“Anche il giudice amministrativo
nazionale, così come la Corte di Giustizia, può
differire gli effetti di annullamento degli atti
impugnati, risultati illegittimi, ovvero non disporli
affatto, statuendo solo gli effetti conformativi, volti
a far sostituire il provvedimento risultato
illegittimo”.
Lo ha stabilito, con una sentenza
assolutamente innovativa depositata il 10 maggio scorso,
la sesta sezione del Consiglio di Stato (estensori il
presidente Luigi Maruotti ed il consigliere Fabio
Taormina).
Di seguito, la parte motiva della
pronunzia:
“Diritto (…)
15. (…) considerate le circostanze,
ritiene la Sezione che la presente sentenza debba avere
unicamente effetti conformativi del successivo esercizio
della funzione pubblica, e non anche i consueti effetti
ex tunc di annullamento, demolitori degli effetti degli
atti impugnati, né quelli ex nunc
15.1. Di regola, in base ai
principi fondanti la giustizia amministrativa,
l’accoglimento della azione di annullamento comporta
l’annullamento con effetti ex tunc del provvedimento
risultato illegittimo, con salvezza degli ulteriori
provvedimenti della autorità amministrativa, che può
anche retroattivamente disporre con un atto avente
effetti ‘ora per allora’.
Tale regola fondamentale è stata
affermata ab antiquo et antiquissimo tempore da questo
Consiglio (come ineluttabile corollario del principio di
effettività della tutela), poiché la misura tipica dello
Stato di diritto – come affermatosi con la legge
fondamentale del 1889, istitutiva della Quarta Sezione
del Consiglio di Stato – non può che essere quella della
eliminazione integrale degli effetti dell’atto lesivo
per il ricorrente, risultato difforme dal principio di
legalità.
15.2. Tuttavia, quando la sua
applicazione risulterebbe incongrua e manifestamente
ingiusta, ovvero in contrasto col principio di
effettività della tutela giurisdizionale, ad avviso del
Collegio la regola dell’annullamento con effetti ex tunc
dell’atto impugnato a seconda delle circostanze deve
trovare una deroga, o con la limitazione parziale della
retroattività degli effetti (Sez. VI, 9 marzo 2011, n.
1488), o con la loro decorrenza ex nunc ovvero
escludendo del tutto gli effetti dell’annullamento e
disponendo esclusivamente gli effetti conformativi.
La legislazione ordinaria non
preclude al giudice amministrativo l’esercizio del
potere di determinare gli effetti delle proprie sentenze
di accoglimento.
Da un lato, la normativa
sostanziale e quella processuale non dispongono
l’inevitabilità della retroattività degli effetti
dell’annullamento di un atto in sede amministrativa o
giurisdizionale (cfr. l’art. 21 nonies della legge n.
241 del 1990 e l’art. 34, comma 1, lettera a), del
Codice del processo amministrativo).
D’altro lato, dagli articoli 121 e
122 del Codice emerge che la rilevata fondatezza di un
ricorso d’annullamento può comportare l’esercizio di un
potere valutativo del giudice, sulla determinazione dei
concreti effetti della propria pronuncia.
Tale potere valutativo, attribuito
per determinare la perduranza o meno degli effetti di un
contratto, per le ragioni di seguito esposte, va
riconosciuto al giudice amministrativo in termini
generali, quando si tratti di determinare la perduranza
o meno degli effetti di un provvedimento.
16. Il giudice amministrativo, nel
determinare gli effetti delle proprie statuizioni, deve
ispirarsi al criterio per cui esse, anche le più
innovative, devono produrre conseguenze coerenti con il
sistema (e cioè armoniche con i principi generali
dell’ordinamento, e in particolare con quello di
effettività della tutela) e congruenti (in quanto basate
sui medesimi principi generali, da cui possa desumersi
in via interpretativa la regula iuris in concreto
enunciata).
