1. È il principio della persistente unicità del debito
derivante da mutuo fondiario in più versamenti periodici
ad imporre la decorrenza di un unitario termine di
prescrizione decennale non già dalla data
dell'erogazione del mutuo, ma da quella della scadenza
del termine per l'adempimento: e, trattandosi di debito
rateizzato, allora da quello dell'ultima rata impagata,
siccome prima della scadenza il mutuante non potrebbe
pretendere il pagamento della rata e, quindi, non
avrebbe azione per costringere il debitore
all'adempimento;
2. L'estinzione ex art. 1957 c.c. si ricollega soltanto
ad un fatto positivo del creditore e non alla sua mera
inazione: il fatto del creditore, rilevante ai sensi
dell'art. 1955 c.c. ai fini della liberazione del
fideiussore, non può consistere nella mera inazione, ma
deve costituire violazione di un dovere giuridico
imposto dalla legge o nascente dal contratto e
integrante un fatto quanto meno colposo, o comunque
illecito, dal quale sia derivato un pregiudizio
giuridico, non solo economico, che deve concretizzarsi
nella perdita del diritto (di surrogazione ai sensi
dell'art. 1949 c.c., o di regresso ai sensi dell'art.
1950 c.c.), e non già nella mera maggiore difficoltà di
attuarlo per le diminuite capacità satisfattive del
patrimonio del debitore.
3. La decadenza del creditore dall'obbligazione
fideiussoria ai sensi dell'art. 1957 c.c. per effetto
della mancata tempestiva proposizione delle azioni
contro il debitore principale può formare oggetto di
rinuncia preventiva da parte del fideiussore,
trattandosi di pattuizione affidata alla disponibilità
delle parti e che non collide con alcun principio di
ordine pubblico, comportando soltanto l'assunzione, da
parte del fideiussore, del maggior rischio inerente al
mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore; la
clausola relativa a detta rinuncia non rientra, inoltre,
tra quelle particolarmente onerose per le quali l'art.
1341, secondo comma, c.c. esige, nel caso che siano
predisposte da uno dei contraenti, la specifica
approvazione per iscritto dell'altro contraente; e tanto
a prescindere dal fatto che comunque si tratta di
contratto concluso direttamente ed immediatamente dai
due contraenti, senza adozione di moduli o formulari o
applicazione di condizioni generali di contratto;
Cassazione, sez. III, 3 maggio 2011, n. 9695
(Pres. Trifone – Rel. De Stefano)
Svolgimento del processo
1.1. Nel processo esecutivo immobiliare n. 156/03 r.g.e.
del Tribunale di Ragusa (intentato contro B. Costruzioni
srl dalla Sicilcassa spa in l.c.a.) sia la B.
Costruzioni srl che B.G. in proprio, con ricorso dep. il
25.3.04, proposero opposizione:
a) per nullità della procedura per omessa notifica del
titolo costituito dal rogito di mutuo fondiario (essendo
poi stato invocato l'art. 41 d.lgs. 385/93 in luogo del
t.u. 646/1905);
b) per nullità del precetto - b.1 - in quanto notificato
alla B. Costruzioni spa, trasformatasi in srl fin dal
26.5.94 e - b.2 - per generica determinazione del
credito, indicato in "numerose semestralità" senza altra
specificazione;
c) per nullità del pignoramento, per essere numerosi
cespiti non di proprietà degli esecutati;
d) per intervenuta prescrizione (non interrotta per la
nullità sub b.1) anche per i fideiussori, decennale per
il capitale e semestrale per gli accessori;
e) per estinzione delle fideiussioni prestate da B.G.,
D.S.S., B.R. e Bu.Gr. ex art. 1951 c.c., neppure
ricorrendo deroga per eventuale rinuncia preventiva,
trattandosi di clausola ex art. 1341 c.c. e di termini
di prescrizione dettati nell'interesse del fideiussore;
f) per eccessività - di almeno Euro 125.000 - della
somma intimata (Euro 695.428,01 oltre accessori per il
precetto ed accessori ed interessi di mora dall'1.7.02
nei limiti del d.l. 394/00 c.m.l. 24/01 e della l.
108/96, calcolati sulle rate scadute e non solo sulla
quota capitale insoluta), come da C.T.P.;
g) per eccessività degli ulteriori interventi per: g.1.
applicazione di tasso di interesse superiore a quello
legale e commissioni ed altri costi con illegittimo
rinvio agli usi su piazza; g.2. illegittimità della
capitalizzazione trimestrale degli interessi; g.3.
valuta di accredito con illegittimo rinvio agli usi su
piazza; g.4. mancanza di pattuizioni specifiche
sull'apertura di credito per il periodo successivo al
31.7.02.
1.2. E dedussero, invocando le risultanze della loro
C.T.P. e previa eventuale C.T.U., l'insussistenza dei
crediti azionati ed anzi, in dipendenza dei calcoli
delle ragioni di dare ed avere senza le dedotte
illegittimità, la sussistenza di un credito della
società per Euro 772.597,23, oltre quelli derivanti
dalla rettifica delle valute, da ricostruirsi previa
produzione dei relativi documenti da parte del creditore
ai sensi dell'art. 210 c.p.c., pure dispiegando
riconvenzionale per conseguire condanna di controparte
al pagamento delle somme che fossero risultate dovute.
2.1. La Sicilcassa si costituì, analiticamente
ricostruendo l'antefatto e, con analitica replica ai
motivi di opposizione, sostenendo:
a) la non necessità della previa notifica del titolo
esecutivo in conformità alla disciplina del credito
fondiario e comunque la tardività della relativa
doglianza;
b) l'irrilevanza della trasformazione della debitrice da
spa in srl, in quanto immutati sede sociale, partita IVA
ed identità del legale rappresentante; e la specificità
del precetto, ovvero la tardività della relativa
doglianza;
c) la sussistenza di prova della titolarità dei cespiti
come risultante dai rogiti notarili prodotti;
d) la decorrenza della prescrizione dall'ultimo
pagamento di rata effettuato e cioè dal 30.6.93, a causa
dell'unicità dell'obbligazione di restituzione, nonché
l'inapplicabilità dell'art. 2948 n. 4 c.c. in materia di
mutuo;
e) l'insussistenza di qualsiasi omissione
pregiudizievole per il fideiussore e la sussistenza di
una pattizia deroga - ai sensi dell'art. 6 del contratto
- agli artt. 1939, 1945, 1955 e 1956 c.c., nonché di una
del pari pattizia rinuncia al beneficio di cui all'art.
