A poca distanza dalla decisione con
cui le Sezioni Unite (sentenza n. 19246 del 09-09-2010)
hanno rivoluzionato il termine di iscrizione a ruolo nei
procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo (e
peraltro segnalo che la Terza Sezione, con l’ordinanza
6514 del 22-03-2011 ha già rimesso la questione
nuovamente all’attenzione delle Sezioni Unite chiedendo
un ripensamento, sic!), ora le Sezioni Unite
intervengono un’altra volta sul terreno della procedura
civile.
Questa volta, con la sentenza
10864/11 sottoriportata, rivolgono l’attenzione al
termine entro cui l’attore (o l’appellante) deve
iscrivere a ruolo la causa.
Gli articoli all’attenzione della
corte sono rispettivamente l’art. 165 (“L’attore, entro
dieci giorni dalla notificazione della citazione al
convenuto, ovvero entro cinque giorni nel caso di
abbreviazione di termini a norma del secondo comma
dell’art. 163 bis, deve costituirsi in giudizio a mezzo
del procuratore, o personalmente nei casi consentiti
dalla legge, depositando in cancelleria la nota
d’iscrizione a ruolo e il proprio fascicolo contenente
l’originale della citazione, la procura e i documenti
offerti in comunicazione. Se si costituisce
personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere
domicilio nel comune ove ha sede il tribunale .Se la
citazione è notificata a più persone, l’originale della
citazione deve essere inserito nel fascicolo entro dieci
giorni dall’ultima notificazione”) e l’art. 347 (“La
costituzione in appello avviene secondo le forme e i
termini per i procedimenti davanti al tribunale.
L’appellante deve inserire nel proprio fascicolo copia
della sentenza appellata. Il cancelliere provvede a
norma dell’art. 168 e richiede la trasmissione del
fascicolo d’ufficio al cancelliere del giudice di primo
grado“).
Curioso che nell’ordinanza di
rimessione dopo esser stati riassunti i due
orientamenti, ovvero:
1) quello definito “liberale”,
seguito dalla Cassazione fino al 1997, secondo cui il
termine dei dieci giorni decorreva dall’ultima notifica,
2) quello definito “restrittivo”,
secondo cui il termine per la costituzione dell’attore
decorre dalla prima delle notificazioni dell’atto di
citazione, seguito dal 1997 in poi;
la Sezione rimettente ha preso
espressamente posizione per la tesi “liberale”, e ciò in
forza di quattro motivi.
a) Costituzionale, giaccchè “l’art.
111 Cost. impedisce di ritenere conformi a costituzione
interpretazioni che, sanzionando ritardati adempimenti,
finiscono per incidere sul diritto di difesa, precisando
che l’adesione alla tesi più rigorosa, e finora
dominante, non giova affatto alla speditezza del
processo, perchè in ogni caso l’improcedibilità della
domanda (o del gravame) andrebbe dichiarata con
sentenza”;
b) Logico, in ordine all’inutilità
dei risultati cui conduce la tesi tradizionale, in
quanto anche se l’appello fosse dichiarato improcedibile
per essersi l’attore costituito oltre il decimo giorno
dalla prima notificazione, egli potrebbe comunque
proporre una nuova impugnazione, se il termine per
impugnare non sia scaduto;
c) Letterale, per essere le ipotesi
di improcedibilità dell’appello, in quanto eccezionali,
tassative e di stretta interpretazione;
d) Sistematico, (A tal fine,
l’ordinanza richiama, sia il processo amministrativo
(R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 36, n. 4; R.D. 17
agosto 1907, n. 642, art. 18; L. 6 dicembre 1971, n.
1034, art. 21, comma 2), sia quello contabile (L. 14
gennaio 1994, n. 19, art. 5, come interpretato da C.
conti, sez. riun. 25.3.2005 n. 1).
Invece la decisione finale è di
segno opposto, ovvero sposa la tesi “restrittiva”.
La motivazione decisiva è relativa
alla possibile compressione del diritto di difesa del
convenuto (“perchè il convenuto ha diritto di conoscere,
quanto prima possibile, se l’attore si sia costituito o
meno, al fine di stabilire le opportune strategie
difensive, sul presupposto che, nella prassi, la mancata
tempestiva costituzione dell’attore è sintomo della
volontà di non dare più seguito all’esercizio
dell’azione”).
