di Giuliano Fonderico
Inizia a vacillare uno dei cardini del processo
amministrativo: l’efficacia ex tunc delle azioni
di annullamento. Con la sentenza della VI Sezione del 10
maggio 2011 n. 2755, il Consiglio di Stato, sviluppando
una decisione di poco precedente (sezione VI, n.
1488/2011), ha osservato che nessuna norma impone sempre
e comunque di attribuire all'annullamento effetti
retroattivi. A suo tempo, anche questa è stata una
costruzione giurisprudenziale che aveva una
giustificazione rispetto al contesto normativo
dell’epoca. Oggi, il giudice amministrativo deve tenere
conto del principio di effettività - posto
simbolicamente nel primo articolo del codice del
processo amministrativo - e deve dosare l’efficacia
temporale dell’annullamento in modo da non arrivare a
conseguenze «manifestamente incongrue o ingiuste». Sino
al punto, quando occorra, di attribuire alla sentenza di
annullamento il solo effetto conformativo, pro futuro.
La sentenza trova vari indizi della coerenza di questa
soluzione col sistema di giustizia amministrativa. Il
codice del processo, nel rispetto della direttiva
“ricorsi”, consente pronunce d’inefficacia dei contratti
di appalto limitate nel tempo. La giustizia europea, più
in generale, prevede espressamente che la Corte di
giustizia possa modulare nel tempo gli effetti delle
decisioni di annullamento degli atti delle istituzioni
dell’Unione. Si potrebbe aggiungere che a conclusioni
simili era già arrivato il Conseil d’État francese
(sentenza
Association AC et autres del 2004) e che anche nel
nostro sistema di diritto civile non c’è una regola
univoca quanto all’efficacia temporale
dell’annullamento. L’annullamento del contratto, ad
esempio, è retroattivo ma questo non toglie che la
ripetizione delle prestazioni incontri alcuni limiti,
specie negli obblighi di fare.
Occorrerà a questo punto vedere se la decisione resti
isolata o trovi altre conferme. Il caso deciso dal
Consiglio di Stato era in effetti molto particolare. I
ricorrenti lamentavano un atto di pianificazione
insufficiente a tutelare gli interessi ambientali.
L’annullamento con effetti retroattivi avrebbe dunque
eliminato anche questa tutela, sia pure inadeguata, e
avrebbe travolto una pluralità di situazioni giuridiche
che nel frattempo si erano formate. Potrebbe darsi che
in futuro la regola resti sempre di gran lunga quella
dell’annullamento retroattivo e che decisioni simili
siano riservate a casi eccezionali. Sta di fatto che il
giudice amministrativo avrebbe comunque acquisito un
nuovo strumento per modellare la tutela sul caso
concreto, secondo una logica che innegabilmente emerge
dalle pieghe del codice del processo amministrativo. A
conferma che, molto spesso, i codici e le leggi valgono
più per quanto non vi è scritto che per ciò che vi si
legge espressamente.
N.
02755/2011REG.PROV.COLL.
N.
01846/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1846 del 2010,
proposto dalla Associazione italiana per il World Wide
Fund for nature Onlus Ong, in persona del legale
rappresentante in carica, rappresentato e difeso
dall'avv. Alessio Petretti, con domicilio eletto presso
il studio in Roma, via degli Scipioni, 268/A;
contro
La Regione Puglia, in persona del legale rappresentante
in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Volpe,
con domicilio eletto presso il signor Alfredo Placidi in
Roma, via Cosseria, 2;
nei confronti di
L‟Associazione
Nazionale Libera Caccia (Anlc), in persona del legale
rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli
avvocati Annalisa Agostinacchio e Nicla Floro, con
domicilio eletto presso il signor Marco Gardin in Roma,
via L. Mantegazza 24;
la Provincia di Bari, la Provincia di Brindisi, la
Provincia di Foggia, la Provincia di Taranto, la
Provincia di Lecce, in persona dei rispettivi legali
rappresentanti pro tempore, non costituitisi nel
secondo grado del giudizio;
per la riforma della sentenza breve del T.A.R. della
PUGLIA - Sede di Bari, sez. terza, n. 3137/2009, e per
l’accoglimento del ricorso di primo grado;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione
Puglia e dell‟Associazione
Nazionale Libera Caccia (Anlc);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 marzo 2011
il Consigliere di Stato Fabio Taormina e uditi per le
parti gli avvocati Petretti, Volpe e Agostinacchio;
Designati coestensori della sentenza nella sua
integralità il Presidente ed il Relatore;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il consiglio regionale della Puglia ha approvato il
“piano faunistico venatorio regionale 2009-2014”, con la
delibera n. 217 del 21 luglio 2009.
Con il ricorso n. 1683 del 2009 (proposto al TAR per la
Puglia, sede di Bari, e integrato con motivi aggiunti),
l‟Associazione
Italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF) Onlus –
legittimata ad impugnare gli atti negativamente
incidenti sull‟ambiente
– ai sensi dell‟art.
18 della legge n. 349 del 1986 – ha impugnato il piano
faunistico venatorio, nonché gli atti intermedi del
procedimento, lamentando in particolare che non è stato
attivato il procedimento sulla „valutazione ambientale
strategica‟,
previsto dalla legislazione statale, e che dunque sono
state disposte inadeguate misure protettive per la
fauna, rispetto a quelle che si sarebbero
ragionevolmente disposte, ove fosse stato seguito il
prescritto procedimento.
Con la sentenza appellata, il TAR ha respinto il ricorso
principale, ritenendolo infondato, ed ha dichiarato
inammissibili i motivi aggiunti, poiché rivolti nei
confronti dei piani faunistico-venatori provinciali,
approvati con atti emanati prima della proposizione del
ricorso principale.
1.1. Il TAR ha respinto la censura di incompetenza
(secondo cui la delibera doveva essere emanata dalla
giunta in applicazione dell‟art.
44 della legge regionale n. 7 del 2004, di approvazione
dello Statuto regionale), richiamando l‟art.
9, comma 13, della legge regionale n. 27 del 1998 (sul
“Piano faunistico venatorio regionale - Programma
annuale di intervento”), facendone discendere la
conseguenza che rientra nella competenza del consiglio
regionale l‟approvazione
del piano venatorio.
1.2. Il TAR ha inoltre respinto tutte le dedotte censure
di eccesso di potere (con riferimento al mancato esame
da parte della giunta del parere della seconda
commissione consiliare permanente, n. 82 del 14 luglio
2009, e del parere del 20 luglio 2009 del Dirigente dell‟Ufficio
parchi e riserve naturali regionali sulla „valutazione
di incidenza‟),
poiché in applicazione dell‟art.
9, comma 13 della stessa legge regionale n. 27 del 1998
la giunta regionale aveva acquisito i piani provinciali
ed il parere del Comitato tecnico faunistico regionale.
1.3. Il TAR ha escluso la dedotta violazione dell‟art.
42, comma 2, lett. c) dello Statuto regionale, rilevando
che il regolamento di attuazione del piano n. 17 del 30
luglio 2009 è stato legittimamente emanato dal
presidente della giunta regionale (anziché dalla
giunta).
1.4. Il TAR ha respinto la censura (centrale, nella
impostazione del ricorso) di violazione dell‟art.
35, comma 2 ter, del d.lgs. n. 4 del 2008 (recante
modifiche del d.lg. n. 152 del 2006), e cioè di mancata
preventiva acquisizione della valutazione ambientale
strategica (VAS), di violazione degli artt. 6 e ss. del
d.lgs n. 152 del 2006
e
della circolare n. 1 del 2008 dell‟Assessorato
all‟Ecologia
della Regione Puglia, rilevando che:
-
la Regione ha attivato il procedimento previsto dall‟art.
9, comma 13 della legge regionale n. 27 del 1998, sulla
„valutazione di incidenza‟;
-
non occorreva altresì l‟attivazione
del procedimento sulla „valutazione ambientale
strategica‟,
sia perché si sarebbe rivelata una inutile duplicazione
rispetto alla „valutazione di incidenza‟,
sia perché le disposizioni regionali vigenti (anche la
legge n. 11 del 2001 in tema di valutazione di impatto
ambientale) disporrebbero regole procedimentali e sugli
standard di tutela compatibili con quanto previsto dal
d.lg. n. 152 del 2006.
1.5. In relazione alla censura di difetto parziale - in
concreto - anche della „valutazione di incidenza
ambientale‟ con
riferimento ai piani faunistici venatori delle Provincie
di Bari e Foggia (perché sarebbe mancata la seconda fase
della procedura costituente la vera e propria
„valutazione di incidenza‟),
il TAR ha ritenuto che tale valutazione era meramente
eventuale ai sensi dell‟art.
4, comma 4, della legge Regione Puglia n. 11 del 2001,
perché doveva essere effettuata unicamente con
riferimento a quei piani che potevano avere “incidenze
significative” sui siti della rete “Natura 2000”
(incidenze da non considerare sussistenti in concreto
nei territori di Bari e Foggia).
La sentenza impugnata ha osservato che la carente
motivazione delle „valutazioni di incidenza‟
con riferimento ai piani faunistici venatori delle
Provincie di Bari e Foggia (rilevate dalla stessa
Regione, avendo questa constatato la genericità dei
medesimi piani provinciali) poteva essere sopperita
dalla complessiva „valutazione di incidenza‟,
espressa in senso positivo sull‟intero
piano faunistico dalla stessa Regione con il parere n.
8884 del 20 luglio 2009.
Inoltre, quanto ad alcune modalità di formulazione dei
piani, il TAR ha rilevato che:
-
ai sensi dell‟art.
5, comma 2, del d.P.R. n. 357 del 1997, soltanto le
amministrazioni proponenti sarebbero state tenute ad
elaborare uno studio di valutazione di incidenza, e non
anche i singoli istituti a gestione privatistica, dal
momento che questi, essendo inclusi nei piani
provinciali, rientravano nell‟ambito
della procedura di valutazione prevista per l‟intero
piano;
-
l‟art.
