonostante il Collegio abbia chiesto alle

parti chiarimenti, esse non sono state in grado di fornirli. In particolare il

Collegio ha chiesto all’Avvocatura Generale se esistano atti istruttori da cui

desumere la base di computo e i criteri di calcolo delle sanzioni, e la risposta è

stata negativa.

Il Collegio rileva che il provvedimento è, nella parte sanzionatoria, viziato da

carenza di motivazione, essendovi incertezza assoluta quanto alla base di

calcolo e alla percentuale delle sanzioni applicate.

Infatti nel provvedimento sono indicati solo i fatturati globali delle imprese

sanzionate, realizzati nell’anno 2007 (parr. da 6 a 12 del provvedimento), e le

sanzioni irrogate; non vi è né indicazione dei fatturati specifici, né delle

sanzioni in termini percentuali.

Sicché la lettura del provvedimento potrebbe indurre a pensare che le

sanzioni siano state applicate sui fatturati globali del 2007, e per COBAT sulla

riserva patrimoniale, ma i risultati, se si traducono le sanzioni in termini

percentuali sulla base di tali elementi, sono paradossali, risultandone

percentuali del tutto disomogenee per le imprese sanzionate, senza alcuna

razionale giustificazione.

E, invero, risulterebbero le seguenti sanzioni in termini percentuali:

- 6,5% del fatturato quanto a Piombifera Bresciana (sanzione di 1.306.500

euro a fronte di un fatturato di 20.200.000 euro);

- 4,54% del fatturato quanto a ESI (sanzione di 903.500 euro a fronte di un

fatturato di 19.900.000 euro);

- 2,8% del fatturato quanto a Eco – Bat (sanzione di 4.588.350 euro a fronte

di un fatturato di 163.400.000 euro);

- 2,6% del fatturato quanto a ME.CA. (sanzione di 994.500 euro a fronte di

un fatturato di 36.900.000 euro);

- 1,15% del fatturato quanto a Piomboleghe (sanzione di 608.400 euro a

fronte di un fatturato di 52.900.000 euro).

- 5% quanto a Ecolead s.p.a. (sanzione di 545.000 euro a fronte di un

fatturato di euro 10.900.000);

- 20,27% quanto a COBAT (sanzione di 4.400.000 euro a fronte di una

riserva patrimoniale di euro 21.700.000).

Se, invece, come si afferma nel par. 335 del provvedimento, la base di calcolo

non è stata il fatturato globale del 2007 (l’unico dato che c’è nel

provvedimento), ma il fatturato specifico, tale elemento avrebbe dovuto

essere indicato nel provvedimento, per consentire ai destinatari di

comprendere in che percentuale la sanzione era stata applicata.

Pertanto, delle due l’una:

- o la base di calcolo delle sanzioni sono stati i fatturati globali del 2007, e

allora le misure percentuali delle sanzioni sono incongrue e irrazionali;

- o la base di calcolo delle sanzioni sono stati i fatturati specifici, ma allora le

sanzioni si fondano su un elemento che non è nel provvedimento, sicché non

si comprendono le misure percentuali delle stesse, e allora il provvedimento è

viziato da carenza di motivazione.

E’ appena il caso di sottolineare che i provvedimenti dell’Autorità, nella parte

sanzionatoria, devono recare l’indicazione di tutti gli elementi necessari per

comprendere le modalità di calcolo delle sanzioni.

Il Consiglio di Stato già in passato ha ritenuto necessario che l’Autorità

indicasse i seguenti dati: qualificazione dell'infrazioni come grave o molto

grave; durata dell'illecito; importo della sanzione per ciascuna impresa;

eventuali circostanze attenuanti o aggravanti applicate; rapporto percentuale

tra importo della sanzione e fatturato complessivo dell'impresa; eventuali altri

criteri di quantificazione utilizzati (Cons. St., sez. VI, 17 dicembre 2007 n.

6469, Lottomatica).

Il provvedimento va inoltre stigmatizzato perché ha preso a base i fatturati del

2007 anziché quelli del 2008, che era l’ultimo esercizio anteriore all’adozione

del provvedimento sanzionatorio (come richiedono l’art. 15, l. n. 287/1990 e

gli Orientamenti della Commissione).

In sede di rideterminazione della sanzione, l’Autorità terrà conto

espressamente (come sembra aver già fatto, implicitamente) della particolare

posizione di ME. CA. e di Piomboleghe, sotto il profilo che hanno accettato il

conto deposito, così non dando piena attuazione all’intesa.

48.3. Va respinto l’undicesimo motivo nella parte in cui lamenta un ruolo

minore delle due imprese, in quanto non si ravvisa un ruolo minore né di

Piomboleghe né di ME.CA. LEAD RECYCLING s.p.a., che si sono

comunque avvantaggiate del sistema delle quote.

Come già visto in relazione al decimo motivo di ricorso, merita invece

accoglimento la censura relativa alla base di calcolo della sanzione, sotto il

profilo del difetto di motivazione.

48.4. Quanto alla censura di cui al dodicesimo motivo di ricorso, il

provvedimento impugnato ha diffidato le imprese e il COBAT affinché

adottassero “misure atte a porre termine all’illecito riscontrato” dando

comunicazione all’Autorità, entro novanta giorni dalla notifica del

provvedimento, “ delle misure a tal fine adottate”.

Si tratta di clausola conforme al dettato legislativo (art. 15, l. n. 287/1990), che

non può essere tacciata di genericità, in quanto è sufficiente che l’Autorità

inviti le imprese a porre termine all’illecito riscontrato, adottando le misure

idonee.

