N. 01233/2011
REG.PROV.COLL.
N. 00419/2010
REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro
generale 419 del 2010, proposto da: Gi. Ma.,
rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Sansone nel cui
studio in Milano, via G.B. Bazzoni, 2 è elettivamente
domiciliato;
contro
Ministero delle Infrastrutture e
dei Trasporti, con l'Avvocatura Distrettuale di Milano,
ivi domiciliato per legge nel suo ufficio di via
Freguglia, ;
per l'annullamento
del provvedimento prot. n. 04754
del 30.11.2009, emesso dal Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti, Direzione Generale
Territoriale del Nord Ovest -Ufficio della
Motorizzazione Civile di La Spezia, con cui si dispone
la revisione della patente di guida del ricorrente,
mediante nuovo esame di idoneità psicofisica, di tutti
gli atti connessi.
Visti il ricorso e i relativi
allegati;
Visto l'atto di costituzione in
giudizio di Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del
giorno 31 marzo 2011 il dott. Raffaello Gisondi e uditi
per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e
diritto quanto segue.
FATTO
Nel corso di un’ispezione compiuta
nella località di Deiva Marina i Carabinieri della
omonima stazione sorprendevano il Sig. Gi. Ma. mentre
all’interno della sua automobile era intento a
prepararsi una sigaretta di hashish.
Reso edotto dell’accaduto l’Ufficio
della Motorizzazione civile della Spezia riteneva che il
fatto facesse insorgere fondati dubbi sulla permanenza
dei requisiti di idoneità alla guida in capo al Sig. Ma.
e disponeva, di conseguenza, la revisione della sua
patente ai sensi dell’art. 128 del codice della strada.
Avverso tale provvedimento ha
proposto ricorso l’interessato sulla base dei seguenti:
MOTIVI
1) Incompetenza territoriale
dell’Ufficio della Motorizzazione civile della Spezia in
quanto la revisione avrebbe dovuto essere disposta
dall’Ufficio territorialmente competente per il luogo
ove il Sig. Ma. ha la propria residenza.
2) Violazione dell’art. 10 della L.
241 del 1990 in relazione all’art. 128 del D.Lgs 285 del
1992, eccesso di potere per erronea valutazione dei
fatti.
L’Amministrazione ha adottato
l’atto impugnato senza tenere in alcuna considerazione
le deduzioni difensive presentate dal ricorrente nel
corso del procedimento.
3) Violazione dell’art. 128 del
D.Lgs 285 del 1992, dell’art. 97 Cost. e dell’art.3
della L. 241 del 1990; eccesso di potere per erronea
valutazione dei fatti e difetto di istruttoria.
La revisione della patente del Sig.
Ma. è stata disposta in relazione ad un episodio isolato
e non correlato ad una specifica condotta attinente la
guida di un autoveicolo. Manca, quindi, il nesso logico
fra le premesse di fatto e le conclusioni a cui è giunta
la Motorizzazione.
Inoltre, il provvedimento impugnato
non indica le ragioni in base alle quali la preparazione
di uno “spinello” occasionalmente avvenuta all’interno
di una autovettura avrebbe fatto insorgere il dubbio
sulla persistenza dei requisiti di idoneità alla guida
del ricorrente.
Si è costituita l’Avvocatura
Distrettuale per resistere al ricorso.
Con ordinanza n.202 del 4 marzo
2010 è stata accolta la domanda di sospensione cautelare
del provvedimento impugnato.
All’udienza del 31 marzo 2011,
sentiti gli avvocati delle parti come da separato
verbale, relatore Dr. Raffaello Gisondi, il ricorso è
stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il Collegio ritiene di poter
decidere il ricorso prescindendo dalla censura di
incompetenza formulata dal ricorrente, che è stata
positivamente considerata in sede cautelare.
Ciò per le ragioni che seguono.
Prima della entrata in vigore del
codice del processo amministrativo nella giurisprudenza
del g.a. prevaleva l’orientamento secondo cui
"l'accoglimento della censura di incompetenza determina
l'annullamento dell'atto impugnato, con assorbimento
degli altri motivi di ricorso, il cui esame risulta
precluso al giudice al fine di non precostituire un
vincolo anomalo sui futuri provvedimenti della
competente Autorità" (T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV,
17 giugno 2010, n.