17 del piano ha legittimamente disciplinato i siti di
importanza comunitaria – (SIC) e le zone di protezione
speciale (ZPS), col rinvio ai “criteri minimi uniformi
per la definizione di misure di conservazione relativi a
ZPS e ZCS”, disposti dal Ministero dell‟Ambiente
con un decreto del 17 ottobre 2007 e dai regolamenti n.
15 del 18 luglio 2008 e n. 28 del 29 dicembre 2008 con
cui la Regione ha recepito il decreto statale.
1.6. Anche il quinto motivo è stato respinto dal TAR,
per il quale la legge n. 157 del 1992 e la legge
regionale n. 27 del 1998 non hanno stabilito che dovesse
acquisirsi anche il parere dell‟Istituto
nazionale per la fauna selvatica, prima dell‟approvazione
del piano.
1.7. Quanto al sesto motivo sulla dedotta illegittimità
del mancato inserimento nel piano di una serie di aree
nell‟ambito
delle zone di protezione per le rotte migratorie (in
particolare perché tra le Oasi di protezione da revocare
sarebbe stata inclusa anche l‟Oasi
di Capo d‟Otranto),
il TAR ha osservato che la revoca della stessa Oasi
sarebbe stata dovuta unicamente alla diversa
destinazione del territorio interessato, ricompreso nel
“Parco Naturale Regionale Costa d‟Otranto
- Santa Maria di Leuca e Bosco Tricase” istituito con la
legge regionale n. 30 del 2006 e quindi passato alla
gestione dell‟Ente
Parco e non più gestito dalla Provincia di Lecce (con
misure di conservazione maggiori e più rigide rispetto a
quelle previste per le Oasi di protezione).
Per analoghe considerazioni, il TAR ha respinto le
censure riguardanti il mancato inserimento nel piano
delle aree protette della rotta di Margherita -
Manfredonia
nella Provincia di Foggia (risultando esse incluse nel
Parco Nazionale del Gargano, con l‟istituzione
di SIC e ZPS su tutta l‟area
costiera).
1.8. Il TAR ha inoltre respinto il settimo motivo,
constatando che – contrariamente a quanto dedotto in
fatto dalla ricorrente - i dati riportati nei piani
provinciali erano stati aggiornati all‟ultima
rilevazione ISTAT.
1.9. Il TAR ha infine respinto le censure sulla
illegittimità derivata del regolamento di attuazione del
piano faunistico venatorio n. 17 del 30 luglio 2009,
emanato dal Presidente della Giunta regionale, nonché
della deliberazione della giunta del 4 agosto 2009, n.
1433, con cui era stato approvato il calendario
venatorio regionale (annata 2009/2010), ed ha dichiarato
inammissibili i motivi aggiunti proposti contro i piani
provinciali, in quanto emanati prima della proposizione
del ricorso principale..
2. Con l‟appello
in esame, l„associazione ambientalista ha censurato la
sentenza del TAR ed ha chiesto che, in sua riforma, sia
accolto il ricorso di primo grado, riproponendo tutte le
censure contenute nel ricorso di primo grado e nei
motivi aggiunti.
L‟Associazione
Nazionale Libera Caccia ha depositato una memoria
chiedendo la reiezione del ricorso in appello, perché
infondato.
La Regione Puglia ha depositato una analitica memoria di
replica, chiedendo la reiezione dell‟appello
e rilevando che:
-
quanto al primo motivo, esso meritava la reiezione, in
quanto il piano faunistico venatorio non apparteneva ad
alcuna delle tipologie regolamentari (pertinenti alla
competenza giuntale) individuate dall‟art.
44 comma I dello Statuto regionale della Puglia di cui
alla legge regionale n. 7 del 12 maggio 2004;
-
sotto altro profilo, è stato rispettato l‟art.
9, comma 13, della legge regionale della Puglia n. 27
del 1998, poiché la giunta regionale ha provveduto nel
complesso il
procedimento di formazione e di approvazione del piano
faunistico venatorio (delibera n. 1045 del 23 giugno
2009);
-
quanto alla seconda doglianza, le procedure valutative
erano state avviate antecedentemente alla entrata in
vigore del d.lg. n. 4 del 2008, dovendo così trovare
applicazione le disposizioni regionali vigenti;
-
le Province hanno predisposto le proprie valutazioni di
incidenza sui piani faunistici venatori provinciali
secondo le indicazioni di cui alla deliberazione
giuntale n. 304 del 14 marzo 2006 (e sulla base di tali
atti il 21 luglio 2009 era stato trasmesso il parere del
Dirigente del servizio caccia e pesca di valutazione di
incidenza in cui si rilevava, tra l‟altro,
che il piano venatorio, non determinando realizzazione
di opere, non produceva trasformazioni o degrado);
-
il terzo motivo di censura (omessa valutazione della
incidenza ambientale da parte dei piani provinciali
delle Province di Bari e Foggia) a tutto concedere,
avrebbe potuto comportare soltanto la parziale
caducazione del piano, ma anche tale limitata
conseguenza va esclusa, sia perché le Province citate
avevano escluso che il piano producesse “incidenze
significative”, sia perché v‟era
stata una complessiva valutazione di incidenza espressa
sull‟intero
piano dalla Regione Puglia con atto n. 8884 del 20
luglio 2009, di guisa che nessuna carenza invalidante
poteva riscontrarsi;
-
anche la seconda parte del terzo motivo di censura è
infondata, in quanto è stata rispettato l‟art.
10, comma V, della legge n. 157 del 1992;
-
il quarto motivo di censura non tiene conto della
circostanza che il parere favorevole sulla valutazione
di incidenza ambientale del 20 luglio 2009 faceva corpo
con il piano, ed ivi sono stati riportati i divieti di
cui all‟art.
5 (punti da A a K) del regolamento regionale n. 28 del
2008 relativo all‟esercizio
dell‟attività
venatoria nelle ZPS;
-
quanto alla quinta censura, nessuna disposizione di
legge prescriveva che dovesse acquisirsi
obbligatoriamente il parere dell‟INFS
per l‟approvazione
del piano faunistico venatorio;
-
la sostanza della sesta censura - relativa alla
circostanza che l‟Oasi
di Capo d‟Otranto
non era stato individuato dalla Provincia di Lecce quale
“zona di protezione delle rotte migratorie”- obliava la
circostanza che ciò era ascrivibile alla inserzione
della predetta area nel parco regionale “Costa d‟Otranto,
Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase” ai sensi della
legge regionale n. 30 del 2006, con una ancor più rigida
protezione dell‟area
rispetto a quella ipotizzata dall‟appellante;
-
identica deduzione valeva per le aree (ubicate nella
Provincia di Foggia) della rotta
“Margherita-Manfredonia”, incluse nel Parco Nazionale
del Gargano;
-
è infondato il settimo motivo di appello, perché nessun
difetto di istruttoria poteva discendere dalla
circostanza che il piano impugnato ha recepito le
indicazioni dei singoli piani provinciali (e, peraltro,
a motivo della complessità dell‟atto,
qualche modesta sfasatura temporale era inevitabile);
-
le rilevazioni Istat relative al territorio
agro-silvio-pastorale avevano costituito la base delle
elaborazioni provinciali, mentre la metodologia di
calcolo “per differenza” assunta dalla Provincia di
Taranto non aveva prodotto significativi scostamenti, e
comunque, trattandosi di pianificazione complessa, le
modeste inesattezze eventualmente riscontrate non
potrebbero produrre effetto invalidante;
-
anche l‟ultima
censura dedotta in via derivata, avverso la
deliberazione n. 17 del 30 luglio 2009 del presidente
della giunta regionale e la deliberazione della giunta
del 4 agosto 2009 n. 1433, con cui era stato approvato
il calendario venatorio regionale per l‟annata
2009/2010, andrebbe respinta per l‟infondatezza
delle censure proposte avverso gli atti presupposti.
Quanto ai motivi aggiunti proposti in primo grado
avverso i piani venatori provinciali, la stessa
appellante associazione ha rilevato che l‟impugnazione
è stata
„tuzioristica‟,
in quanto l‟iter
di approvazione del piano faunistico venatorio si
concludeva unicamente con l‟adozione
di quest‟ultimo
(peraltro tutte le censure contenute nei motivi aggiunti
erano confluite nell‟atto
volto ad avversare il provvedimento conclusivo del
procedimento).
L‟appellante
ha depositato una memoria di replica, chiedendo che sia
dichiarata la tardività della memoria difensiva
depositata dalla Regione Puglia, ed ha ribadito la non
equiparabilità della prescritta Vas alla dichiarazione
di incidenza ambientale.
La Regione Puglia ha replicato facendo presente che si
erano verificati impedimenti al tempestivo deposito
della memoria e chiedendo comunque la reiezione dell‟eccezione.
3. Alla pubblica udienza del 22 marzo 2010 la causa è
stata posta in decisione e la difesa dell‟appellante
ha prestato il consenso al deposito di una memoria d‟udienza
da parte della Regione.
DIRITTO
1. 1. L‟appello
è fondato e deve essere accolto nei limiti che seguono.
1.2. Preliminarmente, va rilevata la carenza di
interesse dell‟appellante
a gravare la statuizione di inammissibilità dei motivi
aggiunti di primo grado, proposti contro i singoli piani
provinciali confluiti nel piano faunistico venatorio
regionale.
Infatti, tali piani provinciali sono privi di effettiva
lesività, in quanto atti interni del procedimento che si
è concluso con l'approvazione del piano regionale.
2. Per il suo carattere preliminare, va esaminata con
priorità la censura sulla dedotta incompetenza del
consiglio regionale della Puglia ad approvare il piano
faunistico venatorio per gli anni 2009-2014.
Ad avviso dell‟appellante
associazione ambientalista, la competenza sarebbe
spettata alla giunta, poiché per l‟art.
55 dello Statuto, approvato con la legge regionale 12
maggio 2004, n. 7, “alla giunta regionale spetta la
potestà
regolamentare nella forma dei regolamenti esecutivi, di
attuazione, d'integrazione nonché dei regolamenti
delegati”.