Il precedente invocato dalla ricorrente non può essere interpretato nel senso

da essa preteso, in quanto esso non afferma l’illegittimità di una diffida

generica, ma solo la inidoneità di una diffida generica a imporre obblighi da

tenersi, da parte dei diffidati, nei confronti di soggetti terzi rispetto all’illecito

antri trust.

Osserva infatti Cons. St., sez. VI, n. 926/2004 che:

a) la diffida “per l’eliminazione dell’infrazione” costituisce atto dovuto da

parte dell’Autorità, in quanto la finalità della diffida non è solo quella di

eliminare i comportamenti oggetto dell’intesa, che come fatti storici non

potrebbero essere cancellati, ma anche quella di rimuovere, ove possibile, le

conseguenze anticoncorrenziali dell’intesa e di intimare alle imprese di

astenersi dal porre in essere analoghi comportamenti per il futuro.

b) la diffida ha quindi anche lo scopo di intimare alle imprese di astenersi dagli

accertati comportamenti anticoncorrenziali per il futuro;

c) se l’Autorità si limita ad impartire una diffida del tutto generica senza

indicare alle parti alcuno specifico comportamento da tenere con riguardo ai

rapporti in essere con un soggetto terzo rispetto all’illecito, non può che

prevalere una interpretazione letterale della diffida nel senso di intimazione ad

astenersi, anche per il futuro, dai comportamenti anticoncorrenziali accertati,

senza che dalla diffida possa essere interpretata nel senso di comprendere

comportamenti che le imprese devono tenere nei confronti di un soggetto

terzo.

La diffida generica è dunque sufficiente e pienamente legittima, tanto più che

nel caso di specie il COBAT e le imprese non devono, in ossequio alla diffida,

adottare comportamenti che possano avere effetti pregiudizievoli su soggetti

terzi o determinare oneri per i terzi.

49. In conclusione i ricorsi di primo grado di Piomboleghe e di ME.CA.

LEAD RECYCLING s.p.a. vanno accolti limitatamente alla misura della

sanzione, che dovrà essere rideterminata dall’Autorità secondo i criteri indicati

dal Collegio, individuando con congrua motivazione la base di calcolo e la

percentuale base, con successiva applicazione dell’unica aggravante contestata

(durata dell’illecito).

MOTIVI ASSORBITI DEL RICORSO DI PRIMO GRADO DI ESI

ECOLOGICAL SCRAP INDUSTRY (appelli nn. 6426/2010 e 6635/2010)

50. Ecological Scrap Industry ha riproposto i motivi assorbiti del ricorso di

primo grado, in relazione agli appelli nn. 6426/2010 e 6635/2010, e in

particolare i motivi 4, 5 e 6, relativi alla autonoma intesa tra gli smelters e al

trattamento sanzionatorio.

51. Altre censure, assorbite dal Tar, in ordine ad un presunto divieto

legislativo del “conto lavorazione” e alla ripartizione delle batterie tra gli

smelters mediante quote anziché mediante gara, contenute nei primi tre motivi

del ricorso di primo grado, pongono questioni di identico tenore rispetto a

quelle che il Collegio ha già esaminato e disatteso in sede di esame degli

appelli principali e del ricorso di primo grado di COBAT, cui pertanto si

rinvia.

52. Con il quarto motivo del ricorso di primo grado di ESI si lamenta

anzitutto il difetto di istruttoria per mancato coinvolgimento, nel

procedimento, dei raccoglitori.

52.1. La censura è stata già esaminata e disattesa dal Collegio in sede di esame

del ricorso di primo grado di COBAT, che ha proposto identico motivo di

ricorso.

53. Sempre con il quarto motivo del ricorso di primo grado ESI contesta la

propria partecipazione all’intesa tra gli smelters, assumendo che l’Autorità non

avrebbe dimostrato il come, il quando, il quomodo e la misura della

partecipazione di ESI.

Degli scambi di informazioni accertati dall’Autorità, un unico comportamento

sarebbe riferibile ad ESI, e in particolare una e.mail con cui l’amministrazione

delegato di ESI afferma di condividere la posizione espressa da Piomboleghe

in relazione alla ripartizione delle batterie. In tutti gli altri casi ESI sarebbe

solo destinataria di altrui note o e-mails.

Quanto alla tabella di riparto redatta in ambito AIRPB, l’Autorità non

avrebbe fornito la prova dell’influenza di tale tabella sulla reale attribuzione

delle quote in ambito COBAT.

53.1. Il motivo è infondato.

Come il Collegio ha già osservato in relazione al ricorso di primo grado di

Piomboleghe: - l’autonoma intesa tra gli smelters, individuata dall’Autorità, è

sorretta da un quadro probatorio univoco da cui emergono scambi di

informazioni e compattezza di posizioni;

- tutti gli smelters si sono avvantaggiati di tale scambio di informazioni e

compattezza di posizioni, atteso che tutti hanno beneficiato del

mantenimento dello status quo (la propria quota di batterie);

- anche una partecipazione meramente passiva rende l’intesa imputabile, salva

la prova dell’espressa dissociazione dall’intesa, nella specie mancante (Cons.

St., sez. VI, 9 febbraio 2011 n. 896).

Né rileva la prova dell’influenza delle tabelle AIRPB sulla ripartizione delle

quote in ambito COBAT, atteso che l’intesa sanzionabile non

necessariamente deve avere un effetto anticoncorrenziale, essendone

sufficiente l’oggetto con tale colorazione.

