Questo è quanto di recente affermato dalla Sezione
Lavoro della Suprema Corte con sentenza n. 9769/11.
Il caso: il lavoratore part-time di un’azienda chiedeva
al proprio datore di lavoro che gli venisse rinnovato il
rapporto di lavoro a tempo parziale, ma la richiesta
veniva rigettata per ragioni organizzative e produttive
dell’azienda stessa. Il lavoratore in questione si
rivolgeva pertanto al Tribunale di Ascoli Piceno
chiedendo che gli venisse riconosciuto il proprio
diritto alla trasformazione del rapporto da tempo pieno
a part-time per periodi biennali o annuali. Il Tribunale
rigettava tale richiesta. Il lavoratore proponeva
pertanto appello avverso la sentenza di rigetto. L’adita
Corte d’Appello di Ancona, accoglieva parzialmente il
gravame dichiarando il diritto del lavoratore alla
trasformazione a tempo parziale del suo rapporto di
lavoro.
La decisione della Suprema Corte: “la mancata
concessione della trasformazione a “part-time” del
rapporto a tempo pieno in corso, ove nel caso concreto
risulti giuridicamente doverosa, ai sensi e per gli
effetti della contrattazione collettiva, costituisce un
inadempimento contrattuale, di cui si può sicuramente
chiedere l’accertamento in quanto potenzialmente foriera
di danno.
Pertanto, sotto questo profilo, è indubitabile la
sussistenza di un interesse a detto accertamento.
Viceversa, è altrettanto indubitabile la infondatezza di
una pretesa di trasformazione “ora per allora” del
rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo
parziale.
Va in proposito chiarito che -come puntualizzato dal
Giudice d’appello- l’art. 3 del CCNL del settore recita
espressamente: “L’azienda, in presenza di proprie
esigenze organizzative e produttive, può accogliere
domande di prestazione a tempo parziale presentate dai
dipendenti in servizio e/o assumere lavoratori a tempo
parziale.
L’azienda, purché ciò limiti compatibile con le
obiettive esigenze tecniche, organizzative e produttive,
accoglierà prioritariamente le domande di quei
lavoratori in servizio con l’inquadramento necessario
che, appartenendo all’’unità produttiva in cui si è
manifestata l’esigenza, siano riconosciuti idonei a
svolgere le mansioni per te quali la stessa si è
determinata; ove ciò non avvenga, l’interessato può
chiedere alla direzione aziendale che gli vengano
forniti chiarimenti. Fermo quanto previsto dal primo e
dal secondo comma, in sede aziendale potranno essere
definiti, d’intesa con le OO.SS. aziendali facenti capo
alle Organizzazioni dei lavoratori stipulanti, criteri
di precedenza per l’accoglimento delle domande dei
lavoratori che intendono effettuare la propria
prestazione in tempo parziale. Restano comunque escluse
le posizioni di lavoro relative a prestazione lavorative
non adeguatamente utilizzabili da parte dell’’Azienda,
ove eseguite per un tempo ridotto; nel mese di dicembre
di ciascun anno l’azienda, in apposito incontro da
tenersi con le OO.SS. aziendali facenti capo alle
Organizzazioni dei lavoratori stipulanti, comunicherà le
posizioni di lavoro che sono state ricomprese, nel corso
dell’anno, nel rapporto a tempo parziale. L’articolo
prosegue con l’indicazione delle percentuali massime dei
rapporti in part-time.
Nell’accordo aziendale integrativo, al punto 3 sono poi
estinti i criteri di precedenza per l’accoglimento delle
domande di trasformazione del rapporto di lavoro da
tempo pieno e tempo parziale, con l’indicazione,
nell’ordine, delle seguenti fattispecie: problemi di
salute del lavoratore o di un membro del suo nucleo
familiare che richiedano particolari forme di
assistenza; gravi motivi familiari legati alla famiglia
del prestatore e all’educazione dei figli; esigenze
personali (motivi di studio, attività sociali, attività
sportive etc.) ed infine richieste non motivate. In caso
di identiche motivazioni da parte di più richiedenti, è
previsto che si tenga conto dell’anzianità di servizio e
delle esigenze aziendali. In questo quadro normativo
-come correttamente sostenuto nella impugnata decisione-
la posizione del lavoratore aspirante alla
trasformazione del proprio rapporto di lavoro da tempo
pieno a tempo parziale non può essere qualificata in
termini di diritto soggettivo, nel senso che, ricorrendo
una delle fattispecie indicate nei raccordo aziendale
integrativo, il lavoratore istante abbia senz’altro
diritto a! la concessione del part-time; ciò in quanto,
in via prioritaria, debbono sussistere le esigenze
organizzative e produttive aziendali atte quantomeno a
permettere, se non ad esigere, che alcune prestazioni
lavorative, in una determinata unità produttiva, siano
svolte in regime di tempo parziale. Ne discende che solo
ed esclusivamente il datore di lavoro può –
nell’esercizio della discrezionalità che gli compete in
tutto ciò che attiene agli aspetti organizzativi
dell’impresa — stabilire se effettivamente ci sia
bisogno di prestazioni a tempo parziale e se le
richieste avanzate in tal senso dai dipendenti
rispondano alle esigenze aziendali medesime, sì da
potere trovare accoglimento. Si tratta, quindi, di un
potere discrezionale il cui esercizio non è sindacabile
dal dipendente. Una volta però che il datore di lavoro
abbia ritenuto sussistenti, in una determinata unità
produttiva e con riguardo a specifiche mansioni,
l’esigenza di prestazioni a tempo parziale, nonché
l’utilità di prestazioni lavorative così rese, la
decisione di concedere o negare la trasformazione dei
rapporto a part-time – rimarca, ancora, opportunamente
il Giudice d’appello- non è più discrezionale, bensì
vincolata ai criteri prestabiliti in sede di accordo
collettivo, ai quali il datore di lavoro deve
conformarsi nella regolamentazione dei singoli rapporti,
facendo applicazione dei criteri di buona fede e
correttezza che debbono ispirare l’esecuzione del
contratto {ex artt. 1175 e 1375 cc). Con la conseguenza
che l’inosservanza dei criteri preferenziali
contrattualmente stabiliti legittima il dipendente che
si ritenga leso dalla condotta datoriale ad agire per il
risarcimento del danno, anche in forma .specifica, per
ottenere la trasformazione del rapporto in part-time che
gli fosse stata ingiustamente negata sulla base dei
descritti criteri, oltre ad eventuali altre voci di
danno collegate allo stesso illecito.
In base a questa ricostruzione, la posizione datoriale
rispetto alla concessione del part-time richiesto dal
dipendente corrisponde ad un potere discrezionale
dell’an e vincolato nel quo modo.
Ne deriva che, mentre va escluso il diritto del
dipendente di sindacare le decisioni datoriali in ordine
alla sussistenza o meno delle esigenze organizzative e
produttive compatibili con prestazioni rese in regime di
tempo parziale, o richiedenti, dette prestazioni, si può
invece ravvisare in capo ai dipendente una posizione di
diritto soggettivo suscettibile di tutela risarcitoria
relativamente alle modalità di esercizio di quel potere,
e, quindi, relativamente al potere del datore di
scegliere a chi accordare il part-time tra quei
dipendenti che ne abbiano fatto richiesta, per la prima
volta o in via di rinnovo”. |