1915; T.A.R. Lombardia, Milano, IV,
2 aprile 2010, n. 969; altresì, T.A.R. Lazio, Roma, III
ter, 5 novembre 2007, n. 10895).
Tale indirizzo trovava fondamento
nel disposto degli artt. 45 del RD 1058 del 1924 e
nell’art. 26 della L. 1034 del 1971 in base al quale
qualora il giudice amministrativo avesse accolto la
censura di incompetenza doveva limitarsi a rinviare
l’affare alla competente autorità amministrativa
lasciandone totalmente impregiudicato il potere
decisionale.
Siffatto orientamento, peraltro già
criticato dalla dottrina in quanto foriero di inutili
lungaggini processuali e non coerente con il principio
della domanda, non appare ora conforme a quanto prevede
il nuovo codice del processo amministrativo a proposito
dei possibili esiti a cui può dar luogo la sentenza di
accoglimento del ricorso.
Nell’intento di garantire una
maggiore effettività della tutela la nuova disciplina
del processo amministrativo dispone ora che il g.a.,
allorchè ritenga fondati uno o più motivi di ricorso,
non debba limitarsi ad annullare l’atto impugnato ma
possa contestualmente indicare alla p.a. le conseguenze
che derivano dal giudicato, senza più dover attendere, a
tal fine, la riedizione del potere (art. 34 comma 1
lett. «e»).
Tale facoltà, se raccordata con il
principio della domanda (anch’esso richiamato dal comma
1 dell’art. 34), comporta che il giudice amministrativo
non possa dichiarare assorbiti uno o più motivi di
ricorso qualora il loro accoglimento possa arricchire il
contenuto del giudicato aggiungendo vincoli più
specifici al riesercizio del potere amministrativo,
poichè, in tal caso, la domanda di annullamento viene ad
integrarsi con un distinto petitum sul quale il giudice
ha l’obbligo di pronunciarsi.
Non vi sono ragioni per cui la
predetta regola non debba applicarsi nel caso in cui il
ricorrente, accanto a censure di ordine sostanziale,
deduca anche il vizio di incompetenza.
Il codice, infatti, coerentemente
con l’anzidetta impostazione volta a privilegiare
l’effettività della tutela e la pienezza del giudicato,
non prevede più che nel caso di accoglimento del
predetto motivo il giudice debba necessariamente
rimettere l’intero affare all’autorità competente senza
potersi pronunciare sulle restanti censure.
Né la medesima regola può ora farsi
derivare dal comma 2° dell’art. 34 c.p.a. che fa divieto
al giudice di pronunciarsi su poteri amministrativi non
ancora esercitati.
Tale formula, inserita inizialmente
nell’articolo dedicato all’azione di accertamento, che
figurava in una delle prime bozze del codice, a seguito
della espunzione di tale azione dal testo definitivo, è
stata conservata e collocata nella disciplina delle
pronunce senza tuttavia perdere il suo originario
significato che, come si legge anche nella relazione di
accompagnamento al c.p.a., è quello di inibire
l’intervento giurisdizionale su un’attività
amministrativa futura.
«Futura» può tuttavia essere
considerata solo l’azione amministrativa che al momento
della proposizione della domanda non sia ancora giunta a
conclusione del suo fisiologico iter procedimentale e
non anche quella «rinnovatoria» successiva alla
pronuncia giurisdizionale, altrimenti non troverebbe
spiegazione l’ampia possibilità accordata al g.a. di
incidere sul successivo svolgimento dell’azione
amministrativa nell’ambito dell’azione sul silenzio o
nella determinazione delle modalità attuative del
giudicato.
Nel caso di emanazione di
provvedimenti da parte di un’autorità incompetente non
si ricade, quindi, nella previsione della predetta norma
in quanto il sindacato del giudice si esplica su un
potere che è già stato, sia pur illegittimamente,
esercitato e la cui rinnovazione è, quindi, pienamente
assoggettata alle statuizioni promananti dal giudicato.
Non coglie poi nel segno
l’obiezione secondo cui la forza del giudicato non
potrebbe vincolare un’amministrazione diversa da quella
che è stata parte del giudizio.
Ciò, infatti, non accade quando
l’incompetenza sia meramente intersoggettiva, posto che,
in tal caso, a costituirsi in giudizio è sempre la
medesima amministrazione nei confronti della quale si
dispiegheranno i vincoli derivanti dalla sentenza.
