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REVOCATORIA FALLIMENTARE-L’incompetenza del giudice non blocca la decorrenza del periodo “sospetto”-Tribunale di Messina - Sentenza 31 marzo 2011-Commento-Guida al diritto.it

 

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di Gabriele Prenna (Guida al Diritto)

 

La sentenza del Tribunale di Messina affronta, tra le altre cose, il tema della data da cui fare decorrere il periodo “sospetto” dell’azione revocatoria ex articolo 67 legge fallimentare in ipotesi di sentenza di fallimento dichiarata in un primo momento da un Tribunale e successivamente da altro Tribunale per effetto della decisione della Corte di Cassazione che aveva riconosciuto l’incompetenza del primo Tribunale.

 

 

 

In particolare, la banca convenuta (oggetto della domanda era la revocatoria di alcune rimesse su conto corrente dell’imprenditore fallito) aveva eccepito l’inammissibilità della domanda del curatore per decorso del termine del periodo “sospetto” di un anno, di cui all’articolo 67 legge fallimentare, dovendosi fare riferimento alla data della seconda dichiarazione di fallimento.

 

Il Tribunale di Messina ha ritenuto tale eccezione non fondata e lo ha fatto sulla scorta di una motivazione che – a parere di chi scrive – appare condivisibile e che è in linea sia con la giurisprudenza di legittimità, sia con la riforma della legge fallimentare del 2006, sebbene non applicabile nel caso di specie.

 

 

 

La giurisprudenza della Corte di Cassazione – formatasi in relazione alla data di decorrenza della sospensione degli interessi su crediti pecuniari di cui all’articolo 55 legge fallimentare – è nel senso che gli effetti tipici del fallimento debbano essere quelli della pronuncia dichiarativa di fallimento emessa per prima, essendo irrilevante il difetto di competenza (Cassazione, Sezioni unite, 18 dicembre 2007, sentenza n. 26619).

 

 

 

Tale sentenza, infatti, non potrebbe essere nulla, dovendosi solamente eliminare gli effetti processuali, con la conseguenza che il procedimento dovrebbe proseguire ex articolo 50 cod. proc. civ. innanzi al giudice competente. Dunque il principio dell’unitarietà del processo dovrebbe essere applicato anche nell’ambito del giudizio per la dichiarazione dell’insolvenza, opportunamente adattato alle particolarità di tale procedimento, primo fra tutte il fatto che la sentenza di fallimento ha una duplice funzione: la prima, attiene all’accertamento dell’insolvenza dell’imprenditore che conclude il procedimento iniziato a norma dell’articolo 6 legge fallimentare; la seconda, attiene invece all’avvio della procedura esecutiva concorsuale. Il principio di unitarietà dei procedimenti nell’ambito concorsuale dovrebbe avere come conseguenza che la procedura esecutiva, avviata con la prima sentenza di fallimento, prosegua innanzi al nuovo giudice con la salvaguardia degli effetti della prima sentenza, essendo quest’ultima provvisoriamente esecutiva.

 

Si è detto che tale soluzione sarebbe coerente col principio costituzionale di tutela della “ragionevole durata e del giusto processo” sancito dall’articolo 111 della costituzione.

 

 

 

Parimenti, è stato evidenziato che la soluzione opposta – vale a dire la decorrenza del periodo sospetto dalla seconda dichiarazione di fallimento – sarebbe in contrasto “con il sistema fallimentare”. Infatti, si dovrebbe tenere in considerazione che: da un lato, la dichiarazione di insolvenza pronunciata dai due tribunali si basa sugli stessi presupposti; dall’altro lato, con riguardo agli atti pregiudizievoli per i creditori, “la denegata trasmigrazione della procedura ne comporterebbe la sottrazione alla revocatoria, poiché il periodo sospetto sarebbe riferito al tempo in cui, in attesa della soluzione del conflitto di competenza, l'imprenditore non può gestire la sua impresa per effetto dello spossessamento, ne' compiere perciò atti lesivi della par condicio creditorum” (Cassazione, 5 novembre 2010 n. 22544).

 

 

 

Inoltre la tesi che vorrebbe porre nel nulla gli effetti della sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata dal tribunale incompetente si scontrerebbe con altre considerazioni circa l’impianto normativo in materia concorsuale. Ad esempio, si dovrebbe ritenere che: (i) l’imprenditore sia tornato in bonis, sebbene il suo stato di insolvenza sia già accertato;(ii) per effetto della riapertura ex novo della procedura innanzi al Tribunale designato competente, i creditori dovrebbero procedere a ripresentare le domande di insinuazione al fallimento per una nuova verifica dello stato passivo; (iii) sino alla decisione della Cassazione sul conflitto o sul regolamento di competenza, non sarebbe operativo il divieto per l’imprenditore di compiere atti pregiudizievoli per il creditore, nonostante  la provvisoria esecutività ex articolo 16, comma 3 della prima sentenza di fallimento, che lo ha privato della disponibilità dei suoi beni (Cassazione, 31 maggio 2010 n. 13316.

 

 

 

La sentenza del Tribunale di Messina omette tuttavia di evidenziare che tale soluzione è stata peraltro confermata dalla riforma della legge fallimentare introdotta dal Dlgs 5/2006.

 

 

 

La riforma, infatti, ha introdotto l’articolo 9 bis che rende esplicita sia la possibilità di applicazione del regolamento di competenza anche nell’ambito del procedimento per la dichiarazione di insolvenza (per la precisione, tale possibilità era stata già riconosciuta da tempo dalla giurisprudenza), sia   la prosecuzione della procedura apertasi a seguito di pronunzia di un giudice incompetente innanzi al giudice competente, sulla base della precedente valutazione (di sussistenza) dei presupposti dei fallimento.

 

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