Se il nulla osta al
matrimonio dello straniero in Italia non viene
rilasciato per "motivi religiosi" - o comunque
ingiustificati - l’ufficiale di stato civile deve
comunque procedere alle pubblicazioni. Sempreché la
mancanza di impedimenti sia comunque provata mediante
altra documentazione. E può farlo in via autonoma senza
attendere il provvedimento del giudice. Lo ha stabilito
il tribunale civile di Piacenza con il decreto 5 maggio
2011, con il quale ha dichiarato illegittimo il rifiuto
opposto dal comune ad una coppia italo algerina.
Il pubblico funzionario,
infatti, non aveva autorizzato le pubblicazioni per la
mancata presentazione del nulla osta da parte del paese
di origine della donna, l’Algeria. I nubendi hanno fatto
ricorso contro il provvedimento di diniego sostenendo
che il rilascio del via libera da parte dell’Algeria è
subordinato alla presentazione da parte del futuro
coniuge, non musulmano, di un “attestato di conversione
all’Islam”.
La presentazione di
documenti equipollenti
Secondo il giudice del
tribunale di Piacenza, però, “la giurisprudenza di
merito ha ammesso la possibilità di equipollenti del
nulla osta previsto dall’art. 116 c.c.”. quando “la
mancanza di impedimenti risulti comunque da altri
documenti” (Tribunale Roma, decreto 2 gennaio 1979);
oppure “qualora il mancato rilascio del nulla osta
risulti ingiustificato e costituisca perciò
un’arbitraria preclusione del diritto di contrarre
matrimonio” (Tribunale di Camerino, decreto 12 aprile
1990), o ancora quando la norma del paese d’origine in
quanto diretta ad impedire il matrimonio per soli motivi
religiosi sia “chiaramente in contrasto con l’ordine
pubblico internazionale e costituzionale”, quest'ultimo
era un caso iraniano (Tribunale di Verona, decreto 6
marzo 1987).
Il contrasto con i
diritti fondamentali
Ora, siccome "l’attuale
mancanza di provvedimento autorizzatorio implica
l’impossibilità per i ricorrenti di contrarre
matrimonio” e “risulta provato che lo Stato dell’Algeria
subordina il rilascio del nulla osta all’adesione alla
fede musulmana del cittadino non musulmano", ciò “non
può comportare, alla luce dei principi generali
dell’ordinamento interno italiano e dell’ordinamento
internazionale, la preclusione di un diritto
fondamentale della persona (e non del solo cittadino
italiano), qual è quello di costituire una famiglia
attraverso il matrimonio liberamente contratto”. Deve
perciò dichiararsi “illegittimo il rifiuto opposto
dall’ufficiale dello stato civile di Piacenza ed
ordinarsi, di conseguenza, al medesimo di procedervi”.
Il pubblico ufficiale
doveva adeguarsi al diritto vivente
Non solo ma secondo il
giudice “nell’uniformare il proprio operato alla legge”,
l’ufficiale dello stato civile, “non può prescindere dal
fare applicazione del diritto vivente", considerando,
dunque "la disposizione di legge non nella sua mera
letteralità, ma inverata nella interpretazione costante
ed uniforme che ne fa la giurisprudenza” e dunque
“avrebbe potuto procedere alle richieste pubblicazioni
matrimoniali” direttamente
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