L’opinabilità della questione agitata dalle parti quale
oggetto della controversia esclude di conseguenza in
radice la mala fede o la colpa grave o comunque la
sussistenza dei presupposti della responsabilità
aggravata
Cassazione, sez. III, 3 maggio 2011, n. 9697
(Pres. Trifone – Rel. De Stefano)
Svolgimento del processo
1.1. C..G. notifica il 27.7.01 precetto alla Banca
Nazionale del Lavoro, condannata a rifondergli le spese
di una precedente opposizione rigettata con sentenza del
Tribunale di Milano e confermata in appello, per
l'importo di L. 18.558.882: ma l'ingiunta, deducendo
trattarsi di capo di condanna alle spese relativo ad una
sentenza di rigetto, ne contesta l'esecutività con atto
di citazione del 31.7.01.
1.2. L'adito Tribunale di Monza rigetta l'opposizione,
osservando che la tesi era infondata e comunque non
applicabile alla sentenza di secondo grado, quale quella
azionata dal creditore; e la Corte di Appello respinge
il gravame della debitrice, sulla base dell'intervenuto
mutamento della giurisprudenza di legittimità in ordine
all'esecutività autonoma del capo di condanna alle spese
di una sentenza di rigetto, ritenuta applicabile anche
alle sentenze di secondo grado: e, per essere
sopravvenuto tale mutamento in corso di causa, ad un
tempo compensa le spese di lite e nega la sussistenza
dei presupposti della domanda ex art. 96 c.p.c..
2. Impugna il G. tali ultime statuizioni con ricorso per
cassazione, articolato su tre motivi; resiste con
controricorso, illustrandolo anche con memoria ai sensi
dell'art. 378 c.p.c. e discutendo oralmente alla
pubblica udienza del 30.3.11, l'intimata Banca Nazionale
del Lavoro.
Motivi della decisione
3. Va premesso che alla fattispecie non si applica -
trattandosi di ricorso avverso sentenza pubblicata in
data 28 settembre 2005 - il regime dell'art. 366-bis
c.p.c., norma introdotta dall'art. 6 del d.lgs. 2
febbraio 2006 n. 40 ed applicabile - in virtù del co. 2
dell'art. 27 del medesimo decreto - soltanto ai ricorsi
per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri
provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di
entrata in vigore del decreto, cioè dal 2 marzo 2006.
4. Ciò posto:
4.1. con il primo motivo il ricorrente lamenta una
errata interpretazione ed applicazione dell'art. 91
c.p.c. e la contraddittorietà della motivazione sul
punto relativo alla liquidazione delle spese di lite,
perché erroneamente la Corte ambrosiana avrebbe ritenuto
rilevante, ai fini della compensazione, l'oscillazione
della giurisprudenza della Suprema Corte in tema di
esecutività autonoma dei capi di condanna alle spese di
sentenze di rigetto, in quanto nella fattispecie si
trattava di sentenza di secondo grado;
4.2. con il secondo ed il terzo motivo, che possono
essere congiuntamente trattati, il ricorrente censura la
pronuncia della Corte territoriale per il rigetto della
domanda di condanna, da lui avanzata, della Banca
Nazionale del Lavoro per responsabilità aggravata,
siccome basata sulla medesima infondata circostanza,
riproponendo poi gli elementi e gli argomenti ai fini
della quantificazione dell'invocato risarcimento.
