L’aumento, anche se concordato tra
le parti, non basta per modificare l’importo indicato
nella pronuncia
Ai sensi dell’articolo 10, comma 1,
lettera c) del Tuir, gli assegni periodici corrisposti
al coniuge – esclusi quelli destinati al mantenimento
dei figli – in conseguenza di separazione legale ed
effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio
o di cessazione dei suoi effetti civili, sono
deducibili, ai fini Irpef, nella misura in cui risultano
da provvedimenti dell’autorità giudiziaria.
Questo il principio ribadito dalla
Cassazione nell’ordinanza 10323 del 10 maggio.
L’Amministrazione finanziaria
propone ricorso alla Suprema corte avverso una sentenza
della Commissione tributaria regionale che, in
accoglimento dell’appello proposto da un contribuente,
aveva annullato la cartella di pagamento (per Irpef,
anno 2000) emessa a seguito del mancato riconoscimento
dell’intero onere deducibile (pari a 90 milioni di lire)
dallo stesso corrisposto al coniuge separato, a titolo
di assegno di mantenimento.
Secondo i giudici d’appello,
infatti, la somma in questione è deducibile nell’intera
misura di fatto concordata tra le parti, a nulla
rilevando che non venga attivato il procedimento
giurisdizionale per la sua modifica in aumento rispetto
all’ammontare stabilito in una precedente pronunzia
giudiziale.
Con un unico motivo di ricorso,
l’ufficio finanziario denuncia la violazione della norma
tributaria sostanziale che regola la materia – ossia
l’articolo 10, comma 1, lettera c), del Tuir – nella
parte in cui ammette la deducibilità dell’assegno di
mantenimento limitatamente al quantum stabilito in
Tribunale.
Per i giudici di piazza Cavour,
l’eccezione è fondata, atteso che il riferimento
normativo alla “…misura in cui risultano da
provvedimenti dell’autorità giudiziaria”, è da
ritenersi, secondo un orientamento consolidato nella
giurisprudenza di legittimità, un insuperabile dato
testuale.
Infatti, con le pronunce 23659/2006
e 16462/2002, la Cassazione ha affermato che la
formulazione del richiamato articolo 10 – laddove
prevede la deducibilità del solo assegno periodico
corrisposto al coniuge, sulla base di un provvedimento
dell’autorità giudiziaria – non consente la deduzione
della somma corrisposta in unica soluzione in
sostituzione dell’assegno stesso.
A sostegno di tale interpretazione,
la Suprema corte richiama anche la sentenza della Corte
costituzionale 370/1999 (cui hanno fatto seguito le più
recenti pronunce 373/2008 e 113/2007), che ha ritenuto
non fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’articolo 10, lettera h), del Dpr 597/1973 (norma
vigente ratione temporis, oggi riprodotta nell’attuale
articolo 10, comma 1, lettera c), del Tuir) laddove non
ammette in deduzione gli assegni alimentari prestati
spontaneamente dal soggetto obbligato.
In buona sostanza, secondo la
Consulta, la deducibilità fiscale di un onere non può
essere generale e illimitata, ma va ponderata dal
legislatore ordinario sulla base di criteri che
contemperino le esigenze finanziarie dello Stato con
quelle del cittadino.
Ne deriva che, spetta al
legislatore, secondo le sue valutazioni discrezionali,
“…individuare gli oneri deducibili considerando il
necessario collegamento con la produzione del reddito,
il nesso di proporzionalità con il gettito generale dei
tributi, nonché l’esigenza fondamentale di adottare le
opportune cautele contro le evasioni di imposta
(sentenza n. 143 del 1982; v. anche le sentenze nn. 108
del 1983 e 239 del 1993 e le ordinanze nn. 948 del 1988
e 556 del 1987)”.
Del resto, proseguono ancora i
giudici di piazza del Quirinale, la deduzione dal
reddito imponibile degli assegni alimentari rapportata
al provvedimento dell’autorità giudiziaria, rappresenta
una scelta più che opportuna da parte del legislatore
“…ispirata ad esigenze di certezza nella individuazione
degli oneri detraibili, altrimenti lasciata alla volontà
del contribuente o alla discrezionalità
dell’Amministrazione finanziaria”.
Tali principi, chiosa da ultimo la
Cassazione, sono totalmente estendibili agli assegni
periodici corrisposti per il mantenimento del coniuge,
in conseguenza di separazione, divorzio o annullamento
del matrimonio, anch’essi deducibili nella misura
stabilita dal giudice “…nella specie ferma alla lontana
sentenza del tribunale di Venezia n. 288 del 1978 senza
che abbiano fiscalmente rilievo le maggiorazioni
intervenute per eventuali patti privati successivi o
accordati spontaneamente dal coniuge obbligato”.
In conclusione, si deve affermare
che la deducibilità degli assegni periodici corrisposti
al coniuge separato è subordinata alla presenza di due
presupposti: la certezza della natura e del quantum da
corrispondere, determinata da un provvedimento
giudiziale, e la periodicità dello stesso. Pertanto, ove
la somma corrisposta al coniuge non è stabilita dal
Tribunale, ma è concordata tra le parti e non è
caratterizzata da periodicità, non è mai deducibile dal
reddito.
Marco Denaro |