di Manuela Bianchi
Nella nozione di ente deve essere
ricompresa l'impresa individuale, posto che criterio
rilevante ai fini dell'applicabilita' del D. Lgs. n.
231/01 e' la circostanza che l'ente sia dotato di
personalita' giuridica.
La sentenza in commento è stata resa dalla Suprema
Corte nell’ambito di un procedimento penale a carico di
un’impresa individuale, nei confronti di cui il
Tribunale del Riesame, conformemente alle previsioni del
D. Lgs. n. 231/01 (in seguito, anche il “Decreto”),
aveva comminato la sanzione interdittiva della revoca
dell’autorizzazione alla raccolta e al conferimento di
rifiuti pericolosi, avendo essa reiterato il reato si
associazione per delinquere (reato presupposto ex art.
24-ter, Decreto) finalizzata alla commissione dei reati
in materia di raccolta, smaltimento e traffico illecito
di rifiuti pericolosi.
Nella fattispecie concreta, l’impresa individuale ha
proposto ricorso avverso la suddetta pronuncia del
Tribunale del Riesame, e, riprendendo un precedente
orientamento della Suprema Corte (sentenza n.
18941/2004), ha sostenuto l’applicabilità del Decreto
soltanto con riferimento agli enti dotati di personalità
giuridica con una governance di tipo societario o
pluripersonale.
Con la decisione in esame, i giudici di legittimità,
hanno rigettato il ricorso e ritenuto non condivisibile
il precedente orientamento giurisprudenziale. Ed invero,
riprendendo il dettato letterale dell’art. 1, D. Lgs. n.
231/01 hanno precisato che: (i) il Decreto deve
ritenersi applicabile agli enti forniti di personalità
giuridica, nonché a società e associazioni anche prive
di personalità giuridica e (ii) non può essere a priori
negata l’assimilazione dell’impresa individuale ad una
persona giuridica “nella quale viene a confondersi la
persona dell’imprenditore quale soggetto fisico che
esercita una determinata attività”.
Ciò significa che nella nozione di ente deve essere
ricompresa l’impresa individuale, assumendo rilevanza
dirimente ai fini dell’applicabilità del D. Lgs. n.
231/01 non tanto la composizione plurisoggettiva
dell’ente, quanto la circostanza che esso sia dotato di
personalità giuridica.
Se così non fosse, tra l’altro, si creerebbe un
pericoloso vuoto normativo, “con inevitabili ricadute
sul piano costituzionale connessa ad una disparità di
trattamento tra coloro che ricorrono a forme semplici di
impresa e coloro che, per svolgere l’attività, ricorrono
a strutture ben più complesse e articolate”.
A ulteriore conferma della propria interpretazione,
gli Ermellini rilevano che, non cogliendosi nel dettato
dell’art. 1 del Decreto alcun cenno sulle imprese
individuali, “la loro mancata inclusione non equivale ad
esclusione, ma, semmai, ad una implicita inclusione
dell’area dei destinatari della norma”.
La sentenza offre interessanti spunti di riflessione
del continuo processo di ampliamento dei confini
soggettivi ed oggettivi di applicazione del Decreto, sia
da parte del Legislatore, sia da parte della
giurisprudenza.
Senza pretesa di completezza, con riferimento
all’ampliamento in ambito soggettivo, oltre alla
sentenza oggetto del presente commento, si segnalano due
pronunce che hanno sancito l’assoggettamento al D. Lgs.
n. 231/01 delle società c.d. miste (i.e. società
partecipate da capitale pubblico e privato, Cass. n.
28699/10) e le onlus (Tribunale di Milano, GIP, n.
820/11).
Con riferimento al profilo oggettivo, il Legislatore,
dal 2001 ad oggi ha inserito nuove ed eterogenee
categorie di reato-presupposto. Infatti, ai reati contro
la Pubblica Amministrazione originariamente previsti dal
dettato normativo, si sono aggiunti, tra gli altri, i
reati societari, di market abuse, quelli contro la
salute e la sicurezza sul lavoro, i reati informatici, i
delitti contro l’industria e il commercio e quelli in
violazione del diritto d’autore, nonché i reati di
criminalità organizzata, fino ad arrivare ai reati
ambientali, il cui Disegno di Legge è attualmente in
discussione.
(Cassazione penale Sentenza, Sez.
III, 20/04/2011, n. 15657)
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