54. Con il quinto motivo del ricorso di primo grado ESI si contesta la diffida

impartita dall’Autorità, assumendo che sarebbe in concreto irrealizzabile, in

quanto:

a) l’Autorità non potrebbe imporre al COBAT l’indizione della gara per

l’assegnazione delle batterie esauste e comunque non potrebbe imporlo ai

singoli smelters;

b) l’Autorità non potrebbe impedire lo scambio di informazioni, fisiologico in

un sistema di adesione obbligatoria al consorzio;

c) l’Autorità non potrebbe imporre il conto lavorazione.

54.1. Le censure vanno disattese.

La diffida indica genericamente il fine da raggiungere (la cessazione delle

condotte anticoncorrenziali), non indicando i mezzi da utilizzare, che pertanto

mantengono la necessaria flessibilità in relazione al mutato contesto

normativo.

Non a caso, poi, il provvedimento sanzionatorio assegna ai sanzionati un

termine entro il quale dovranno indicare all’Autorità le misure che intendono

adottare per eliminare l’illecito: si apre pertanto una ulteriore fase in cui

l’Autorità valuta l’idoneità delle misure proposte.

Non senza trascurare che i sanzionati possono, anche prima della scadenza

del termine, rivolgersi all’Autorità per formulare proposte o ricevere

indicazioni sulle misure più idonee.

Non si può pertanto tacciare la diffida di genericità o impossibilità

dell’oggetto.

55. Con il sesto e ultimo motivo del ricorso di primo grado ESI vengono

sollevate censure in ordine al quantum della sanzione.

55.1. Si sostiene anzitutto che alla luce della giurisprudenza comunitaria sul

caso CIF, la sanzione non doveva essere applicata o doveva essere ridotta,

perché la condotta asseritamente anticoncorrenziale sarebbe stata imposta o

agevolata dalla legge, e comunque vi era il legittimo affidamento di ESI sul

fatto che il sistema era imposto dalla legge.

55.2. Censure di identico tenore sono state dal Collegio esaminate e respinte

in relazione ai ricorsi di primo grado di COBAT e di Piomboleghe: si rinvia ai

relativi argomenti per disattendere anche le censure qui sollevate da ESI.

55.3. Si lamenta poi che la sanzione di 903.500 euro comminata ad ESI

sarebbe sproporzionata, in quanto:

- ad AIRPB sarebbe stata irrogata una sanzione “simbolica” di 1000 euro;

- a Ecolead è stata irrogata una sanzione di 545.000 euro;

- ESI avrebbe una quota di partecipazione al COBAT pari all’8% della

partecipazione degli smelters ma avrebbe subito una sanzione pari all’11,42%

del monte sanzioni;

- l’Autorità avrebbe utilizzato percentuali differenti di fatturato per ciascuna

impresa sanzionata senza indicare le ragioni;

- la motivazione in punto di sanzione sarebbe insufficiente;

- erronea sarebbe stata la quantificazione della durata dell’abuso;

- non si sarebbe tenuto conto del ruolo minore di ESI.

55.4. Le censure vanno disattese.

Non risulta comprovato il ruolo minore di ESI rispetto alle altre imprese.

Quanto alla durata dell’illecito, il Collegio ne ha già ritenuto corretta la

determinazione in sede di esame dei motivi del ricorso di primo grado di

COBAT.

55.5. Sono invece fondate le censure in ordine al difetto di motivazione della

sanzione quanto a base di calcolo e percentuale irrogata, per le ragioni già

esposte in relazione ai ricorsi di Piomboleghe e ME.CA. Lead (par. 48.2. della

presente sentenza).

56. In conclusione, il ricorso di primo grado di ESI va accolto limitatamente

alla misura della sanzione, che dovrà essere rideterminata dall’Autorità

secondo i criteri indicati dal Collegio, individuando con congrua motivazione

la base di calcolo e la percentuale base, con successiva applicazione dell’unica

aggravante contestata (durata dell’illecito).

MOTIVI ASSORBITI DEL RICORSO DI PRIMO GRADO DI ECO –

BAT (appelli nn. 6429/2010 e 6651/2010)

57. Eco - Bat ha riproposto i motivi assorbiti del ricorso di primo grado, in

relazione agli appelli nn. 6429/2010 e 6651/2010, e in particolare i motivi 5 e

6.

Con il quinto motivo del ricorso di primo grado Eco - Bat contesta la propria

partecipazione all’intesa tra gli smelters, assumendo che l’Autorità non avrebbe

dimostrato il come, il quando, il quomodo e la misura della sua partecipazione.

57.1. La censura è di tenore analogo a quelle proposte da Piomboleghe e da

ESI e merita reiezione in base ai medesimi argomenti, atteso che Eco - Bat,

come gli altri smelters, ha partecipato allo scambio di informazioni e ne è stata

destinataria, e ha tratto vantaggio dal mantenimento delle quote, e atteso che

anche la mera partecipazione passiva all’intesa, rende la stessa ascrivibile

all’impresa, in difetto di dissociazione espressa, qui inesistente.

58. Con il sesto motivo del ricorso di primo grado Eco - Bat contesta la

misura della sanzione, lamentando che essa sarebbe sproporzionata.

Si assume, anzitutto, che in violazione dell’art. 15, l. n. 287/1990, l’Autorità,

anziché prendere a base il fatturato dell’ultimo esercizio chiuso prima della

notificazione della diffida, vale a dire il fatturato del 2008, ha preso a base il

fatturato del 2007, che era di importo maggiore.

Tanto, in base all’argomento che non tutte le società parti del procedimento

avrebbero avuto la disponibilità dei dati di fatturato relativi al 2008.