1957 c.c.;
f) il carattere apodittico della doglianza sulla
capitalizzazione degli interessi, oltretutto applicabile
soltanto ai conti correnti e non anche ai mutui, nonché
la prevalenza - in ordine al tasso soglia
dell'interpretazione autentica ai sensi del d.l. 394/00
conv. con mod. in l. 24/01;
g) previa analitica disamina dei singoli rapporti di
conto corrente posti a base degli interventi, che erano
specifiche le indicazioni dei tassi, che era intervenuto
riconoscimento del debito, che erano stati prodotti gli
estratti conto certificati, che erano corrette le
postergazioni, che non poteva condividere la
giurisprudenza di legittimità sulla sussistenza di un
uso negoziale e non normativo in materia.
2.2. E, dedotto il carattere esplorativo e la
conseguente inammissibilità - della C.T.U. invocata
dalle controparti, chiese il rigetto dell'opposizione,
evidenziando oltretutto l'inammissibilità della domanda
riconvenzionale in ragione della dichiarata messa in
l.c.a. o la necessità di limitarla ai due conti
correnti.
3. Il Tribunale di Ragusa, con sentenza n. 164/06,
pubbl. il 30.3.06:
- ha qualificato inammissibili per tardività
evidentemente ai sensi dell'art. 617 c.p.c. - i motivi
di opposizione di cui sub a) e b.2);
- ha rigettato il motivo di opposizione - senza
qualificarlo - di cui sub b.1, perché la trasformazione
da spa in srl integrerebbe una vicenda meramente
evolutiva del medesimo soggetto;
- ha rigettato il motivo di opposizione - senza
qualificarlo - di cui sub c), qualificandolo
incomprensibile e comunque per difetto di interesse;
- ha rigettato i motivi di opposizione - senza
qualificarli - di cui sub d) ed e), asserendo sic et
simpliciter di aderire alle repliche dell'opposta;
- quanto al motivo sub f), ha qualificato nuova la
doglianza sul divieto di capitalizzazione (siccome
dispiegata nella memoria ai sensi dell'art. 183 c.p.c.
del 30.3.05) e comunque infondata per la necessità di
applicare il t.u. 646/1905;
- ha rigettato i motivi sub g.1) e g.2., asserendo sic
et simpliciter di aderire alle argomentazioni
dell'opposta;
- quanto al motivo sub g.2), asserendo di discostarsi
dall'interpretazione oramai corrente in sede di
legittimità sul carattere negoziale e non normativo
degli usi in materia di capitalizzazione e
determinazione delle condizioni di contratto, ha
criticato Cass. sez. un. 4 novembre 2004 n. 21095,
tacciandola tra l'altro di inaudito ritardo culturale e
incredibile nonchalance, perentoria e masochisticamente
incauta affermazione del prolungato avallo di una prassi
contra legem da parte dei giudici, derivata da
pregiudizio e così via; ha argomentato ancora sulla
possibilità di fondare l'istituto della capitalizzazione
sugli artt. 1825 e 1831 c.c., richiamando dottrina
specificamente indicata; ha ulteriormente argomentato
per l'inapplicabilità dell'art. 1283 c.c. al c/c
bancario o di corrispondenza, negando la
capitalizzazione;
- ha condannato gli opponenti alle spese.
4. Avverso tale sentenza propongono ricorso per
cassazione la B. Costruzioni srl e B.G. in proprio,
affidandolo a sette motivi; resiste con controricorso la
Sicilcassa spa in l.c.a. e si costituisce poi, con
"comparsa di costituzione in prosecuzione ex art. 111
c.p.c.", la Italfondiario spa, quale procuratrice
speciale di Tower Finance srl, cessionaria del credito;
illustrate dai ricorrenti e dall'interventrice con
memoria le rispettive posizioni, alla pubblica udienza
del 30.3.11 compare per la discussione orale il
difensore dei primi.
Motivi della decisione
5. La B. Costruzioni srl e B.G. in proprio chiedono la
cassazione della sentenza n. 164/06 del Tribunale di
Ragusa, pubbl. il 30.3.06, sviluppando sette motivi:
5.1. il primo dei quali - ai sensi dell'art. 360 comma 1
n. 3 e 4 in relazione agli artt. 1283 c.c. e 183 comma 5
c.p.c. - concludono con finale duplice quesito: decida
la Corte se il divieto di anatocismo, sancito dall'art.
1283 c.c., in mancanza di usi normativi contraria debba
ritenersi esteso, fatto riferimento ai rapporti di mutuo
bancario, ai soli mutui ordinari ovvero, in linea di
principio, a tutti i mutui, ancorché, segnatamente, di
tipo fondiario; o in subordine, per il caso di ritenuta
esclusione dei mutui fondiari dal novero di quelli per i
quali valga il rammentato divieto ex art. 1283 c.c.,
dica se la qualificazione giuridica di un mutuo quale
"non" fondiario, per ipotesi addotta da un attore in
opposizione ex art. 615 c.p.c. a fondamento del preteso
accertamento circa l'illecito calcolo di interessi
anatocistici, e fatta valere, dunque, fra le
"contestazioni" di merito sul "diritto a procedere ad
esecuzione forzata" per asserita violazione del divieto
di cui all'art. 1283 (lamentata dall'opponente nell'atto
di domanda), introduca o meno un thema difensivo
integrante una mutatio libelli e sia dunque come tale
inammissibile in seno alla memoria depositata a mente
dell'art. 183, comma V, c.p.c. (nella formulazione di
cui alla L. 353/90);
5.2. il secondo dei quali - ai sensi dell'art. 360 comma
1 n. 4 (o in subordine n. 3) in relazione agli artt. 132
co. 2 n. 4 c.p.c., 118 co. 1 e 2 disp. Att. c.p.c., 111
comma 6 Cost. - concludono con il finale quesito: decida
la Corte se sia nulla o meno, in relazione al violato
obbligo di motivazione, costituzionalmente sancito
(all'art. 111, comma 6) e disposto, altresì dagli artt.
