Consiglio di Stato - Adunanza Plenaria – Sentenza 3
giugno 2011 n. 10-(Guida al Diritto) .it
di Barbara Lilla Boschetti
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L’Osservatorio -
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di Barbara Lilla
Boschetti
Nel definire il confine
della propria giurisdizione in relazione alle vicende
societarie di cui sia parte un ente pubblico, il giudice
amministrativo valorizza le potenzialità di tutela
scaturenti dal sistema delle azioni del nuovo codice del
processo amministrativo.
Molte sono le questioni
d’interesse processuale esaminate dalla sentenza in
commento. La complessa vicenda vede contrapposti un
istituto universitario - e alcune società da esso
costituite - ad alcuni Ordini professionali, i quali
avevano impugnato i provvedimenti con i quali l’istituto
universitario deliberava la scissione di una società da
essa partecipata, dapprima in qualità di socio unico,
dando vita alla costituzione di una società di
engineering operante sui mercati di riferimento dei
ricorrenti.
La prima questione
affrontata – e risolta positivamente - riguarda la
sussistenza della giurisdizione del giudice
amministrativo. L’Adunanza Plenaria esclude,
innanzitutto, che la declaratoria d’inammissibilità del
regolamento preventivo di giurisdizione proposto dalla
società scissa - nei cui confronti era stata ordinata
l’integrazione del contraddittorio - possa implicare
alcun giudicato in punto di giurisdizione, in quanto
pronunciata per mere ragioni di rito.
Quanto alla
giurisdizione, argomentando a partire dalla distinzione
tra fase pubblicistica e privatistica nelle procedure
negoziali regolate dal Codice dei contratti, afferma la
sussistenza della giurisdizione amministrativa sugli
atti unilaterali prodromici ad una vicenda societaria
posti in essere da un ente pubblico, in quanto atti che
incidono sull’organizzazione dell’ente e costituenti
espressione di potestà pubblica.
Sebbene il giudice
amministrativo non possa conoscere delle “sorti” degli
atti negoziali che a tali provvedimenti si ricollegano,
non potendosi fare applicazione analogica dell’art. 133,
c. 1, c.p.a., spetta comunque al giudice amministrativo
conoscere dei vizi del procedimento amministrativo; al
giudice ordinario, invece, spetterà pronunciarsi
sull’invalidità degli atti negoziali, ancorché derivata
dalla caducazione dei suddetti provvedimenti
amministrativi.
Tale impostazione
consente di risolvere positivamente anche la questione
della sussistenza dell’interesse a ricorrere, e non solo
in vista di una pronuncia (del g.o.) sulle cd. “sorti”
del contratto. Infatti, l’annullamento consente di
azionare rimedi risarcitori e di chiedere l’ottemperanza
al giudicato amministrativo – sede nella quale,
peraltro, il giudice può anche intervenire sulla sorte
del contratto (Cons. Stato, ad.plen., 30 luglio 2008, n.
9). Proprio per questo, peraltro, deve ritenersi
sussistente l’interesse al ricorso anche a fronte di
eventuali sopravvenienze che possano far venir meno
l’interesse all’annullamento, in applicazione dell’art.
34, c. 3, c.p.a. (nel caso di specie, l’ingresso di un
nuovo socio pubblico nella compagine della società di
engineering e l’iscrizione della società nel
registro delle imprese): come affermato dal Consiglio di
Stato nella sentenza n. 2817/11, il petitum di
annullamento consente infatti anche l’accertamento a
fini risarcitori.
In relazione alla
sussistenza dell’interesse al ricorso, la questione del
rito applicabile viene ritenuta del tutto irrilevante e
comunque rilevabile d’ufficio: le sopravvenienze dalle
quali il Tar aveva conseguito l’inammissibilità dei
ricorsi erano infatti state introdotte con memoria
tardiva se si fosse ricaduti – ma sul punto l’Adunanza
Plenaria risolve negativamente perché gli atti impugnati
non avviano procedure di privatizzazione (il capitale
delle società partecipate è interamente pubblico ) né
sono estensibili per analogia i casi sottratti al rito
ordinario - nel rito dell’ex art. 23 bis, l. Tar (ora
art. 119 c.p.a.).
La sentenza affronta
anche altre questioni d’interesse, statuendo che il
grado di specificità dei motivi d’appello, alla luce
dell’art. 101, c. 1., c.p.a., deve essere parametrato
alla specificità della sentenza contestata; la
legittimazione degli ordini professionali laddove sia in
gioco la par condicio nel settore di riferimento
(e solo nei limiti di questo); l’impossibilità di
appellare la parte della sentenza relativa alla
trasmissione degli atti alla Corte dei Conti.
Entrando nel merito,
l’Adunanza plenaria ritiene illegittimi i provvedimenti
impugnati in quanto per essi l’istituto universitario
costituisce una società commerciale con oggetto non
strettamente ai propri fini istituzionali né dotata dei
meccanismi per assicurare la strumentalità.
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