Marco
Rodolfi
La giurisprudenza, sia di legittimità che di merito,
prosegue nel suo iter evolutivo in tema di liquidazione
del danno non patrimoniale. Superato lo “scoglio” della
manifesta inamissibilità dichiarata dalla Corte
costituzionale - sulla questione posta all’attenzione
dal giudice di pace di Torino, relativa alla rigidità
dei parametri ministeriali sulle “micropermanenti” - i
giudici si sono concentrati, tra il 2009 e il 2011,
sulla questione delle componenti risarcitorie del danno
e sulla cosiddetta “personalizzazione”. Ma andiamo con
ordine.
Le principali decisioni della Consulta
La Corte costituzionale, innanzitutto, è intervenuta di
recente sulla questione della legittimità costituzionale
dell’articolo 139 del Codice delle assicurazioni,
sollevata dal giudice di pace di Torino con ordinanza
del 30 novembre 2010, in relazione alla parte in cui,
prevedendo tale norma un risarcimento del danno
biologico basato su rigidi parametri fissati da tabelle
ministeriali, non consentirebbe di giungere a
un’adeguata personalizzazione del danno, in violazione
degli articoli 2, 3, 24 e 76 della Costituzione.
Orbene, la Corte ha in realtà preferito non entrare nel
merito della questione, dichiarandola: «manifestamente
inammissibile», in quanto nell’ordinanza di rimessione
il giudice di pace non avrebbe fornito una serie di
elementi (età del danneggiato, danno subito, decreto
ministeriale applicabile, entità del risarcimento che
sarebbe stato liquidato e, soprattutto, quale somma
sarebbe stata «corretta per risarcire completamente il
danno alla persona») necessari per consentire:
«un’adeguata valutazione dell’effettiva rilevanza della
questione» proposta (Corte costituzionale, ordinanza 28
aprile 2011 n. 157).
Le questioni fondamentali risolte dalla Suprema corte
Dopo l’intervento delle sezioni Unite in tema di danno
non patrimoniale (si veda Cassazione, sezioni Unite,
sentenze 11 novembre 2008 n. 26972/3/4/5), d’altro
canto, sono emersi notevoli problemi per gli operatori
del diritto, circa i limiti e il contenuto di tale voce
risarcitoria (si veda, in particolare, la questione
della “scomparsa” o meno di voci di danno un tempo
liquidate in via autonoma, come il «danno morale», la
sua cosiddetta “personalizzazione”, la legittimità di
vincoli legislativi predeterminati a tale
“personalizzazione” - si vedano gli articoli 138 e 139
del Cda - in uno specifico settore quale la
responsabilità civile derivante dalla circolazione dei
veicoli e dei natanti).
La questione delle “voci” risarcitorie
- Tali circostanze, tra l’altro, hanno portato
l’Osservatorio per la giustizia civile del tribunale di
Milano a modificare profondamente il proprio impianto
tabellare che, come è noto, è il più seguito in Italia.
La verità è che, se da un lato è ormai pacifico che il
danno non patrimoniale deve intendersi come figura
risarcitoria unitaria comprensiva di una serie di
diversi pregiudizi denominati in vario modo per
“esigenze descrittive” (danno morale, danno biologico,
danno da lesione del rapporto parentale, danno sessuale,
danno alla vita di relazione, danno estetico, danno
esistenziale e danno alla capacità lavorativa generica:
si veda da ultimo Cassazione, 18 novembre 2010 n.
23259), ma mai implicanti il riconoscimento di «distinte
categorie di danno» (fonti di possibili duplicazioni), è
altrettanto vero che, al momento di procedere con la
liquidazione, il magistrato dovrà tener conto di tutte
le componenti da cui è costituita tale voce di danno,
componenti che, per l’appunto, non sono state
“eliminate” dai diktat delle sezioni Unite (si veda
anche Cassazione, sezioni Unite 16 febbraio 2009 n.
3677).
Difatti: «il danno non patrimoniale da lesione della
salute costituisce una categoria ampia e
omnicomprensiva, nella cui liquidazione il giudice deve
tener conto di tutti i pregiudizi concretamente patiti
dal danneggiato, ma senza duplicare il risarcimento
attraverso l’attribuzione di nomi diversi a pregiudizi
identici, sì che il danno biologico, il danno morale,
quello alla vita di relazione e quello cosiddetto
esistenziale devono essere valutati unitariamente nella
voce del danno non patrimoniale» (Cassazione, 14
settembre 2010 n. 19517, relatore Chiarini).
