di Francesco Machina
Niente vie di fuga per i genitori tiranneggiati in casa
propria dai figli anche se maggiorenni. Non sono
punibili, infatti, le minacce alla madre da parte del
figlio, affinché gli dia del denaro. A prevederlo è il
codice penale con una clausola di non punibilità che
scatta quando il reato è commesso ai danni del marito o
della moglie, della madre o del padre e anche di
fratelli e sorelle, purché però conviventi. Con questa
motivazione, la seconda sezione penale della Corte di
cassazione, con la sentenza n. 18273 di oggi (si legga
il testo integrale sul sito di Guida al diritto), ha
assolto perché "non punibile", ai sensi dell'articolo
649 del Cp, un signore di 54 anni della provincia di
Brescia che aveva provato ad estorcere all'anziana madre
30mila euro.
Senza violenza non scatta il reato
Secondo i giudici di Piazza Cavour, infatti, se non vi è
"violenza alle persone" si rientra nelle ipotesi di
esclusione della punibilità. Anche se, ricorda il
Supremo collegio, vi è stato un illustre pronunciamento
di segno opposto, in cui la Cassazione riconobbe, in un
caso simile, comunque sussistente una forma di violenza
sia pure di carattere "morale". "Tuttavia - prosegue la
Corte - considerato che tale pronuncia è rimasta
isolata", allora è "più convincente la decisione che
restringe l'esclusione delle cause di non punibilità
alla sola ipotesi di tentativo con violenza alla
persona". Evitando così estensioni analogiche in malam
partem. Infatti, il codice penale prevede come punibile
"esclusivamente la violenza fisica in senso tecnico e
specifico" che "non può essere confusa con la semplice
minaccia o violenza psichica". Non basta dunque
"l'annuncio, anche con gesti, di un male ingiusto futuro
con scopo intimidatorio diretto a restringere la libertà
psichica o a turbare la tranquillità altrui" ma è sempre
necessaria "l'energia fisica sopraffattrice verso una
persona o una cosa" per integrare il reato verso i
propri congiunti. |