Il TAR ha respinto la censura, ritenendo applicabile l‟art.
9, comma 13, della legge regionale della Puglia 12
agosto 1998, n. 27, per il quale “il piano ha durata
quinquennale; sei mesi prima della scadenza, il
consiglio regionale, su proposta della giunta regionale,
previa acquisizione dei piani provinciali e del parere
del Comitato tecnico regionale, approva il piano
valevole per il quinquennio successivo”.
2.1. Osserva al riguardo il collegio che nell‟atto
di appello non vi sono specifiche censure sulla
perdurante applicabilità del richiamato art. 9, comma
13, in relazione alla sopravvenuta entrata in vigore
dello statuto del 2004 (e quindi sui rapporti tra la
antecedente legge regionale e il successivo Statuto.
Peraltro, anche qualora l‟atto
di appello vada inteso nel senso che lo Statuto
sopravvenuto avrebbe inciso sul regime di competenze
determinato dalla precedente legge regionale n. 27 del
1998, ritiene la Sezione che la relativa censura vada
comunque respinta.
Infatti, lo Statuto regionale costituisce il parametro
di valutazione delle leggi regionali successive, ma non
ha inciso sull‟ambito
di applicazione delle leggi regionali emanate in
precedenza (in coerenza con lo Statuto approvato con la
legge statale n. 349 del 22 maggio 1971) e sull‟articolato
assetto delle competenze della giunta e del consiglio
regionale, anche nei loro reciproci rapporti,
determinate dalle normative di settore.
2.2.Anche le ulteriori articolazioni della prima
doglianza non sono fondate.
La giunta ha infatti espresso le proprie determinazioni
nel corso del procedimento e le ha trasmesse al
consiglio: la giunta ha emesso la delibera n. 1347 del
28 luglio 2009 sull‟approvazione
del Regolamento attuativo n. 17 del 30 luglio 2009 (poi
emanato dal presidente della giunta).
Inoltre, proprio avuto riguardo all‟art.
9 della legge regionale n.. 27 del 1998 (il quale
richiama la “proposta della giunta regionale, previa
acquisizione dei piani provinciali e del parere del
Comitato tecnico regionale”), va respinta la doglianza
incentrata sulla dedotta carenza istruttoria con
riguardo all‟attività
della giunta.
La sua delibera n. 1045 del 23 giugno 2009 ha fatto
seguito al parere del Comitato tecnico faunistico
venatorio regionale del 22 maggio 2009, successivo alla
acquisizione dei piani provinciali.
Il procedimento seguito – sotto tale profilo - ha dunque
rispettato la scansione fissata dalla legge, mentre il
parere della commissione consiliare permanente non
poteva che essere espresso in rapporto alle successive
determinazioni del consiglio regionale.
3. Con il secondo motivo (che ha una rilevanza centrale
nel giudizio), l‟appellante
lamenta la violazione del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152, per l‟omessa
acquisizione della valutazione ambientale strategica,
antecedentemente alla approvazione del piano venatorio.
3.1. Appare utile in via preliminare riassumere quali
siano state le contrapposte tesi sostenute in primo
grado e riproposte in appello, nonché la conclusione cui
è giunto il TAR.
Ad avviso dell‟appellante,
rilevano:
-
l‟art.
6, commi 1 e 2, del testo vigente del citato decreto,
per il quale “La valutazione ambientale strategica
riguarda i piani e i programmi che possono avere impatti
significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale.
Fatto salvo quanto disposto al comma 3, viene effettuata
una valutazione per tutti i piani e i programmi:a) che
sono elaborati per la valutazione e gestione della
qualità dell'aria ambiente, per i settori agricolo,
forestale, della pesca, energetico, industriale, dei
trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque,
delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione
territoriale o della destinazione dei suoli, e che
definiscono il
quadro di riferimento per l'approvazione,
l'autorizzazione, l'area di localizzazione o comunque la
realizzazione dei progetti elencati negli allegati II,
III e IV del presente decreto; b) per i quali, in
considerazione dei possibili impatti sulle finalita' di
conservazione dei siti designati come zone di protezione
speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e
quelli classificati come siti di importanza comunitaria
per la protezione degli habitat naturali e della flora e
della fauna selvatica, si ritiene necessaria una
valutazione d'incidenza ai sensi dell'articolo 5 del
decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre
1997, n. 357, e successive modificazioni”;
-
l‟art.
11, comma 5, per il quale “La VAS costituisce, per i
piani e programmi a cui si applicano le disposizioni del
presente decreto, parte integrante del procedimento di
adozione ed approvazione. I provvedimenti amministrativi
di approvazione adottati senza la previa valutazione
ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili
per violazione di legge”.
L‟appellata
sentenza ha respinto la censura, sulla base dell‟art. 35,
comma 2 ter, del d.lgs n. 152 del 2006 (introdotto dall‟art.
1, comma 2, del d. lgs n. 4 del 2008), per il quale “Le
procedure di VAS e di VIA avviate precedentemente all‟entrata
in vigore del presente decreto sono concluse ai sensi
delle norme vigenti al momento dell‟avvio
del procedimento”.
Ad avviso del TAR, nel caso di specie:
-
le procedure, in quanto avviate prima dell‟entrata
in vigore del d.lgs n. 4 del 2008, risultano
disciplinate dalle norme vigenti al momento dell‟avvio
del procedimento, come affermato dal citato comma 2 ter;
-
non avrebbe fondamento la censura sulla carenza della
preventiva acquisizione della VAS ai sensi degli artt. 6
e ss. d.lgs n. 152 del 2006, essendo tali norme
inapplicabili al caso di specie per effetto dell‟art.
35 comma 2 ter e dovendo trovare viceversa applicazione
le norme regionali precedentemente vigenti;
-
non rileverebbe l‟asserita
violazione della circolare n. 1 del 2008 dell‟Assessorato
all‟Ecologia,
poiché essa è meramente interpretativa di una norma di
legge, cui non può evidentemente derogare;
-
le preesistenti leggi della Regione Puglia, vigenti
sulla valutazione di impatto ambientale e sulla
„valutazione di incidenza‟,
risulterebbero perfettamente compatibili con quanto
previsto dal d.lg. n. 152 del 2006, pur non imponendo la
„valutazione ambientale strategica‟,
con la conseguente mancata necessità del procedimento
riguardante tale VAS, come previsto dal d.lgs. n. 152
del 2006;
-
l‟eventuale
assoggettamento del piano faunistico venatorio regionale
alla VAS si rivelerebbe pertanto una inutile
duplicazione, in contrasto con il principio del divieto
di aggravamento del procedimento amministrativo di cui
all‟art.
1 legge n. 241 del 1990.
3.2. Al riguardo, l‟appellante
ha dedotto che la reiezione della censura di primo grado
si fonda su un errore interpretativo, poiché l‟art.
35, comma 2 ter, del decreto n. 152 del 2006, introdotto
dall‟art.
1, comma 2, del d. lgs n. 4 del 2008, non poteva trovare
applicazione nel caso di specie.
Ad avviso dell‟appellante,
la disposizione transitoria in oggetto poteva operare
unicamente laddove vi fossero state disposizioni della
legislazione regionale sullo svolgimento della procedura
finalizzata alla valutazione ambientale strategica, e
laddove questa fosse stata effettivamente resa.
Invece, nella Regione Puglia la legge regionale n. 11
del 12 aprile 2001 (art. 4) nulla ha previsto in materia
di VAS e la stessa circolare regionale n. 1 del 2008,
successiva alla entrata in vigore del decreto
legislativo n. 4 del 16 gennaio 2008, farebbe emergere l‟illegittimità
della lamentata omissione.
L‟appellante
ha conseguentemente dedotto che si sarebbero dovuti
applicare i primi due commi del citato art. 35 del
decreto n. 152 del 2006, nel testo novellato dal d.lgs
n. 1 del 2008, per i quali:
“1. Le regioni,ove necessario, adeguano il proprio
ordinamento alle disposizioni del presente decreto,
entro dodici mesi dall'entrata in vigore. In mancanza di
norme vigenti regionali trovano diretta applicazione le
norme di cui al presente decreto”.
“2. Trascorso il termine di cui al comma 1, trovano
diretta applicazione le disposizioni del presente
decreto, ovvero le disposizioni regionali vigenti in
quanto compatibili”.
Sotto altro profilo, assume l‟appellante
che le differenze tra vas, via e valutazione di
incidenza sarebbero indubitabili (quanto al procedimento
da seguire ed alle relative essenziali determinazioni),
sicché l‟affermazione
di equipollenza di cui al terzo capoverso della pag 7
della impugnata decisione non sarebbe condivisibile.
4. Osserva la Sezione che l‟esame
delle articolate deduzioni dell‟appellante
presuppone l‟excursus
delle modifiche intervenute sul testo originario del
d.lg. n. 152 del 2006, emanato in attuazione della
delega contenuta nella legge n. 308 del 2004 e che ha
introdotto nel sistema nazionale la valutazione
ambientale strategica (VAS).
4.1. Infatti, ad un primo esame, la tesi difensiva
centrale della Regione Puglia (sulla non applicabilità,
ratione temporis, del d.lg. n. 152 del 2006 per
il procedimento in esame) potrebbe sembrare corroborata
proprio dall‟art.
1, comma 2, del d.lgs. n. 4 del 2008, che ha introdotto
nel testo originario l‟art.
35 (recante „Disposizioni transitorie e finali‟),
il quale ha previsto che
“1. Le regioni adeguano il proprio ordinamento alle
disposizioni del presente decreto, entro dodici mesi
dall'entrata in vigore. In mancanza di norme vigenti
regionali trovano diretta applicazione le norme di cui
al presente decreto”.
“2. Trascorso il termine di cui al comma 1, trovano
diretta applicazione le disposizioni del presente
decreto, ovvero le disposizioni regionali vigenti in
quanto compatibili”.