La giurisprudenza della Suprema corte, del resto, ha
avuto modo di precisare che il danno morale conserva una
sua: «logica autonomia in relazione alla diversità del
bene protetto, che pure attiene a un diritto inviolabile
della persona ovvero all’integrità morale, quale massima
espressione della dignità umana, desumibile dall’art. 2
della Costituzione in relazione all’art. 1 della Carta
di Nizza contenuta nel Trattato di Lisbona, ratificato
dall’Italia con legge 2 agosto 2008 n. 130» (Cassazione,
10 marzo 2010 n. 5770, relatore Filadoro).
Nella sua quantificazione, pertanto, si dovrà: «tener
conto delle condizioni soggettive della persona umana e
della concreta gravità del fatto, senza che possa
quantificarsi il valore dell’integrità morale come una
quota minore proporzionale al danno alla salute, dovendo
comunque escludersi la adozione di meccanismi
semplificativi di liquidazione di tipo automatico»
(Cassazione, 10 marzo 2010 n. 5770, relatore Filadoro).
L’errata applicazione dei valori tabellari
- L’errore (commesso frequentemente in sede di merito),
consiste nel procedere alla liquidazione automatica dei
danni non patrimoniali limitandosi ad applicare il mero
valore tabellare, senza effettuare la necessaria
operazione di cosiddetta personalizzazione del danno non
patrimoniale (derivante sia da micro che da
macropermanenti). La Suprema corte sul punto è stata del
resto sempre concorde: «come hanno di recente ribadito
le Ss.Uu. di questa Corte, infatti, il giudice di
merito, qualora si avvalga delle note tabelle, deve
procedere alla personalizzazione della liquidazione del
danno biologico, la quale non è mai preclusa dalla
liquidazione sulla base del valore tabellare
differenziato di punto, valutando nella loro effettiva
consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal
soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella
sua interezza, evitando però duplicazioni di
risarcimento (Ss.Uu. n. 26972 del 2008 e cfr, tra le
ultime, Cass. n. 11048/09)» (Cassazione, 27 aprile 2010
n. 10061, relatore D’Amico; in senso conforme
Cassazione, 20 gennaio 2009 n. 1351; Cassazione, 9
aprile 2009 n. 8669; Cassazione, 20 maggio 2009 n. 11701
e Cassazione, 29 luglio 2010 n. 17964).
È stato tra l’altro aggiunto che, laddove si faccia
ricorso al criterio tabellare: «è possibile avere una
quantificazione del danno morale in misura pari ad una
frazione di quanto dovuto dal danneggiante a titolo di
danno biologico, purché il risultato, in tal modo
raggiunto, venga poi “personalizzato”, tenendo conto
della peculiarità del caso concreto e della reale entità
del danno, con la conseguenza che non può giungersi a
liquidazioni puramente simboliche o irrisorie»
(Cassazione, 15 luglio 2009 n. 16448; sulla liceità del
danno morale in proporzione al biologico, purché
personalizzato, si veda anche Cassazione, 4 gennaio 2010
n. 4 e Cassazione, 12 aprile 2010 n. 6131).
Il caso delle micropermanenti
- Nel tema specifico delle cosiddette «micropermanenti
derivanti dalla circolazione dei veicoli e dei natanti»
(1-9% di postumi permanenti a titolo di danno
biologico), inoltre, è stato affermato che «il diritto
al risarcimento dei danni non patrimoniali deriva da una
precisa norma del codice civile (articolo 2059 del Cc)
che la legge n. 57 del 2001 non ha certo abrogato.
L’articolo 5 della legge n. 57 del 2001 si è limitato a
dettare i criteri di liquidazione del danno biologico -
cioè di quell’aspetto del danno non patrimoniale che
afferisce all’integrità fisica - senza per questo
escludere che, nella complessiva valutazione equitativa
circa l’entità della somma spettante in risarcimento, il
giudice debba tenere conto anche delle sofferenze morali
subite dal danneggiato. Le sentenze della Cassazione a
sezioni Unite n. 26972 e 26973/2008 confermano tale
principio» (Cassazione, ordinanza 17 settembre 2010 n.