Lamenta l’appellante che essa nel corso del procedimento ha fornito dati

puntuali relativi al proprio fatturato del 2008.

Si lamenta inoltre la sproporzione della sanzione (pari a 4.588.350 euro) che è

la più elevata tra quelle irrogate, senza plausibile motivazione.

L’Autorità avrebbe erroneamente:

a) considerato grave l’illecito;

b) non applicato l’attenuante del contesto normativo;

c) enfatizzato il ruolo di Eco - Bat, attribuendole un ruolo direttivo ricoperto

nell’intesa, privo di prova;

d) quantificato la durata dell’illecito.

58.1. Le censure in ordine alla gravità e durata dell’illecito, e alla non

applicazione dell’attenuante del contesto normativo sono state già esaminate e

disattese in relazione agli altri ricorsi di primo grado sin qui esaminati, e

meritano rigetto per le ragioni già esposte, cui si rinvia.

58.2. Anche quanto all’aggravante riferita al ruolo direttivo di Eco - Bat, vi

sono sufficienti elementi per attribuire ad Eco - Bat un ruolo direttivo

nell’intesa illecita.

Tale assunto si basa anzitutto su una nota inviata dal rappresentante in Italia

di Eco - Bat al referente inglese del gruppo, in cui si resoconta su una

riunione tra smelters e produttori tenutasi nel maggio 2007. Secondo la

traduzione di tale documento fatta propria dall’Autorità, il rappresentante

italiano di Eco - Bat direbbe “da quando gli smelters ottengono un livello di profitti

eccessivamente scandaloso la richiesta è stata di passare ai produttori un bel pezzo dello

stesso, nella forma della proposta poi abortita o in qualsiasi altro modo, assegni compresi

(par. 146 del provvedimento impugnato).

Nella versione originale inglese, si legge “There was a meeting between smelters and

battery producers to hear requests and proposals by the producers. Since smelters make an

excessively outrageous amount of profits the request was to pass to producers good chunck of

it in the form of the aborted ‘proposal’ or whatever, cashier checks accepted”.

Il teorema del ruolo direttivo di Eco - Bat nell’intesa si basa inoltre su un

commento del medesimo smelter in merito al produttore Varta, la quale

sarebbe all’origine del “disordine” riscontrato sul mercato per aver

organizzato un autonomo sistema di raccolta, finalizzato all’esportazione delle

batterie raccolte verso Paesi in cui l’impresa, che è parte di un importante

gruppo internazionale, dispone di propri impianti di produzione e dove le

batterie potrebbero essere trattate in conto lavorazione da smelter locali.

Si legge in un memo interno all’impresa, “i produttori di batterie devono arrestare

ogni interferenza con la raccolta. In particolare Varta, che è all’origine del casino, deve

impegnarsi a smettere di comprare e a smantellare la sua organizzazione” (nella versione

originale inglese, “battery producers must stop any interference with collection. In

particolare Varta,who is the main origin of the mess, has to commit to stop buying and to

dismantle its organisation”.

Ancora, nei parr. 154 e 155 del provvedimento si legge che uno smelter,

Piombifera, aveva accettato modeste quantità in conto lavorazione, suscitando

le preoccupazioni degli altri smelters; si legge ancora che “(…) In ogni caso, la

vicenda si è chiusa quando l’a.d. di Eco-Bat ha ricevuto puntuali rassicurazioni da

Piombifera circa una cambio di politica da parte della stessa, la quale (perlomeno nel

periodo a cui risale la comunicazione, ovvero il giugno 2007) si sarebbe comportata da

“smelter leale”, ovvero non accettando più batterie provenienti direttamente dai produttori

(doc. III.174)”.

E, ancora, rilevano gli elementi di fatto che si evincono dai parr. 163, 164,

165, 166, 167 e 168 del provvedimento impugnato, che confermano il ruolo

di leadership assunto da Eco - Bat all’interno dell’intesa:

a) si legge nel par. 163 “Da un messaggio inviato il 6 dicembre 2007 al

presidente di AIRPB dall’a.d. di Eco - Bat – che nell’occasione sembra aver

svolto la funzione di principale decisore, evidentemente in virtù del primato di

mercato detenuto dalla sua impresa – si legge come questi confermi al primo

“perconto di Eco-bat l’applicazione ai contratti 2008 degli stessi principi generali secondo i

quali èstato redatto il contratto 2007. Per le quote si dovrà tener conto dell’adesione di

Ecolead e della

continuazione dell’accordo con i due frantumatori campani, Geri e De Vita20, sempre

secondo i criteri sopra indicati”. Il messaggio si conclude con l’indicazione di aver

“comunicato la posizione Eco-Bat al dr. Zilla [direttore di COBAT], che provvederà a

verificare i conteggi” (doc.X.457);

b) si legge nel par 164 che alla data dell’ 11 dicembre 2007 risale una email

dell’a.d. di Eco - Bat al presidente di AIRPB, contenente due diversi

conteggio per stabilire la ripartizione delle batterie, uno dei quali “si basa sul

garantire a Eco-Lead 10.000 t, non facendolo partecipare allariduzione per Geri/De

Vita. Forse rispetta meglio la sostanza degli accordi presi a suo tempo” (doc. X.463).

c) nel par. 165 si legge che in un’altra email di pari data l’a.d. di Piomboleghe

scrive all’a.d. di Eco - Bat di aver “ricostruito su un documento inviatomi da Zilla

quella che dovrebbe essere la ripartizione batterieper il contratto che dovremo firmare giovedì

