A cura di Avv. Agnese Focante da
Filottrano (AN).
Commento:
La corte di Cassazione con Sentenza
del 19 maggio 2011 n.11062 ha stailito che l’ex moglie
conserva l’affidamento esclusivo dei figli minori, anche
se si trasferisce al paese natale d’origine, così
allontanando i figli dal padre, avendo necessità di
avvalersi del sostegno, economico ed assistenziale,
della sua famiglia d’origine, stante il modesto
contributo economico del marito" (€ 200,00 al mese). La
sua scelta deve ritenersi del tutto legittima perché
effettuata nell’esclusivo interesse dei figli.
Con l’occasione la Corte di
Cassazione:
- aumenta il mantenimento in favore
dei figli ad € 450,00, a seguito dell’estinzione del
mutuo, a carico dell’ex marito, che gravava sulla casa
familiare;
- dispone che al pagamento
dell’assegno provveda direttamente il datore di lavoro.
Testo integrale:
Divorzio: anche se l'ex moglie si
trasferisce al paesello di origine allontanando i figli
dal padre, conserva l'affido dei minori - Cassazione 19
maggio 2011 n.11062
Secondo Cassazione 19 maggio 2011
n.11062 l’’ex moglie conserva l’affidamento esclusivo
dei figli minori, anche se si trasferisce al paese
natale d’origine, così allontanando i figli dal padre,
avendo necessità di avvalersi del sostegno, economico ed
assistenziale, della sua famiglia d’origine, stante il
modesto contributo economico del marito" (€ 200,00 al
mese).
La sua scelta deve ritenersi del
tutto legittima perché effettuata nell’esclusivo
interesse dei figli.
Con l’occasione la Corte di
Cassazione:
- aumenta il mantenimento in
favore dei figli ad € 450,00, a seguito dell’estinzione
del mutuo, a carico dell’ex marito, che gravava sulla
casa familiare;
- dispone che al pagamento
dell’assegno provveda direttamente il datore di lavoro.
Cassazione, sez. I, 19 maggio 2011,
n. 11062
Presidente Carnevale – Relatore
Cultrera
Svolgimento del processo
Con ricorso al Tribunale di Ancona,
(l’ex marito)….. ha chiesto che, a modifica delle
condizioni della separazione personale intervenuta con
la moglie ...... , gli venissero affidati i figli minori
.... , .... e .... e che venisse revocato il contributo
di mantenimento attribuito alla moglie in Euro 200,00
mensili. Il Tribunale ha respinto l’istanza con decreto
20/2006 che il N. ha impugnato con reclamo innanzi alla
Corte d’appello di Ancona per ottenerne l’integrale
riforma.
Nel contraddittorio dell’intimata,
che si è opposta all’accoglimento del gravame, la Corte
territoriale, con decreto depositato il 29.12.2006 ha
respinto il reclamo. Il ..... ha impugnato con ricorso
per cassazione quest’ultimo provvedimento con quattro
motivi cui l’intimata ha resistito con controricorso che
ha altresì depositato memoria difensiva ai senni
dell’art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
In linea preliminare va affermata
l’ammissibilità del ricorso, contestata dalla resistente
sia per la natura non definitiva del provvedimento sia
sull’assunto che il vizio di motivazione denunciato, in
quanto non riferito alla sola carenza di motivazione
riferibile per sua natura alla violazione di legge, non
potrebbe comunque trovare ingresso.
Il decreto impugnato, “in quanto
incidente su diritti soggettivi delle parti, nonché
caratterizzato da stabilità temporanea, che lo rende
idoneo ad acquistare efficacia di giudicato, sia pure
“rebus sic stantibus”, è impugnabile dinanzi a questa
Corte con il ricorso straordinario ai sensi dell’art.
111 Cost., e, dovendo essere motivato, sia pure
sommariamente, può essere censurato anche per carenze
motivazionali le quali sono prospettabili in rapporto
all’ultimo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., nel
testo novellato dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che
qualifica come violazione di legge il vizio di cui al n.
5 del primo comma, alla luce dei principi del giusto
processo, che deve svolgersi nel contraddittorio delle
parti e concludersi con una pronuncia motivata”. Cass.