19816, relatore Lanzillo).
La parte danneggiata «da un comportamento illecito che
oggettivamente presenti gli estremi del reato ha»,
pertanto, «diritto al risarcimento dei danni non
patrimoniali ai sensi dell’art. 2059 del Cc, i quali
debbono essere liquidati in unica somma, da determinarsi
tenendo conto di tutti gli aspetti che il danno non
patrimoniale assume nel caso concreto (sofferenze
fisiche e psichiche; danno alla salute, alla vita di
relazione, ai rapporti affettivi e familiari ecc.)»
(Cassazione, ordinanza 17 settembre 2010 n. 19816; in
senso conforme Cassazione, 15 ottobre 2009 n. 21895,
relatore Petti).
Le determinazioni sul danno da morte
- Anche circa la questione del cosiddetto “danno da
morte”, la Suprema corte è intervenuta più volte.
È possibile oggi dire che non è sicuramente risarcibile
il danno da perdita della vita o danno tanatologico
fatto valere iure successionis dagli eredi del de cuius
(si veda, in particolare, Cassazione, 24 marzo 2011 n.
6754, relatore Amatucci e Cassazione, 9 maggio 2011 n
10107, relatore Amendola).
È invece altrettanto certamente risarcibile il danno non
patrimoniale iure proprio vantato dagli eredi del de
cuius, sia sotto il profilo del danno biologico (che
dovrà essere rigorosamente provato) che sotto il profilo
del danno morale e del danno da perdita del rapporto
parentale (senza peraltro dimenticare che la «congiunta
attribuzione del danno morale, nella sua rinnovata
configurazione e del danno da perdita del rapporto
parentale, determinano duplicazione di risarcimento»:
Cassazione, sezioni Unite, 11 novembre 2008 nn.
26972/3/4/5).
Sull’importanza di tale ultima componente del danno non
patrimoniale da morte («ontologicamente diversa dal
danno biologico») che «va al di là del crudo dolore che
la morte in sé di una persona cara» e che si concreta
«nel vuoto costituito dal non potere più godere della
presenza e del rapporto con chi è venuto meno e perciò
nell’irrimediabile distruzione di un sistema di vita
basato sull’affettività, sulla condivisione, sulla
rassicurante quotidianità dei rapporti tra moglie e
marito, tra madre e figlio, tra fratello e fratello, nel
non poter più fare ciò che per anni si è fatto, nonché
nell’alterazione che una scomparsa del genere
inevitabilmente produce anche nelle relazioni tra i
superstiti», si veda Cassazione, 9 maggio 2011 n. 10107.
Un danno biologico iure hereditatis, invece, è
risarcibile solamente laddove la morte sia intervenuta
dopo un apprezzabile lasso di tempo, sì da potersi
concretamente configurare un’effettiva compromissione
dell’integrità psicofisica del soggetto leso, non già
quando la morte sia sopraggiunta immediatamente o
comunque a breve distanza dall’evento (si veda
Cassazione, 9 maggio 2011 n. 10107; Cassazione, 2 luglio
2010 n. 15706; Cassazione, 19 novembre 2009 n. 24432;
Cassazione, 30 settembre 2009 n. 20949 e Cassazione, 14
dicembre 2010 n. 25264).
Il danno morale cosiddetto “catastrofale” - e cioè la
sofferenza patita dalla vittima durante l’agonia -, da
ultimo, è risarcibile iure hereditatis unicamente
allorché essa sia stata in condizione di percepire il
proprio stato, abbia cioè avuto l’angosciosa
consapevolezza della fine imminente, mentre va esclusa
quando all’evento lesivo sia conseguito immediatamente
il coma e il danneggiato non sia rimasto lucido nella
fase che precede il decesso (si vedano Cassazione 9
maggio 2011 n. 10107; Cassazione, 24 marzo 2011 n. 6754;
Cassazione, sezione Lavoro, 7 giugno 2010 n. 13672;
Cassazione, 8 aprile 2010 n. 8360 e Cassazione, 21
luglio 2009 n. 16914).