“2 bis. Le regioni a statuto speciale e le province
autonome di Trento e Bolzano provvedono alle finalita'
del presente decreto ai sensi dei relativi statuti”.
“2-ter. Le procedure di VAS e di VIA avviate
precedentemente all'entrata in vigore del presente
decreto sono concluse ai sensi delle norme vigenti al
momento dell'avvio del procedimento”.
Ove non si tenga conto dello specifico e originario
contenuto precettivo delle disposizioni del d.lgs. n.
152 del 2006, si potrebbe sostenere, al riguardo, che –
similmente a quanto avviene di regola nei rapporti tra
le direttive comunitarie e la legislazione nazionale di
recepimento – la legislazione nazionale in materia di
valutazione ambientale strategica, innovata con il
richiamato decreto legislativo n. 4 del 2008, sia
entrata in vigore (anche nel territorio della Regione
Puglia) unicamente alla scadenza del termine di dodici
mesi, fissato dal richiamato comma 1 dell‟art.
35 per l‟adeguamento
della normativa regionale a quella statale.
4.2. Ad un esame più approfondito, basato sulla
peculiarità del susseguirsi della normativa statale in
materia, ritiene però la Sezione che il significato del
riportato art. 35, comma 1, vada individuato tenendo
conto delle disposizioni statali contenute nel decreto
legislativo n. 152 del 2006.
4.3. Per determinare l‟evoluzione
normativa del settore, anche di quella antecedente all‟entrata
in vigore del decreto legislativo n. 3 del 2008, risulta
decisiva - per la sua chiarezza e la sua sinteticità- la
sentenza della Corte Costituzionale 22 luglio 2009, n.
225, la quale ha osservato che:
-
l‟entrata
in vigore della seconda parte del d.lgs. n. 152 del
2006, recante tra l‟altro
la disciplina della VAS (e pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 88 del 14 aprile 2006), è stata
inizialmente fissata (art. 52) in centoventi giorni
dalla sua pubblicazione;
-
tale termine è stato differito, prima dall'art. 1
septies del decreto-legge 12 maggio 2006, n. 173, alla
data del 31 gennaio 2007 e, successivamente, dall'art.
5, comma 2, del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300,
alla data del 31 luglio 2007;
-
il d.lgs. n. 152 del 2006 è stato oggetto di ampie
modificazioni da parte del decreto legislativo 8
novembre 2006, n. 284, le quali non hanno, tuttavia,
riguardato le disposizioni in materia di VAS;
-
l‟intera
parte seconda del d.lg. n. 152 del 2006 è stata, invece,
abrogata dall'art. 4, comma 2, del decreto legislativo
16 gennaio 2008, n. 4, ed è stata sostituita dagli artt.
1, comma 2, e 4, comma 3, del medesimo decreto
correttivo, che hanno introdotto, in materia di VAS, una
disciplina (v. gli artt. da 4 a 18 e da 30 a 36, nonché
gli allegati da I a V della parte seconda) largamente
differente.
Le disposizioni in materia di VAS contenute nel citato
decreto, nella versione antecedente alla entrata in
vigore del d.lg n. 4 del 2008 hanno, pertanto, avuto
vigenza dal 31 luglio 2007 al 13 febbraio 2008, data di
entrata in vigore della nuova disciplina introdotta dal
decreto legislativo „correttivo‟
n. 4 del 2008.
4.4. L‟appellata
Regione non ha contestato tale ricostruzione –
sinteticamente richiamata a pag 10 del ricorso in
appello - e non ha contestato che alla data del 31
luglio 2007 fosse rimasto in vigore, per quanto riguarda
la VAS, il decreto legislativo n. 152 del 2006.
La Regione non ha contestato neppure che, entrato in
vigore il testo originario del decreto legislativo n.
152 del 2006, il piano faunistico venatorio dovesse
essere soggetto a VAS, in ragione della portata generale
dei commi 2 e 3 dell‟art.
4, dell‟art.
5 comma 1 lett. a) e d) (e del richiamo ai “piani e
programmi”, da intendere come “tutti gli atti e
provvedimenti di pianificazione e di programmazione
comunque denominati previsti da disposizioni
legislative, regolamentari o amministrative adottati o
approvati da autorità statali, regionali o
locali, compresi quelli cofinanziati dalla Comunità
europea, nonché le loro modifiche”) e dell‟art.
7 commi 1 e 2:.
Parimenti, la Regione nulla ha dedotto in contrario,
avverso il presupposto della tesi sostenuta nell‟atto
di appello, secondo cui anche in applicazione dell‟art.
7, commi 1 e 2, e dell‟art.
6 del decreto legislativo n. 152 del 2006 nel testo
novellato dal d.lg n. 4 del 2008, il piano dovesse
essere previamente sottoposto a VAS
Alle medesime disposizioni statali la Regione Puglia si
è per di più inizialmente adeguata, tanto che la sua
circolare n. 1 del 2008, pubblicata il 22 luglio 2008,
seppur esplicativa della legge nazionale, ha rilevato
che, “nelle more che si provveda all‟adeguamento
della normativa regionale al dettato nazionale” l‟autorità
preposta alla VAS nella stessa Regione (punto 4 della
circolare).
Quanto al piano faunistico venatorio in esame, però, la
Regione sostiene che essa si sarebbe conformata alle
disposizioni vigenti e all‟art.
35 – sopra riportato - del novellato testo del decreto
legislativo n. 152 del 2006 (in ultimo, pag 11 della
memoria conclusiva depositata in appello).
La tesi prospettata dall‟appellata
(che si discosta parzialmente da quanto ritenuto dalla
sentenza dal TAR) è quella per cui:
a) non era decorso il termine annuale di cui al comma 1
del citato art. 35;
b) la predisposizione dei piani faunistici venatori
provinciali destinati a confluire nel piano era
cominciata prima della entrata in vigore del d.lg n. 4
del 2008;
c) il piano è soggetto soltanto alla „valutazione di
incidenza ambientale‟,
ex art. 5 del d.P.R. n. 357 del 1997;
d) nella specie, tale „valutazione di incidenza‟
era stata resa, sicché potrebbe essere condivisa l‟affermazione
del TAR, sul rispetto dell‟art.
35 del novellato d.lg. n. 152 del 2006.
5. Ritiene la Sezione che non risultano condivisibili le
conclusioni cui è giunta la sentenza gravata, né le
deduzioni difensive della Regione Puglia, e che sono
fondate le deduzioni dell‟appellante,
sulla necessità di attivare lo specifico procedimento
sulla „valutazione ambientale strategica‟.
5.1. E‟
decisivo considerare che:
-
il comma 2 ter dell‟art.
35, sopra riportato, ha disposto che le procedure di VAS
avviate prima della entrata in vigore del decreto n. 4
del 2008 andavano concluse ai sensi delle norme vigenti
al momento dell‟avvio
del procedimento;
-
il decreto legislativo n. 152 del 2006 già nel suo testo
originario era entrato in vigore, a seguito delle
relative proroghe, come chiarito dalla Corte
Costituzionale, con la sentenza n. 225 del 2009, sopra
richiamata al § 4.3.
Alla ricostruzione del quadro normativo operata dalla
Corte Costituzionale, ritiene la Sezione che – per
quanto rileva nel giudizio - vada aggiunta una
precisazione, per chiarire lo specifico significato
delle „disposizioni transitorie e finali‟,
disposte con l‟art.
35 del d.lg. n. 152 del 2006 (nel testo introdotto dal
d.lg. n. 4 del 2008):
-
alla data di entrata in vigore del d.lg. n. 4 del 2008,
erano già entrate in vigore le disposizioni statali
sulla VAS, contenute nel decreto legislativo n. 152 del
2006 (come testualmente rilevato dalla Corte
Costituzione);
-
le disposizioni sulla VAS, introdotte nel d.lg. del 2006
in via sostitutiva dal d.lg. n. 4 del 2008, hanno
introdotto regole ancora più stringenti (sia sul piano
procedimentale che su quello sostanziale);
-
come si evince dall‟art.
35 (novellato con lo stesso d.lg. n. 4 del 2008), fino
alla scadenza del termine di dodici mesi fissato dal suo
comma 1, continuavano ad applicarsi le disposizioni
vincolanti ed originarie sulla VAS di cui al d.lg. n.
152 del 2006, ormai entrato in vigore, come rimarcato
dalla Corte Costituzionale (in tal senso va interpretato
il comma 1 dell‟art.
35);
-
per le procedure regionali sulla VAS, che dovevano
essere avviate (in base alla legge statale) prima dell‟entrata
in vigore del d.lg. n. 4 del 2008, continuavano ad
applicarsi le medesime disposizioni del d.lg. n. 152 del
2006.
Ecco perché gli atti impugnati in primo grado risultano
illegittimi: la Regione ha erroneamente ritenuto che non
erano applicabili le disposizioni contenute nel d.lg. n.
152 del 2006 sulla VAS (pur legittimamente rilevando la
mancata applicabilità delle più stringenti e
sopravvenute disposizioni del d.lg. n. 4 del 2008), ma
in realtà avrebbe dovuto seguire il procedimento
previsto dall‟originario
d.lg. n. 152 del 2006, nel frattempo entrate in vigore.
5.2. Non è invece condivisibile la tesi della Regione,
secondo cui l‟intera
parte II del decreto 152 del 2006, come sostituita dal
d.lg n. 4 del 2008, sarebbe entrata in vigore soltanto
nel 2009 (tenuto conto del termine di adeguamento
annuale concesso alle Regioni), con la conseguente
assenza della necessità della VAS e la sussistenza
unicamente dell‟obbligo
preesistente di effettuare le valutazioni di incidenza
ai sensi del dPR n. 357 del 1997.
Infatti, come ha rilevato la già richiamata sentenza
della Corte Cost.n. 225 del 2009, la disciplina di cui
all‟originario
testo del decreto legislativo n. 152 del 2006 era
entrata in vigore il 31 luglio del 2007 (per poi essere
sostituita nel gennaio 2008 dal più volte citato decreto
legislativo n. 4 del 2008).
