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Cpa: Ga a tutto campo sui motivi di ricorso -Tar Lombardia - Sede di Milano - Sezione III - Sentenza 13 maggio 2011 n. 1233-Testo sentenza--Guida al diritto.it

 

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N. 01233/2011 REG.PROV.COLL.

N. 00419/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 419 del 2010, proposto da: Gi. Ma., rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Sansone nel cui studio in Milano, via G.B. Bazzoni, 2 è elettivamente domiciliato;

contro

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con l'Avvocatura Distrettuale di Milano, ivi domiciliato per legge nel suo ufficio di via Freguglia, ;

per l'annullamento

del provvedimento prot. n. 04754 del 30.11.2009, emesso dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Direzione Generale Territoriale del Nord Ovest -Ufficio della Motorizzazione Civile di La Spezia, con cui si dispone la revisione della patente di guida del ricorrente, mediante nuovo esame di idoneità psicofisica, di tutti gli atti connessi.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 marzo 2011 il dott. Raffaello Gisondi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Nel corso di un’ispezione compiuta nella località di Deiva Marina i Carabinieri della omonima stazione sorprendevano il Sig. Gi. Ma. mentre all’interno della sua automobile era intento a prepararsi una sigaretta di hashish.

Reso edotto dell’accaduto l’Ufficio della Motorizzazione civile della Spezia riteneva che il fatto facesse insorgere fondati dubbi sulla permanenza dei requisiti di idoneità alla guida in capo al Sig. Ma. e disponeva, di conseguenza, la revisione della sua patente ai sensi dell’art. 128 del codice della strada.

Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso l’interessato sulla base dei seguenti:

MOTIVI

1) Incompetenza territoriale dell’Ufficio della Motorizzazione civile della Spezia in quanto la revisione avrebbe dovuto essere disposta dall’Ufficio territorialmente competente per il luogo ove il Sig. Ma. ha la propria residenza.

2) Violazione dell’art. 10 della L. 241 del 1990 in relazione all’art. 128 del D.Lgs 285 del 1992, eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti.

L’Amministrazione ha adottato l’atto impugnato senza tenere in alcuna considerazione le deduzioni difensive presentate dal ricorrente nel corso del procedimento.

3) Violazione dell’art. 128 del D.Lgs 285 del 1992, dell’art. 97 Cost. e dell’art.3 della L. 241 del 1990; eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e difetto di istruttoria.

La revisione della patente del Sig. Ma. è stata disposta in relazione ad un episodio isolato e non correlato ad una specifica condotta attinente la guida di un autoveicolo. Manca, quindi, il nesso logico fra le premesse di fatto e le conclusioni a cui è giunta la Motorizzazione.

Inoltre, il provvedimento impugnato non indica le ragioni in base alle quali la preparazione di uno “spinello” occasionalmente avvenuta all’interno di una autovettura avrebbe fatto insorgere il dubbio sulla persistenza dei requisiti di idoneità alla guida del ricorrente.

Si è costituita l’Avvocatura Distrettuale per resistere al ricorso.

Con ordinanza n.202 del 4 marzo 2010 è stata accolta la domanda di sospensione cautelare del provvedimento impugnato.

All’udienza del 31 marzo 2011, sentiti gli avvocati delle parti come da separato verbale, relatore Dr. Raffaello Gisondi, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il Collegio ritiene di poter decidere il ricorso prescindendo dalla censura di incompetenza formulata dal ricorrente, che è stata positivamente considerata in sede cautelare.

Ciò per le ragioni che seguono.

Prima della entrata in vigore del codice del processo amministrativo nella giurisprudenza del g.a. prevaleva l’orientamento secondo cui "l'accoglimento della censura di incompetenza determina l'annullamento dell'atto impugnato, con assorbimento degli altri motivi di ricorso, il cui esame risulta precluso al giudice al fine di non precostituire un vincolo anomalo sui futuri provvedimenti della competente Autorità" (T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV, 17 giugno 2010, n.

1915; T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 2 aprile 2010, n. 969; altresì, T.A.R. Lazio, Roma, III ter, 5 novembre 2007, n. 10895).