5. A questo riguardo va premesso che:
5.1. da un lato, se non altro nel regime anteriore alla
modifica di cui alla legge 28 dicembre 2005 n. 263, la
decisione sulla compensazione delle spese è normalmente
incensurabile in cassazione, ove sia però sorretta da
motivazione - soprattutto quando essa è, come nel caso
di specie, esplicitata - corretta, congrua e logica: sul
punto, la valutazione dell'opportunità della
compensazione totale o parziale delle spese rientra nei
poteri discrezionali del giudice di merito, senza che
sia richiesta una specifica motivazione al riguardo e
pertanto la relativa statuizione, quale espressione di
un potere discrezionale attribuito dalla legge, è
incensurabile in sede di legittimità, salvo che non
risulti violato il principio secondo cui le spese non
possono essere poste a carico della parte totalmente
vittoriosa, ovvero che la decisione del giudice di
merito sulla sussistenza dei giusti motivi ai sensi
dell'art. 92 c.p.c. sia accompagnata dall'indicazione di
ragioni palesemente illogiche e tali da inficiare, per
la loro inconsistenza o l'evidente erroneità, lo stesso
processo formativo della volontà decisionale espressa
sul punto (tra le tante, v. Cass. 2 luglio 2007 n.
14964);
5.2. dall'altro lato, l'accertamento, ai fini della
condanna al risarcimento dei danni da responsabilità
aggravata ex art. 96 c.p.c., dei requisiti dell'aver
agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa
grave (comma primo) ovvero del difetto della normale
prudenza (comma secondo) implica un apprezzamento di
fatto normalmente non censurabile in sede di
legittimità, ma pur sempre ove la sua motivazione in
ordine alla sussistenza o meno dell'elemento soggettivo
ed all'an ed al quantum dei danni di cui è chiesto il
risarcimento risponda ad esatti criteri logico-giuridici
(Cass. 12 gennaio 2010 n. 327, Cass. 8 settembre 2003 n.
13071).
6. Orbene, è certamente vero che il G. ha azionato fin
dal primo momento il capo di condanna alle spese di una
sentenza di secondo grado: quindi, la fattispecie poteva
fin dall'inizio non sembrare affatto influenzata dalle
oscillazioni della giurisprudenza di questo Supremo
Collegio sull'estensione della provvisoria esecuzione
prevista dall'art. 282 c.p.c. anche a quei capi di
condanna accessori di sentenze di mero accertamento,
dichiarative o costitutive.
7. E tuttavia tale giurisprudenza (confermata, dopo la
pronuncia n. 21367/04 già richiamata dalla Corte
territoriale, da Cass. 3 agosto 2005 n. 16262, Cass. 13
giugno 2008 n. 16003, Cass. 19 novembre 2009 n. 24438,
Cass. ord. 25 gennaio 2010 n. 1283, ma soprattutto da
Cass. sez. un. 22 febbraio 2010 n. 4059) si fa carico di
un compiuto riesame della complessiva fattispecie,
anticipando, per tali categorie di pronunce, il regime
di esecutorietà rispetto al momento del passaggio in
giudicato generalmente inteso e quindi evidentemente
accomunando tutte le sentenze non definitive nella
disamina del problema e nella sua soluzione. Pertanto, è
effettivamente plausibile sostenere la tesi
dell'estensione dei principi, espressamente in
discussione per le sentenze di primo grado, anche alle
fattispecie non ancora coperte dal giudicato e quindi
alle sentenze di secondo grado.
8. Ne consegue che l'affermazione della Corte di appello
sulla detta estensione (pie di pag. 7 e inizio di pag.
8) dei principi in discussione alle sentenze di secondo
grado non può indicarsi come manifestamente erronea, se
non altro - e per quel che qui interessa - ai fini della
valutazione della congruità della motivazione in fatto e
in diritto sulla disposta compensazione; e la stessa
opinabilità della questione agitata dalle parti quale
oggetto della controversia - se non altro, per quanto
visto, al momento della sua instaurazione - esclude di
conseguenza in radice la mala fede o la colpa grave o
comunque la sussistenza dei presupposti della
responsabilità aggravata invocata dall'odierno
ricorrente, come - anche in questo caso con motivazione
meramente assertiva, ma con conclusione altrettanto
corretta - statuisce la Corte territoriale.
9. Il ricorso va pertanto rigettato; ma proprio le
prolungate oscillazioni giurisprudenziali sulla
questione giustificano la compensazione delle spese
anche di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le
spese del giudizio di legittimità. |