I beni condominiali - che, come i muri perimetrali, sono
obiettivamente destinati a dare utilità alle singole
unità immobiliari alle quali sono collegate
materialmente non occorrendo a tal fine l'attività dei
singoli condomini come invece nel caso di beni utili
soggettivamente - sono oggetto di compossesso che
consiste nel beneficio che il piano o porzione di piano
trae da tali utilità sicché l'eccezione feci sed iure
feci è opponibile solo quando l'attività del condomino
non sia in contrasto con l'esercizio attuale o
potenziale di analoga attività di altro condomino, non
limitandone i poteri corrispondenti ai diritti spettanti
sulle cose condominiali
Cassazione, sez. VI, 5 aprile 2011, n. 7748
(Pres. Settimj – Rel. Migliucci)
Rilevato in fatto
Avverso la decisione indicata in epigrafe ha proposto
ricorso per cassazione R. R..
Ha resistito l'intimato.
Nominato, ai sensi dell'art. 377 c.p.c., il consigliere
relatore ha depositato la relazione di cui all'art. 380
bis c.p.c. ritenendo che il ricorso fosse da accogliere
per manifesta fondatezza relativamente al primo motivo
nei limiti ivi indicati.
Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni
conformi a quelle di cui alla relazione.
L'intimato ha deposito memoria illustrativa.
Osserva
Vanno condivise e ribadite le argomentazioni e le
conclusioni di cui alla relazione ex art. 380 bis c.p.c.
che di seguito si riporta;
"1. R. R., proprietario di un'unità immobiliare
nell'edificio condominiale sito in piazza *Cairoli di
Pontassieve* chiedeva, ai sensi degli artt. 1170 c.c. e
703 c.p.c., al Pretore di Firenze che venisse ordinato a
R. P. la chiusura del varco del muro perimetrale del
condominio dal medesimo aperto per collegare la sua
proprietà esclusiva ubicata nel condominio con un vano
facente parte dell'edificio adiacente convenuto
resisteva sostenendo di avere avuto dall'originario
proprietario dell'intero fabbricato l'autorizzazione ad
effettuare l'apertura del varco.
Il Tribunale (subentrato al Pretore), pronunciando nel
merito, rigettava il ricorso con sentenza confermata in
sede di gravame.
Ha proposto ricorso per cassazione il R. sulla base di
due motivi.
Ha resistito l'Intimato.
2. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio
ai sensi degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., essendo
manifestamente fondato relativamente al primo motivo nei
limiti di quanto si dirà infra.
2.1. Il primo motivo si articola in due censure: la
prima lamenta la violazione del contraddittorio, non
essendo stato convenuto in giudizio il proprietario del
vano ubicato nell'edificio adiacente messo in
comunicazione con l'apertura praticata; la seconda
deduce che, secondo l'orientamento della Suprema Corte,
è illegittima l'apertura di un varco nel muro
perimetrale dell'edificio condominiale per mettere in
comunicazione l'unità di proprietà esclusiva ubicata nel
condominio con altra ad esso estranea.
2.2. La prima censura è infondata atteso che lo spoglio
e la turbativa costituiscono fatti illeciti e
determinano la responsabilità individuale dei singoli
autori degli stessi; ne segue che nei giudizi possessori
enunciatori, quando il fatto lesivo del possesso sia
riferibile a diversi soggetti, l'uno quale esecutore
materiale e l'altro quale autore morale (ed è tale anche
il soggetto che dell'atto lesivo si giovi), sussiste la
legittimazione passiva di entrambi, ma non ricorre
un'ipotesi di litisconsorzio necessario, potendo la
pretesa essere coltivata anche nei confronti di uno solo
dei responsabili (Cass. 11916/2000).
Invece è fondata la seconda doglianza, avendo i Giudici
di appello ritenuto legittima l'apertura del varco sul
rilievo che la stessa non aveva determinato un
indebolimento funzionale delle strutture condominiali,
né un apprezzabile aggravio nell'uso delle parti comuni
o un danno economico ai condomini e, in particolare, al
R..
Tali considerazioni sono erronee posto che, secondo il
consolidato orientamento della giurisprudenza di
legittimità, in tema di condominio è illegittima
l'apertura di un varco praticata nel muro perimetrale
dell'edificio condominiale dal comproprietario per
mettere in comunicazione un locale di sua proprietà
esclusiva ubicato nel medesimo fabbricato con altro
immobile pure di sua proprietà estraneo al condominio;
infatti, tale utilizzazione, comportando la cessione a
favore di soggetti estranei al condominio del godimento
di un bene comune, ne altera la destinazione, giacché in
tal modo viene imposto un peso sul muro perimetrale che
da luogo a una servitù, per la cui costituzione è
necessario il consenso scritto di tutti i partecipanti a
condominio (Cass. 3035/2009; 9036/2006; 360/1995;
2773/1992 ed altre).