132, 2 comma, n. 4) c.p.c. e 118, commi 1 e 2 disp. Att.
c.p.c., la sentenza motivata "per relationem” mediante
il generico richiamo alla “motivata replica” di parte
convenuta, senza che il giudice esponga in alcun modo le
ragioni sottese alla pronuncia quali frutto di un
autonomo e critico processo decisionale che dia conto
delle posizioni difensive di entrambe le parti e delle
ragioni di diritto officiosamente valutabili dallo
stesso organo giudicante; o, in subordine e per
l'ipotesi in cui la risposta al precedente quesito sia
nel senso della validità della sentenza motivata nella
descritta (e censurata) maniera: decida la Corte se gli
artt. 2946 e 2948 n. 4 c.c. (non) impongano di ritenere
prescritto il credito concernente -rispettivamente - la
quota di capitale mutuata rimasta insoluta ed i
corrispondenti interessi, sia moratori che legali e/o
convenzionali, fatto riferimento ad un mutuo concluso
oltre dieci anni prima il primo atto interruttivo della
prescrizione, per ipotesi ravvisato nell’atto di
notificazione del precetto intimante l'esecuzione
forzata dei detti crediti.
5.3. il terzo dei quali - ai sensi dell'art. 360 comma 1
n. 4 in relazione agli artt. 132 comma 2 n. 4 c.p.c.,
118 comma 1 e 2 disp. att. c.p.c., 111 comma 6 Cost.,
ovvero, in subordine, ex art. 360 comma 1 n. 3 in
relazione agli artt. 2946, 2948 co. 4 e 1957 c.c., per
ritenuta infondatezza dell'eccezione di estinzione del
credito fideiussorio azionato in executivis e derivante
dalla fideiussione prestata, fra gli altri, da B.G. -
concludono con il seguente finale quesito: decida la
Corte se sia nulla o meno, in relazione al violato
obbligo di motivazione, costituzionalmente sancito
(all'art. 111, comma 6) e disposto, altresì dagli artt.
132, 2 comma, n. 4) c.p.c. e 118, commi 1 e 2 disp. Att.
c.p.c., la sentenza motivata "per relationem" mediante
il generico richiamo alla “motivata replica” di parte
convenuta, senza che il giudice esponga in alcun modo le
ragioni sottese alla pronuncia quali frutto di un
autonomo e critico processo decisionale che dia conto
delle posizioni difensive di entrambe le parti e delle
ragioni di diritto officiosamente valutabili dallo
stesso organo giudicante; o, in subordine e per
l'ipotesi in cui la risposta al precedente quesito sia
nel senso della validità della sentenza motivata nella
descritta (e censurata) maniera: decida la Corte se gli
artt. 2946 e 2948 n. 4 e l'art. 1957 c.c. (non)
impongano - rispettivamente - di tenere estinta la
fideiussione prestata accessoriamente ad un credito in
ipotesi prescrittosi e con riferimento al quale il
creditore abbia comunque omesso di effettuare istanza di
adempimento al debitore entro il termine di sei mesi
dalla scadenza dell'obbligazione principale;
5.4. il quarto dei quali - ai sensi dell'art. 360 comma
1 n. 4 in relazione agli artt. 132 comma 2 n. 4 c.p.c.,
118 comma 1 e 2 disp. Att. c.p.c., 111 comma 6 Cost.; in
subordine, ex art. 360 comma 1 n. 3 in relazione agli
artt. 1284, 1346 e 1418, comma 2, c.c., per ritenuta
legittimità delle clausole di rinvio agli usi di piazza
in relazione ai tassi debitori di interesse superiori a
quello legale e di vari costi e commissioni, nonché
della registrazione delle operazioni di accredito con
valute postergate - riferiscono agli azionati crediti
non fondiari e concludono con il finale quesito: decida
la Corte se sia nulla o meno, in relazione al violato
obbligo di motivazione, costituzionalmente sancito
(all'art. 111, comma 6) e disposto, altresì dagli artt.
132, 2 comma, n. 4) c.p.c. e 118, commi 1 e 2 disp. Att.
c.p.c., la sentenza motivata "per relationem" mediante
il generico richiamo alle “argomentate difese” di parte
convenuta, senza che il giudice esponga in alcun modo le
ragioni sottese alla pronuncia quali frutto di un
autonomo e critico processo decisionale che dia conto
delle posizioni difensive di entrambe le parti e delle
ragioni di diritto officiosamente valutabili dallo
stesso organo giudicante; o, in subordine e per
l’ipotesi in cui la risposta al precedente quesito sia
nel senso della validità della sentenza motivata nella
descritta (e censurata) maniera: decida la Corte se il
generico rinvio contenuto in accordi di conto corrente
bancario agli "usi di piazza" al fine dell'applicazione
tra le parti negoziali di tassi superiori a quello
legale, della pratica di postergazione della valuta
negli accrediti, e della determinazione di vari costi di
commissione contrasti o meno con il principio di
sufficiente determinatezza degli accorti contrattuali
inderogabilmente sancito - a pena di nullità - agli
artt. 1346 e 1418 comma 2 c.c. e se nell'ipotesi di
ravvisata nullità della clausola di rinvio agli usi di
piazza inerente segnatamente al tasso debitorio di
interessi non debba farsi sostitutivamente riferimento,
in funzione di integrazione in parte qua del contenuto
negoziale, al saggio legale degli interessi, a mente
dell'art. 1284 c.c.;
5.5. il quinto dei quali - ai sensi dell'art. 360 co. 1
n. 3 c.p.c. in relazione al gli artt. 1283 e 1418 c.c.
per ritenuta legittimità della pratica di
capitalizzazione trimestrale degli interessi dei conti
correnti bancari e quindi riferito anch'esso agli
azionati crediti non fondiari - concludono con il
quesito: dica il Supremo Collegio adito se la prassi
della capitalizzazione trimestrale degli interessi
passivi inerenti ai rapporti di conto corrente bancario
integri un "uso contrario" idoneo - a mente dell'art.
