Se i sintomi della futura malattia
sono <<ambigui>> e <<non specifici>> al punto che
neppure i medici vi hanno dato rilevanza, non può
qualificarsi come <<reticente>> né <<colposo>> il
comportamento del richiedente un assicurazione sulla
vita che in sede di stipula li abbia taciuti. Lo ha
stabilito la Corte di cassazione con la sentenza n.
13604/2011.
Per i giudici di Piazza Cavour,
infatti, <<ai fini della colpa grave o del dolo da
rinvenirsi in un contratto di assicurazione sulla vita,
in presenza di sintomi non ambigui e non specifici,
stante la genericità degli stessi, non integra affatto
dolosa reticenza né comportamento gravemente colposo il
fatto che l’assicurato non abbia, al momento della
stipula della polizza-vita, dichiarato la esistenza di
quei sintomi a cui i medici hanno dato rilievo
aspecifico e tranquillizzante, qualora questi sintomi,
aggravatisi, risultino attraverso successive indagini
strumentali (come nella specie) o di altra natura,
premonitori di una vera e propria malattia, che, data la
sua insidiosità, può essere acclarata solo con specifico
esame, secondo la valutazione che il paziente
presenta>>.
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