Tale indirizzo trovava fondamento nel disposto degli artt. 45 del RD 1058 del 1924 e nell’art. 26 della L. 1034 del 1971 in base al quale qualora il giudice amministrativo avesse accolto la censura di incompetenza doveva limitarsi a rinviare l’affare alla competente autorità amministrativa lasciandone totalmente impregiudicato il potere decisionale.

Siffatto orientamento, peraltro già criticato dalla dottrina in quanto foriero di inutili lungaggini processuali e non coerente con il principio della domanda, non appare ora conforme a quanto prevede il nuovo codice del processo amministrativo a proposito dei possibili esiti a cui può dar luogo la sentenza di accoglimento del ricorso.

Nell’intento di garantire una maggiore effettività della tutela la nuova disciplina del processo amministrativo dispone ora che il g.a., allorchè ritenga fondati uno o più motivi di ricorso, non debba limitarsi ad annullare l’atto impugnato ma possa contestualmente indicare alla p.a. le conseguenze che derivano dal giudicato, senza più dover attendere, a tal fine, la riedizione del potere (art. 34 comma 1 lett. «e»).

Tale facoltà, se raccordata con il principio della domanda (anch’esso richiamato dal comma 1 dell’art. 34), comporta che il giudice amministrativo non possa dichiarare assorbiti uno o più motivi di ricorso qualora il loro accoglimento possa arricchire il contenuto del giudicato aggiungendo vincoli più specifici al riesercizio del potere amministrativo, poichè, in tal caso, la domanda di annullamento viene ad integrarsi con un distinto petitum sul quale il giudice ha l’obbligo di pronunciarsi.

Non vi sono ragioni per cui la predetta regola non debba applicarsi nel caso in cui il ricorrente, accanto a censure di ordine sostanziale, deduca anche il vizio di incompetenza.

Il codice, infatti, coerentemente con l’anzidetta impostazione volta a privilegiare l’effettività della tutela e la pienezza del giudicato, non prevede più che nel caso di accoglimento del predetto motivo il giudice debba necessariamente rimettere l’intero affare all’autorità competente senza potersi pronunciare sulle restanti censure.

Né la medesima regola può ora farsi derivare dal comma 2° dell’art. 34 c.p.a. che fa divieto al giudice di pronunciarsi su poteri amministrativi non ancora esercitati.

Tale formula, inserita inizialmente nell’articolo dedicato all’azione di accertamento, che figurava in una delle prime bozze del codice, a seguito della espunzione di tale azione dal testo definitivo, è stata conservata e collocata nella disciplina delle pronunce senza tuttavia perdere il suo originario significato che, come si legge anche nella relazione di accompagnamento al c.p.a., è quello di inibire l’intervento giurisdizionale su un’attività amministrativa futura.

«Futura» può tuttavia essere considerata solo l’azione amministrativa che al momento della proposizione della domanda non sia ancora giunta a conclusione del suo fisiologico iter procedimentale e non anche quella «rinnovatoria» successiva alla pronuncia giurisdizionale, altrimenti non troverebbe spiegazione l’ampia possibilità accordata al g.a. di incidere sul successivo svolgimento dell’azione amministrativa nell’ambito dell’azione sul silenzio o nella determinazione delle modalità attuative del giudicato.

Nel caso di emanazione di provvedimenti da parte di un’autorità incompetente non si ricade, quindi, nella previsione della predetta norma in quanto il sindacato del giudice si esplica su un potere che è già stato, sia pur illegittimamente, esercitato e la cui rinnovazione è, quindi, pienamente assoggettata alle statuizioni promananti dal giudicato.

Non coglie poi nel segno l’obiezione secondo cui la forza del giudicato non potrebbe vincolare un’amministrazione diversa da quella che è stata parte del giudizio.

Ciò, infatti, non accade quando l’incompetenza sia meramente intersoggettiva, posto che, in tal caso, a costituirsi in giudizio è sempre la medesima amministrazione nei confronti della quale si dispiegheranno i vincoli derivanti dalla sentenza.

