di Michele Didonna
Nel caso di esecuzione di un'opera
pubblica con una procedura espropriativa illegittima, la
specificazione ex art. 940 c.c. consente alla P.A. di
acquisire, a titolo originario, la proprietà della
medesima al proprio patrimonio indisponibile.
Molto interessante la decisione qui
segnalata del T.A.R. di Lecce circa il regime
dell’espropriazioni per p.u. illegittime a seguito
dell’abrogazione costituzionale dell’art. 43 del T.U.
sulle espropriazioni.
Ha infatti osservato il G.A.
pugliese che, venuto meno l’istituto dell’accessione
invertita e quello dell'acquisizione sanante (a seguito
della sentenza della Corte costituzionale n. 293 del
2010, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale
dell’art. 43 del T.U. espropriazione), deve ritenersi
che, nel caso sia stata realizzata un’opera pubblica in
assenza del compimento nei termini della procedura
espropriativa o in assenza di una valida procedura,
debba trovare applicazione l’istituto della
"specificazione" di cui all’art. 940 c.c..
Per effetto della specificazione
del fondo la proprietà dell’opera pubblica viene
acquistata, a titolo originario, dall’ente specificatore
nel momento in cui l’opera di specificazione è
completata, cioè si è avuta la specificazione.
Questo non in conseguenza di un
illecito, ma di un istituto che affonda le sue radici
nel diritto romano e costituisce un fatto che dà diritto
a un indennizzo (e non un illecito che dà diritto al
risarcimento del danno).
Indennizzo che va necessariamente
commisurato al valore venale del bene che per effetto
della specificazione non esiste più, cioè il fondo: che
costituisce il prezzo della materia.
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