S.U. n. 22238/2009.
I motivi esposti denunciano:
1.- violazione e falsa applicazione
degli artt. 155 c.c. e 345 c.p.c. e vizio di omessa,
illogica e contraddittoria motivazione. Espone quesito
di diritto con cui chiede se sia preclusa in sede di
reclamo la domanda di affidamento condiviso dei figli
minori reiterata non già nell’atto introduttivo di
quella fese ma nel corso del giudizio stesso.
Il motivo è inammissibile.
La Corte del merito ha sostenuto,
quanto all’affidamento della prole, che la domanda
dell’odierno ricorrente d’affido esclusivo della prole
era inammissibile, in quanto era stata introdotta
successivamente alla proposizione del reclamo, a seguito
della costituzione di nuovo difensore, e quella d’affido
condiviso non poteva essere accolta, in ragione della
situazione di estrema conflittualità tra i genitori.
L’errore ascritto al giudice del reclamo risiederebbe
nell’aver questi applicato al regime dell’affidamento
dei figli il principio della domanda, laddove la materia
è affidata all’apprezzamento del giudice, che può
provvedere d’ufficio. Non opererebbe dunque la ravvisata
preclusione ai sensi dell’art. 345 c.p.c., trattandosi
di materia sottratta al principio della domanda.
Il motivo introduce questione che,
benché fondata in jure, non spiega tuttavia incidenza
alcuna nell’economia della decisione censurata che si
fonda, a prescindere dalle opposte richieste dei
genitori, sulla verifica di una condizione di estrema e
tesa conflittualità, preclusiva della tendenzialità
collaborativa tra le figure genitoriali necessaria ad
assicurare le basi minimali di una cogestione
responsabile delle scelte inerenti la vita quotidiana
dei figli minori.
La decisione, adeguatamente
argomentata, è stata ineccepibilmente assunta a tutela
dell’esclusivo interesse morale e materiale della prole,
ed esprime dunque una valutazione per sua natura
discrezionale – Cass. nn. 18627/2006, 17043/2007 -,
certamente svincolata dal principio della domanda,
parametrata al solo interesse dei minori. La questione
prospettata nel motivo in esame, estranea a questa
ratio, non è sorretta da interesse concreto ed è perciò
inammissibile.
Resta assorbito il vizio di
motivazione esposto nel motivo in correlazione al vizio
di violazione di legge esaminato.
2.- violazione dell’art. 155 comma
1 c.c. e degli artt. 3, 29, 30, 31 Cost. ed ancora vizio
di motivazione assente o contraddittoria in ordine alla
valutazione comparativa delle diverse opzioni
affidative. In particolare si censura omessa
comparazione fra l’habitat in cui risiede il nucleo
familiare e quello rurale ed arcaico del luogo in cui la
.... si è trasferita. Si chiede con conclusivo quesito
di diritto: 1.- se in caso di trasferimento del genitore
affidatario si debba procedere a comparazione dei
diversi ambienti di vita; 2.- se in quel caso sia
preferibile per la prole in rientro nell’ambiente
originario. La sintesi conclusiva riferisce il vizio di
motivazione all’omessa comparazione dei differenti
habitat. Il motivo è infondato.
La Corte del merito ha sostenuto
che la madre, cui erano stati affidati in via esclusiva
i minori, era risultata idonea ad assolvere il suo ruolo
genitoriale, né le si poteva rimproverare il
trasferimento con i figli da Senigallia, ove risiedeva
il nucleo familiare, ad un paesino della Puglia, siccome
era stato motivato dall’esigenza di avvalersi del
sostegno, anche economico, della sua famiglia d’origine,
colà residente. Questo tessuto motivazionale,
adeguatamente argomentato, rende conto del vaglio
critico condotto dal giudice di merito sulla circostanza
controversa, esaminata e valutata nella prospettiva
ritenuta, secondo apprezzamento discrezionale, adeguata
a concretare ed assicurare l’interesse non certo della
madre affidataria, ma degli stessi figli minori, ai
quali il controverso trasferimento ha assicurato il
sostegno economico ed assistenziale di cui erano privi
proprio nel loro habitat originario, anche in ragione
del modesto sostegno economico del padre. Palesemente
insussistente l’errore di diritto denunciato, atteso che
la Corte del merito ha orientato la sua indagine nella
prospettiva dell’effettivo interesse morale e materiale
dei minori, la censura si risolve in una sostanziale
sollecitazione ad una rilettura del dato discusso in una
prospettiva personale e più favorevole, che in questa
sede è preclusa.
