Risarcimento del danno per
equivalente – applicazione della norma di cui
all’articolo 2049 cc – solo nei rapporti interni tra
committente e appaltatore - non possibile nel campo
dell’edilizia convenzionata - il generico richiamo a
funzioni di controllo e di vigilanza non appare
conferente - la responsabilità oggettiva non può
applicarsi alla delegazione di funzioni amministrative
in materia di edilizia convenzionata.
Deve al riguardo rilevarsi che qui
non si tratta né dell’esecuzione di un’opera pubblica
mediante appalto o concessione, e né di una attività
istituzionale direttamente imputabile al Comune per cui
possa esser invocato l’art. 2049 c.c. concernente la
responsabilità oggettiva dei padroni e dei committenti.
Nel campo dell’edilizia
convenzionata, il soggetto attuatore, che costruisce ed
assegna gli alloggi ai proprio soci, è in concreto il
beneficiario immediato dell’intervento per cui deve
ritenersi che, con il trasferimento di funzioni
conseguenti al conferimento del mandato, vengano
trasferite anche le responsabilità relative allo
svolgimento di una procedura espropriativa, che avviene
a suo autonomo ministero e nel suo esclusivo interesse.
In assenza di una disposizione
normativa ad hoc che affermi tale responsabilità anche
il generico richiamo a funzioni di controllo e di
vigilanza non appare conferente, perché tali poteri
possono essere riconosciuti solo nei rapporti interni
tra committente e appaltatore, e sono correlati alla
riduzione o all'eliminazione della sfera di autonomia
decisionale di questi ultimi e, solo in base ad una
disposizione testuale o negoziale, può assumere
rilevanza nei confronti dei terzi.
In sostanza deve ritenersi che, nel
caso in esame, a nulla possano rilevare le pretese
inadempienze dell'ente delegante nell'esercizio dei
poteri di vigilanza e controllo nello svolgimento della
procedura ablatoria.
In conclusione sul punto, la non
riferibilità diretta all’ente dall’illecita occupazione
fa sì che, nel caso, venga meno le ragioni logiche e
giuridiche su cui è fondato l’art. 2049 c.c. , vale a
dire l’utilità per il committente e la mancanza di
autonomia e di gestione per il delegato, per cui, di
conseguenza, la responsabilità oggettiva non può
applicarsi alla delegazione di funzioni amministrative
in materia di edilizia convenzionata.
Ciò posto, sotto altro profilo, si
deve comunque rilevare come, secondo le regole generali
del “neminem ledere”, la dimostrazione della sussistenza
delle circostanze che comportino la deroga al principio
della responsabilità del solo esecutore dell’intervento
deve infatti far carico al danneggiato (arg. ex.
Cassazione civile , sez. III, 27 maggio 2010 , n.
12971).
In conseguenza, per poter
riscontrare una corresponsabilità solidale dell'ente
delegante, deve comunque non essere dimostrata in
concreto l’esistenza di un elemento causalmente
efficiente in merito al mancato conseguimento del
decreto di esproprio.
Prova che qui, sia pure in coerenza
con l’impostazione dell’appello, è comunque mancata.
Alla luce del criterio dell’utilità
e della riferibilità diretta del Consorzio “Mugnano 2”
dell’illecito devono comunque ritenersi esatte le
conclusioni del TAR campano, per cui:
a. che il Consorzio e la parte
ricorrente, potevano addivenire ad un accordo in
applicazione dell’art.35 del Decr. Legisl. n.80/1998 con
effetti traslativi della proprietà, che prevedesse la
corresponsione di una somma specificamente individuata
nell'accordo stesso del principio del ristoro integrale
del danno subito (Corte cost., n. 949/2007), con
riferimento al valore venale del bene al tempo della
cessazione del periodo di occupazione legittima; oltre
al danno per il periodo di utilizzazione senza titolo
del bene, computato attraverso la maggiorazione della
sorta capitale con gli interessi moratori sinora
maturati; depurata delle somme medio tempore già
percepite dalla parte ricorrente, a qualunque titolo; ed
ulteriormente maggiorate dei relativi accessori del
credito;
b. che, in difetto di tale accordo
l’Amministrazione potesse comunque acquisire il terreno
e risarcire il danno per equivalente, determinando
l’importo da erogare con le medesime modalità di cui
sopra;
c. che, nel caso di restituzione
dell’immobile invece, il Consorzio dovrà risarcire il
danno relativo al periodo della sua utilizzazione senza
titolo, cioè dalla data di scadenza del termine di
efficacia della dichiarazione di pubblica utilità sino a
quella della effettiva restituzione, oltre gli interessi
moratori.
Infine alla luce delle espresse
statuizioni di cui sopra, erroneamente la parte
appellante assume che non è stato pronunciato la
condanna al risarcimento del danno in caso di accordo
sub a) o di restituzione del bene sub c).