1283 c.c. - a derogare al divieto di anatocismo previsto
in generale dalla medesima disposizione, ovvero se essa
(prassi), rispondendo ad un uso meramente negoziale (e
non "normativo"), non debba ritenersi precettivamente
estranea alla riferita fattispecie derogatoria, (in tal
caso) con l'ulteriore effetto che le clausole negoziali
sancenti la capitalizzazione periodica degli interessi
passivi hanno da ritenersi nulle, a mente dell'art.
1418, comma 1, c.c.;
5.6. il sesto dei quali - ai sensi dell'art. 360 comma 1
n. 4 c.p.c. in relazione all'art. 112 c.p.c., per omessa
pronuncia, sull'illegittimità del tasso di mora
applicato al mutuo per eccedenza di esso rispetto ai
"tassi soglia" stabiliti dal Ministero del Tesoro ai
sensi della legge antiusura n. 108/96 - concludono con
il finale quesito: dica la Corte se integri o meno un
vizio di omissione di pronuncia, in violazione al canone
di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, di
cui all'art. 112 c.p.c., la sentenza che non abbia reso
alcuna decisione in merito alla questione di
illegittimità del tasso di mora relativo
all'obbligazione di pagamento di un mutuo - per asserita
eccedenza rispetto ai tassi soglia stabiliti dal
Ministero del Tesoro ai sensi della legge antiusura n.
108/96 avanzata in seno ad un ricorso in opposizione ex
art. 615 c.p.c. a censura delle corrispondenti pretese
creditorie esecutivamente azionate dal creditore
opposto;
5.7. il settimo dei quali - ai sensi dell'art. 360 comma
1 n. 4 c.p.c. in relazione all'art. 112 c.p.c., per
omessa pronuncia sul motivo di opposizione concernente
la mancata prova da parte opposta dei crediti fatti
valere esecutivamente con l'intervento del 18.2.04, cioè
quelli diversi dal fondiario - concludono con il finale
quesito: dica la Corte se integri o meno un vizio di
omissione di pronuncia, in violazione al canone di
corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, di cui
all'art. 112 c.p.c., la sentenza che non abbia reso
alcuna decisione in merito alla questione di
inottemperanza nel giudizio di opposizione all'onere
della prova ~ gravante, secondo la tesi di parte
opponente, in capo al creditore opposto - circa i
contestati crediti fatti valere esecutivamente, allorché
gli stessi, scaturenti da contratti di conto corrente
bancario, fossero stati documentati dalla Banca a mezzo
della produzione in giudizio del solo estratto conto
finale e tenuto conto che sulla riferita questione si
fondava la contestazione dell'opponente ex art. 615
c.p.c. circa il "diritto" della Banca a "procedere" per
quei crediti "ad esecuzione forzata".
6. I ricorrenti imputano alle censurate irritualità ed
illegittimità della gravata sentenza l'implicito rigetto
delle domande di restituzione ed accessorie
(cancellazione del pignoramento, estinzione del
procedimento esecutivo immobiliare, condanna alle spese
del giudizio, risarcimento dei danni connessi alla
disposta vendita del compendio pignorato); e chiedono la
cassazione della gravata sentenza con ogni
consequenziale provvedimento, anche in ordine alle
spese.
7. Dal canto suo, la Sicilcassa nel controricorso:
7.1. eccepisce, in via preliminare, l'inammissibilità -
ora che sia le opposizioni all'esecuzione che quelle
agli atti esecutivi sono tutte soltanto ricorribili ai
sensi dell'art. 111 Cost. - del ricorso, perché il
difetto di motivazione deve riguardare i fatti, ma non
le questioni di diritto (richiamando Cass. 3183/99 e
Cass. 11853/97);
7.2. ribatte che l'errore di carenza di motivazione è
ammissibile solo quando ha efficacia causale negativa
sul tenore finale della pronuncia;
7.3. comunque, considerando i singoli motivi, replica:
7.3.1. quanto al primo, che l'anatocismo è ammesso
espressamente in materia di credito fondiario;
7.3.2. quanto al secondo, che, benché con motivazione
molto stringata, è corretto il. rigetto del motivo di
opposizione, decorrendo solo dall'inadempimento la
prescrizione sul capitale e non applicandosi la
prescrizione quinquennale agli interessi sulle rate di
un debito unitario, soprattutto fondiario;
7.3.3. quanto al terzo, che non sussiste un fatto del
creditore e che non basta la mera inazione, mentre vi è
espressa rinuncia dei fideiussori, contenuta in atto cui
non si applica la disciplina delle clausole vessatorie,
al beneficio dell'art. 1957 c.c.;
7.3.4. quanto al quarto, che sono comunque pienamente
determinati i tassi e le condizioni contrattuali dei
conti nn. 2447.90/20 (già 216.53/20) e 23.84/30 e
comunque le postergazioni delle valute degli accrediti,
oltretutto a seguito di espressa accettazione per
iscritto della debitrice società;
7.3.5. quanto al quinto, che vanno condivise le critiche
della gravata sentenza alla giurisprudenza di
legittimità in tema di illegittimità della
capitalizzazione trimestrale degli interessi;
7.3.6. quanto al sesto, che i motivi del rigetto si
ricavano sia pure per implicito dalla gravata sentenza,
comunque evidenziandosi l'irretroattività
dell'applicazione della L. 108/96, visto che, nel caso
in esame, le pattuizioni sui tassi erano tutte anteriori
alla data di entrata in vigore di quest'ultima;
7.3.7. quanto al settimo, che la prova dell'entità dei
singoli crediti ed anche di quelli azionati in via di
intervento si ricava dal riconoscimento di debito e
dagli estratti conto via via inviati alla debitrice
società, come pure di quelli certificati anche ex art.
50 d.lgs. 1.9.93 n. 385;
7.4. che comunque sono infondate le doglianze di
controparte in ordine al regime delle spese.