3.- violazione dell’art. 155 comma
2 c.c. e degli artt. 710 e 711 c.p.c. e correlato vizio
di motivazione. Si censura la statuizione assunta in
ordine all’aumento dell’assegno per il concorso nel
mantenimento dei minori da Euro 250 ad Euro 400 mensili,
e si lamenta errata valutazione di un suo presunto,
miglioramento economico, non dimostrato dalla P. benché
onerata della relativa prova, ed omessa considerazione
dei nuovi impegni economici sopravvenuti. Si chiede con
conclusivo quesito di diritto se possa disporsi modifica
delle condizioni della separazione laddove il coniuge
obbligato abbia estinto precedenti esposizioni ma ne
abbia nel contempo assunto altre equipollenti e non
voluttuarie. La sintesi conclusiva si riferisce al vizio
motivazionale si tale circostanza.
Il motivo è inammissibile.
L’assegno di mantenimento è stato
aumentato dal giudice del reclamo sino all’importo
mensile di Euro 450,00 poiché lo stesso N. si era
dichiarato disponibile a versarlo all’esito del
pagamento integrale del mutuo contratto per l’acquisto
della casa coniugale, condizione questa che si era
avverata in corso di giudizio, ed inoltre le sue risorse
erano migliorate per effetto del recupero della
disponibilità dell’anzidetto immobile. Trattasi di
conclusione, sorretta da adeguata, puntuale e logica
motivazione, che si basa su apprezzamento di fatti
concretamente verificati, non sindacabile nel merito in
questa sede.
4.- violazione dell’art. 156 c.c. e
correlato vizio di motivazione. Si censura il decreto
impugnato nella parte in cui dispone l’ordine diretto di
pagamento dell’assegno al datore di lavoro del
ricorrente. Si assume che l’inadempimento persistente e
colpevole che lo giustifica in tesi non sussiste nella
specie, né può identificarsi con isolato caso sincerato
da precetto del gennaio 2006. Si chiede con conclusivo
quesito di diritto se un caso sporadico di ritardato
pagamento concreti l’inadempimento idoneo a giustificare
l’ordine in contestazione. Il motivo è infondato.
In parte qua il decreto impugnato
assume giustificato, alla luce della pregressa
manifestata tendenza del N. ad evadere i propri obblighi
contributivi, l’ordine di pagamento diretto dell’assegno
da parte del datore di lavoro. La statuizione fa buon
governo del disposto dell’art. 156 sesto comma c.c. che
attribuisce al giudice, in caso d’inadempimento
dell’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento,
il potere di ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere
anche periodicamente somme di denaro al coniuge
obbligato, che una parte di esse venga versata
direttamente agli aventi diritto, ed esprime una
valutazione di opportunità basata sull’apprezzamento
delle conseguenze del comportamento dell’obbligato che,
anche se sporadico come assume l’odierno ricorrente,
induca tuttavia a dubitare dell’esattezza e regolarità
del futuro adempimento, “e quindi a frustrare le
finalità proprie dell’assegno di mantenimento” – Cass.
n. 23668/2006 -. Trattasi di valutazione affidata in via
esclusiva al giudice di merito che, se adeguatamente
motivata, non è sindacabile in questa sede. Le ragioni
che sostengono la statuizione impugnata, trasfuse in un
puntuale tessuto motivazionale, rendono conto di un
percorso logico ineccepibilmente conforme al dettato
normativo ed immune quindi da errore. Ne discende il
rigetto del ricorso con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate
come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e
condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio liquidandole in 2.200,00 di cui Euro
200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di
legge. |