[ovvero il CCS], su una base raccolta COBAT di190.000 t”. Il testo prosegue

riportando come “in base agli accordi fatti con Pofferi [rappresentante di Ecolead],

le prime eccedenze di raccolto oltre il budgettato saranno sue finoalla concorrenza della sua

quota effettiva, solo se si verificasse tale ipotesi anche sulla quota

Ecolead andrà calcolata la percentuale per Geri/De Vita”;

d) nel par. 166 si legge che il 14 dicembre 2007, nel rispondere a un messaggio

dell’AIRPB in cui si indicavano le modalità di ripartizione, sempre l’a.d. di

Eco - Bat rileva che “i numeri e lepercentuali [...] sembrano corretti” (doc. X.435);

e) si legge nel par. 167 che il 19 dicembre 2007, l’a.d. di Eco - Bat esprime al

Presidente di AIRPB il suo consenso nei confronti dell’ultima bozza di

ripartizione;

f) nel par. 168 si legge che l’a.d. di Eco - Bat invia al direttore generale di

COBAT un documento

informatico, denominato “Quota Ecolead”, in cui vengono riportate le quote di

batterie da assegnare alla società Ecolead per gli anni 2008/2010.

E’, ancora rilevante quanto si legge nel par. 171, che prende in considerazione

documenti riferiti alla ipotesi di chiusura di uno stabilimento produttivo di un

operatore, e in particolare alle modalità di riassegnazione ad altri operatori

delle batterie esauste spettanti all’impianto chiuso. In particolare, risulta che

l’a.d. di Eco - Bat abbia comunicato per iscritto a presidente, direttore

generale e direttore operativo di COBAT il “benestare della Eco-Bat a che non

venga applicata laridistribuzione delle batterie della quota Piombifera per il periodo di

chiusura”. Nello stesso documento viene evidenziata la disponibilità della

stessa Eco-Bat a ricevere le batterie della quota

di Piombifera, “con l’impegno alla successiva restituzione”, in modo che rimangano

inalterate le

quote attribuite a ciascuno smelter (doc. II.55).

E’, infine, rilevante quanto emerge dai parr. 172 e 173, che esaminano un

documento in cui l’a.d. di Eco - Bat considera “un incubo” (“nightmare” nel

testo: v. doc. III.163) l’ingresso di Ecolead nel Consorzio. Nello stesso

documento vengono poi studiate le possibilità di incrementare la quota di Eco

- Bat all’interno del Consorzio (e dunque, le conseguenti assegnazioni)

attraverso l’associazione in associazione temporanea con soggetti minori, così

da accrescere la capacità produttiva di Eco - Bat. Tuttavia, a ulteriore

conferma della sensibilità delle relazioni intercorrenti tra gli operatori

consorziati, tale ipotesi viene valutata criticamente dallo stesso a.d. di Eco -

Bat, atteso che “interromperà le relazioni amichevoli che abbiamo adesso con tutti gli

altri smelter”21 (doc. III.163).

Ad avviso del Collegio tali numerosi elementi, oltre a fornire la prova della

consapevolezza del carattere anticoncorrenziale della condotta, dimostrano

anche il ruolo maggiore di Eco - Bat nell’intesa, e il particolare interesse che

essa aveva a mantenere lo status quo.

58.3. Meritano invece accoglimento le censure in ordine alla base di calcolo

della sanzione per le ragioni già esposte in relazione ai ricorsi di Piomboleghe

e ME.CA. (par. 48.2. della presente sentenza).

59. In conclusione, il ricorso di primo grado di Eco - Bat va accolto

limitatamente alla misura della sanzione, che dovrà essere rideterminata

dall’Autorità secondo i criteri indicati dal Collegio, individuando con congrua

motivazione la base di calcolo e la percentuale base, con successiva

applicazione, con successiva applicazione delle due aggravanti contestate

(ruolo direttivo e durata dell’illecito).

MOTIVI ASSORBITI DEL RICORSO DI PRIMO GRADO DI

PIOMBIFERA BRESCIANA S.P.A. (appelli n. 6432/2010 e 6616/2010)

60. Piombifera Bresciana s.p.a. ha riproposto i motivi assorbiti del ricorso di

primo grado (primo, secondo, terzo, quinto, sesto e settimo), in relazione agli

appelli nn. 6432/2010 e 6616/2010 (da pag. 102 a pag. 143 della memoria).

61. Con il primo motivo del ricorso di primo grado (da pag. 7 a pag. 33 del

ricorso di primo grado, e da pag. 103 a pag. 121 della memoria in appello) si

lamentava l’erronea individuazione della base giuridica, e segnatamente

l’erronea invocazione dell’art. 81 del Trattato, che punisce le intese che

abbiano per oggetto o per effetto di restringere la concorrenza all’interno del

mercato comune o che siano idonee a pregiudicare il commercio tra Stati

membri.

Sarebbe mancata l’esatta individuazione del mercato rilevante.

L’Autorità fa riferimento al mercato della raccolta di batterie al piombo

esauste e al mercato del riciclaggio delle medesime batterie (par. 66del

provvedimento).

Piombifera Bresciana, in qualità di smelter, è interessata al mercato a valle del

riciclaggio.

Per la corretta individuazione di tale mercato, a dire della ricorrente in primo

grado, l’Autorità avrebbe dovuto:

- esaminare la sostituibilità dal lato della domanda, analisi del tutto assente nel

provvedimento;

- essendo il piombo secondario sostituibile con quello primario, il mercato

sarebbe più ampio, non essendo riferibile al solo riciclaggio;

- esaminare la sostituibilità dal lato dell’offerta, analisi assente nel

provvedimento dell’Autorità;

- esaminare l’eventuale esistenza della concorrenza potenziale, nella specie

insussistente stanti le elevate barriere all’ingresso.