17. Nel caso di specie (e con
riferimento al criterio della coerenza col sistema e col
principio di effettività della tutela da attuare nei
confronti dell’appellante, vincitrice nel giudizio), si
deve tenere conto di due decisive considerazioni:
a) il ricorso di primo grado è
stato proposto da una associazione ambientalista, non a
tutela della sua specifica sfera giuridica, bensì nella
qualità di soggetto legittimato ex lege ad impugnare i
provvedimenti di portata generale che in qualsiasi modo
abbiano una negativa incidenza sull’ambiente e sulle sue
singole componenti, ovvero non lo abbiano adeguatamente
tutelato (v. l’art. 18 della legge n. 349 del 1986);
b) il medesimo ricorso di primo
grado non ha mirato a far rimuovere in quanto tali gli
atti generali impugnati, bensì a farne rilevare
l’illegittimità per l’inadeguatezza della tutela
prevista dal piano faunistico approvato dalla Regione
Puglia, inadeguatezza da considerare in re ipsa per il
fatto che non sia stato posto in essere il prescritto
procedimento di valutazione ambientale strategica (così
mancando le più compiute valutazioni di merito), la cui
conclusione avrebbe potuto ragionevolmente indurre
l’Autorità regionale ad emanare prescrizioni più
restrittive, limitative dei comportamenti potenzialmente
incidenti sull’ambiente e su alcune delle sue
componenti.
Ove il Collegio annullasse ex tunc
ovvero anche ex nunc il piano in ragione della mancata
attivazione della VAS, sarebbero travolte tutte le
prescrizioni del piano, e ciò sia in contrasto con la
pretesa azionata col ricorso di primo grado, sia con la
gravissima e paradossale conseguenza di privare il
territorio pugliese di qualsiasi regolamentazione e di
tutte le prescrizioni di tutela sostanziali contenute
nel piano già approvato (retrospettivamente o a
decorrere dalla pubblicazione della presente sentenza,
nei casi rispettivamente di annullamento ex tunc o ex
nunc).
In altri termini, l’annullamento ex
tunc e anche quello ex nunc degli atti impugnati
risulterebbero in palese contrasto sia con l’interesse
posto a base dell’impugnazione, sia con le esigenze di
tutela prese in considerazione dalla normativa di
settore, e si ritorcerebbe a carico degli interessi
pubblici di cui è portatrice ex lege l’associazione
appellante.
18. Ritiene la Sezione che tali
conclusioni paradossali possano essere agevolmente
evitate, facendo applicazione dei principi nazionali
sulla effettività della tutela giurisdizionale, nonché
dei pacifici principi enunciati dalla Corte di
Giustizia, e applicabili anche nel sistema nazionale,
nei casi di constatata invalidità di un atto di portata
generale.
18.1. Quanto al principio di
effettività della tutela giurisdizionale, desumibile
dagli articoli 6 e 13 della CEDU, dagli artt. 24, 111 e
113 della Costituzione e dal Codice del processo
amministrativo, si deve ritenere che la funzione
primaria ed essenziale del giudizio è quella di
attribuire alla parte che risulti vittoriosa l’utilità
che le compete in base all’ordinamento sostanziale.
La fondatezza delle censure della
associazione appellante – legittimata ad impugnare gli
atti generali comunque viziati e lesivi per l’ambiente –
non può indurre il giudice amministrativo ad emettere
statuizioni che vanifichino l’effettività della tutela
o, addirittura, che si pongano in palese contrasto con
le finalità poste a base della iniziativa processuale.
In applicazione del principio
sancito dall’art. 1 del Codice del processo amministravo
(sulla ‘tutela piena ed effettiva’), il giudice può
emettere le statuizioni che risultino in concreto
satisfattive dell’interesse fatto valere e deve
interpretare coerentemente ogni disposizione
processuale.
18.2. Quanto alla rilevanza nel
sistema nazionale dei principi europei (anch’essi
richiamati dall’art. 1 del Codice), va premesso che –
per l’articolo 264 del Trattato sul funzionamento della
Unione Europea – la Corte di Giustizia, ove lo reputi
necessario, può precisare ‘gli effetti dell’atto
annullato che devono essere considerati definitivi’.
La giurisprudenza comunitaria ha da
tempo affermato che il principio dell’efficacia ex tunc
dell’annullamento, seppur costituente la regola, non ha
portata assoluta e che la Corte può dichiarare che
l’annullamento di un atto (sia esso parziale o totale)
abbia effetto ex nunc o che, addirittura, l’atto
medesimo conservi i propri effetti sino a che
l’istituzione comunitaria modifichi o sostituisca l’atto
impugnato (Corte di Giustizia, 5 giugno 1973,
Commissione c. Consiglio, in C-81/72; Corte di
Giustizia, 25 febbraio 1999, Parlamento c. Consiglio, in
C-164/97 e 165/97).
