Avv. Paolo Nesta


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LA CRITICA E' LEGITTIMA ANCHE QUANDO ABBIA AD OGGETTO L'ATTIVITA' GIUDIZIARIA - Non è però consentito affermare che una Procura della Repubblica sia "un'associazione a delinquere di tipo istituzionale" (Cassazione Sezione Quinta Penale n. 15447 del 15 aprile 2011, Pres. Calabrese, Rel. Sabeone)..-Legge e giustizia.it

 

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In linea teorica non può certamente negarsi che la critica sia legittima anche quando abbia ad oggetto l'attività giudiziaria. La libertà di manifestazione del proprio pensiero, garantita dall'articolo 21 della Costituzione così come dall'articolo 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, include la libertà d'opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee o critiche su temi d'interesse pubblico, dunque soprattutto sui modi d'esercizio del potere qualunque esso sia, senza ingerenza da parte delle autorità pubbliche. La natura di diritto individuale di libertà ne consente, in campo penale, l'evocazione per il tramite dell'articolo 51 cod. pen. (esercizio di un diritto), e non v'è dubbio che esso costituisca diritto fondamentale in quanto presupposto fondante la democrazia e condizione dell'esercizio di altre libertà. All'interno delle società democratiche deve, di conseguenza e soprattutto, riconoscersi alla stampa e ai mass media il ruolo di fori privilegiati per la divulgazione extra moenia dei temi agitati all'interno delle Assemblee rappresentative e per il dibattito in genere su materie di pubblico interesse, ivi compresi la giustizia e l'imparzialità della Magistratura. Il ruolo fondamentale nel dibattito democratico svolto dalla libertà di stampa non consente, in altri termini, di escludere che essa si esplichi in attacchi al potere giudiziario, dovendo convenirsi con la giurisprudenza della Corte EDU allorché afferma che i giornali sono i c.d. "cani da guardia" (watch-dog) della democrazia e delle istituzioni, anche giudiziarie. Proprio la giurisprudenza della CEDU ha costantemente ribadito che questi ultimi costituiscono il mezzo principale diretto a garantire un controllo appropriato sul corretto operato dei Giudici. Sulle medesime premesse, la giurisprudenza di legittimità ha già da tempo riconosciuto come sia, da un lato, "di enorme interesse per la comunità nazionale la corretta e puntuale esplicazione dell'attività giudiziaria e, dall'altro, come critica e cronaca giornalistica volte a tenere o a ricondurre il Giudice nell'alveo suo proprio vadano non solo giustificate, ma propiziate". Maggiore è il valore dell'attività esercitata più grande è d'altra parte la imprescindibilità del dibattito pubblico. E se più rigidi sono apparsi i limiti apposti dalla giurisprudenza alla critica nei confronti delle istituzioni giudiziarie, essi trovano ragione soprattutto nel fatto che, a differenza di quel che accade per altri soggetti pubblici, il dovere di riservatezza generalmente impedisce ai Magistrati presi di mira di reagire agli attacchi loro rivolti. Tutto ciò premesso in punto di diritto, affermare, in conclusione e in punto di fatto, che un ben individuato organo giurisdizionale (nella specie la Procura della Repubblica di Palermo) fosse "un'associazione a delinquere di tipo istituzionale" costituisce, senza dubbio alcuno, attacco alla imparzialità della funzione giurisdizionale che, agli occhi del quivis de populo, è la imprescindibile condizione che gli organi che tale funzione esercitano deve rivestire proprio nella coscienza della collettività. In particolare, balza agli occhi il disonorevole riferimento alla struttura organizzativa e alla tendenziale stabilità, che caratterizzano l'attività dei criminali realmente aderenti all'associazione a delinquere, per diffondere in maniera avvolgente nella coscienza collettiva l'idea di organi giurisdizionali del pari dediti stabilmente e tendenzialmente al confezionamento di tesi accusatorie precostituite e di complotti contro esponenti politici.

 

In questo caso pertanto non si applica l'esimente prevista dall'art. 51 cod. pen. e l'autore della diffamazione deve risponderne, essendo stati superati i limiti posti all'esercizio del diritto di critica.

 

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