Riportiamo qui di seguito la
decisione numero 749 del 2 febbraio 2011 pronunciata dal
Consiglio di Stato
N.
00749/2011REG.PROV.COLL.
N. 09615/2009
09615/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione
Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro
generale 9615 del 2009, proposto da ***
contro***
nei confronti di***
per la riforma***
Visti il ricorso in appello e i
relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del
giorno 11 gennaio 2011 il Cons. Umberto Realfonzo e
uditi per le parti gli avvocati Visone su delega di
Barbagallo e Barone;
Ritenuto e considerato in fatto e
diritto quanto segue.
FATTO
Il presente gravame è diretto
avverso la sentenza con cui il TAR per la
Campania-Napoli nell’accogliere il ricorso
dell’appellante Parrocchia, ha condannato solo il
Consorzio Mugnano Due -- e non l’amministrazione
Comunale – al risarcimento dei danni conseguenti
all’illecita apprensione di un suo fondo per la
realizzazione di un piano di edilizia convenzionata.
Il ricorso è affidato ad un’unica
rubrica di gravame relativa alla violazione ed alla
falsa applicazione del combinato disposto degli articoli
35-60 della legge 22 ottobre 1971 n. 865; nonché
contraddittorietà e carenza della motivazione.
Nessuna delle appellate si è
formalmente costituita in giudizio.
Chiamata all’udienza pubblica di
discussione gli avvocati patrocinatori dell’appellante,
la causa è stata ritenuta dal collegio in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Con la sentenza gravata, il TAR
campano ha condannando solo il Consorzio Mugnano Due al
risarcimento dei danni per la decorrenza del termine di
cinque anni dal momento dell’adozione del decreto di
occupazione d’urgenza senza che fosse emanato il decreto
di esproprio.
Assume la Parrocchia appellante
l’erroneità della sentenza nella parte in cui:
-- non condanna anche il Comune in
solido al risarcimento del danno;
-- non ammette il risarcimento
anche nelle ipotesi di accordo o di cessione
all’Amministrazione Comunale ex art. 43 del D.P.R.
n.327/2003 (peraltro,come è noto, nelle more dichiarato
successivamente incostituzionale dalla Corte
costituzionale,sent. 8 ottobre 2010, n. 293).
Il Comune di Mugnano, per non avere
esercitato il potere di vigilanza e controllo, sarebbe
dunque responsabile in solido con il Consorzio “Mugnano
due”, della mancata tempestiva conclusione della
procedura espropriativa condotta dal medesimo. In
conformità alle regole derivanti dal combinato disposto
degli articoli 35e 60 della legge 21 ottobre 1971 n.
865, anche nelle ipotesi di delega, in cui il
concessionario che agisce in nome e per conto
dell’amministrazione comunale, il Comune concedente non
si spoglierebbe dei poteri di controllo e di vigilanza
rimanendo conseguentemente responsabile in solido con il
concessionario delle obbligazioni risarcitorie
conseguente all’omessa tempestiva conclusione della
procedura relativa (cfr. Cassazione Civile,SS. UU. 23
novembre 2007 n. 24.397; idem 9 ottobre 2007 n. 21.096).
L’illiceità della condotta,
consistente la mancata tempestiva adozione del
provvedimento conclusivo del procedimento, dovrebbe
essere posto solidalmente a carico dell’amministrazione
titolare del relativo potere.
L’assunto va complessivamente
disatteso.
La concessione di aree comprese nei
piani di edilizia economica e popolare disposta, ai
sensi dell'art. 35 della L. 22 ottobre 1971 n. 865, dal
comune a favore dei soggetti che s'impegnano a costruire
le case, è accompagnata da una convenzione che prevede,
tra l'altro, le sanzioni a carico del concessionario per
l'inosservanza degli obblighi stabiliti dalla
convenzione medesima.
Né l'art. 35 e né l’art. 60 della
L. 22 ottobre 1971 n. 865 affermano espressamente una
responsabilità oggettiva degli enti concedenti, così
come affermato dalla giurisprudenza invocata dalla
Parrocchia ricorrente.
Pertanto qualora l'amministrazione
avvalendosi dello schema di cui agli art. 35 e 60 L. n.
865 del 1971 affidi ad soggetto attuatore la
realizzazione dell’intervento, e nello stesso tempo gli
deleghi gli oneri concernenti la procedura ablatoria,
l'illecito in cui consiste l’occupazione appropriativa,
comportante la perdita della proprietà del privato, deve
ritenersi ascrivibile anzitutto al soggetto che ne è
l'autore materiale ed il beneficiario dell’illecito.