Tale potere valutativo prima
dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona era
previsto espressamente nel caso di riscontrata
invalidità di un regolamento comunitario (v. l’art. 231
del Trattato istitutivo della Comunità Europea), ma era
esercitabile – ad avviso della Corte – anche nei casi di
impugnazione delle decisioni (Corte di Giustizia, 12
maggio 1998, Regno Unito c Commissione, in C-106/96),
delle direttive e di ogni altro atto generale (Corte di
Giustizia, 7 luglio 1992, Parlamento c. Consiglio, in
C-295/90; 5 luglio 1995, Parlamento c Consiglio, in
C-21-94).
La Corte di Giustizia è dunque
titolare anche del potere di statuire la perduranza, in
tutto o in parte, degli effetti dell’atto risultato
illegittimo, per un periodo di tempo che può tenere
conto non solo del principio di certezza del diritto e
della posizione di chi ha vittoriosamente agito in
giudizio, ma anche di ogni altra circostanza da
considerare rilevante (Corte di Giustizia, 10 gennaio
2006, in C-178/03; 3 settembre 2008, in C-402/05 e
415/05; 22 dicembre 2008, in C-333/07).
Tale giurisprudenza, come sopra
segnalato, ha ormai trovato un fondamento testuale nel
secondo comma dell’art. 264 (ex 231) del Trattato di
Lisbona sul funzionamento della Unione Europea, che non
contiene più il riferimento delimitativo alla categoria
dei regolamenti (“Se il ricorso è fondato, la Corte di
giustizia dell’Unione europea dichiara nullo e non
avvenuto l’atto impugnato. Tuttavia la Corte, ove lo
reputi necessario, precisa gli effetti dell’atto
annullato che devono essere considerati definitivi”).
18.3. Ciò posto, ritiene la Sezione
che – nel rispetto del principio di congruenza, per il
quale la propria statuizione deve fondarsi quanto meno
su regole disciplinanti un caso analogo – anche il
giudice amministrativo nazionale possa differire gli
effetti di annullamento degli atti impugnati, risultati
illegittimi, ovvero non disporli affatto, statuendo solo
gli effetti conformativi, volti a far sostituire il
provvedimento risultato illegittimo.
Da un lato il sopra richiamato
principio di effettività della tutela impone di emettere
una sentenza che sia del tutto coerente con le istanze
di tutela e di giustizia.
Dall’altro, non può disconoscersi
che – in una materia quale quella ambientale, per la
quale vi è la competenza concorrente dell’Unione e degli
Stati – gli standard della tutela giurisdizionale non
possano essere diversi, a seconda che gli atti
regolatori siano emessi in sede comunitaria o nazionale
(e, dunque, che la controversia vada decisa o meno dal
giudice dell’Unione).
Il giudice nazionale ove occorra
può applicare le collaudate regole applicate dal giudice
dell’Unione, spesso basate sul semplice buon senso, così
come lo stesso giudice dell’Unione, nell’esercizio delle
sue altissime funzioni, assicura “il rispetto dei
principi generali comuni ai diritti degli Stati membri”
(per l’art. 340 del medesimo Trattato sul funzionamento
dell’Unione).
18.4. Tenuto conto di questo
continuo processo di osmosi tra i principi applicabili
dal giudice dell’Unione e quelli desumibili dagli
ordinamenti degli Stati membri, nella fattispecie in
esame la Sezione ritiene dunque che sia necessario:
- non statuire gli effetti di
annullamento degli atti impugnati in primo grado e di
disporre unicamente gli effetti conformativi delle
statuizioni della presente sentenza;
- disporre che i medesimi atti
conservino i propri effetti sino a che la Regione Puglia
li modifichi o li sostituisca.
Sarebbe infatti contrario al buon
senso, oltre che in contrasto con l’interesse fatto
valere in giudizio, disporre l’annullamento ex tunc o ex
nunc delle misure di tutela già introdotte, sol perché
esse siano risultate insufficienti (non essendovi, né
essendo stata prospettata, una normativa suppletiva di
salvaguardia).