Quindi, riassumendo, il principio
sancito è quello secondo cui nel caso di più convenuti
il termine dei dieci giorni (ex art. 165 ovvero 347
c.p.c.) va computato dalla prima notifica.
Peraltro, va detto che il processo
civile, già notoriamente “scassato” di suo, di tutto
avrebbe bisogno, fuorchè di revirement relativamente
all’interpretazione delle norme processuali…
Qui la sentenza della Cassazione
civile, Sezioni Unite, 18 maggio 2011, n. 10864
Pubblicato da Renato Savoia
La sentenza della Cassazione, 10864/2011, sul termine
per iscrivere a ruolo
(Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, sentenza 18
maggio 2011 n. 10864)
“Nel caso di più convenuti il termine dei dieci
giorni (ex art. 165 ovvero 347 c.p.c.) va computato
dalla prima notifica“.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la decisione
che si riporta di seguito (qui
il commento di Renato Savoia).
* * *
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo – Primo Pres.te f.f.
Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente di sezione
Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere
Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere
Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere
Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere
Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere
Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
*****, elettivamente domiciliato in ROMA, *****, presso
lo studio dell’avvocato *****, rappresentato e difeso
dagli avvocati *****, *****, per delega in atti; –
ricorrente -
contro
*****, elettivamente domiciliato in ROMA, *****, presso
lo studio dell’avvocato *****, rappresentato e difeso
dall’avvocato *****, per delega in atti; –
controricorrente -
e contro
*****, *****; – intimati -
avverso la sentenza n. 2452/2005 del TRIBUNALE di
TARANTO, depositata il 19/10/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 01/03/2011 dal Consigliere Dott. ROBERTA
VIVALDI; udito l’Avvocato ***** per delega dell’avvocato
*****; udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale
Dott. IANNELLI Domenico, che ha concluso per il rigetto
del ricorso.
Svolgimento del processo
***** conveniva, davanti al giudice di pace di Taranto,
***** e la *****, chiedendone la condanna solidale al
risarcimento dei danni subiti in conseguenza di un
sinistro stradale.
I convenuti, costituitisi, proponevano domanda
riconvenzionale nei confronti del ***** e della società
*****, assicuratore della r.c.a. del veicolo del *****.
Il giudice di pace accoglieva la domanda principale,
ritenendo che l’esclusiva responsabilità dell’incidente
fosse da attribuire al convenuto *****.
Quest’ultimo proponeva appello al tribunale indicando,
nella citazione, per la comparizione l’udienza del
19.9.2005.
L’atto di impugnazione era notificato alla società *****
il 20.5.2005, ad *****. il 23.5.2005, ed alla società
***** Assicurazioni il 24.5.2005.
L’appellante, quindi, iscriveva a ruolo la causa in data
3.6.2005 e, contestualmente, si costituiva depositando,
nella stessa data del 3.6.2005, la nota di iscrizione a
ruolo ed il fascicolo di parte contenente l’atto di
citazione e l’atto di appello, come da attestazione del
cancelliere.
Il tribunale, con sentenza del 19.10.2005, dichiarava
improcedibile l’appello.
Ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico
motivo il *****.
Resiste con controricorso il *****.
Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
Fissata la trattazione del ricorso per l’udienza del
17.6.2010, la terza sezione civile della Corte ha emesso
ordinanza interlocutoria depositata il 5.8.2010, di
rimessione degli atti al Primo Presidente per
l’eventuale assegnazione della causa alle sezioni unite.
Il Primo Presidente ha provveduto in tal senso.
Il ricorrente ha anche presentato memoria.
Motivi della decisione
1. La questione di diritto posta dall’ordinanza di
rimessione.
Con l’ordinanza interlocutoria, la terza sezione civile
della Corte ha posto la questione del termine di
costituzione dell’appellante, in caso di notificazione a
più parti, ai sensi de combinato disposto degli artt.