È stata infine altresì ribadita la legittimità del
risarcimento del danno non patrimoniale ai congiunti del
macro leso, in quanto il pregiudizio del rapporto
parentale si configura «non solo per la morte del
parente ma anche nel caso di menomazione della salute,
specie se grave. Inoltre il coniuge ha diritto a una
vita coniugale completa, posizione soggettiva
costituzionalmente protetta, ai sensi dell’art. 29
Cost.» (Cassazione, sezione III, 17 maggio 2010 n.
11958).
La prova di tale danno non patrimoniale, tra l’altro,
può essere fornita tramite presunzioni, costituendo un
mezzo di prova di rango non inferiore agli altri, in
quanto di grado non subordinato nella gerarchia dei
mezzi di prova e dunque non “più debole” della prova
diretta o rappresentativa. Pertanto, in presenza
dell’allegazione da parte del danneggiato sia del
fatto-base della normale e pacifica convivenza del
proprio nucleo familiare sia che le gravi lesioni subite
dal proprio congiunto all’esito del fatto/evento lesivo
hanno comportato una sofferenza interiore tale da
determinare un’alterazione del proprio relazionarsi con
il mondo esterno, inducendolo a scelte di vita diverse,
incombe al danneggiante dare la prova contraria idonea a
vincere la presunzione della sofferenza interiore, così
come dello “sconvolgimento esistenziale” riverberante
anche in obiettivi e radicali scelte di vita diverse,
che dalla perdita o anche solo dalla “lesione” del
rapporto parentale secondo l’id quod plerumque accidit
per lo stretto congiunto normalmente discendono»
(Cassazione, 6 aprile 2011 n. 7844).
La giurisprudenza di merito, invece, rimane ancora
nell’incertezza sul come procedere alla cosiddetta
“personalizzazione” del danno non patrimoniale,
soprattutto laddove il Legislatore ha posto, come
abbiamo visto in precedenza, dei vincoli ben precisi
(articolo 139 in tema di liquidazione di micropermanenti
conseguenti alla circolazione dei veicoli e dei
natanti).
In tali ipotesi, infatti, secondo parte della
giurisprudenza il danno non patrimoniale non potrà mai
comunque essere aumentato, ai sensi dell’articolo 139
del Cda, in misura superiore a un quinto del valore
tabellare di legge e sempre e comunque con equo e
motivato apprezzamento delle specifiche compromissioni
soggettive subite (giudice di pace di Milano, 2 ottobre
2009 n. 19041; giudice di pace di Milano 3 novembre 2009
n. 25250; giudice di pace di Milano 6 novembre 2009 n.
25608 e giudice di pace di Milano 28 gennaio 2010 n.
1160).
Secondo altra parte della giurisprudenza, invece, le
tabelle di legge delle cosiddette micropermanenti non
riconoscono alcun valore al danno conseguente alle
sofferenze fisiche e psichiche patite dalla vittima,
profilo che, invece, identifica una componente
indefettibile del procedimento risarcitorio indicato
dalle sezioni Unite. A tale limite strutturale della
norma non potrebbe peraltro porsi emendamento ricorrendo
alla limitata personalizzazione prevista dal terzo comma
dell’articolo 139 del Cda poiché significherebbe
comprimere nella predetta personalizzazione non solo la
valorizzazione delle componenti specifiche del caso
concreto, ma anche quelle ripercussioni che
costituiscono l’id quod plerumque accidit della lesione
patita, in quanto afferenti ad altre componenti del
danno (tribunale di Varese, 8 aprile 2010, giudice Sala;
in senso sostanzialmente conforme Corte di appello di
Milano, 23 febbraio 2010 n. 497; tribunale di Desio 23
febbraio 2010 n. 150 e giudice di pace di Milano 24
marzo 2010 n. 7668).
Un’ultima notazione interessante, riguarda l’utilizzo
delle tabelle del tribunale di Milano fatta nei casi
concreti, in particolar modo circa il riconoscimento o
meno del cosiddetto “aumento personalizzato”.
Orbene, la regola è che tale ulteriore personalizzazione
(ricordiamo infatti che Milano già ricomprende nel
valore tabellare «gli aspetti relazionali e di
sofferenza soggettiva» medi) può essere riconosciuta
solamente laddove il caso concreto presenti
“peculiarità” che dovranno essere allegate e provate dal
danneggiato.