8. In via preliminare va osservato che:
8.1. la costituzione della cessionaria del credito è
inammissibile, non essendo consentito nel processo di
cassazione alcun intervento e non comportando la
cessione del credito un fenomeno successorio a titolo
universale: infatti, il successore a titolo particolare
nel diritto controverso - pur essendo legittimato ad
impugnare anche in difetto di costituzione nei pregressi
gradi di giudizio (per tutte Cass. 17 marzo 2009 n.
6444) - non può intervenire nel giudizio di legittimità,
mancando una espressa previsione normativa riguardante
la disciplina di quell'autonoma fase processuale, che
consenta al terzo la partecipazione al giudizio con
facoltà di esplicare difese, assumendo una veste atipica
rispetto alle parti necessarie, che hanno partecipato al
giudizio di merito (Cass. 11 maggio 2010,n. 11375);
8.2, con la riforma dell'art. 360 c.p.c. (di cui
all'art. 2 d.lgs. 2.2.06 n. 40, con effetto dal 2.3.06
per i ricorsi per cassazione proposti contro sentenze
pubblicate a far tempo da tale data, ai sensi dell'art.
27 comma 2 d.lgs. cit.) è possibile anche in caso di
ricorso straordinario ex art. Ili Cost. invocare tutti i
motivi previsti per il ricorso ordinario e quindi anche
quello previsto dal n. 5, con superamento ope legis
dell'opposto e consolidato indirizzo interpretativo di
questa Corte anteriore alla riforma.
9. Ciò posto, vanno esaminati partitamente i motivi di
ricorso.
9.1. Il primo di questi, articolato su due questioni, è
infondato:
9.1.1. a prescindere dalla qualificazione o meno della
tardività della relativa controeccezione in relazione al
disposto dell'art. 183 c.p.c. (nel testo risultante
dalla l. 353/90), la gravata sentenza espressamente la
rigetta nel merito, come si ricava dal suo tenore
testuale: ed effettivamente va riconosciuto che la
capitalizzazione nel mutuo fondiario è in modo espresso
prevista dalla normativa del t.u. 16.7.1905 n. 646,
applicabile ratione temporis in virtù dell'art. 161
d.lgs. 1 settembre 1993 n. 385, che ha fatto salva
l'applicabilità della disciplina previgente ai contratti
di credito fondiario conclusi alla data di entrata in
vigore della norma abrogatrice; al riguardo, gli artt.
38 r.d. 16.7.1905 n. 646 e 14 d.P.R. 7/76 prevedono
espressamente la capitalizzazione degli interessi dovuti
dal giorno della scadenza, in deroga alle previsioni
dell'art. 1283 c.c.;
9.1.2. la soluzione è del resto conforme alla
giurisprudenza di questa Corte, a mente della quale in
tema di credito fondiario il mancato pagamento di una
rata di mutuo comporta, ai sensi dell'art. 38 del r.d.l.
16 luglio 1905 n. 646, l'obbligo di corrispondere gli
interessi di mora sull'intera rata, inclusa la parte che
rappresenta gli interessi di ammortamento (Cass. 31
gennaio 2006(n. 2140; ed essendo esclusi soltanto gli
interessi sulle rate ancora a scadere: Cass. S.U. 19
maggio 2008 n. 12639);
9.1.3. pertanto, per la riconosciuta infondatezza nel
merito della questione, il motivo va rigettato.
9.2. Quanto al secondo motivo di ricorso (di cui al
punto 5.2.) anch'esso articolato su due questioni, esso,
per quanto fondato, non può condurre alla cassazione
della gravata sentenza:
9.2.1. in primo luogo, la formulazione del quesito anche
in termini subordinati in ordine al merito della
questione non esaminata per omessa pronuncia consente di
considerare unitariamente formulata la doglianza ed
evidente l'interesse a ricorrere anche per l'evenienza
della fondatezza o meno di una tale omissione;
9.2.2. ciò posto, è effettivamente vero che del tutto
carente è la motivazione, la quale si limita ad aderire
acriticamente alla tesi di una delle due parti e perfino
ad essa riportandosi quasi per relationem, senza tenere
conto delle contestazioni specifiche della controparte;
ed è noto che l'inosservanza dell'obbligo della
motivazione su questioni di fatto integra "violazione di
legge", e come tale è denunciabile con il ricorso per
cassazione, quando si traduca in mancanza della
motivazione stessa (con conseguente nullità della
pronuncia per difetto di un requisito di forma
indispensabile), la quale si verifica nei casi di
radicale carenza di essa, ovvero del suo estrinsecarsi
in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio
decidendi, caso che integra la cosiddetta motivazione
apparente (Cass. 24 novembre 2006 n. 24985, Cass. 3
novembre 2008 n. 26426, Cass. 16 luglio 2009 n. 16581);
9.2.3. tuttavia, deve ritenersi che, alla luce dei
principi di economia processuale e della ragionevole
durata del processo come costituzionalizzato nell'art.
111, comma 2, Cost., nonché di una lettura
costituzionalmente orientata dell'attuale art. 384
c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata
l'omessa pronuncia su di un motivo di impugnazione, la
Corte di legittimità può omettere la cassazione con
rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel
merito allorquando la questione di diritto posta con il
suddetto motivo risulti infondata, di modo che la
pronuncia da rendere venga a confermare il dispositivo
della sentenza gravata e, sostanzialmente,
determinandosi l'inutilità di un ritorno della causa in
fase di merito, sempre che si tratti di questione che
non richiede ulteriori accertamenti di fatto (Cass. 1
febbraio 2010 n. 2313);
9.2.4. al riguardo, è proprio il principio della
persistente unicità del debito derivante da mutuo
fondiario in più versamenti periodici, richiamato dai
ricorrenti, ad imporre la decorrenza di un unitario
termine di prescrizione decennale non già dalla data
dell'erogazione del mutuo, ma da quella della scadenza
del termine per l'adempimento (da ultimo, v. Cass. 19
giugno 2009 ; n. 14345): e, trattandosi di debito
rateizzato, allora da quello dell'ultima rata impagata,
siccome prima della scadenza il mutuante non potrebbe
pretendere il pagamento della rata e, quindi, non
avrebbe azione per costringere il debitore
all'adempimento;
9.2.5. di conseguenza, il motivo che invece vorrebbe
ancorare il dies a quo della prescrizione alla stipula
del mutuo è infondato;
9.2.6. quanto agli interessi, l'unitarietà della
prestazione impedisce anche in tal caso l'applicabilità
dell'art. 2948 n. 4 c.c. (Cass. 3 febbraio 1994, n.
