Non sussiste la legittimazione
diretta del distrattario in ordine alla contestazione
della congruità o legittimità della liquidazione delle
spese e segnatamente - del riconoscimento espresso della
maggiorazione forfetaria per spese generali: in tali
ipotesi l'unica legittimata a sollevare doglianze di
merito è la parte rappresentata, quale soggetto comunque
obbligato, nel rapporto con il professionista, a
soddisfarlo delle sue pretese; al contrario, resta
preclusa al difensore distrattario l'impugnazione in
proprio quanto alla pronunzia sulle spese, mentre solo
nel caso - che qui con tutta evidenza non ricorre - in
cui sorgesse contestazione non sull'entità (o sulla
compensazione) delle spese, ma sulla legittimità della
disposta distrazione si instaurerebbe uno specifico
rapporto processuale, in cui il difensore potrebbe
assumere la qualità di parte e l'impugnazione sarebbe
proponibile anche da quest'ultimo ovvero contro lo
stesso
Cassazione, sez. III, 3 maggio
2011, n. 9699
(Pres. Trifone – Rel. De Stefano)
Svolgimento del processo e motivi
della decisione
1. L'avv. V.S., difensore di T.A.
nella procedura esecutiva intentata nei confronti suoi,
di T.P. e R.G. dalla Banca di Roma, nella quale sono
intervenuti anche la Banca Nazionale del Lavoro e la
Banca MPS quale concessionario del servizio riscossione
tributi della Provincia di Roma, ricorre per la
cassazione della sentenza di accoglimento
dell'opposizione dispiegata avverso la medesima
procedura, lamentando, con due motivi, l'omessa
attribuzione a lui delle spese ed il mancato
riconoscimento della maggiorazione per spese generali.
Nessuno degli intimati resiste con
controricorso ed alla pubblica udienza del 30.3.11
compare il ricorrente per la discussione orale.
2. Alla fattispecie - trattandosi
di ricorso avverso sentenza pubblicata in data 12
dicembre 2005 - non si applica il regime dell'art. 366
bis c.p.c., norma introdotta dall'art. 6 del d.lgs. 2
febbraio 2006 n. 40 ed applicabile - in virtù del co. 2
dell'art. 27 del medesimo decreto - ai ricorsi per
cassazione proposti avverso le sentenze e. gli altri
provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di
entrata in vigore del decreto, cioè dal 2 marzo 2006;
pertanto, i quesiti, quand'anche pure formulati, restano
irrilevanti.
3. Ciò posto, il ricorrente affida
a due motivi la sua impugnazione della sentenza resa tra
il suo cliente e le di lui controparti: un primo, con
cui si duole dell'erroneità dell'omessa distrazione
delle spese in suo favore; un secondo, con cui lamenta
l'illegittimità del mancato riconoscimento delle spese
generali. Al riguardo:
3.1. quanto al primo profilo:
3.1.1. le sezioni unite di questa
Corte, con la sentenza 7 luglio 2010 n. 16037 (con
indirizzo già confermato da Cass. 10 gennaio 2011 n.
293), hanno stabilito che, in caso di omessa pronuncia
sull'istanza di distrazione delle spese proposta dal
difensore, il rimedio esperibile, in assenza di
un'espressa indicazione legislativa, è costituito dal
procedimento di correzione degli errori materiali di cui
agli artt. 287 e 288 c.p.c., e non dagli ordinari mezzi
di impugnazione, non potendo la richiesta di distrazione
qualificarsi come domanda autonoma; del resto, la
procedura di correzione, oltre ad essere in linea con il
disposto dell'art. 93, secondo comma, c.p.c. - che ad
essa si richiama per il caso in cui la parte dimostri di
aver soddisfatto il credito del difensore per onorari e
spese - consente il migliore rispetto del principio
costituzionale della ragionevole durata del processo,
garantisce con maggiore rapidità lo scopo del difensore
distrattario di ottenere un titolo esecutivo ed è un
rimedio applicabile, ai sensi dell'art. 391-bis c.p.c.,
anche nei confronti delle pronunce della Corte di
cassazione;
3.1.2. pertanto, il motivo di
ricorso dell'avv. S. per avere la sentenza impugnata
omesso di pronunciare sull'istanza di distrazione delle
spese da lui formulata va dichiarato inammissibile, in
applicazione della mutata giurisprudenza di legittimità
appena ricordata;
3.2. quanto al secondo profilo:
3.2.1. non sussiste la
legittimazione diretta del distrattario in ordine alla
contestazione della congruità o legittimità della
liquidazione delle spese e segnatamente - del
riconoscimento espresso della maggiorazione forfetaria
per spese generali: in tali ipotesi l'unica legittimata
a sollevare doglianze di merito è la parte
rappresentata, quale soggetto comunque obbligato, nel
rapporto con il professionista, a soddisfarlo delle sue
pretese (per tutte, v. Cass. 6 marzo 2006 e Cass. 20
ottobre 2005 n. 20321); al contrario, resta preclusa al
difensore distrattario l'impugnazione in proprio quanto
alla pronunzia sulle spese, mentre solo nel caso - che
qui con tutta evidenza non ricorre - in cui sorgesse
contestazione non sull'entità (o sulla compensazione)
delle spese, ma sulla legittimità della disposta
distrazione si instaurerebbe uno specifico rapporto
processuale, in cui il difensore potrebbe assumere la
qualità di parte e l'impugnazione sarebbe proponibile
anche da quest'ultimo ovvero contro lo stesso (Cass. 19
agosto 2003 n. 12104);
3.2.2. il secondo motivo di ricorso
è quindi proposto da chi non è a tanto legittimato e va
pertanto dichiarato anch'esso inammissibile.
4. Infine, così dichiarato
inammissibile nel suo complesso il ricorso, nulla vi è
da provvedere in ordine alle spese del giudizio di
legittimità, non avendo gli intimati svolto attività
difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il
ricorso; nulla per le spese.
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