Inoltre, non si può affermare che l‟espressione
“in mancanza di norme vigenti regionali trovano diretta
applicazione le norme di cui al presente decreto” possa
essere intesa nel senso di esonerare la Regione Puglia,
in quanto priva di specifica disciplina sulla VAS, ad
omettere per un anno tale procedura valutativa sui piani
e sui programmi, pur se in corso di approvazione.
Al contrario, proprio il comma 2 ter, avendo consentito
che le procedure di VAS già avviate si concludessero
secondo le norme vigenti, all‟evidenza
ha ribadito la necessità della medesima procedura, pur
diversa da quella introdotta con la riforma del 2008.
5.3. Contrariamente a quanto ha rilevato il TAR, ritiene
dunque la Sezione che :
a) la Regione avrebbe dovuto avviare la procedura VAS
relativamente al piano in esame, con riferimento alla
normativa statale entrata in vigore già prima dell‟emanazione
del d.lg. n. 4 del 2008;
b) il procedimento sulla „valutazione di incidenza‟
non può essere considerato „equipollente‟
(né una duplicazione), tenuto conto della diversità
delle regole procedimentali e sostanziali che
caratterizzano tale „valutazione di incidenza‟.
5.4. Sotto tale ultimo profilo, la Regione aveva avviato
le „valutazioni di incidenza‟
di cui al d.P.R. n. 357 del 1997 in relazione ai singoli
piani provinciali destinati a confluire nel piano
regionale (con ciò rifacendosi a quanto disposto dalla
legge regionale n. 17 del 2007, nella parte in cui aveva
modificato la legge regionale n. 11 del 2001,
richiamando all‟art.
4, comma 1, e all‟art.
6, comma , anche i piani faunistico-venatori).
Contrariamente a quanto ha osservato la sentenza
gravata, l‟effettuazione
delle valutazioni di incidenza non ha reso irrilevanti
le disposizioni sulla VAS, che la Regione avrebbe dovuto
doverosamente avviare.
Infatti, il richiamo contenuto nell‟art. 35,
comma 2 ter, “alle procedure di VAS avviate
antecedentemente” ha significato che queste potessero
proseguire sulla base della normativa statale
preesistente sulla stessa VAS (meno stringente di quella
introdotta dal d.lg. del 2008), e non anche che le
„valutazioni di incidenza‟
si sarebbero potute considerare equipollenti a quelle
già previste dal d.lg n. 152 del 2006 e da applicare
doverosamente.
Sotto tale aspetto, va sottolineata la diversità della
VAS rispetto alla „valutazione di incidenza‟
ambientale sottesa ai piani provinciali resa dalla
Regione, ai sensi dell‟art.
5 del d.P.R. n. 357 del 1997 (recante il regolamento
recante attuazione della direttiva 92/43/CEE, sulla
conservazione degli habitat naturali e seminaturali,
nonché della flora e della fauna selvatiche)
Infatti, la “valutazione di incidenza”, già prevista nel
sistema antecedente alla differita entrata in vigore del
d.lg. n. 152 del 2006, ha un rilievo settoriale,
destinato alla particolare protezione di siti di
importanza comunitaria (e da tenere in considerazione
anche in sede di VAS, anch‟essa
divenuta necessaria in base alla normativa sopravvenuta
del 2006).
5.5. Concludendo sul punto, gli atti impugnati in primo
grado, nel ritenere non necessaria la VAS prescritta
dalla normativa statale del 2006, e nel ritenere
sufficienti le „valutazioni di incidenza‟,
si è posta in contrasto con le disposizioni statali
emanate nel 2006 nel frattempo entrate in vigore, nonché
in contrasto col principio (enunciato in via ricognitiva
dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 225 del
2009), per il quale, poiché la disciplina della VAS
rientra nella materia della tutela dell'ambiente di
competenza dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo
comma, lettera s), Cost., la Regione non può ridurre la
tutela ambientale, i cui standard minimi siano stati
fissati dalla legge statale.
Va pertanto accolta la censura di violazione dell‟originario
art. 4, comma 3, del d.lg. n 152 del 2006, con le
conseguenze che saranno di seguito esposte.
6. Un‟altra
ragione sostanziale comporta l‟accoglimento
del ricorso in appello, per le parti concernenti i piani
provinciali di Bari e di Foggia.
Essa, sebbene rubricata in un distinto motivo di gravame
(il terzo), appare peraltro strettamente connessa, sotto
il profilo logico, a quella prima esaminata.
Con la nota n. 8884 del 20 luglio 2009, la Regione
Puglia –Servizio Caccia- ha reso il parere sulla
valutazione di incidenza ai sensi del d.P.R. n. 357 del
1997 e dell‟art.
10 della legge regionale n. 27 del 1998.
Per quanto rileva nel giudizio, l‟art.
10 ha previsto:
-
al comma 1, che, “Al fine della pianificazione generale
del territorio agro-silvo-pastorale, le Amministrazioni
provinciali predispongono piani faunistico-venatori
articolandoli per comprensori omogenei, comprendenti
altresì programmi di
valorizzazione ambientale finalizzati alla riproduzione
naturale nonché all'immissione della fauna selvatica”;
-
al comma 2, che “I piani di cui al comma 1 sono
approvati dal consiglio provinciale su proposta della
giunta provinciale, previo parere del Comitato tecnico
provinciale”;
-
al comma 7, che “Nel caso di mancato adempimento da
parte delle Amministrazioni provinciali, la giunta
regionale esercita i poteri sostitutivi previsti dalla
legge”.
Risulta dalla documentazione acquisita che nella nota n.
8884 del 20 luglio 2009 la stessa Regione ha fatto
presente la “non totale aderenza della documentazione
inviata rispetto a quanto previsto dalla normativa
vigente”: constatando che la valutazione espressa dalle
Province di Foggia e Bari si era sostanziata in una
“sintetica scheda della valutazione di incidenza” nella
quale esse avevano affermato che non “era necessario
procedere al livello successivo della valutazione”, in
quanto i rispettivi piani 2007/2011 erano strettamente
connessi con la gestione e conservazione del sito e non
sussistevano incidenze significative sui „Siti Natura
2000‟.
E‟
significativo considerare che le conclusioni cui erano
giunte le due Province (si veda pag 2 del parere n.
8884) erano state specificamente contestate dalla
Regione che, nel proprio parere (dopo avere rilevato il
diverso modus procedendi adottato dalle altre Province),
ha fatto presente di avere esposto la propria
contrarietà alle indicazioni pervenute dalle medesime
Province e di avere chiesto loro, inoltre, alcune
indicazioni di carattere cartografico.
Tuttavia, il parere n. 8884 richiamato, pur rilevando
che non era stata ricevuta risposta alcuna dalle due
Province di Bari e Foggia, ha ritenuto “ di potere
procedere allo stato degli atti, stante l‟urgenza
relativa all‟approvazione
del piano, essendo lo stesso già adottato in giunta
regionale con la deliberazione n. 1045 del
23 giugno 2009 ed avendo ottenuto in data 14 luglio 2009
il parere favorevole nella seduta del 14 luglio 2009”.
Il richiamato parere n. 8884 del 20 luglio 2009 ha
concluso esprimendo una valutazione favorevole “ai soli
fini della valutazione di incidenza”.
Ad avviso della appellata Regione, il vizio riscontrato
nel parere da essa stessa reso, con riferimento alla
valutazione di incidenza operata dalle Province di Bari
e Foggia, sarebbe “superato” dalla valutazione
complessiva di incidenza favorevole resa nello stesso
atto n. 8884.
Il Collegio, tuttavia, non condivide tale lettura
Valutando tale carenza sotto il profilo intrinseco, ed
isolatamente considerandola, infatti, il giudizio che si
può trarre è che la valutazione di incidenza, nei
termini prescritti dal d.P.R. n. 357 del 1997, art.5,
per le Province di Bari e Foggia sia sostanzialmente
mancata.
Le medesime Province hanno fornito una sintetica scheda
e richiamato le valutazioni espresse in passato per il
periodo 2007/2011: esse non hanno così fornito gli
apporti previsti dalla legge regionale, al di la della
circostanza che la scheda trasmessa faceva riferimento
al nomen “valutazione di incidenza ambientale”.
Di ciò si è resa conto la stessa Regione, come risulta
dal tenore letterale del richiamato parere n. 8884.
Rileva dunque l‟art.
10 della stessa legge regionale n. 27 del 1998, che al
settimo comma ha previsto che “nel caso di mancato
adempimento da parte delle Amministrazioni provinciali,
la giunta regionale esercita i poteri sostitutivi
previsti dalla legge”.
Il potere sostitutivo non risulta essere stato attivato
da parte della Regione: purtuttavia, si è ugualmente
proceduto alla valutazione complessiva di incidenza ed
alla approvazione del piano pur nella sostanziale
assenza di valutazione di incidenza ambientale resa da
parte delle due Province.
Il Collegio ben comprende la complessità sottesa all‟approvazione
di un atto di pianificazione coinvolgente molteplici e
qualificati interessi, nonché le difficoltà per le
amministrazioni di coordinare il tempestivo espletamento
da parte degli Enti destinatari dei singoli adempimenti.
Va però constatato che il procedimento descritto dalla
legge regionale imponeva senza eccezioni un preciso
incombente (l‟attivazione
dei poteri sostitutivi), sia nel caso (di residuale
verificazione) in cui un‟amministrazione
provinciale si fosse limitata ad omettere del tutto l‟inoltro
della valutazione di incidenza, sia nel caso in cui l‟incombente
– secondo il convincimento della stessa Regione - fosse
stato “sostanzialmente” omesso, sebbene fosse stata
inviata una sintetica scheda ad esso facente
riferimento.
E
ciò tanto più laddove si consideri che la lacuna
sostanziale era stata tempestivamente rilevata dalla
Regione che, infatti, l‟aveva
legittimamente contestata alle Province.