Da ciò ne consegue che il cosiddetto “aumento
personalizzato” è stato negato anche in ipotesi di
postumi permanenti nella misura del 52-53% e del 60% a
titolo di danno biologico, non essendo stata dimostrata
la sussistenza di peculiari situazioni tali da meritare
una ulteriore liquidazione rispetto ai criteri standard
(si vedano tribunale di Milano, sezione X, 19 marzo 2010
n. 3614 e tribunale di Milano, sezione I, 11 gennaio
2011 n. 259).
D A N N O B I O L O G I C O L
E P O S I Z I O N I D E L L A G I U R I S P R U D E N
Z A
Corte costituzionale
Legittimità costituzionale:
articolo 139
del Cda
Corte costituzionale,
ordinanza, 28 aprile 2011
n. 157
La questione della legittimità
costituzionale dell’articolo 139 del Codice delle
assicurazioni, in relazione alla
parte in cui, prevedendo tale norma un risarcimento
del danno biologico basato su
rigidi parametri fissati da tabelle ministeriali, non
consentirebbe di giungere a
un’adeguata personalizzazione del danno, in violazione
degli articoli 2, 3, 24 e 76 della
Costituzione, è manifestamente inammissibile non
avendo potuto la Corte verificare
la rilevanza della questione proposta, in relazione
alla peculiarità della fattispecie
Corte di cassazione
Danno non patrimoniale
congiunti macroleso
Cassazione, 14 settembre 2010
n. 19517, relatore Chiarini
Il danno non patrimoniale da
lesione della salute costituisce una categoria ampia e
omnicomprensiva, nella cui
liquidazione il giudice deve tener conto di tutti i
pregiudizi
concretamente patiti dal
danneggiato, ma senza duplicare il risarcimento
attraverso
l’attribuzione di nomi diversi a
pregiudizi identici, sì che il danno biologico, il danno
morale, quello alla vita di
relazione e quello cosiddetto esistenziale devono essere
valutati unitariamente nella voce
del danno non patrimoniale
Danno non patrimoniale
da morte
Cassazione, 10 marzo 2010 n. 5770,
relatore Filadoro
Il danno morale conserva una sua
logica autonomia in relazione alla diversità del
bene protetto, che pure attiene a
un diritto inviolabile della persona ovvero
all’integrità morale, quale massima
espressione della dignità umana, desumibile
dall’articolo 2 della Costituzione
in relazione all’articolo 1 della Carta di Nizza
contenuta nel Trattato di Lisbona,
ratificato dall’Italia con legge 2 agosto 2008 n.
130. Nella sua quantificazione,
pertanto, si dovrà deve tener conto delle condizioni
soggettive della persona umana e
della concreta gravità del fatto, senza che
possa quantificarsi il valore
dell’integrità morale come una quota minore
proporzionale
al danno alla salute, dovendo
comunque escludersi la adozione di meccanismi
semplificativi di liquidazione di
tipo automatico
Danno non patrimoniale
in ipotesi di lesioni del 9-10%
Cassazione,
27 aprile 2010 n. 10061, relatore
D’Amico
Come hanno di recente ribadito le
sezioni Unite di questa Corte il giudice di
merito, qualora si avvalga delle
note tabelle, deve procedere alla personalizzazione
della liquidazione del danno
biologico, la quale non è mai preclusa dalla
liquidazione
sulla base del valore tabellare
differenziato di punto, valutando nella loro
effettiva consistenza le sofferenze
fisiche e psichiche patite dal soggetto leso,
onde pervenire al ristoro del danno
nella sua interezza, evitando però duplicazioni
di risarcimento (sezioni Unite n.
26972 del 2008 e cfr, tra le ultime, Cassazione n.
11048/09)
Danno non patrimoniale
in ipotesi di micropermanenti
Cassazione, ordinanza 17 settembre
2010 n. 19816, relatore Lanzillo
Il diritto al risarcimento dei
danni non patrimoniali deriva da una precisa norma del
codice civile (articolo 2059 del
Cc) che la legge n. 57 del 2001 non ha certo
abrogato. L’articolo 5 della legge
n. 57 del 2001 si è limitato a dettare i criteri di
liquidazione del danno biologico -
cioè di quell’aspetto del danno non patrimoniale
che afferisce all’integrità fisica
- senza per questo escludere che, nella complessiva
valutazione equitativa circa
l’entità della somma spettante in risarcimento, il
giudice debba tenere conto anche
delle sofferenze morali subite dal danneggiato.