Si conclude nel senso che dati sia la struttura del prezzo che del mercato

l’ingresso di altre imprese non avrebbero riportato il prezzo a valori

competitivi.

Contraddittoriamente l’Autorità farebbe riferimento al mercato nazionale,

applicando poi l’art. 81 del Trattato, che si riferisce al mercato comunitario.

Sarebbe poi illogico il riferimento al pregiudizio del commercio tra Stati

membri, del tutto indimostrato.

61.1. Il mezzo va disatteso.

Per mercato rilevante si intende quella zona geograficamente circoscritta

dove, dato un prodotto o una gamma di prodotti considerati tra loro

sostituibili, le imprese che forniscono quel prodotto si pongono fra loro in

rapporto di concorrenza (cfr. Cons. St., sez. VI, 14 marzo 2000 n. 1348,

Italcementi; Cons. St., sez. VI, 12 febbraio 2001 n. 652, Vendomusica).

Come è noto, la definizione del mercato rilevante implica un accertamento di

fatto cui segue l’applicazione ai fatti accertati delle norme giuridiche in tema di

mercato rilevante, come interpretate dalla giurisprudenza comunitaria e

nazionale. Tale applicazione delle norme ai fatti implica un’operazione di

<<contestualizzazione>> delle norme, frutto di una valutazione giuridica

complessa che adatta concetti giuridici indeterminati, quale il <<mercato

rilevante>> e <<l’abuso di posizione dominante>> al caso specifico.

Non di rado tale operazione di contestualizzazione implica margini di

opinabilità, atteso il carattere di concetto giuridico indeterminato di dette

nozioni.

Il giudice amministrativo in relazione ai provvedimenti dell’AGCM esercita

un sindacato di legittimità, che non si estende al merito, salvo per quanto

attiene al profilo sanzionatorio: pertanto, deve valutare i fatti, onde acclarare

se la ricostruzione di essi operata dall’AGCM sia immune da travisamenti e

vizi logici, e accertare che le norme giuridiche siano state correttamente

individuate, interpretate e applicate. Laddove residuino margini di opinabilità

in relazione ai concetti indeterminati, il giudice amministrativo non può

comunque sostituirsi all’AGCM nella definizione del mercato rilevante, se

questa sia immune da vizi di travisamento dei fatti, da vizi logici, da vizi di

violazione di legge (Cons. St., sez. VI, 23 aprile 2002 n. 2199, Rc Auto; Cons.

St., sez. VI, 2 marzo 2004 n. 926, buoni - pasto).

Nell’ipotesi di intese restrittive, la definizione del mercato rilevante è

successiva all’individuazione dell’intesa, in quanto sono l’ampiezza e l’oggetto

dell’intesa a circoscrivere il mercato su cui l’abuso è commesso: vale a dire che

la definizione dell'ambito merceologico e territoriale nel quale si manifesta un

coordinamento fra imprese concorrenti e si realizzano gli effetti derivanti

dall'illecito concorrenziale è funzionale alla decifrazione del grado di

offensività dell’illecito (Cons. St., sez. VI, 10 marzo 2006 n. 1271 Telecom

Italia).

61.2. Nel caso di specie la ricostruzione del mercato rilevante ad opera

dell’Autorità è immune da vizi logici o di travisamento (parr. da 65 a 79 e parr.

319-321 del provvedimento), in quanto:

a) correttamente la base giuridica invocata dall’Autorità è l’art. 81 del Trattato

UE, e il mercato rilevante è stato individuato avuto riguardo a quello

comunitario anziché a quello nazionale, ove si consideri, da un lato, che la

disciplina positiva prevede la possibilità che i raccoglitori procedano

all’esportazione in alternativa al conferimento al COBAT, e che le condotte

contestate hanno ostacolato le modalità alternative al conferimento al

COBAT, e dunque anche le esportazioni, con evidente idoneità a pregiudicare

gli scambi sul mercato comunitario, e ove si consideri, dall’altro lato, che

secondo le stesse indicazioni fornite dalla Commissione, una intesa tra

imprese estesa all’intero territorio di uno Stato membro è normalmente

idonea a recare pregiudizio agli scambi comunitari, perché ha l’effetto di

compartimentale e separare il mercato nazionale rispetto al mercato

comunitario, e che tale “normale idoneità” nella specie è esattamente

configurabile, ove si consideri che sul mercato operavano raccoglitori

incaricati, essenzialmente esportatori delle batterie, e produttori di batterie che

avevano interesse al conto lavorazione, e che avevano la possibilità di

realizzare il conto lavorazione in altri Paesi comunitari e che anche quanto agli

smelters, l’Autorità ha dimostrato che in assenza delle barriere all’ingresso

frapposte dal Consorzio, vi sarebbe stato margine per l’ingresso sul mercato

italiano di smelters di altri Paesi comunitari;

b) la sostituibilità sul versante della domanda e dell’offerta sono state

correttamente valutate dall’Autorità, ove si consideri che in un contesto

economico di prezzo del piombo in aumento, il bene “piombo secondario”

non è perfettamente fungibile con il bene “piombo primario”;

c) l’esistenza di barriere al mercato della raccolta e riciclo è assunto non

adeguatamente dimostrato dal ricorrente, a fronte di un contesto normativo

che sia pur in modo contorto, si è aperto alla concorrenza.