347 e 165 c.p.c.; vale a dire se il termine di dieci
giorni, entro il quale l’appellante deve costituirsi,
decorra dalla prima notificazione, ovvero dall’ultima.
L’ordinanza di rimessione da conto che, fino ai 1997, la
Corte di cassazione aveva aderito ad una interpretazione
“liberale” dell’art. 165 c.p.c., ritenendo che il
termine per la costituzione dell’attore dovesse
decorrere dall’ultima delle notifiche dell’atto di
citazione (Cass. 6 novembre 1958, n. 3601, cui segue
nello stesso senso soltanto Cass. 18 gennaio 2001, n.
718).
Successivamente, (a partire da Cass. 16 luglio 1997, n.
6481), invece, la Corte aveva mutato indirizzo, aderendo
alla tesi “restrittiva”, secondo cui il termine per la
costituzione dell’attore decorre dalla prima delle
notificazioni dell’atto di citazione; indirizzo, questo,
consolidatosi nel tempo.
Sono esposte, quindi, le ragioni di preferenza del primo
dei due indirizzi.
Le ragioni si fondano sui seguenti argomenti:
a) costituzionale, del giusto processo, per il quale
l’art. 111 Cost. impedisce di ritenere conformi a
costituzione interpretazioni che, sanzionando ritardati
adempimenti, finiscono per incidere sul diritto di
difesa, precisando che l’adesione alla tesi più
rigorosa, e finora dominante, non giova affatto alla
speditezza del processo, perchè in ogni caso
l’improcedibilità della domanda (o del gravame) andrebbe
dichiarata con sentenza;
b) logico, in ordine all’inutilità dei risultati cui
conduce la tesi tradizionale, in quanto anche se
l’appello fosse dichiarato improcedibile per essersi
l’attore costituito oltre il decimo giorno dalla prima
notificazione, egli potrebbe comunque proporre una nuova
impugnazione, se il termine per impugnare non sia
scaduto;
c) letterale, per essere le ipotesi di improcedibilità
dell’appello, in quanto eccezionali, tassative e di
stretta interpretazione;
d) sistematico. A tal fine, l’ordinanza richiama, sia il
processo amministrativo (R.D. 26 giugno 1924, n. 1054,
art. 36, n. 4; R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 18; L.
6 dicembre 1971, n. 1034, art. 21, comma 2), sia quello
contabile (L. 14 gennaio 1994, n. 19, art. 5, come
interpretato da C. conti, sez. riun. 25.3.2005 n. 1).
In questi casi la legge fa decorrere lo sviluppo del
processo dall’ultima notificazione.
Le critiche alla tesi restrittiva si sostanziano, poi,
nei seguenti argomenti:
a) quello del “legislatore consapevole”.
Non è vero – si afferma – che il legislatore, lasciando
immutato l’art. 165 cod. proc. civ. nell’ambito di una
generale riforma del processo civile (attuata con la L.
n. 353 del 1990), avrebbe, per ciò solo, manifestato la
volontà di avallare l’orientamento dominante. Ed infatti
fino al 1997 ad essere dominante era la tesi liberale,
non quella restrittiva. Che il legislatore, poi, mai
abbia inteso avallare la tesi restrittiva, si desume dal
fatto che, con l’introduzione del rito societario, si
sia prevista espressamente la decorrenza del termine per
la costituzione dall’ultima notifica (D.Lgs. 17 gennaio
2003, n. 5, art. 3, comma 2). b) quello “ad absurdum”.
Nel caso di notifica della citazione a più persone,
l’attore non può conoscere la data della prima notifica
fino a quando l’atto non gli sia restituito; ma, a quel
punto, il termine per costituirsi potrebbe essere già
spirato, se lo si fa decorrere dalla prima
notificazione.
Per ovviare a tale inconveniente, la tesi dominante
consente all’attore di costituirsi depositando un
fascicolo incompleto, nel quale l’originale della
citazione è sostituito da una copia non formale e non
autentica (cd. “velina”).
In questo modo, si sostiene nell’ordinanza di
rimessione, la tesi restrittiva fomenta e legittima una
prassi non consentita dalla legge e di per sè
irragionevole, in quanto consente la costituzione prima
del perfezionamento del rapporto processuale. c) quello
del “convenuto svantaggiato”.