La carenza riscontrata vizia irrimediabilmente la
procedura nella parte riguardante le due Province di
Bari e Foggia, senza che sia possibile, come ipotizzato
dalla difesa dell‟appellata
Regione, che ad essa si supplisca facendo riferimento
alla valutazione complessiva espressa dalla Regione con
il parere n. 8884/2009 (che appare mancante degli
elementi valutativi riferibili alle due medesime
Province).
7. Per orientare la successiva attività dell‟amministrazione
in sede di riedizione del potere, la Sezione ritiene
necessario di seguito esaminare le ulteriori doglianze,
talune di natura sostanziale, prospettate dall‟appellante
associazione.
Esse risultano infondate.
8. Va respinta la seconda parte della terza censura di
primo grado riproposta a p. 25 segg. dell‟appello,
che si impernia sulla omessa valutazione di incidenza
riferibile alla istituzione di alcune aziende
faunistico-venatorie ed agrituristiche venatorie.
Essa, quale argomento volto a rimarcare l‟assenza
di valutazione di incidenza nelle due province di Bari e
Foggia, va dichiarata priva di autonomia e rientrante
nel complesso degli elementi militanti per la fondatezza
del motivo di doglianza prima esaminato.
Essa invece è infondata, se intesa in via astratta come
postulante singole ed autonome valutazioni di incidenza
non rientranti nella valutazione complessiva svolta in
sede provinciale.
Per l‟art.
9 della legge regionale 13 agosto 1998 n. 27, commi 8 e
9, “Il piano faunistico-venatorio regionale determina i
criteri per la individuazione dei territori da destinare
alla costituzione di aziende faunistico-venatorie, di
aziende agro-turistico-venatorie e di centri privati di
produzione della fauna selvatica allo stato naturale.
Sulla base della individuazione dei piani faunistici
venatori provinciali, la Regione istituisce con il piano
faunistico venatorio regionale le oasi di protezione, le
zone di ripopolamento e cattura, i centri pubblici e
privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato
naturale, le zone di addestramento cani, nonché gli
ATC”.
La resistente amministrazione ha evidenziato che è stato
rispettato l‟art.
10, comma 5, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, per
il quale “Il territorio agro-silvo-pastorale regionale
può essere destinato nella percentuale massima globale
del 15 per cento a caccia riservata a gestione privata
ai sensi dell'articolo 16, comma 1, e a centri privati
di riproduzione della fauna selvatica allo stato
naturale. Il territorio agro-silvo-pastorale regionale
può essere destinato nella percentuale massima globale
del 15 per cento a caccia riservata a gestione privata
ai sensi dell'articolo 16, comma 1, e a centri privati
di riproduzione della fauna selvatica allo stato
naturale”.
Esso risulta riprodotto nell‟art.
9 della legge regionale n. 27 del 1998, (“6. Il
territorio agro-silvo-pastorale regionale può essere
destinato, nella percentuale massima globale del 15 per
cento, a caccia riservata a gestione privata ai sensi
dell'art.17, a centri privati di riproduzione della
fauna selvatica allo stato naturale ai sensi dell'art.15
e a zone di addestramento cani ai sensi dell'art.18”)
Ad avviso del Collegio, il contestato atto regionale ha
legittimamente tenuto conto del medesimo art. 10, comma
5, in quanto applicabile ratione materiae, sicché
ha ben potuto valutare le aziende faunistico venatorie e
le aziende agrituristico venatorie istituite, rientrando
nel plafond del 15 % del territorio
agro-silvio-pastorale destinato alla gestione privata
rientravano nella complessa valutazione di incidenza
espletata a livello provinciale (come esattamente
rilevato dal primo giudice, infatti, soltanto i
proponenti del piano sono tenuti ad allegare la
valutazione di incidenza e la stessa include gli
istituti a gestione privatistica).
Analoga indicazione può trarsi dal richiamato art. 9
della legge regionale n. 27 del 1998, laddove, al comma
7, è stabilito unicamente che “il piano
faunistico-venatorio regionale determina i criteri per
la individuazione dei territori da destinare alla
costituzione di aziende faunistico-venatorie, di aziende
agro-turistico-venatorie e di centri privati di
produzione della fauna selvatica allo stato naturale”
9. Con il quarto motivo, si reitera l‟argomento
involgente la omissione in cui sarebbe incorso il piano
impugnato, allorché non avrebbe riportato le indicazioni
contenute nella nota n. 8884 del 20 luglio 2009 del
Dirigente dell‟Ufficio
Parchi, secondo cui l‟attività
venatoria nelle ZPS della Regione Puglia doveva essere
svolta nel rispetto dei divieti elencati alle pagg. 4 e
5 del parere predetto (elencazione dalla lettera A alla
lettera K, a propria volta mutuata dal Regolamento
regionale n. 28 del 22 dicembre 2008, art. 4 comma IV) .
Senonché – come puntualmente osservato dalla difesa
regionale - il parere di valutazione di incidenza n.
8884 del 20 luglio 2009 ha richiamato la elencazione dei
divieti dalla lettera A alla lettera K, contenuta nel
regolamento regionale n. 28 del 22 dicembre 2008, art. 4
comma IV.
E
tale valutazione di incidenza, in quanto facente corpo
con il piano faunistico venatorio di cui alla impugnata
delibera n. 217 del 2009, consente di affermare che la
circostanza che l‟elencazione
non sia stata ripetuta nella delibera n. 217 è
indifferente e neutra, in quanto contenuta in un atto
presupposto, inscindibilmente legato al piano, e che di
esso – quanto alle prescrizioni contenute- fa parte
integrante.
La mancata ripetizione di tale elencazione nel piano non
può essere interpretata nel senso della obliterazione da
parte dell‟amministrazione
regionale degli indicati divieti, dal che consegue la
reiezione della doglianza.
10. Il quinto motivo dell‟appello
(come il quanto motivo di primo grado) invoca l‟art. 7
della legge n. 152 del 1992, per affermare l‟illegittimità
dell‟omessa
acquisizione del parere dell‟INFS.
Ritiene la Sezione che la censura vada respinta.
A
tale Istituto sono affidati i compiti di (art. 7, comma
3) “censire il patrimonio ambientale costituito dalla
fauna selvatica, di studiarne lo stato, l'evoluzione ed
i rapporti con le altre componenti ambientali, di
elaborare progetti di intervento ricostitutivo o
migliorativo sia delle comunità animali sia degli
ambienti al fine della riqualificazione faunistica del
territorio nazionale, di effettuare e di coordinare
l'attività di inanellamento a scopo scientifico
sull'intero territorio italiano, di collaborare con gli
organismi stranieri ed in particolare con quelli dei
Paesi della Comunità economica europea aventi analoghi
compiti e finalità, di collaborare con le università e
gli altri organismi di ricerca nazionali, di controllare
e valutare gli interventi faunistici operati dalle
regioni e dalle province autonome, di esprimere i pareri
tecnico-scientifici richiesti dallo Stato, dalle regioni
e dalle province autonome”.
Il parere dell‟Istituto
ai sensi dell‟art.
33, comma 2, della legge regionale n. 27 del 1998 è
previsto in sede di predisposizione del calendario
venatorio (“Il calendario venatorio regionale,
predisposto sulla base delle proposte formulate dalle
Provincie e dal Comitato tecnico faunistico regionale di
cui all'art.5, è deliberato dalla Giunta regionale,
sentiti l'INFS e la Commissione consiliare permanente
competente ed è pubblicato sul BURP”) e per la
istituzione delle aziende faunistico-venatorie ed
agrituristiche venatorie.
Né la legge regionale, né le disposizioni nazionali
hanno prescritto il parere dell‟Istituto
per la predisposizione del piano faunistico venatorio
(v. in particolare l‟art.
18 della legge nazionale 11 febbraio 1992, n.157).
11. Quanto al sesto motivo del ricorso in appello
(laddove ci si duole della omessa introduzione del
divieto di caccia nell‟area
di Capo d‟Otranto
e sulla rotta Margherita-Manfredonia –aree, queste
ultime, connotate da notevole flusso di rapaci), la
doglianza è infondata.
La censura ha riproposto l‟intera
gamma degli argomenti critici prospettati in primo
grado, senza considerare che il TAR ha motivatamente
respinto tutte le censure perché infondate, rilevando
che sia l‟area
di Capo d‟Otranto
che quella riconducibile alla rotta
Margherita-Manfredonia erano state ricomprese in due
parchi naturali (rispettivamente la prima nel “Parco
Naturale Regionale Costa d‟Otranto
- Santa Maria di Leuca e Bosco Tricase” e la seconda nel
Parco Nazionale del Gargano).
In entrambi i casi, ha rilevato il TAR che erano state
stabilite misure di conservazione maggiori e più rigide
rispetto a quelle previste per le Oasi di protezione, e
che, quanto alle aree protette della rotta di Margherita
- Manfredonia nella Provincia di Foggia, erano stati
istituiti SIC e ZPS su tutta l‟area
costiera interessata.
La critica dell‟appellante
non contesta tali affermazioni (neppure nella parte in
cui fanno espresso riferimento alla esistenza di misure
di salvaguardia su dette aree maggiori di quelle
previste dal pregresso piano risalente al 1999 e
maggiori di quelle riservate alle oasi di protezione) e
si limita a rilevare che da detta perimetrazione
sarebbero rimaste escluse talune porzioni di territorio,
senza però fornire specifiche prove né delle incidenza
di tale esclusione né, soprattutto, della incidenza
favorevole dell‟incontestato
incremento di protezione ascrivibile alla inclusione
delle aree predette nei parchi.
12. Va anche respinto il settimo motivo del ricorso in
appello.
Incontestata rimanendo anche da parte dell‟appellante
associazione (pag. 43 dell‟appello)
l‟affermazione
contenuta nell‟appellata
sentenza che l‟amministrazione
si era rifatta a dati forniti dall‟Istat,
e rilevata l‟assenza
di prova circa la circostanza che tali dati non fossero
aggiornati (espressamente il contrario è affermato all‟ultimo
capoverso di pag. I del piano), essa si fonda su una non
condivisibile interpretazione dell‟art.