Orbene, poiché nella specie è stato accertato che il
resistente aveva aperto un varco nel muro condominiale,
era dimostrata la lesione del possesso attuale (cioè al
momento della turbativa) invocato dall'attore (al
riguardo va rilevato che sono stati implicitamente
ritenuti sussistenti e mai contestati i requisiti di
ammissibilità previsti dall'art. 1170 c.c. che richiede
in colui che agisce l'esistenza di un possesso
oltreannale e che l'azione sia proposta entro l'anno
dalla turbativa), tenuto conto che nel caso di muri
dell'edificio condominiale l'esercizio del possesso
consiste nel beneficio che il piano o la porzione di
piano - e soltanto per traslato il proprietario -trae da
tali utilità (Cass. 16496/2005; 8119/2004): ogni altro
rilievo era, pertanto, del tutto fuori luogo.
La questione in ordine alla sussistenza del diritto al
collegamento tra i due edifici, che sarebbe stato
riconosciuto ab origine dall'originario proprietario
dell'intero fabbricato e che sarebbe stato trasfuso nei
singoli contratti di acquisto ed accettato dal
ricorrente, è del tutto ininfluente nella presente sede
che ha ad oggetto lo ius possessionis e non lo ius
possidendi, ovvero la tutela della situazione di fatto;
deve, infatti, ritenersi inammissibile l'eccezione del
convenuto nel giudizio possessorio che miri a fare
accertare il suo diritto sul bene medesimo, non potendo
la prova del possesso essere in sede di procedimento
possessorio desunta dal regime legale o convenzionale
del corrispondente diritto reale, occorrendo viceversa
dimostrare l'esercizio di fatto del vantato possesso
indipendentemente dal titolo (Cass. 1795/2007;
15322/2001 ;4088/2000; 1042/1998).
D'altra parte, stante la tipicità dei negozi traslativi
reali, l'oggetto del trasferimento non può essere
costituito dal mero potere di fatto sulla cosa
(6353/2010; 8502/2005).
Il secondo motivo è assorbito dalle considerazioni che
precedono".
Non possono condividersi i rilievi formulati dal
resistente con la memoria illustrativa, dovendo qui
soltanto chiarirsi che i beni condominiali - che, come i
muri perimetrali, sono obiettivamente destinati a dare
utilità alle singole unità immobiliari alle quali sono
collegate materialmente non occorrendo a tal fine
l'attività dei singoli condomini come invece nel caso di
beni utili soggettivamente - sono oggetto di compossesso
che consiste nel beneficio che il piano o porzione di
piano trae da tali utilità sicché l'eccezione feci sed
iure feci è opponibile solo quando l'attività del
condomino non sia in contrasto con l'esercizio attuale o
potenziale di analoga attività di altro condomino, non
limitandone i poteri corrispondenti ai diritti spettanti
sulle cose condominiali (Cass. 16496/2005). Se, dunque,
nella presente sede possessoria il convenuto non può
invocare -per sostenere la liceità della sua condotta -
il diritto ad eseguire le opere, occorre considerare che
nella specie la sentenza, nel disattendere
implicitamente l'eccezione di decadenza dell'azione di
manutenzione che va proposta entro l'anno dalla
turbativa, ha accertato che; - come denunciato
dall'attore con l'azione di manutenzione- il convenuto
aveva praticato il varco nel muro condominiale, in tal
modo riconoscendo l'esistenza di un compossesso attuale
del bene comune da parte del condomino R., che era stato
per l'appunto leso dalla condotta posta in essere dal
resistente in contrasto con tale esercizio.
Infine, va considerato che del tutto impropriamente è
stata richiamata dalla sentenza impugnata la decisione
n. 3035 del 2009 laddove tale decisione, nel confermare
il consolidato orientamento della giurisprudenza di
legittimità richiamato nella relazione, ha ribadito
l'illegittimità dell'apertura del muro comune per porre
in comunicazione il condominio con un'unità immobiliare
ad esso estranea, e ciò indipendentemente dalla verifica
in concreto di indebolimento o di un aggravio della
struttura condominiale, avendo piuttosto escluso - a
conferma di tale principio - che potesse essere
liquidato a favore del singolo condomino il danno in
assenza di prova dello specifico pregiudizio: in
sostanza l'(affermata) illiceità della condotta
prescindeva dalla sussistenza di un danno Pertanto, va
accolto il primo motivo del ricorso nei limiti di cui si
è detto in motivazione mentre è assorbito il secondo (a
stregua delle considerazioni formulate nella relazione);
la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto
con rinvio, anche per le spese della presente fase, ad
altra sezione della Corte di appello di Firenze.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso nei limiti di cui
si è detto in motivazione assorbito il secondo cassa la
sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e
rinvia, anche per le spese della presente fase, ad altra
sezione della Corte di appello di Firenze
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