Per di più, nel caso di specie, lo
strumento generale programmatorio e di regolamentazione
è risultato privo di specifici vizi sostanziali (pur se
– per il procedimento seguito – è ragionevole supporre
che la mancanza della VAS abbia inciso sul suo
contenuto, per l’assenza di valutazioni degli ulteriori
profili di tutela prescritti dalla normativa di
settore).
19. In conclusione, il Collegio
ritiene dunque di statuire che l’accoglimento
dell’appello in epigrafe, e del corrispondente ricorso
di primo grado, comporta unicamente la produzione di
effetti conformativi, in assenza di effetti caducatori e
d’annullamento, in quanto la Regione Puglia deve emanare
ulteriori provvedimenti, sostitutivi ex nunc di quelli
risultati illegittimi e che tengano conto dei medesimi
effetti conformativi e della sopravvenuta entrata in
vigore del decreto legislativo n. 4 del 2008.
Inoltre, la Sezione ritiene di
statuire che la Regione Puglia proceda alla approvazione
dell’ulteriore piano faunistico venatorio, rilevante
fino all’anno 2014, entro il termine di dieci mesi,
decorrente dalla notificazione o dalla comunicazione in
via amministrativa della presente sentenza, nel rispetto
delle precedenti considerazioni e anche esercitando i
poteri sostitutivi che le spettano, nei tempi da essa
determinati, nel caso di inadeguata collaborazione di
altre pubbliche amministrazioni.
Qualora il termine di dieci mesi
decorra in assenza di determinazioni regionali, nel caso
di proposizione del giudizio di ottemperanza la Sezione
potrà valutare tutte le circostanze ed esercitare i
poteri previsti dal Codice del processo amministrativo,
anche quelli riguardanti le misure dissuasorie della
eventuale inottemperanza.
Resta comunque inteso che, in
attesa della rinnovata emanazione (con effetti di per sé
non retroattivi) del piano faunistico regionale, nel
rispetto dei procedimenti previsti dalle leggi,
rimangono ferme tutte le prescrizioni contenute nella
deliberazione n. 217 del 21 luglio 2009 del consiglio
regionale della Puglia, così come resta inteso che la
presente sentenza non produce ulteriori conseguenze,
sulla legittimità e sulla efficacia di qualsiasi atto o
provvedimento che sia stato emesso in applicazione o a
seguito della medesima deliberazione, ovvero che sia
emesso fino a quando sia approvato il nuovo piano
faunistico venatorio regionale efficace sino all’anno
2014.
20. Per le ragioni che precedono,
l’appello in esame va accolto nei limiti sopra precisati
e con le conseguenze conformative sopra determinate.
In ragione della reciproca
soccombenza, sussistono giusti motivi per compensare tra
le parti le spese dei due gradi del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente
pronunciando sull’appello n. 1846 del 2010, come in
epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente nei termini
di cui alla motivazione e, per l’effetto, in riforma
dell’appellata sentenza:
- accoglie il ricorso di primo
grado n. 1683 del 2009 e rileva che la delibera n. 217
del 2009 del Consiglio Regionale della Puglia è stata
emanata in assenza dell’attivazione del procedimento
sulla valutazione ambientale strategica, prescritto
dalla legislazione di settore;
- mantiene fermi, come precisato in
motivazione, tutti gli effetti dei provvedimenti
impugnati in primo grado e, in particolare, della
medesima delibera n. 217 del 21 luglio 2009, anche per
la verifica della legittimità e della efficacia degli
atti conseguenti;
- dichiara il dovere della Regione
Puglia di procedere alla rinnovata emanazione – con
effetti ex nunc – del piano faunistico venatorio
regionale efficace fino all’anno 2014 e di concludere il
relativo procedimento entro il termine di dieci mesi,
decorrente dalla notificazione o dalla comunicazione in
via amministrativa della presente sentenza;
- compensa tra le parti le spese e
gli onorari dei due gradi del giudizio;
- dispone che copia della presente
sentenza sia comunicata, a cura della Segreteria, anche
al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio
e del mare.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 22 marzo 2011 con l’intervento dei
magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere,
Estensore
Depositata in segreteria il 10
maggio 2011” |