Costituisce illecito disciplinare
il comportamento del magistrato che, quale giudice in
una causa civile, ne ha protratto ingiustificatamente la
durata in quanto: a) ha atteso quasi tre anni per la
sostituzione del consulente tecnico d'ufficio
inadempiente; b) ha poi richiesto un supplemento di
perizia, avendo in seguito concesso udienze di mero
rinvio; c) infine, dopo che la causa era stata rinviata
avanti al collegio ed assunta in decisione, l'ha rimessa
sul ruolo per ulteriori chiarimenti del consulente
tecnico. Con tale comportamento egli si è reso
immeritevole della fiducia e della considerazione di cui
il magistrato deve godere, con compromissione del
prestigio dell'ordine giudiziario ed ha arrecato un
ingiusto danno alle parti contribuendo a procrastinare,
per molti anni, la definizione della causa. Per le
conseguenze che ne sono derivate (il Ministero della
giustizia è stato infatti condannato al pagamento
dell'indennizzo ex legge n. 89 del 2001), la condotta
del magistrato integra anche violazione grave,
determinata da inescusabile negligenza, degli artt. 24 e
111, secondo comma, della Costituzione, nonché dell'art.
6 della Cedu Convenzione per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata con
la legge 4 agosto 1955, n. 848, concernenti tutti il
principio della effettività della tutela dei diritti, da
attuarsi in un processo che si svolga in tempi
ragionevoli. |