Le sentenze della Cassazione a
sezioni Unite n. 26972 e 26973/2008 confermano
tale principio. La parte
danneggiata da un comportamento illecito che
oggettivamente
presenti gli estremi del reato ha
pertanto il diritto al risarcimento dei danni
non patrimoniali ai sensi
dell’articolo 2059 del Cc, i quali debbono essere
liquidati
in unica somma, da determinarsi
tenendo conto di tutti gli aspetti che il danno non
patrimoniale assume nel caso
concreto (sofferenze fisiche e psichiche; danno alla
salute, alla vita di relazione, ai
rapporti affettivi e familiari ecc.)
Danno non patrimoniale
da morte
Cassazione,
24 marzo 2011 n. 6754,
relatore Amatucci
Il risarcimento del cosiddetto
danno “catastrofale” - ossia del danno patito dalla
persona
che lucidamente assiste allo
spegnersi della propria vita - può essere riconosciuto
agli
eredi, a titolo di danno morale,
solo a condizione che sia entrato a far parte del
patrimonio della vittima al momento
della morte. Perciò, in assenza di prova della
sussistenza di uno stato di
coscienza nel breve intervallo tra il sinistro e la
morte, la
lesione del diritto alla vita non è
suscettibile di risarcimento e ai congiunti spetta il
solo
risarcimento conseguente alla
lesione della possibilità di godere del rapporto
parentale
con la persona defunta (Negato il
risarcimento in ipotesi di sopravvivenza della vittima
per 6-7 ore in coma)
Il quadro recente degli
orientamenti
D A N N O B I O L O G I C O
L E P O S I Z I O N I D E L L A G I
U R I S P R U D E N Z A
GUIDA AL DIRITTO IL SOLE-24 ORE 27
DOSSIER/4 MAGGIO 2011
Argomento Estremi sentenza
Contenuto
Danno non patrimoniale
da morte
Cassazione,
9 maggio 2011 n. 10107,
relatore Amendola
Il danno da perdita del rapporto
parentale conseguente alla morte di un prossimo
congiunto deve essere integralmente
risarcito mediante l’applicazione di criteri di
valutazione equitativa, rimessi
alla prudente discrezionalità del giudice di merito.
Tali criteri devono tener conto
dell’irreparabilità della perdita della comunione di
vita e di affetti e della integrità
della famiglia. La relativa quantificazione va
operata considerando tutti gli
elementi della fattispecie e, in caso di ricorso a
valori tabellari, che vanno in ogni
caso esplicitati, effettuandone la necessaria
personalizzazione
Danno non patrimoniale
per i congiunti del macroleso
Cassazione,
6 aprile 2011 n. 7844
In presenza dell’allegazione del
fatto-base delle gravi lesioni subite dal figlio
convivente all’esito di sinistro
stradale, il giudice deve ritenere in particolare
provata la sofferenza inferiore (o
patema d’animo) e lo sconvolgimento dell’esistenza
che (anche) per la madre ne
derivano, dovendo nella liquidazione del relativo
ristoro tenere conto di entrambi i
suddetti profili, ivi ricompresa la degenerazione
della sofferenza inferiore nella
scelta di abbandonare il lavoro al fine di dedicarsi
esclusivamente alla cura del
figlio, bisognevole di assistenza in ragione della
gravità delle riportate lesioni
psicofisiche
Merito
Danno non patrimoniale
in ipotesi di macrolesioni
52-53 per cento
Tribunale di Milano, sezione X,
19 marzo 2010 n. 3614
Signora di 53 anni con 52-53% di
danno biologico complessivi 360 giorni di
invalidità temporanea di cui 60
giorni in forma assoluta, liquidata la somma di
complessivi euro 343.440,00, con
nessuna personalizzazione poiché «non vi è
spazio per la allegata
personalizzazione del danno posto che le limitazioni
funzionali
e le ripercussioni nella vita
dell’attrice lamentate dalla medesima sono insite
nella riduzione dell’integrità
psicofisica come sopra riconosciuta»
Danno non patrimoniale
in ipotesi di macrolesioni
60 per cento