Secondo la tesi dominante, il termine per la
costituzione dell’attore va fatto decorrere dalla prima
notificazione perchè il convenuto, cui la citazione sia
stata notificata per prima, decorsi dieci giorni da
essa, deve essere messo in condizione di sapere con
certezza se l’attore si sia costituito o meno; il che
non potrebbe accadere aderendo alla tesi “liberale”, in
quanto il convenuto cui la citazione è stata notificata
per prima non sa quando sia avvenuta od avverrà l’ultima
notificazione; nè si potrebbe pretendere da quel
convenuto che si rechi ogni giorno in cancelleria per
verificare se la costituzione dell’attore sia avvenuta o
meno.
L’ordinanza di rimessione ritiene questo un mero
“inconveniente pratico”, per di più agevolmente
superabile sol che il convenuto abbia cura di verificare
che la costituzione dell’attore sia avvenuta o meno “non
oltre i primi dieci giorni del periodo di tempo dei
dovuti termini minimi da assicurare ex art. 163 bis
c.p.c.”.
2. Una considerazione di metodo.
L’ordinanza di rimessione sottopone alle sezioni unite
argomenti che sono apparsi giustificare una diversa
lettura della disposizione, dettata dall’art. 165 cod.
proc. civ., comma 2, compresa nel richiamo che, per il
giudizio di appello, è operato dal successivo art. 347
cod. proc. civ.. La Corte osserva che la
reinterpretazione così sollecitata riguarda una
disposizione, relativa all’ordine del processo, che da
oltre venti anni è stata letta, nella propria
giurisprudenza, nel medesimo modo; così determinando le
condizioni perchè le parti potessero e dovessero fare
affidamento su di una corrispondente applicazione da
parte dei giudici investiti della domanda di tutela.
La Corte considera che, se la formula del segmento di
legge processuale, la cui interpretazione è nuovamente
messa in discussione, è rimasta inalterata, una sua
diversa interpretazione non ha ragione di essere
ricercata e la precedente abbandonata, quando l’una e
l’altra siano compatibili con la lettera della legge,
essendo da preferire – e conforme ad un economico
funzionamento del sistema giudiziario –
l’interpretazione sulla cui base si è, nel tempo,
formata una pratica di applicazione stabile. Soltanto
fattori esterni alla formula della disposizione di cui
si discute -derivanti da mutamenti intervenuti
nell’ambiente processuale in cui la formula continua a
vivere, o dall’emersione di valori prima trascurati –
possono giustificare l’operazione che consiste
nell’attribuire alla disposizione un significato
diverso.
L’ordinanza di rimessione non manca di muoversi in
questa ottica.
Tuttavia, gli argomenti in essa proposti non appaiono
alla Corte tali da imporre l’abbandono della precedente
interpretazione.
3. La decisione di questa Suprema Corte.
I punti salienti dell’interpretazione consolidatasi nel
tempo sono i seguenti.
L’art. 165 cod. proc. civ., comma 2, stabilisce che, in
caso di notificazione della citazione a più soggetti,
l’originale deve essere inserito nel fascicolo entro
dieci giorni dall’ultima notificazione.
Se fosse consentita la costituzione dell’attore o
dell’appellante, entro dieci giorni dall’ultima
notificazione, tale previsione sarebbe superflua, poichè
l’inserimento della citazione in originale, previsto dal
comma 2, presuppone necessariamente che il fascicolo di
parte dell’attore, nel quale l’atto va inserito, sia già
stato depositato e che, pertanto, la costituzione
dell’attore debba essere già avvenuta.
Diversamente, l’art. 165 cod. proc. civ., comma 2,
acquista un senso, posto che – al fine di consentire
all’attore il rispetto del termine di costituzione – lo
esonera dal contestuale deposito della citazione in
originale al momento dell’iscrizione della causa a
ruolo.
E, sotto questo profilo, è la disciplina della norma
delle disposizioni di attuazione – art. 74 disp. att.
c.p.c., comma 4, – a doversi adattare alla disciplina
del codice.
