Il Tar non può modificare il
petitum del ricorso trasformando la richiesta di
annullamento dell’atto impugnato in una richiesta di
accertamento della pretesa sostanziale
Il vice Prefetto aggiunto in
servizio presso la Prefettura di Milano, aveva impugnato
davanti al Tar per la Lombardia il decreto con il quale
il Ministero dell’Interno aveva rigettato la domanda
volta al riconoscimento della causa di servizio e alla
concessione dell’equo indennizzo, in relazione a un
disturbo depressivo con radicali psicotici in attuale
compenso, nonché il presupposto parere reso dal Comitato
di Verifica per le cause di servizio. Il Tar dopo aver
disposto sulla questione apposita consulenza tecnica
d’ufficio, ha accolto il ricorso dichiarando accertato
il diritto del ricorrente al riconoscimento della causa
di servizio.
Considerando adeguata la perizia
del Ctu, il Tar aveva ritenuto offerta la prova del
nesso condizionante tra le mansioni svolte e l’evento
lesivo insorto nel senso che l’attività lavorativa era
stata la condizione necessaria dell’evento lesivo con
alto o elevato grado di credibilità razionale o
probabilità logica. Pertanto il Tar riteneva che doveva
essere riqualificato il petitum essendo la domanda del
ricorrente, al di là della impostazione impugnatoria e
della formula terminativa in termini caducatori delle
conclusioni, chiaramente volta all’accertamento della
dipendenza della propria patologia da causa di servizio,
accogliendo il ricorso e dichiarando, per l’effetto, il
diritto del ricorrente al riconoscimento della causa di
servizio.
Il Ministero dell’Interno ha
appellato la pronuncia del Tar ritenendola erronea sotto
diversi profili.
Con la Sentenza n. 3621/2011, il
Consiglio di Stato ha accolto, in parte de qua il
ricorso.
Per principio pacifico i giudizi
medico-legali espressi dalle competenti Commissioni
mediche ospedaliere sulla idoneità psico-fisico dei
pubblici dipendenti sono connotati da discrezionalità
tecnica e non sono censurabili, se non per evidente
irragionevolezza, illogicità o travisamento dei fatti,
né tale giudizi, emessi dagli unici organi legittimati a
compiere gli specifici accertamenti richiesti, possono
essere contraddetti da eventuali certificazioni mediche
di parte. Tuttavia, il Tar ritenendo sussistessero i
presupposti, ha disposto, in relazione alla malattia
denunciata dal ricorrente e alla sua possibile
dipendenza da causa di servizio, una apposita C.T.U. dai
quali
è emersa una irragionevolezza degli
atti impugnati, che si fonda su argomentazioni tratte
dalla scienza medica. Le osservazioni del Consiglio. La
consulenza disposta dal Tar non può essere ignorata, ma
non può condividersi la conclusione alla quale è giunto
il TAR di ritenere anche accertata la dipendenza da
causa di servizio della infermità riconosciuta al
ricorrente. Si oppongono, infatti, alla conclusione cui
è pervenuto il Tar due ordini di considerazioni: una di
natura processuale e una di natura sostanziale. Sotto il
profilo processuale deve ritenersi erronea la modifica,
operata dal TAR, del petitum del ricorso di primo grado
e la conseguente trasformazione della richiesta di
annullamento dell’atto impugnato in una richiesta di
accertamento della pretesa sostanziale, di diritto
soggettivo, fatta valere dalla parte. Infatti,
contrariamente a quanto affermato dal Tar, l’interessato
non poteva ritenersi titolare di un vero e proprio
diritto soggettivo al riconoscimento della causa di
servizio e dell’equo indennizzo, essendo la sua
posizione soggettiva di interesse legittimo, in quanto
volto alla corretta conclusione del procedimento avviato
con la richiesta avanzata all’amministrazione. L’azione
proposta dal ricorrente era qualificata quale azione di
annullamento. In definitiva, il Tar ha, erroneamente
modificato il petitum del ricorso, trasformando la
richiesta di annullamento dell’atto impugnato in una
richiesta di accertamento della pretesa sostanziale.
Erronea risulta quindi la diversa qualificazione data
dal Tar all’azione proposta e erronee, in conseguenza,
sono le conclusioni alle quali è giunta la sentenza
appellata. Sulla base di tali considerazioni Il
Consiglio ha accolto in parte l’appello, affermando che
il dispositivo della sentenza appellata deve essere
riformato, disponendosi solo l’annullamento del decreto
con il quale il Ministero dell’Interno aveva rigettato
la domanda dell’interessato volta al riconoscimento
della causa di servizio e alla concessione dell’equo
indennizzo, nonché del presupposto parere reso dal
Comitato di verifica per le cause di servizio.
L’Amministrazione dovrà quindi rivalutare l’istanza
dell’interessato sulla base di un nuovo parere del
Comitato di verifica, che dovrà tenere conto anche delle
conclusioni alle quali è giunto il Ctu incaricato dal
Tar per la Lombardia.
Anna Teresa Paciotti |