Non sempre, inoltre, il carattere assorbente del vizio di incompetenza può giustificarsi sulla base di un asserito nesso di pregiudizialità logica fra esso e le restanti censure di legittimità.

Un siffatto nesso potrebbe forse sussistere nei casi in cui gli ulteriori vizi dedotti accanto a quello di incompetenza contestino il modo in cui la p.a. (incompetente) ha effettuato valutazioni afferenti a profili discrezionali del potere (posto che l’organo competente potrebbe spontaneamente valutare la situazione in maniera diversa), ma appare del tutto inutile e penalizzante nelle ipotesi in cui dall’accoglimento di uno dei motivi dedotti nel ricorso possa derivare un effetto preclusivo che impedisca in radice il riesercizio del potere, attribuendo alla sentenza carattere autoesecutivo.

Ciò è quanto accade nel caso di specie.

Con il terzo motivo di ricorso il Sig. Ma. contesta, infatti, la sussistenza dei presupposti per l’emanazione del provvedimento di revisione della patente ex art. 128 del codice della strada. L’accoglimento di tale censura determinerebbe un effetto preclusivo rispetto all’ulteriore riesercizio del potere da parte di qualsivoglia ufficio della Motorizzazione Civile e, per questo, la censura medesima può essere esaminata prioritariamente.

Il motivo è fondato.

La revisione della patente di guida prevista dall’art. 128 del codice della strada costituisce una misura a tutela della sicurezza della circolazione stradale attraverso la quale l’Autorità di PS può disporre che i soggetti rispetto ai quali sorgano dubbi in ordine alla permanenza dei requisiti psicofisici e di abilità necessari per il possesso della patente di guida debbano sottoporsi a nuovi esami di idoneità.

Si tratta di un provvedimento che può essere adottato anche quando il dubbio sul possesso dei requisiti di idoneità alla guida derivi dall’uso di sostanze stupefacenti; ma, in tal caso, non è sufficiente il riscontro di un consumo occasionale delle stesse, occorrendo ulteriori elementi che facciano sospettare la sussistenza di un permanente stato di tossicodipendenza tale da appannare i riflessi o le altre qualità fisiche indispensabili per la guida.

A voler diversamente opinare, il provvedimento di revisione verrebbe a perdere la sua natura cautelare trasformandosi in una vera e propria sanzione amministrativa che andrebbe a doppiare quella già prevista dal comma 1 dell’art. 75 del DPR 309 del 1975 (che punisce la detenzione di sostanze stupefacenti anche con la sospensione della patente di guida o la preclusione a conseguirla).

Nel caso di specie, il fatto che il ricorrente sia stato sorpreso mentre preparava una sigaretta di hashish all’interno della propria autovettura non può di per sé costituire presupposto per l’applicazione della misura di revisione della patente di guida.

 

Nella descrizione dei fatti effettuata dai militari dell’Arma nulla lascia pensare che il ricorrente fosse in procinto di mettersi alla guida della automobile sotto gli effetti dello “spinello”, nè risultano notizie in ordine ad uno stato di tossicodipendenza che potesse far sospettare il venir meno in capo allo stesso dei riflessi o di altre qualità necessarie per la corretta conduzione dell’autoveicolo.

In tale situazione non emerge in alcun modo quale potesse essere l’utilità della disposta revisione della patente la quale, per le ragioni anzidette, non può essere adottata per finalità sanzionatorie.

Il motivo deve, quindi, essere accolto con assorbimento dei restanti.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Resta fermo l’onere di cui all’art. 13 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo integrato dal comma 6 bis dell’art. 21 del decreto-legge n. 223 del 2006, come modificato dalla legge di conversione n. 248 del 2006, a carico della parte soccombente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Condanna l’amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 1.500 oltre IVA, c.p.a. e rimborso C.U.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 31 marzo 2011 con l'intervento dei magistrati:

Domenico Giordano, Presidente

Stefano Celeste Cozzi, Referendario

Raffaello Gisondi, Referendario, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/05/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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