Commento:
Lo ha chiarito la prima sezione
civile della Cassazione con la sentenza 9373/2011 che
respingeva il ricorso di una moglie nei confronti del
marito.
La donna, che aveva ottenuto in
sede di separazione un assegno di mantenimento, agiva
nei confronti dell'ex coniuge chiedendo al giudice il
pignoramento presso il datore di lavoro della somma da
lei vantata. Il marito si opponeva sostenendo che non
sussisteva il titolo esecutivo per agire. I giudici di
prime cure accoglievano le resistenze dell’'uomo e la
vertenza giungeva in Cassazione.
Con un unico motivo la ricorrente
lamentava la violazione dell’art. 4[1], comma XIV, L.
898/70 e 23[2] L. 74/1987. Affermava che, dal combinato
disposto dei predetti articoli, deriverebbe l’efficacia
immediata, senza necessità di una clausola di
esecutorietà, del provvedimento di modifica delle
condizioni di separazione, che dunque potrebbe valere
come titolo esecutivo.
La Suprema corte, dopo un breve
excursus in merito alle differenze tra separazione e
divorzio e nel confermare la decisione di merito,
affermava che “i provvedimenti di modifica delle
condizioni di separazione non sono immediatamente
esecutivi ma necessitano della esecutorietà solo ad
opera del giudice” in virtù del combinato disposto degli
artt. 737[3] e 741[4] c.p.c.
Inoltre, però, affermava il
Collegio “certo di fronte alla generalizzata
esecutorietà delle sentenze di primo grado, tale
carattere appare un sorta di residuo affatto
eccezionale, in una materia come quella familiare che
richiede tempestività e snellezza operativa. Difficile
peraltro ipotizzare una questione di legittimità
costituzionale al riguardo: I giudici della Consulta non
potrebbero che richiamare la scelta discrezionale del
legislatore di attribuire ai procedimenti di modifica
delle condizioni di separazione e divorzio, le forme di
quelli in camera di consiglio. Toccherebbe dunque al
legislatore intervenire, secondo i voti di gran parte
della dottrina".
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[1] Art. 4 L. 898/70
1. La domanda per ottenere lo
scioglimento o la cessazione degli effetti civili del
matrimonio si propone al tribunale del luogo dell’ultima
residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del
luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o
domicilio. Qualora il coniuge convenuto sia residente
all’estero o risulti irreperibile, la domanda si propone
al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del
ricorrente e, se anche questi è residente all’estero, a
qualunque tribunale della Repubblica. La domanda
congiunta può essere proposta al tribunale del luogo di
residenza o di domicilio dell’uno o dell’altro coniuge.
2. La domanda si propone con
ricorso, che deve contenere l’esposizione dei fatti e
degli elementi di diritto sui quali la domanda di
scioglimento del matrimonio o di cessazione degli
effetti civili dello stesso è fondata.
3. Del ricorso il cancelliere dà
comunicazione all’ufficiale dello stato civile del luogo
dove il matrimonio fu trascritto per l’annotazione in
calce all’atto.
4. Nel ricorso deve essere indicata
l’esistenza dei figli legittimi, legittimati o adottati
da entrambi i coniugi durante il matrimonio.
5. Il presidente del tribunale, nei
cinque giorni successivi al deposito in cancelleria,
fissa con decreto la data di comparizione dei coniugi
davanti a sé, che deve avvenire entro novanta giorni dal
deposito del ricorso, il termine per la notificazione
del ricorso e del decreto ed il termine entro cui il
coniuge convenuto può depositare memoria difensiva e
documenti. Il presidente nomina un curatore speciale
quando il convenuto è malato di mente o legalmente
incapace.
6. Al ricorso e alla prima memoria
difensiva sono allegate le ultime dichiarazioni dei
redditi rispettivamente presentate.
7. I coniugi devono comparire
davanti al presidente del tribunale personalmente, salvo
gravi e comprovati motivi, e con l’assistenza di un
difensore. Se il ricorrente non si presenta o rinuncia,
la domanda non ha effetto. Se non si presenta il coniuge
convenuto, il presidente può fissare un nuovo giorno per
la comparizione, ordinando che la notificazione del
ricorso e del decreto gli sia rinnovata. All’udienza di
comparizione, il presidente deve sentire i coniugi prima
separatamente poi congiuntamente, tentando di
conciliarli. Se i coniugi si conciliano, il presidente
fa redigere processo verbale della conciliazione.