62. Con il secondo motivo del ricorso di primo grado (da pag. 33 a pag. 38 del

ricorso di primo grado e da pag. 121 a pag. 125 della memoria di appello) si

assume la non imputabilità dell’illecito ex art. 81 del Trattato quando le

condotte sono imposte dalla legge e l’impresa non ha alcuna margine di

autonomia. Piombifera, in quanto smelter, era tenuta a aderire al Consorzio e

ad adempiere agli obblighi imposti; né gli smelters nel loro complesso, ne

Piombifera singolarmente, erano in grado di influire sulle decisioni del

Consorzio.

62.1. Tale ordine di censure è contenuto anche in altri ricorsi di primo grado,

sinora esaminati, e sono censure già disattese.

Si sono già illustrate le ragioni per cui:

- le condotte di COBAT non erano legislativamente né imposte né agevolate;

- gli smelters nel loro complesso hanno inizialmente avuto una quota di

partecipazione al Consorzio pari al 50%, a fronte del 30% attribuito ai

produttori, del 10% attribuito ai raccoglitori e del 10% attribuito ai

rivenditori, e successivamente del 40%, a fronte di un aumento al 40% della

quota dei produttori, invariate restando le altre due quote;

- pertanto gli smelters, dapprima dal punto di vista giuridico, poi dal punto di

vista fattuale, hanno avuto un ruolo determinante in ordine alle decisioni del

Consorzio e ne hanno causato una politica di favore per gli smelters medesimi.

63. Con il terzo motivo del ricorso di primo grado (da pag 39 a pag. 48 del

ricorso di primo grado e da pag. 125 a pag. 132 della memoria di appello), si

contesta la sussistenza dell’illecito volto alla determinazione delle quote.

In ambito COBAT, le scelte sulle quote sarebbero state imposte agli smelters,

che non vi potevano influire.

Quanto allo scambio di informazioni tra smelters anche nell’ambito della loro

associazione di categoria, si sarebbe trattato di fisiologici scambi di

informazioni al fine di organizzare un servizio per legge obbligatorio, e non di

informazioni sensibili.

Inoltre Piombifera sarebbe l’unica impresa che ha effettuato il conto

lavorazione, accettando direttamente dai produttori batterie esauste.

Vi sarebbe inoltre violazione del ne bis in idem perché la medesima condotta

sarebbe sanzionata in capo al Consorzio e ai singoli smelters.

63.1. Le censure relative al sistema delle quote, agli scambi di informazioni tra

i riciclatori e al ne bis in idem sono state esaminate in relazione ad altri dei

ricorsi di primo grado sin qui esaminati e già disattese.

Vanno, per i medesimi argomenti, cui si rinvia, disattese, pertanto, anche le

presenti lagnanze.

63.2. Resta da verificare se effettivamente Piombifera Bresciana avesse una

posizione differenziata, avendo acconsentito al conto lavorazione.

Dal provvedimento impugnato (parr. 154 e 155) si evince che effettivamente

Piombifera Bresciana aveva accettato modeste quantità in conto lavorazione,

ma ciò aveva destato la preoccupazione degli altri smelters perché veniva

infranto un principio, e Piombifera aveva dato puntuali assicurazioni che

d’ora innanzi si sarebbe adeguata alla politica del gruppo degli smelters,

comportandosi da “smelter leale” (v. parr. 154 e 155: 154. (…) merita qui

riportare le preoccupazioni espresse da alcuni degli stessi circa la condotta di

altri riciclatori – segnatamente, Piombifera – che avrebbero accettato batterie

esauste dai produttori. Per quanto tale accordo di lavorazione avesse

interessato quantità modeste, nell’ottica degli altri smelter queste sarebbero

state comunque sufficienti a rompere l’equilibrio alla base del rifiuto compatto

ad accettare materiale in conto lavorazione (“to break a principle” nel testo),

dando così una qualche speranza ai produttori e insieme indebolendo la

posizione comune degli smelter (doc. III.172). 155. (…) In ogni caso, la

vicenda si è chiusa quando l’a.d. di Eco-Bat ha ricevuto puntuali rassicurazioni

da Piombifera circa una cambio di politica da parte della stessa, la quale

(perlomeno nel periodo a cui risale la comunicazione, ovvero il giugno 2007)

si sarebbe comportata da “smelter leale”, ovvero non accettando più batterie

provenienti direttamente dai produttori (doc. III.174).

E’ allora chiaro che l’aver Piombifera accettato modeste quantità in conto

lavorazione, condotta subito seguita da un ritorno all’ovile, non denota affatto

la “dissociazione espressa” dall’intesa, che è l’unica condizione per escludere

l’imputabilità dell’intesa.

64. Con il quinto, sesto e settimo motivo del ricorso di primo grado sono

state proposte censure in ordine alla sanzione, riproposte in appello con

memoria.

64.1. Con il quinto motivo (pag. 56 del ricorso di primo grado) si lamenta che

contraddittoriamente l’Autorità ha contestato la violazione dell’art. 81 del

Trattato e hai poi quantificato la sanzione con i criteri previsti dall’art. 15, l. n.

287/1990 anziché con i criteri previsti per l’illecito antitrust comunitario.

64.2. Il motivo va accolto per le stesse ragioni già esaminate in relazione ai

ricorsi di Piomboleghe e ME. CA. Lead (par. 48.2. della presente sentenza).

