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 Fine dell'accessione invertita, si applica il C.C.-Espropriazione per P.U., il diritto romano salva la P.A.- (Sentenza TAR LECCE 29/04/2011, n. 785)-Ipsoa.it

 

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di Michele Didonna

Nel caso di esecuzione di un'opera pubblica con una procedura espropriativa illegittima, la specificazione ex art. 940 c.c. consente alla P.A. di acquisire, a titolo originario, la proprietà della medesima al proprio patrimonio indisponibile.

 

Molto interessante la decisione qui segnalata del T.A.R. di Lecce circa il regime dell’espropriazioni per p.u. illegittime a seguito dell’abrogazione costituzionale dell’art. 43 del T.U. sulle espropriazioni.

 

Ha infatti osservato il G.A. pugliese che, venuto meno l’istituto dell’accessione invertita e quello dell'acquisizione sanante (a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 293 del 2010, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 43 del T.U. espropriazione), deve ritenersi che, nel caso sia stata realizzata un’opera pubblica in assenza del compimento nei termini della procedura espropriativa o in assenza di una valida procedura, debba trovare applicazione l’istituto della "specificazione" di cui all’art. 940 c.c..

 

Per effetto della specificazione del fondo la proprietà dell’opera pubblica viene acquistata, a titolo originario, dall’ente specificatore nel momento in cui l’opera di specificazione è completata, cioè si è avuta la specificazione.

 

Questo non in conseguenza di un illecito, ma di un istituto che affonda le sue radici nel diritto romano e costituisce un fatto che dà diritto a un indennizzo (e non un illecito che dà diritto al risarcimento del danno).

 

Indennizzo che va necessariamente commisurato al valore venale del bene che per effetto della specificazione non esiste più, cioè il fondo: che costituisce il prezzo della materia.

 

 

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