1110): infatti, criterio informatore dell'art. 2948 nn.
1-4 c.c. è quello di liberare il debitore dalle
prestazioni scadute, non richieste tempestivamente dal
creditore, quando le prestazioni siano periodiche, in
relazione ad una causa debendi continuativa; perciò,
dalla previsione della citata norma resta esclusa
l'ipotesi di debito unico, rateizzato in più versamenti
periodici: e quando nei versamenti rateizzati siano
inclusi gli interessi sulla somma dovuta, anche il
debito di interessi si sottrae alla applicazione della
prescrizione quinquennale, giacché identica è la causa
debendi sia della prestazione principale che di quella
degli interessi (Cass. 15 luglio 1965,n. 1546);
9.2.7. pertanto, benché cosi correggendosi la
motivazione della sentenza impugnata, il motivo di
ricorso va disatteso.
9.3. Il terzo motivo di ricorso (di cui sopra sub 5.3.),
anch'esso articolato su due questioni, neppure può
condurre alla cassazione della gravata sentenza:
9.3.1. è effettivamente vero che del tutto carente è la
motivazione che si limita ad aderire acriticamente alla
tesi di una delle due parti, anzi ad essa riportandosi
per relationem, senza tenere conto delle contestazioni
specifiche della controparte;
9.3.2. tuttavia, secondo quanto già affermato sopra al
punto 9.2.3., una volta verificata l'omessa pronuncia su
un motivo di impugnazione, la Corte di legittimità può
omettere la cassazione con rinvio della sentenza
impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la
questione di diritto posta con il suddetto motivo
risulti infondata, di modo che la pronuncia da rendere
venga a confermare il dispositivo della sentenza gravata
e, sostanzialmente, determinandosi l'inutilità di un
ritorno della causa in fase di merito (Cass. 1 febbraio
2010, n. 2313);
9.3.3. al riguardo, essendo stata esclusa l'estinzione
del diritto di credito principale per prescrizione,
risulta di conseguenza esclusa anche l'estinzione
dell'obbligazione di garanzia;
9.3.4. ancora, l'estinzione ex art. 1957 c.c. si
ricollega soltanto ad un fatto positivo del creditore e
non alla sua mera inazione: il fatto del creditore,
rilevante ai sensi dell'art. 1955 c.c. ai fini della
liberazione del fideiussore, non può consistere nella
mera inazione, ma deve costituire violazione di un
dovere giuridico imposto dalla legge o nascente dal
contratto e integrante un fatto quanto meno colposo, o
comunque illecito, dal quale sia derivato un pregiudizio
giuridico, non solo economico, che deve concretizzarsi
nella perdita del diritto (di surrogazione ai sensi
dell'art. 1949 c.c., o di regresso ai sensi dell'art.
1950 c.c.), e non già nella mera maggiore difficoltà di
attuarlo per le diminuite capacità satisfattive del
patrimonio del debitore (da ultimo, v. Cass. 5 dicembre
2008 n. 28838);
9.3.5. inoltre, la decadenza del creditore
dall'obbligazione fideiussoria ai sensi dell'art. 1957
c.c. per effetto della mancata tempestiva proposizione
delle azioni contro il debitore principale può formare
oggetto di rinuncia preventiva da parte del fideiussore,
trattandosi di pattuizione affidata alla disponibilità
delle parti e che non collide con alcun principio di
ordine pubblico, comportando soltanto l'assunzione, da
parte del fideiussore, del maggior rischio inerente al
mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore; la
clausola relativa a detta rinuncia non rientra, inoltre,
tra quelle particolarmente onerose per le quali l'art.
1341, secondo comma, c.c. esige, nel caso che siano
predisposte da uno dei contraenti, la specifica
approvazione per iscritto dell'altro contraente (da
ultimo, v. Cass. 18 aprile 2007, n. 9245); e tanto a
prescindere dal fatto che comunque si tratta di
contratto concluso direttamente ed immediatamente dai
due contraenti, senza adozione di moduli o formulari o
applicazione di condizioni generali di contratto;
9.3.6. pertanto, benché così correggendosi la
motivazione della sentenza impugnata, il motivo di
ricorso va disatteso, essendo nel merito infondata la
doglianza dispiegata in sede di opposizione davanti al
giudice dell'opposizione ex artt. 615 ss. c.p.c..
9.4. È, invece fondato il quarto motivo di ricorso (di
cui al punto 5.4):
9.4.1. è vero che del tutto carente è la motivazione che
si limita ad aderire acriticamente alla tesi di una
delle due parti, senza tenere conto delle contestazioni
specifiche della controparte e perfino alle prime
riportandosi per relationem;
9.4.2. non può in questo caso procedersi a riscontrare
l'eventuale inesattezza in diritto delle tesi comunque
non considerate dal giudice di merito, attesa la
necessità di una compiuta disamina degli atti posti a
base dei singoli conti correnti e di una valutazione dei
medesimi, anche perché la controricorrente adduce
espressamente difese esclusivamente in ordine a due
rapporti bancari sui numerosi altri fatti oggetto
dell'intervento e della successiva opposizione;
9.4.3. sul punto, la sentenza impugnata deve essere
pertanto cassata con rinvio, essendo impossibile per
questa Corte la decisione nel merito;
9.4.4. per l'incidenza della questione sulle decisioni
del giudice di rinvio, è appena il caso di rilevare come
anche in questo caso può valere la conclusione, che si
andrà a ribadire quanto al quinto motivo in ordine alla
capitalizzazione trimestrale degli interessi, della non
configurabilità di alcun uso normativo in quelli su
piazza o similari quale fondamento della pretesa di
tassi in misura ultralegale o comunque
dell'illegittimità di pattuizioni sui tassi che non
siano rese per iscritto e con sufficiente
determinatezza;
9.4.5. al riguardo (Cass. 18 aprile 2001 n. 5675; Cass.
