di Cristina Mantelli
La nuova responsabilita' aggravata ha natura
sanzionatoria con carattere pubblicistico poiche',
punendo chi viola il principio costituzionale della
durata del giusto processo, mira a tutelare l'interesse
pubblico alla funzionalita' dell'apparato
giurisdizionale.
La nuova responsabilità aggravata ha natura
sanzionatoria con carattere pubblicistico poiché,
punendo chi viola il principio costituzionale della
durata del giusto processo, mira a tutelare l’interesse
pubblico alla funzionalità dell’apparato
giurisdizionale.
L’aspetto essenziale posto dal nuovo III comma
dell'articolo 96 del C.p.c. (introdotto dalla legge n.
69 del 2009) è stabilire se la condanna - che il giudice
può dichiarare anche d'ufficio in sede di pronuncia
delle spese- abbia natura «risarcitoria» o
«sanzionatoria».
Con la sentenza in rassegna il Tribunale di Rovigo –
sezione distaccata di Adria – ha ritenuto legittimo
attribuire a tale istituto, posto a custodia di un
interesse pubblicistico, natura sanzionatoria.
Ora, prescindendo totalmente dal danno subito dalla
parte, il Giudice ne ha voluto sottolineare la finalità:
punire il comportamento processuale della parte che
viola il principio costituzionale della durata del
giusto processo integrando così un abuso del processo,
una distorsione delle finalità riconosciute, inter alia,
dall’art. 24 della costituzione.
All’uopo si ricorda che nonostante l’acceso dibattuto
della dottrina e della giurisprudenza, la determinazione
della natura giuridica è imprescindibile, giacché
rilevante per individuare i criteri ai quali parametrare
la somma di danno da liquidare, atteso che la norma non
dà alcun tipo di riferimento.
Secondo G. Finocchiario (cfr. G.D. n. 49/10 pag 26-28)
questo dilemma pare impossibile da sciogliere in modo
definitivo e netto, atteso che il tenore testuale della
nuova disposizione, la sua collocazione topografica
nell'ambito dell'articolo dedicato alla «responsabilità
aggravata» nonché i tradizionali principi sistematici in
materia di responsabilità civile si elidono
vicendevolmente.
D’altro canto, facendo uno sforzo interpretativo
nell’applicazione della disposizione e limitandola a
quelle condotte che siano imputabili soggettivamente
alla parte, a titolo di dolo e colpa (anche non grave),
ovvero ad una condotta negligente che ha in qualche modo
determinato un allungamento dei termini del processo (ex
multis, in questo senso, Tribunale di Terni 17/5/10 e
Tribunale di Varese 27/5/10) si pone un freno e si evita
che il Giudice possa applicarla sempre, in ogni caso di
soccombenza.
Nel caso di specie - in cui si verteva nell’ambito di un
procedimento possessorio, ove introducendo irritualmente
un giudizio di merito infondato in fatto ed in diritto,
l’attore è stato condannato ex art. 96 III co. c.p.c. al
pagamento di una somma di €. 5.000,00 -, Il Tribunale ha
indicato anche i criteri per la determinazione della
somma da liquidare, ovvero:
a) l’intensità dell’elemento soggettivo;
b) la gravità della condotta di abuso del processo;
c) l’incidenza sulla durata. Summatim, al Giudicante
spetta il compito di non applicare la norma in modo
troppo esteso, onde non ledere le garanzie
costituzionali dell’accesso alla giustizia ma, al tempo
stesso, neppure ignorarla, continuando così ad
assecondare il malcostume di permettere pressoché
qualsiasi forma di difesa.
Anche l’avvocato, comunque, ha un ruolo fondamentale
nell’informare e guidare la parte assistita verso la
strategia difensiva più consona. Questa disposizione se
applicata debitamente potrà essere un valido strumento
per disincentivare l'accesso “abusivo” alla giustizia.
|