Non sempre, inoltre, il carattere
assorbente del vizio di incompetenza può giustificarsi
sulla base di un asserito nesso di pregiudizialità
logica fra esso e le restanti censure di legittimità.
Un siffatto nesso potrebbe forse
sussistere nei casi in cui gli ulteriori vizi dedotti
accanto a quello di incompetenza contestino il modo in
cui la p.a. (incompetente) ha effettuato valutazioni
afferenti a profili discrezionali del potere (posto che
l’organo competente potrebbe spontaneamente valutare la
situazione in maniera diversa), ma appare del tutto
inutile e penalizzante nelle ipotesi in cui
dall’accoglimento di uno dei motivi dedotti nel ricorso
possa derivare un effetto preclusivo che impedisca in
radice il riesercizio del potere, attribuendo alla
sentenza carattere autoesecutivo.
Ciò è quanto accade nel caso di
specie.
Con il terzo motivo di ricorso il
Sig. Ma. contesta, infatti, la sussistenza dei
presupposti per l’emanazione del provvedimento di
revisione della patente ex art. 128 del codice della
strada. L’accoglimento di tale censura determinerebbe un
effetto preclusivo rispetto all’ulteriore riesercizio
del potere da parte di qualsivoglia ufficio della
Motorizzazione Civile e, per questo, la censura medesima
può essere esaminata prioritariamente.
Il motivo è fondato.
La revisione della patente di guida
prevista dall’art. 128 del codice della strada
costituisce una misura a tutela della sicurezza della
circolazione stradale attraverso la quale l’Autorità di
PS può disporre che i soggetti rispetto ai quali sorgano
dubbi in ordine alla permanenza dei requisiti
psicofisici e di abilità necessari per il possesso della
patente di guida debbano sottoporsi a nuovi esami di
idoneità.
Si tratta di un provvedimento che
può essere adottato anche quando il dubbio sul possesso
dei requisiti di idoneità alla guida derivi dall’uso di
sostanze stupefacenti; ma, in tal caso, non è
sufficiente il riscontro di un consumo occasionale delle
stesse, occorrendo ulteriori elementi che facciano
sospettare la sussistenza di un permanente stato di
tossicodipendenza tale da appannare i riflessi o le
altre qualità fisiche indispensabili per la guida.
A voler diversamente opinare, il
provvedimento di revisione verrebbe a perdere la sua
natura cautelare trasformandosi in una vera e propria
sanzione amministrativa che andrebbe a doppiare quella
già prevista dal comma 1 dell’art. 75 del DPR 309 del
1975 (che punisce la detenzione di sostanze stupefacenti
anche con la sospensione della patente di guida o la
preclusione a conseguirla).
Nel caso di specie, il fatto che il
ricorrente sia stato sorpreso mentre preparava una
sigaretta di hashish all’interno della propria
autovettura non può di per sé costituire presupposto per
l’applicazione della misura di revisione della patente
di guida.
Nella descrizione dei fatti
effettuata dai militari dell’Arma nulla lascia pensare
che il ricorrente fosse in procinto di mettersi alla
guida della automobile sotto gli effetti dello
“spinello”, nè risultano notizie in ordine ad uno stato
di tossicodipendenza che potesse far sospettare il venir
meno in capo allo stesso dei riflessi o di altre qualità
necessarie per la corretta conduzione dell’autoveicolo.
In tale situazione non emerge in
alcun modo quale potesse essere l’utilità della disposta
revisione della patente la quale, per le ragioni
anzidette, non può essere adottata per finalità
sanzionatorie.
Il motivo deve, quindi, essere
accolto con assorbimento dei restanti.
Le spese seguono la soccombenza e
si liquidano come da dispositivo. Resta fermo l’onere di
cui all’art. 13 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo
integrato dal comma 6 bis dell’art. 21 del decreto-legge
n. 223 del 2006, come modificato dalla legge di
conversione n. 248 del 2006, a carico della parte
soccombente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Lombardia, definitivamente pronunciando
sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e
per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’amministrazione
resistente al pagamento delle spese di lite che liquida
in Euro 1.500 oltre IVA, c.p.a. e rimborso C.U.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera
di consiglio del giorno 31 marzo 2011 con l'intervento
dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Stefano Celeste Cozzi, Referendario
Raffaello Gisondi, Referendario,
Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/05/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3,
cod. proc. amm.) |