2 ottobre 2003 n. 14684, Cass. 22 marzo 2005 n. 6187;
Cass. 19 maggio 2010, n. 12276), affinché una
convenzione relativa agli interessi sia validamente
stipulata ai sensi dell'art. 1284, comma 3, c.c., deve
avere forma scritta ed un contenuto assolutamente
univoco in ordine alla puntuale specificazione del tasso
di interesse; tale condizione, nel regime anteriore
all'entrata in vigore della legge n. 154 del 1992, può
ritenersi soddisfatta anche per relationem, attraverso
il richiamo a criteri prestabiliti ed elementi
estrinseci, purché obbiettivamente individuabili,
funzionali alla concreta determinazione del saggio di
interesse; ma la condizione stessa postula, nel caso di
rinvio alle condizioni usualmente praticate dalle
aziende di credito sulla piazza, l'esistenza di
discipline vincolanti fissate su scala nazionale con
accordi di cartello, restando altrimenti impossibile -
come nel caso in esame - stabilire a quale previsione le
parti abbiano inteso riferirsi in presenza di diverse
tipologie di interessi;
9.4.6. ad analoga conclusione deve giungersi, per la non
configurabilità di un uso normativo (secondo quanto si
dirà anche circa il quinto motivo di ricorso) o comunque
per l'indeterminatezza dell'oggetto che altrimenti ne
deriverebbe, in ordine alle commissioni od alle
regolamentazioni di valuta di accredito;
9.4.7. di conseguenza, il giudice di rinvio si atterrà
al seguente principio di diritto nella disamina delle
doglianze degli opponenti in ordine a ciascuno dei
numerosi conti correnti - o assimilati - fatti valere
dalla loro controparte in sede di intervento (e non in
via principale) nella procedura esecutiva per cui è
causa: non sono legittimi i tassi di interesse, le
previsioni di costi o commissioni e la disciplina della
postergazione delle valute di accredito che non siano
previsti espressamente e per iscritto dalle parti con
analitica determinatezza e senza rinvio a clausole "su
piazza" o equivalenti;
9.4.8. ove sia riscontrata la pattuizione specifica e
per iscritto su di uno o più di tali punti controversi,
il giudice di rinvio applicherà le pattuizioni
contrattuali; altrimenti applicherà anche solo in parte
la disciplina ricavabile dal codice civile o dalla
normativa anche speciale in materia via via vigente, o,
in ulteriore subordine, non riconoscerà dovuti i
compensi a tali titoli richiesti o per la parte in cui
non sussiste alcuna delle giustificazioni appena
indicate.
9.5. Anche il quinto motivo di ricorso (di cui sopra al
punto 5.5.), relativo all'operata capitalizzazione
trimestrale degli interessi ai rapporti di conto
corrente bancario, è fondato:
9.5.1. la giurisprudenza di questa Corte è ormai
consolidata nel senso di ritenere che in tema di
capitalizzazione trimestrale degli interessi sui saldi
di conto corrente bancario passivi per il cliente, a
seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 425
del 2000, che ha dichiarato costituzionalmente
illegittimo, per violazione dell'art. 76, Cost., l'art.
25, comma terzo, d.lgs. n. 342 del 1999, il quale aveva
fatto salva la validità e l'efficacia - fino all'entrata
in vigore della delibera CICR di cui al comma secondo
del medesimo art. 25 delle clausole anatocistiche
stipulate in precedenza, siffatte clausole, secondo i
principi che regolano la successione delle leggi nel
tempo, sono disciplinate dalla normativa anteriormente
in vigore e, quindi, sono da considerare nulle in quanto
stipulate in violazione dell'art. 1283 c.c., perché
basate su un uso negoziale, anziché su un uso normativo;
manca infatti di quest'ultimo nel caso in esame il
necessario requisito soggettivo, consistente nella
consapevolezza di prestare osservanza, operando in un
certo modo, ad una norma giuridica, per la convinzione
che il comportamento tenuto è giuridicamente
obbligatorio, in quanto conforme ad una norma che già
esiste o che si reputa debba fare parte dell'ordinamento
giuridico (opinio juris ac necessitatisi; invero, va
escluso che; detto requisito soggettivo sia venuto meno
soltanto a seguito delle decisioni della Corte di
cassazione che, a partire dal 1999, modificando il
precedente orientamento giurisprudenziale, hanno
ritenuto la nullità delle clausole in esame, perché non
fondate su di un uso normativo, dato che la funzione
della giurisprudenza è meramente ricognitiva
dell'esistenza e del contenuto della regola, non già
creativa della stessa, e, conseguentemente, in presenza
di una ricognizione, anche reiterata nel tempo,
rivelatasi poi inesatta nel ritenerne l'esistenza, la
ricognizione correttiva ha efficacia retroattiva,
poiché, diversamente, si determinerebbe la
consolidazione medio tempore di una regola che avrebbe
la sua fonte esclusiva nelle sentenze che, erroneamente
presupponendola, l'avrebbero creata (Cass. sez. un. 4
novembre 2004(n. 21095); e tanto con argomenti che si
sono fatti carico anche delle critiche della dottrina e
di una parte della giurisprudenza di merito, ai quali
per brevità può in questa sede operarsi un mero rinvio
(Cass. 29 ottobre 2005;n. 21101; Cass. 19 marzo 2007, n.
6514; Cass. 5 luglio 2007, n. 15218; Cass. sez. un. 2
dicembre 2010, n. 24418);
9.5.2. esula dal tema devoluto a questa Corte
l'ulteriore questione della spettanza comunque e quanto
meno, sempre ed in ogni caso per il periodo anteriore
alla delibera del CICR richiamata dall'art. 25 d.lgs.