65. Con il sesto motivo del ricorso di primo grado si lamenta che:

a) non sarebbe chiaro il criterio in base al quale l’Autorità ha calcolato

l’aggravante;

b) erroneamente l’illecito è stato qualificato come grave;

c) sarebbe mancata una indagine sulla coscienza e volontà dell’illecito, in

violazione della l. n. 689/1981;

d) erronea sarebbe la determinazione della durata dell’infrazione;

e) non sarebbero state considerate le circostanze attenuanti, e segnatamente il

ruolo marginale di Piombifera, che avrebbe provato di aver tenuto un

atteggiamento indipendente, la collaborazione con l’Autorità, e l’attenuante

del contesto normativo.

66.1. Il mezzo è parzialmente fondato.

Il Collegio ha già disatteso, in sede di esame degli altri ricorsi di primo grado,

con argomenti che si intendono qui richiamati, le censure in ordine alla gravità

e durata dell’illecito, e in ordine alla mancata considerazione dell’attenuante

del contesto normativo.

66.2. Quanto alle ulteriori censure, merita accoglimento la prima mentre

vanno disattese tutte le altre:

a) come già osservato non è chiaro il ragionamento seguito dall’Autorità in

ordine alla base di calcolo della sanzione e alla percentuale irrogata;

b) la collaborazione dell’impresa con l’Autorità durante il procedimento non è

di per sé circostanza attenuante, specie se gli effetti dell’intesa perdurano

durante il procedimento, come è nel caso di specie;

c) l’atteggiamento indipendente di Piombifera non risulta, ad avviso del

Collegio, comprovato, atteso che l’accettazione del conto lavorazione è stato

un episodio isolato e non comprova una dissociazione espressa dall’intesa,

tuttavia non è effettivamente chiaro quale è in termini percentuali la sanzione

irrogata a Piombifera, non essendo chiara quale è stata la base di calcolo.

Non è chiaro per l’effetto, se il ruolo di Piombifera Bresciana sia stato

considerato maggiore di o minore di quello di Eco - Bat e di ESI.

67. Con il settimo motivo del ricorso di primo grado si lamenta che

erroneamente la base di calcolo della sanzione è stato l’intero fatturato

dell’impresa anziché solo quello cui si riferisce l’illecito.

67.1. Analoga censura è stata già accolta, sotto il profilo del difetto di

motivazione, in relazione ai ricorsi di Piomboleghe e di ME.CA Lead.

68. In conclusione, il ricorso di primo grado di Piombifera Bresciana va

accolto limitatamente alla sanzione, che andrà rideterminata dall’Autorità in

base ai criteri suindicati, scegliendo una percentuale congrua in confronto alle

percentuali applicate alle altre imprese sanzionate.

MOTIVI ASSORBITI DEL RICORSO DI PRIMO GRADO DI Ecolead

(appello n. 6642/2010)

69. In difetto di costituzione in appello di Ecolead non rivivono i motivi del

suo ricorso di primo grado assorbiti dal Tar. Restano salvi i poteri di

autotutela dell’Autorità, che, nel rideterminare la sanzione per gli altri sei

ricorrenti in primo grado, valuterà se rideterminarla anche per Ecolead alla

luce dei criteri generali indicati dal collegio.

CONCLUSIONI E STATUIZIONE SULLE SPESE DI GIUDIZIO

70. Alla luce di quanto esposto, gli appelli principali vanno accolti e, per

l’effetto:

a) vanno accolti in parte, quanto alla misura della sanzione, i ricorsi di primo

grado di COBAT, Eco - Bat, Piomboleghe, ME.CA. LEAD RECYCLING

s.p.a., ESI, Piombifera Bresciana, demandando all’Autorità di rideterminare la

sanzione secondo i criteri già indicati;

b) vanno respinti nel resto tutti i ricorsi di primo grado.

Il Collegio esprime l’auspicio che in futuro l’Autorità, nei paragrafi relativi alla

quantificazione della sanzione, indichi esplicitamente, oltre all’importo finale

della sanzione, anche gli elementi per la sua quantificazione, vale a dire

l’ammontare del fatturato, la percentuale della sanzione base, la percentuale di

sanzione irrogata per circostanze aggravanti o per converso le riduzioni per

attenuanti, eventuali altri criteri di quantificazione utilizzati (secondo le

indicazioni già date all’Autorità da Cons. St., sez. VI, 17 dicembre 2007 n.

6469, Lottomatica), in modo da consentire al Collegio una migliore e più celere

comprensione dei fatti di causa.

71. La complessità delle questioni giustifica l’integrale compensazione delle

spese di lite in relazione ad entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione VI, definitivamente

pronunciando sui ricorsi in epigrafe:

1) riunisce gli appelli;

2) accoglie gli appelli e, per l’effetto:

2.a) accoglie in parte, quanto alla misura della sanzione, i ricorsi di primo

grado di COBAT, Eco - Bat, Piomboleghe, ME.CA. LEAD RECYCLING

s.p.a., ESI e Piombifera Bresciana, demandando all’Autorità di rideterminare

le sanzioni secondo i criteri di cui in motivazione;

2.b) respinge nel resto tutti i ricorsi di primo grado;

3) compensa le spese di entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 aprile 2011 con

l'intervento dei magistrati:

Giancarlo Coraggio, Presidente

Rosanna De Nictolis, Consigliere, Estensore

Claudio Contessa, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 20/05/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Legislazione e normativa nazionale

Dottrina e sentenze

Consiglio Ordine Roma: informazioni

Rassegna stampa del giorno

Articoli, comunicati e notizie

Interventi, pareri e commenti degli Avvocati

Formulario di atti e modulistica

Informazioni di contenuto legale

Utilità per attività legale

Links a siti avvocatura e siti giuridici