Tribunale di Milano, sezione XI,
11 gennaio 2011 n. 259
Signore di 21 anni con 60% di danno
biologico complessivi 180 giorni di invalidità
temporanea di cui 60 giorni in
forma assoluta, liquidata la somma di complessivi
euro 549.469,00, con nessuna
personalizzazione poiché «parte ricorrente non ha
allegato né tanto meno provato la
sussistenza di peculiari situazioni, meritevoli di
una particolare ed ulteriore
liquidazione, rispetto ai criteri standard»
Danno non patrimoniale
in ipotesi
di micropermanenti
del 3 per cento
Giudice di pace
di Milano,
sezione IV,
2 ottobre 2009
n. 19401
Per un’invalidità permanente del 3%
a titolo di danno biologico, anni 30, liquidati
euro 2.336,00, come da tabella di
legge, oltre complessivi euro 1.419,53 per la
temporanea (65 giorni complessivi),
mentre: «nulla può essere liquidato a titolo di
danno morale, vista l’esiguità
delle lesioni da lui riportate in conseguenza del
sinistro (micropermanente
rientrante nel danno biologico di lieve entità ex
articolo
139 del Cda) … il danno biologico
non potrà mai comunque essere aumentato, ex
articolo 139 del Cda in misura
superiore a un quinto del valore tabellare di legge e
sempre con equo e motivato
apprezzamento delle condizioni soggettive, pena la
violazione di una chiara ed
inequivocabile disposizione di legge»
Danno non patrimoniale
in ipotesi
di micro permanenti
0,5 per cento
Giudice di pace
di Milano,
sezione II,
3 novembre 2009
n. 25250
Per un’invalidità permanente dello
0,5-1% a titolo di danno biologico, anni 25,
liquidati euro 333,44, come da
tabella di legge, oltre complessivi euro 377,00 per
la temporanea parziale (19 giorni
complessivi), mentre «nulla viene liquidato a
titolo di danno morale vista
l’esiguità delle lesioni riportate e rilevato che, come
ribadito dalla pronuncia della
Cassazione a sezioni Unite n. 26972/08, al danno
biologico è attribuita la capacità
di ricomprendere anche l’eventuale pregiudizio
morale soggettivo, ma solo e nel
momento in cui viene allegato e riscontrato
quale degenerazione patologica
della sofferenza»
Danno non patrimoniale
in ipotesi di micro
permanenti
1-2 per cento
Giudice di pace
di Milano,
sezione VII,
giudice Cassone, 28 gennaio 2010
n. 1160
Per un’invalidità permanente
dell’1-2% a titolo di danno biologico, anni 43,
liquidati
euro 936,19, come da tabella di
legge, oltre complessivi euro 735,00 per la
temporanea parziale (50 giorni
complessivi), mentre «in considerazione delle
riscontrate lesioni e delle
relative conseguenze accertate, quanto complessivamente
liquidato si ritiene esaustivamente
ristoratore anche della sofferenza patita»
Danno non patrimoniale
in ipotesi
di micro permanenti
5 per cento
Corte d’appello
di Milano,
23 febbraio
2010 n. 497
Per un’invalidità permanente del 5%
a titolo di danno biologico, anni 21, liquidati
euro 5.160,83, come da tabella di
legge, oltre complessivi euro 3.296,2 per la
temporanea (130 complessivi), a cui
aggiunti 2.113,25 a titolo di danno morale
(1/4 del biologico totale), senza
alcuna ulteriore motivazione e/o specificazione
Danno non patrimoniale
in ipotesi
di micro permanenti
9 per cento
Tribunale di Desio,
23 febbraio 2010
n. 150
Per un’invalidità permanente del 9%
a titolo di danno biologico, anni 19, liquidati
Euro 14.320,00, come da tabella di
legge, oltre euro 2.463,85 per la temporanea
(103 giorni complessivi), a cui
aggiunti 5.202,93 «a titolo di personalizzazione»
nella misura di «una somma pari a
circa un terzo del danno biologico» perché non
pare a questo giudicante che i
valori tabellari ora in uso tengano conto delle nuove
linee guida tracciate dalle sezioni
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