10, comma 10, della legge n. 157 del 1992 (per la quale
“le regioni attuano la pianificazione
faunistico-venatoria mediante il coordinamento dei piani
provinciali di cui al comma 7 secondo criteri dei quali
l'Istituto nazionale per la fauna selvatica garantisce
la omogeneità e la congruenza a norma del comma 11,
nonché con l'esercizio di poteri sostitutivi nel caso di
mancato adempimento da parte delle province dopo dodici
mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge”).
Il medesimo art. 10, comma 10, non prescrive affatto,
come già in precedenza rilevato, che dovesse acquisirsi
il parere dell‟INFS,
ma unicamente che quest‟ultimo
fosse chiamato a dettare criteri omogenei.
Il successivo comma 11, infatti, è esplicito nel
rilevare che si trattava di criteri orientativi e
aggiornabili, non relativi ad un singolo piano
faunistico venatorio predisposto da una singola Regione
(“entro quattro mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge, l'Istituto nazionale per la
fauna selvatica trasmette al Ministro dell'agricoltura e
delle foreste e al Ministro dell'ambiente il primo
documento orientativo circa i criteri di omogeneità e
congruenza che orienteranno la pianificazione
faunistico-venatoria. I Ministri, d'intesa, trasmettono
alle regioni con proprie osservazioni i criteri della
programmazione, che deve essere basata anche sulla
conoscenza delle risorse e della consistenza faunistica,
da conseguirsi anche mediante modalità omogenee di
rilevazione e di censimento”).
Le ulteriori articolazioni della censura hanno ad
oggetto singole modeste discrasie temporali, non
rivestenti portata viziante, avuto riguardo alla
imponenza del territorio regolamentato dal piano di
coordinamento impugnato e, soprattutto, in quanto prive
di valenza sostanziale.
Quanto infine alla circostanza relativa alla lamentata
inattualità dei dati forniti dal Corpo Forestale con
riferimento alle superfici percorse dal fuoco, da un
canto risulta che l‟amministrazione
procedente ha preso atto dei dati oggettivi alla stessa
forniti.
Peraltro, risulta condivisibile la precisazione del
primo giudice secondo cui, “seppur ulteriori superfici
non censite fossero state percorse dal fuoco, dette
superfici sarebbero comunque precluse all‟attività
venatoria per dieci anni ai sensi della legge n.
353/2000.”
13. Per le ragioni che precedono, l‟appello
va in parte accolto, in ragione delle rilevate
illegittimità del piano faunistico venatorio, approvato
con la delibera n. 217 del 2009.
Quanto alle conseguenze del disposto accoglimento,
ritiene il Collegio di dovere puntualizzare quanto
segue.
14. Circa la portata conformativa della presente
sentenza (che si può senz‟altro
precisare, ai sensi dell‟art.
34, comma 1, lettera e), prima frase, del Codice del
processo amministrativo), ritiene innanzitutto la
Sezione che, in sede di
emanazione degli atti ulteriori, la Regione debba dare
applicazione alle disposizioni nazionali sulla VAS,
contenute nel decreto legislativo n 4 del 2008.
Tali disposizioni più stringenti potevano non essere
applicate nell‟originario
procedimento, in quanto la Regione avrebbe dovuto
applicare unicamente le disposizioni sulla VAS di cui al
decreto legislativo n. 152 del 2006 (come consentito
dall‟art.
35, comma 2 ter, introdotto con il d.lg. n. 4 del 2008).
In sede di rinnovazione del procedimento, essendo
scaduto il termine previsto dal richiamato art. 35, al
comma 1, si deve ritenere applicabile il principio
tempus regit actum.
15. Inoltre, considerate le circostanze, ritiene la
Sezione che la presente sentenza debba avere unicamente
effetti conformativi del successivo esercizio della
funzione pubblica, e non anche i consueti effetti ex
tunc di annullamento, demolitori degli effetti degli
atti impugnati, né quelli ex nunc
15.1. Di regola, in base ai principi fondanti la
giustizia amministrativa, l‟accoglimento
della azione di annullamento comporta l‟annullamento
con effetti ex tunc del provvedimento risultato
illegittimo, con salvezza degli ulteriori provvedimenti
della autorità amministrativa, che può anche
retroattivamente disporre con un atto avente effetti
„ora per allora‟.
Tale regola fondamentale è stata affermata ab antiquo
et antiquissimo tempore da questo Consiglio (come
ineluttabile corollario del principio di effettività
della tutela), poiché la misura tipica dello Stato di
diritto – come affermatosi con la legge fondamentale del
1889, istitutiva della Quarta Sezione del Consiglio di
Stato – non può che essere quella della eliminazione
integrale degli effetti dell‟atto
lesivo per il ricorrente, risultato difforme dal
principio di legalità.
15.2. Tuttavia, quando la sua applicazione risulterebbe
incongrua e manifestamente ingiusta, ovvero in contrasto
col principio di effettività della tutela
giurisdizionale, ad avviso del Collegio la regola dell‟annullamento
con effetti ex tunc dell‟atto
impugnato a seconda delle circostanze deve trovare una
deroga, o con la limitazione parziale della
retroattività degli effetti (Sez. VI, 9 marzo 2011, n.
1488), o con la loro decorrenza ex nunc ovvero
escludendo del tutto gli effetti dell'annullamento e
disponendo esclusivamente gli effetti conformativi.
La legislazione ordinaria non preclude al giudice
amministrativo l'esercizio del potere di determinare gli
effetti delle proprie sentenze di accoglimento.
Da un lato, la normativa sostanziale e quella
processuale non dispongono l'inevitabilità della
retroattività degli effetti dell'annullamento di un atto
in sede amministrativa o giurisdizionale (cfr. l'art. 21
nonies della legge n. 241 del 1990 e l'art. 34,
comma 1, lettera a), del Codice del processo
amministrativo).
D'altro lato, dagli articoli 121 e 122 del Codice emerge
che la rilevata fondatezza di un ricorso d'annullamento
può comportare l'esercizio di un potere valutativo del
giudice, sulla determinazione dei concreti effetti della
propria pronuncia.
Tale potere valutativo, attribuito per determinare la
perduranza o meno degli effetti di un contratto, per le
ragioni di seguito esposte, va riconosciuto al giudice
amministrativo in termini generali, quando si tratti di
determinare la perduranza o meno degli effetti di un
provvedimento.
16. Il giudice amministrativo, nel determinare gli
effetti delle proprie statuizioni, deve ispirarsi al
criterio per cui esse, anche le più innovative, devono
produrre conseguenze coerenti con il sistema (e cioè
armoniche con i principi generali dell‟ordinamento,
e in particolare con quello di effettività della tutela)
e congruenti (in quanto basate sui medesimi principi
generali, da cui possa desumersi in via interpretativa
la regula iuris in concreto enunciata).
17. Nel caso di specie (e con riferimento al criterio
della coerenza col sistema e col principio di
effettività della tutela da attuare nei confronti dell‟appellante,
vincitrice nel giudizio), si deve tenere conto di due
decisive considerazioni:
a) il ricorso di primo grado è stato proposto da una
associazione ambientalista, non a tutela della sua
specifica sfera giuridica, bensì nella qualità di
soggetto legittimato ex lege ad impugnare i
provvedimenti di portata generale che in qualsiasi modo
abbiano una negativa incidenza sull‟ambiente
e sulle sue singole componenti, ovvero non lo abbiano
adeguatamente tutelato (v. l‟art.
18 della legge n. 349 del 1986);
b) il medesimo ricorso di primo grado non ha mirato a
far rimuovere in quanto tali gli atti generali
impugnati, bensì a farne rilevare l‟illegittimità
per l‟inadeguatezza
della tutela prevista dal piano faunistico approvato
dalla Regione Puglia, inadeguatezza da considerare in
re ipsa per il fatto che non sia stato posto in
essere il prescritto procedimento di valutazione
ambientale strategica (così mancando le più compiute
valutazioni di merito), la cui conclusione avrebbe
potuto ragionevolmente indurre l‟Autorità
regionale ad emanare prescrizioni più restrittive,
limitative dei comportamenti potenzialmente incidenti
sull‟ambiente
e su alcune delle sue componenti.
Ove il Collegio annullasse ex tunc ovvero anche
ex nunc il piano in ragione della mancata
attivazione della VAS, sarebbero travolte tutte le
prescrizioni del piano, e ciò sia in contrasto con la
pretesa azionata col ricorso di primo grado, sia con la
gravissima e paradossale conseguenza di privare il
territorio pugliese di qualsiasi regolamentazione e di
tutte le prescrizioni di tutela sostanziali contenute
nel piano già approvato (retrospettivamente o a
decorrere dalla pubblicazione della presente sentenza,
nei casi rispettivamente di annullamento ex tunc
o ex nunc).
In altri termini, l‟annullamento
ex tunc e anche quello ex nunc degli atti
impugnati risulterebbero in palese contrasto sia con l‟interesse
posto a base dell‟impugnazione,
sia con le esigenze di tutela prese in considerazione
dalla normativa di settore, e si ritorcerebbe a carico
degli interessi pubblici di cui è portatrice ex lege l‟associazione
appellante.
18. Ritiene la Sezione che tali conclusioni paradossali
possano essere agevolmente evitate, facendo applicazione
dei principi nazionali sulla effettività della tutela
giurisdizionale, nonché dei pacifici principi enunciati
dalla Corte di Giustizia, e applicabili anche nel
sistema nazionale, nei casi di constatata invalidità di
un atto di portata generale.
18.1. Quanto al principio di effettività della tutela
giurisdizionale, desumibile dagli articoli 6 e 13 della
CEDU, dagli artt. 24, 111 e 113 della Costituzione e dal
Codice del processo amministrativo, si deve ritenere che
la funzione primaria ed essenziale del giudizio è quella
di attribuire alla parte che risulti vittoriosa l‟utilità
che le compete in base all‟ordinamento
sostanziale.
