La Cassazione è tornata sui
differenti criteri da utilizzare per determinare la
sussistenza del nesso causale in relazione ad un caso di
malpractice medica, qualora si verta in giudizio penale
o giudicio civile. La Cassazione ha inoltre approfondito
il tema della risarcibilità della perdita di chance.
- Nesso causale
In merito al procedimento logico -
giuridico ai fini della ricostruzione del nesso causale,
"ciò che muta sostanzialmente tra il processo penale e
quello civile è la regola probatoria, in quanto nel
primo vige la regola della prova “oltre il ragionevole
dubbio" (cfr. Cass. Pen. S.U. 11 settembre 2002, n.
30328, Franzese), mentre nel secondo vige la regola
della preponderanza dell'evidenza o "del più probabile
che non", stante la diversità dei valori in gioco nel
processo penale tra accusa e difesa, e l'equivalenza di
quelli in gioco nel processo civile tra le due parti
contendenti, come rilevato da attenta dottrina che ha
esaminato l'identità di tali standars delle prove in
tutti gli ordinamenti occidentali, con la predetta
differenza tra processo civile e penale (in questo senso
Cass. 16.10.2007, n. 21619; Cass. 18.4.2007, n. 9238;
11/05/2009, n. 10741; Cass. 22837 del 2010; Cass. 16123
del 2010).
Detto standard di "certezza
probabilistica" in materia civile non può essere
ancorato esclusivamente alla determinazione quantitativa
- statistica delle frequenze di classi di eventi (c.d.
probabilità quantitativa o pascaliana), che potrebbe
anche mancare o essere inconferente, ma va verificato
riconducendone il grado di fondatezza all'ambito degli
elementi di conferma (e nel contempo di esclusione di
altri possibili alternativi) disponibili in relazione al
caso concreto (c.d. probabilità logica o baconiana).
Nello schema generale della probabilità come relazione
logica va determinata l'attendibilità dell'ipotesi sulla
base dei relativi elementi di conferma (c.d. evidence
and inference nei sistemi anglosassoni)".
Secondo la Cassazione, nella
fattispecie, la sentenza impugnata si è conformata a
detti principi. "Sulla base di accertamenti fattuali
(sulla correttezza della cui motivazione ai sensi
dell'art. 360 n. 5 c.p.c., si vedrà successivamente) ha
ritenuto accertato in punto di fatto che l'inadempimento
ascritto, (mancata diagnosi istologica di neoplasia, a
seguito dell'intervento effettuato di lobectomia
sinistra) non avrebbe né evitato l'exitus finale né
avrebbe prolungato apprezzabilmente la vita della sig.ra
G. né la stessa sarebbe significativamente evoluta in
melius. Pertanto, avendo la corte ritenuto che
un'eventuale prognosi più precoce non avrebbe favorito
un approccio terapeutico più efficace né avrebbe
migliorato la qualità e la durata della vita della
paziente, con giudizio contro fattuale ha escluso anche
in termini di prevalenza di probabilità che i danni
lamentati dai ricorrenti fossero conseguenza della
mancata tempestiva e corretta diagnosi tumorale da
errore istologico e che essi si sarebbero in ogni caso
verificati, trovando causa esclusiva nella malattia
neoplastica".
- Omessa dignosi
"In tema di danno alla persona,
conseguente a responsabilità medica, integra l'esistenza
di un danno risarcibile alla persona l'omissione della
diagnosi di un processo morboso terminale, allorché
abbia determinato la tardiva esecuzione di un intervento
chirurgico, che normalmente sia da praticare per evitare
che l'esito definitivo del processo morboso si verifichi
anzitempo, prima del suo normale decorso, e risulti
inoltre che, per effetto del ritardo, sia andata perduta
dal paziente la "chance" di conservare, durante quel
decorso, una migliore qualità della vita nonché la
"chance" di vivere alcune settimane od alcuni mesi in
più, rispetto a quelli poi effettivamente vissuti (Cass.
18/09/2008, n. 23846).
Ciò comporta che, quando sia stata
fornita la dimostrazione, anche in via presuntiva e di
calcolo probabilistico, dell'esistenza di una chance di
consecuzione di un vantaggio in relazione ad una
determinata situazione giuridica, la perdita di tale
chance è risarcibile come danno alla situazione
giuridica di cui trattasi indipendentemente dalla
dimostrazione che la concreta utilizzazione della chance
avrebbe presuntivamente o probabilmente determinato la
consecuzione del vantaggio, essendo sufficiente anche la
sola possibilità di tale consecuzione. La idoneità della
chance a determinare presuntivamente o probabilmente
ovvero solo possibilmente la detta consecuzione è,
viceversa, rilevante, soltanto ai fini della concreta
individuazione e quantificazione del danno, da
effettuarsi eventualmente in via equitativa, posto che
nel primo caso il valore della chance è certamente
maggiore che nel secondo e, quindi, lo è il danno per la
sua perdita, che, del resto, in presenza di una
possibilità potrà anche essere escluso, all'esito di una
valutazione in concreto della prossimità della chance
rispetto alla consecuzione del risultato e della sua
idoneità ad assicurarla.
Nella fattispecie la questione in
termini di perdita di chance, inteso come risultato
utile possibile, va ritenuta non affetta da
inammissibilità, conseguente alla novità della stessa in
questa sede di legittimità.
Infatti può superarsi la tesi
secondo cui esito positivo probabile e possibilità di
tale esito costituiscano oggetto di pretese risarcitorie
diverse ed accedere ad un risultato per cui probabilità
di esito favorevole dell'intervento medico e la sua sola
possibilità non siano che gradazioni di una stessa
affermazione di pregiudizio, risentito a causa
dell'omissione colposa del comportamento dovuto.
Ciò comporta optare, nelle
situazioni caratterizzate dal più probabile che non, ma
anche da una non eliminabile porzione di incertezza, per
una applicazione generalizzata degli esiti della tecnica
risarcitoria della chance e quindi nel senso di
distribuire il peso del danno tra le parti in misura
proporzionale all'apporto causale della colpa e dei
fattori di rischio presenti nel paziente (cfr. Cass.
16.1.2009, n. 975).
Ritenuta la richiesta del
risarcimento del danno da perdita di chance come
riduzione dell'originaria domanda di risarcimento
dell'intero pregiudizio assunto, da una parte essa non
determina una mutatio libelli e dall'altra tale
riduzione può essere effettuata direttamente anche dal
giudice, pur in difetto di esplicita richiesta della
parte in tal senso riduttiva (cfr. Cass. 21/02/2007, n.
4003).
Sennonché nella fattispecie la
corte ha escluso sulla base delle conclusioni dei vari
consulenti tecnici, che la tempestiva diagnosi tumorale
abbia comportato con l'apprestamento di una terapia
diversa da quella del follow-up e segnatamente quella
chemioterapica, la possibilità per la sig.ra G. di avere
un qualche miglioramento apprezzabile di durata o
qualità della vita. Con ciò è esclusa in fatto
l'avvenuta perdita di chance". |