342/99, di una capitalizzazione con frequenza annuale,
ovvero della carenza del diritto del creditore a
qualsivoglia capitalizzazione: questione peraltro
risolta da Cass. sez. un. 2 dicembre 2010 n. 24418,
della quale il giudice di rinvio terrà conto nei limiti
propri del giudizio che si andrà a svolgere dinanzi a
lui;
9.5.3. pertanto, occorre cassare anche sul punto la
gravata sentenza, con formulazione del seguente
principio di diritto per il giudice di rinvio: è
illegittima la capitalizzazione trimestrale degli
interessi sui saldi di conto corrente bancario passivi
per il cliente, se prevista da clausole anatocistiche
stipulate prima del d.lgs. 342/99 e della delibera del
CICR prevista dall'art. 25 comma 2 di tale decreto, in
quanto siffatte clausole, secondo i principi che
regolano la successione delle leggi nel tempo, sono
disciplinate dalla normativa anteriormente in vigore e,
quindi, sono da considerare mille in quanto stipulate in
violazione dell'art. 1283 c.c., perché basate su di un
uso negoziale, anziché sudi un uso normativo, mancando
di quest'ultimo il necessario requisito soggettivo,
consistente nella consapevolezza di prestare osservanza,
operando in un certo modo, ad una norma giuridica, per
la convinzione che il comportamento tenuto è
giuridicamente obbligatorio,- in quanto conforme ad una
norma che già esiste o che si reputa debba fare parte
dell'ordinamento giuridico.
9.6. È invece inammissibile il sesto motivo di ricorso,
di cui sopra al punto 5.6.:
9.6.1. è pur vero che nella gravata sentenza non risulta
neppure affrontata la questione, agitata fin dalla
proposizione dell'opposizione (è richiamato il contenuto
a pag. 6 del ricorso in opposizione), del carattere
usurario dei tassi di mora applicati al mutuo;
9.6.2. e tuttavia non sono sviluppati argomenti a
sostegno specifico della non spettanza di ben
determinati importi e per periodi analiticamente
individuati: non bastando, in virtù del principio
dell'autosufficienza del ricorso per cassazione (su cui,
in generale, v., tra le ultime, Cass. 30 aprile 2010
10605 e Cass. ord. 23 marzo 2010 n. 6937), il mero
richiamo ad altri atti del processo e segnatamente alla
C.T.P.;
9.6.3. risulta quindi impossibile per questa Corte
verificare se e come la doglianza che si asserisce non
esaminata sia stata, fin dal momento della proposizione
della questione, formulata - ed oltretutto mantenuta
fino al momento della precisazione delle conclusioni,
come esige con rigore Cass. 3 marzo 2010 n. 5087 -
dinanzi al giudice di merito (nel caso di specie, in
unico grado): potendo in astratto comunque prospettarsi
diverse possibilità alternative con riferimento anche al
caso di specie (illegittimità soltanto sopravvenuta,
anziché originaria; riduzione entro i limiti del tasso
legale oppure entro diversi tassi massimi ovvero entro
il tasso soglia, in alternativa alla non debenza in
assoluto di alcun interesse; applicabilità ai tassi di
mora a far tempo da una certa data piuttosto che da
un'altra; individuazione delle somme da qualificare come
interessi di mora; e così via).
9.7. Quanto al settimo motivo di ricorso (di cui sopra
al punto 5.7.), esso è, al contrario, fondato:
9.7.1. risulta invero completamente omesso ogni esame
della questione sulla sussistenza di una valida prova
del diritto azionato, visto che nessuna argomentazione,
neppure implicita, si rinviene nella gravata sentenza;
9.7.2. dinanzi all'adduzione della valenza delle
ricognizioni di debito e degli estratti di conto
corrente, anche come certificati, occorre allora
valutare approfonditamente e per ciascuna delle ragioni
di credito di cui all'intervento, se sussista idonea
prova di ognuna di esse e per di più nell'entità
indicata nell'intervento stesso;
9.7.3. fin d'ora peraltro, essendo esplicita la domanda
di pronuncia al riguardo in relazione alla formulazione
del quesito ("allorché gli stessi [contestati crediti
fatti valere esecutivamente], scaturenti da contratti di
conto corrente bancario, fossero stati documentati dalla
Banca a mezzo della produzione in giudizio del solo
estratto conto finale"), deve escludersi l'idoneità
probatoria dell'estratto di conto corrente, benché
certificato ai sensi dell'art. 50 d.lgs. 1 settembre
1993 n. 385: esso, in caso di contestazione, non può
integrare di per sé prova a favore dell'azienda di
credito dell'entità del credito, in quanto atto
unilaterale proveniente dal creditore e dovendo
ritenersi eccezionale - e per ciò stesso non estensibile
al di fuori delle ipotesi espressamente previste - la
valenza probatoria ad esso riconosciuta ai fini del
conseguimento del decreto ingiuntivo, appunto prevista
esclusivamente in vista delle esigenze di tale
procedimento e nella prospettiva della sottoposizione al
contraddittorio del debitore che dispiegasse
opposizione;
9.7.4. va allora rimessa al giudice di rinvio la
valutazione del materiale probatorio in atti, con la
sola precisazione, da valere quale principio di diritto,
che l'estratto di conto corrente, benché certificato ai
sensi dell'art. 50 d.lgs. 1 settembre 1993 n. 385, non
costituisce, in caso di contestazione, di per sé prova
dell'entità del credito della Banca (intendendosi
formulato il relativo principio di diritto al precedente
punto 9.7.3).
10. In conclusione, il ricorso va accolto in relazione
alle censure sopra partitamente esaminate come fondate,
con rinvio al Tribunale di Ragusa in persona di diverso
giudicante, al quale si rimette pure la liquidazione
delle spese dell'intero processo, comprese quelle del
giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, dichiarato inammissibile l'intervento di
Italfondiario spa nella dedotta qualità, rigetta il
primo, nonché, con le correzioni della motivazione della
sentenza impugnata, il secondo ed il terzo motivo di
ricorso; dichiara inammissibile il sesto motivo;
accoglie il quarto, il quinto e il settimo motivo di
ricorso; cassa, in relazione alle censure accolte, la
gravata sentenza e rinvia al Tribunale di Ragusa, in
persona di diverso giudicante, anche per le spese del
giudizio di legittimità.
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