La fondatezza delle censure della associazione
appellante – legittimata ad impugnare gli atti generali
comunque viziati e lesivi per l‟ambiente
- non può indurre il giudice amministrativo ad emettere
statuizioni che vanifichino l‟effettività
della tutela o, addirittura, che si pongano in palese
contrasto con le finalità poste a base della iniziativa
processuale.
In applicazione del principio sancito dall‟art.
1 del Codice del processo amministravo (sulla „tutela
piena ed effettiva‟), il
giudice può emettere le statuizioni che risultino in
concreto satisfattive dell‟interesse
fatto valere e deve interpretare coerentemente ogni
disposizione processuale.
18.2. Quanto alla rilevanza nel sistema nazionale dei
principi europei (anch‟essi
richiamati dall‟art.
1 del Codice), va premesso che - per l‟articolo
264 del Trattato sul funzionamento della Unione Europea
– la Corte di Giustizia, ove lo reputi necessario, può
precisare „gli effetti dell‟atto
annullato che devono essere considerati definitivi‟.
La giurisprudenza comunitaria ha da tempo affermato che
il principio dell‟efficacia
ex tunc dell‟annullamento,
seppur costituente la regola, non ha portata assoluta e
che la Corte può dichiarare che l‟annullamento
di un atto (sia esso parziale o totale)
abbia effetto ex nunc o che, addirittura, l‟atto
medesimo conservi i propri effetti sino a che l‟istituzione
comunitaria modifichi o sostituisca l‟atto
impugnato (Corte di Giustizia, 5 giugno 1973,
Commissione c. Consiglio, in C-81/72; Corte di
Giustizia, 25 febbraio 1999, Parlamento c. Consiglio, in
C-164/97 e 165/97).
Tale potere valutativo prima dell‟entrata
in vigore del Trattato di Lisbona era previsto
espressamente nel caso di riscontrata invalidità di un
regolamento comunitario (v. l‟art.
231 del Trattato istitutivo della Comunità Europea), ma
era esercitabile – ad avviso della Corte - anche nei
casi di impugnazione delle decisioni (Corte di
Giustizia, 12 maggio 1998, Regno Unito c Commissione, in
C-106/96), delle direttive e di ogni altro atto generale
(Corte di Giustizia, 7 luglio 1992, Parlamento c.
Consiglio, in C-295/90; 5 luglio 1995, Parlamento c
Consiglio, in C-21-94).
La Corte di Giustizia è dunque titolare anche del potere
di statuire la perduranza, in tutto o in parte, degli
effetti dell‟atto
risultato illegittimo, per un periodo di tempo che può
tenere conto non solo del principio di certezza del
diritto e della posizione di chi ha vittoriosamente
agito in giudizio, ma anche di ogni altra circostanza da
considerare rilevante (Corte di Giustizia, 10 gennaio
2006, in C-178/03; 3 settembre 2008, in C-402/05 e
415/05; 22 dicembre 2008, in C-333/07).
Tale giurisprudenza, come sopra segnalato, ha ormai
trovato un fondamento testuale nel secondo comma dell‟art.
264 (ex 231) del Trattato di Lisbona sul funzionamento
della Unione Europea, che non contiene più il
riferimento delimitativo alla categoria dei regolamenti
(“Se il ricorso è fondato, la Corte di giustizia
dell'Unione europea dichiara nullo e non avvenuto l'atto
impugnato. Tuttavia la Corte, ove lo reputi necessario,
precisa gli effetti dell'atto annullato che devono
essere considerati definitivi”).
18.3. Ciò posto, ritiene la Sezione che – nel rispetto
del principio di congruenza, per il quale la propria
statuizione deve fondarsi quanto meno su regole
disciplinanti un caso analogo - anche il giudice
amministrativo nazionale possa differire gli effetti di
annullamento degli atti impugnati, risultati
illegittimi, ovvero non disporli affatto, statuendo solo
gli effetti conformativi, volti a far sostituire il
provvedimento risultato illegittimo.
Da un lato il sopra richiamato principio di effettività
della tutela impone di emettere una sentenza che sia del
tutto coerente con le istanze di tutela e di giustizia.
Dall‟altro,
non può disconoscersi che – in una materia quale quella
ambientale, per la quale vi è la competenza concorrente
dell‟Unione
e degli Stati – gli standard della tutela
giurisdizionale non possano essere diversi, a seconda
che gli atti regolatori siano emessi in sede comunitaria
o nazionale (e, dunque, che la controversia vada decisa
o meno dal giudice dell‟Unione).
Il giudice nazionale ove occorra può applicare le
collaudate regole applicate dal giudice dell‟Unione,
spesso basate sul semplice buon senso, così come lo
stesso giudice dell‟Unione,
nell‟esercizio
delle sue altissime funzioni, assicura “il rispetto dei
principi generali comuni ai diritti degli Stati membri”
(per l‟art.
340 del medesimo Trattato sul funzionamento dell‟Unione).
18.4. Tenuto conto di questo continuo processo di osmosi
tra i principi applicabili dal giudice dell‟Unione
e quelli desumibili dagli ordinamenti degli Stati
membri, nella fattispecie in esame la Sezione ritiene
dunque che sia necessario:
-
non statuire gli effetti di annullamento degli atti
impugnati in primo grado e di disporre unicamente gli
effetti conformativi delle statuizioni della presente
sentenza;
-
disporre che i medesimi atti conservino i propri effetti
sino a che la Regione Puglia li modifichi o li
sostituisca.
Sarebbe infatti contrario al buon senso, oltre che in
contrasto con l‟interesse
fatto valere in giudizio, disporre l‟annullamento
ex tunc o ex nunc delle misure di tutela
già
introdotte, sol perché esse siano risultate
insufficienti (non essendovi, né essendo stata
prospettata, una normativa suppletiva di salvaguardia).
Per di più, nel caso di specie, lo strumento generale
programmatorio e di regolamentazione è risultato privo
di specifici vizi sostanziali (pur se – per il
procedimento seguito – è ragionevole supporre che la
mancanza della VAS abbia inciso sul suo contenuto, per l‟assenza
di valutazioni degli ulteriori profili di tutela
prescritti dalla normativa di settore).
19. In conclusione, il Collegio ritiene dunque di
statuire che l‟accoglimento
dell‟appello
in epigrafe, e del corrispondente ricorso di primo
grado, comporta unicamente la produzione di effetti
conformativi, in assenza di effetti caducatori e d‟annullamento,
in quanto la Regione Puglia deve emanare ulteriori
provvedimenti, sostitutivi ex nunc di quelli
risultati illegittimi e che tengano conto dei medesimi
effetti conformativi e della sopravvenuta entrata in
vigore del decreto legislativo n. 4 del 2008.
Inoltre, la Sezione ritiene di statuire che la Regione
Puglia proceda alla approvazione dell'ulteriore piano
faunistico venatorio, rilevante fino all'anno 2014,
entro il termine di dieci mesi, decorrente dalla
notificazione o dalla comunicazione in via
amministrativa della presente sentenza, nel rispetto
delle precedenti considerazioni e anche esercitando i
poteri sostitutivi che le spettano, nei tempi da essa
determinati, nel caso di inadeguata collaborazione di
altre pubbliche amministrazioni.
Qualora il termine di dieci mesi decorra in assenza di
determinazioni regionali, nel caso di proposizione del
giudizio di ottemperanza la Sezione potrà valutare tutte
le circostanze ed esercitare i poteri previsti dal
Codice del processo amministrativo, anche quelli
riguardanti le misure dissuasorie della eventuale
inottemperanza.
Resta comunque inteso che, in attesa della rinnovata
emanazione (con effetti di per sé non retroattivi) del
piano faunistico regionale, nel rispetto dei
procedimenti
previsti dalle leggi, rimangono ferme tutte le
prescrizioni contenute nella deliberazione n. 217 del 21
luglio 2009 del consiglio regionale della Puglia, così
come resta inteso che la presente sentenza non produce
ulteriori conseguenze, sulla legittimità e sulla
efficacia di qualsiasi atto o provvedimento che sia
stato emesso in applicazione o a seguito della medesima
deliberazione, ovvero che sia emesso fino a quando sia
approvato il nuovo piano faunistico venatorio regionale
efficace sino all'anno 2014.
20. Per le ragioni che precedono, l‟appello
in esame va accolto nei limiti sopra precisati e con le
conseguenze conformative sopra determinate.
In ragione della reciproca soccombenza, sussistono
giusti motivi per compensare tra le parti le spese dei
due gradi del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello n. 1846
del 2010, come in epigrafe proposto, lo accoglie
parzialmente nei termini di cui alla motivazione e, per
l‟effetto,
in riforma dell‟appellata
sentenza:
-
accoglie il ricorso di primo grado n. 1683 del 2009 e
rileva che la delibera n. 217 del 2009 del Consiglio
Regionale della Puglia è stata emanata in assenza dell‟attivazione
del procedimento sulla valutazione ambientale
strategica, prescritto dalla legislazione di settore;
-
mantiene fermi, come precisato in motivazione, tutti gli
effetti dei provvedimenti impugnati in primo grado e, in
particolare, della medesima delibera n. 217 del 21
luglio 2009, anche per la verifica della legittimità e
della efficacia degli atti conseguenti;
-
dichiara il dovere della Regione Puglia di procedere
alla rinnovata emanazione – con effetti ex nunc -
del piano faunistico venatorio regionale efficace fino
all'anno 2014 e di concludere il relativo procedimento
entro il termine di dieci mesi,
decorrente dalla notificazione o dalla comunicazione in
via amministrativa della presente sentenza;
-
compensa tra le parti le spese e gli onorari dei due
gradi del giudizio;
-
dispone che copia della presente sentenza sia
comunicata, a cura della Segreteria, anche al Ministero
dell‟ambiente
e della tutela del territorio e del mare.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno
22 marzo 2011 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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