8. Se la conciliazione non riesce,
il presidente, sentiti i coniugi e i rispettivi
difensori nonché, qualora lo ritenga strettamente
necessario anche in considerazione della loro età, i
figli minori, dà, anche d’ufficio, con ordinanza i
provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni
nell’interesse dei coniugi e della prole, nomina il
giudice istruttore e fissa l’udienza di comparizione e
trattazione dinanzi a questo. Nello stesso modo il
presidente provvede, se il coniuge convenuto non
compare, sentito il ricorrente e il suo difensore.
L’ordinanza del presidente può essere revocata o
modificata dal giudice istruttore. Si applica l’articolo
189 delle disposizioni di attuazione del codice di
procedura civile.
9. Tra la data dell’ordinanza,
ovvero tra la data entro cui la stessa deve essere
notificata al convenuto non comparso, e quella
dell’udienza di comparizione e trattazione devono
intercorrere i termini di cui all’articolo 163-bis del
codice di procedura civile ridotti a metà.
10. Con l’ordinanza di cui al comma
8, il presidente assegna altresì termine al ricorrente
per il deposito in cancelleria di memoria integrativa,
che deve avere il contenuto di cui all’articolo 163,
terzo comma, numeri 2), 3), 4), 5) e 6), del codice di
procedura civile e termine al convenuto per la
costituzione in giudizio ai sensi degli articoli 166 e
167, primo e secondo comma, dello stesso codice nonché
per la proposizione delle eccezioni processuali e di
merito che non siano rilevabili d’ufficio. L’ordinanza
deve contenere l’avvertimento al convenuto che la
costituzione oltre il suddetto
termine implica le decadenze di cui
all’articolo 167 del codice di procedura civile e che
oltre il termine stesso non potranno più essere proposte
le eccezioni processuali e di merito non rilevabili
d’ufficio.
11. All’udienza davanti al giudice
istruttore si applicano le disposizioni di cui agli
articoli 180 e 183, commi primo, secondo, quarto,
quinto, sesto e settimo, del codice di procedura civile.
Si applica altresì l’articolo 184 del medesimo codice.
12. Nel caso in cui il processo
debba continuare per la determinazione dell’assegno, il
tribunale emette sentenza non definitiva relativa allo
scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del
matrimonio. Avverso tale sentenza è ammesso solo appello
immediato. Appena formatosi il giudicato, si applica la
previsione di cui all’articolo 10.
13. Quando vi sia stata la sentenza
non definitiva, il tribunale, emettendo la sentenza che
dispone l’obbligo della somministrazione dell’assegno,
può disporre che tale obbligo produca effetti fin dal
momento della domanda.
14. Per la parte relativa ai
provvedimenti di natura economica la sentenza di primo
grado è provvisoriamente esecutiva.
15. L’appello è deciso in camera di
consiglio.
16. La domanda congiunta dei
coniugi di scioglimento o di cessazione degli effetti
civili del matrimonio che indichi anche compiutamente le
condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici,
è proposta con ricorso al tribunale in camera di
consiglio. Il tribunale, sentiti i coniugi, verificata
l’esistenza dei presupposti di legge e valutata la
rispondenza delle condizioni all’interesse dei figli,
decide con sentenza. Qualora il tribunale ravvisi che le
condizioni relative ai figli sono in contrasto con gli
interessi degli stessi, si applica la procedura di cui
al comma 8.
[2] Art. 23. L. n. 74 del 1987
Fino all’entrata in vigore del
nuovo testo del codice di procedura civile, ai giudizi
di separazione personale dei coniugi si applicano, in
quanto compatibili, le regole di cui all’art. 4 della
legge 1º dicembre 1970, n. 898, come sostituito
dall’art. 8 della presente legge.
I giudizi di separazione personale
e di scioglimento o di cessazione degli effetti civili
del matrimonio pendenti, in ogni stato e grado, alla
data di entrata in vigore della presente legge saranno
definiti secondo le disposizioni processuali
anteriormente vigenti.
L’impugnazione delle sentenze di
separazione personale e di scioglimento o di cessazione
degli effetti civili del matrimonio pubblicate prima
dell’entrata in vigore della presente legge resta
regolata dalla legge anteriore.
[3] Art. 737 c.p.c. Forma della
domanda e del provvedimento
I provvedimenti, che debbono essere
pronunciati in Camera di consiglio, si chiedono con
ricorso al giudice competente e hanno forma di decreto
motivato, salvo che la legge disponga altrimenti.
[4] Art. 741 c.p.c. Efficacia dei
provvedimenti
I decreti acquistano efficacia
quando sono decorsi i termini di cui agli articoli
precedenti senza che sia stato proposto reclamo.
Se vi sono ragioni d'urgenza, il
giudice può tuttavia disporre che il decreto abbia
efficacia immediata. |