Deve al riguardo rilevarsi che qui
non si tratta né dell’esecuzione di un’opera pubblica
mediante appalto o concessione, e né di una attività
istituzionale direttamente imputabile al Comune per cui
possa esser invocato l’art. 2049 c.c. concernente la
responsabilità oggettiva dei padroni e dei committenti.
Nel campo dell’edilizia convenzionata, il soggetto
attuatore, che costruisce ed assegna gli alloggi ai
proprio soci, è in concreto il beneficiario immediato
dell’intervento per cui deve ritenersi che, con il
trasferimento di funzioni conseguenti al conferimento
del mandato, vengano trasferite anche le responsabilità
relative allo svolgimento di una procedura
espropriativa, che avviene a suo autonomo ministero e
nel suo esclusivo interesse.
In assenza di una disposizione
normativa ad hoc che affermi tale responsabilità anche
il generico richiamo a funzioni di controllo e di
vigilanza non appare conferente, perché tali poteri
possono essere riconosciuti solo nei rapporti interni
tra committente e appaltatore, e sono correlati alla
riduzione o all'eliminazione della sfera di autonomia
decisionale di questi ultimi e, solo in base ad una
disposizione testuale o negoziale, può assumere
rilevanza nei confronti dei terzi.
In sostanza deve ritenersi che, nel
caso in esame, a nulla possano rilevare le pretese
inadempienze dell'ente delegante nell'esercizio dei
poteri di vigilanza e controllo nello svolgimento della
procedura ablatoria.
In conclusione sul punto, la non
riferibilità diretta all’ente dall’illecita occupazione
fa sì che, nel caso, venga meno le ragioni logiche e
giuridiche su cui è fondato l’art. 2049 c.c. , vale a
dire l’utilità per il committente e la mancanza di
autonomia e di gestione per il delegato, per cui, di
conseguenza, la responsabilità oggettiva non può
applicarsi alla delegazione di funzioni amministrative
in materia di edilizia convenzionata.
Ciò posto, sotto altro profilo, si
deve comunque rilevare come, secondo le regole generali
del “neminem ledere”, la dimostrazione della sussistenza
delle circostanze che comportino la deroga al principio
della responsabilità del solo esecutore dell’intervento
deve infatti far carico al danneggiato (arg. ex.
Cassazione civile , sez. III, 27 maggio 2010 , n.
12971).
In conseguenza, per poter
riscontrare una corresponsabilità solidale dell'ente
delegante, deve comunque non essere dimostrata in
concreto l’esistenza di un elemento causalmente
efficiente in merito al mancato conseguimento del
decreto di esproprio.
Prova che qui, sia pure in coerenza
con l’impostazione dell’appello, è comunque mancata.
Alla luce del criterio dell’utilità
e della riferibilità diretta del Consorzio “Mugnano 2”
dell’illecito devono comunque ritenersi esatte le
conclusioni del TAR campano, per cui:
a. che il Consorzio e la parte
ricorrente, potevano addivenire ad un accordo in
applicazione dell’art.35 del Decr. Legisl. n.80/1998 con
effetti traslativi della proprietà, che prevedesse la
corresponsione di una somma specificamente individuata
nell'accordo stesso del principio del ristoro integrale
del danno subito (Corte cost., n. 949/2007), con
riferimento al valore venale del bene al tempo della
cessazione del periodo di occupazione legittima; oltre
al danno per il periodo di utilizzazione senza titolo
del bene, computato attraverso la maggiorazione della
sorta capitale con gli interessi moratori sinora
maturati; depurata delle somme medio tempore già
percepite dalla parte ricorrente, a qualunque titolo; ed
ulteriormente maggiorate dei relativi accessori del
credito;
b. che, in difetto di tale accordo
l’Amministrazione potesse comunque acquisire il terreno
e risarcire il danno per equivalente, determinando
l’importo da erogare con le medesime modalità di cui
sopra;
c. che, nel caso di restituzione
dell’immobile invece, il Consorzio dovrà risarcire il
danno relativo al periodo della sua utilizzazione senza
titolo, cioè dalla data di scadenza del termine di
efficacia della dichiarazione di pubblica utilità sino a
quella della effettiva restituzione, oltre gli interessi
moratori.
Infine alla luce delle espresse
statuizioni di cui sopra, erroneamente la parte
appellante assume che non è stato pronunciato la
condanna al risarcimento del danno in caso di accordo
sub a) o di restituzione del bene sub c).
In conclusione l’appello è
complessivamente infondato e deve essere respinto.
In relazione alla mancata
costituzione delle controparti non v’è luogo a pronuncia
sulle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente
pronunciando:
1. respinge l'appello, come in
epigrafe proposto.
2. Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 11 gennaio 2011 con l'intervento
dei magistrati:
Sergio De Felice, Presidente FF
Sandro Aureli, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere,
Estensore |