Al che consegue che, se la causa è iscritta a ruolo “con
velina”, le verifiche sulla regolarità degli atti
saranno compiute dal cancelliere al momento
dell’inserimento nel fascicolo dell’originale della
citazione.
Nè il deposito della copia della citazione impedisce al
presidente di conoscere i termini della causa e
designare il giudice istruttore.
Inoltre, nessuna illegittimità deriva dalla
costituzione, previo deposito di copie non autentiche
(cd. “veline”) della citazione; prassi, in un certo
senso, sorretta proprio dall’art. 165 cod. proc. civ..
Nè alcun rilievo può essere attribuito alla circostanza
che l’attore non può mai sapere quando è avvenuta la
prima notificazione, perchè l’ufficiale giudiziario gli
restituisce l’originale soltanto quando la notificazione
è stata eseguita nei confronti di tutti i convenuti.
L’art. 165 cod. proc. civ. non impone affatto che la
costituzione avvenga dopo che la prima notificazione si
sia perfezionata.
Nulla, pertanto, vieta all’attore, dopo aver consegnato
l’originale della citazione all’ufficiale giudiziario,
di procedere immediatamente all’iscrizione a ruolo
depositando una copia.
Il perfezionamento della notificazione non è, infatti,
necessario ai fini della costituzione in giudizio (ciò
si desume anche dalla L. n. 890 del 1982, art. 5, comma
3,il quale consente al notificante di ottenere la
restituzione della copia dell’atto prima dei ritorno
dell’avviso di ricevimento per procedere all’iscrizione
a ruolo).
Anche l’interpretazione finalistica della norma depone
nel senso di ancorare la costituzione dell’attore alla
prima delle notificazioni.
E ciò perchè il convenuto ha diritto di conoscere,
quanto prima possibile, se l’attore si sia costituito o
meno, al fine di stabilire le opportune strategie
difensive, sul presupposto che, nella prassi, la mancata
tempestiva costituzione dell’attore è sintomo della
volontà di non dare più seguito all’esercizio
dell’azione.
In questa ottica – in un giudizio con pluralità di parti
– per il convenuto, di norma, è irrilevante che un altro
convenuto abbia deciso di iscrivere la causa a ruolo e
coltivare il giudizio.
Sul piano sistematico, poi, la norma così interpretata è
coerente con la riforma processuale introdotta dalla L.
26 novembre 1990, n. 353, che ridisegna un processo
caratterizzato, non solo dall’esigenza che sia subito
determinato il thema decidendum, ma anche dall’esigenza,
strettamente funzionale alla prima, che l’attore ponga
subito a disposizione dei convenuti la propria
produzione documentale.
La disposizione, così ripercorsa, nei suoi aspetti
essenziali, non è ambigua, se si tiene conto delle
peculiarità della fattispecie che disciplina.
Non è neppure incompleta, non consentendo, quindi, il
ricorso all’analogia.
Il ricorso alla analogia, infatti, è ammesso dall’art.
12 delle preleggi soltanto quando manchi
nell’ordinamento una specifica norma regolante la
concreta fattispecie e si renda, quindi, necessario
porre rimedio ad un vuoto normativo, altrimenti
incolmabile in sede giudiziaria.
In questa ottica, pertanto, il richiamo all’art. 369
cod. proc. civ., comma 1, – che prevede il deposito del
ricorso per cassazione nel termine di venti giorni
dall’ultima notificazione – non è significativo.
Non lo è sotto due profili.
Il primo è che proprio i fatto che l’art. 369 cod. proc.
civ. detti una regola dissonante rispetto alla
previsione generale rende evidente che, quando il
legislatore ha inteso assumere come punto di riferimento
per la costituzione dell’attore l’ultima notificazione,
lo ha previsto espressamente.
Il secondo si sostanzia nella diversità del giudizio di
cassazione, che non è un giudizio soggetto ad
istruzione, rispetto ai giudizi di merito di primo grado
e di appello, che, quindi, necessitano di una puntuale,
specifica e diversa regolamentazione.
Nè il richiamo al D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 3, comma 2,
in tema di processo societario è invocabile.
Da un lato, infatti, è difficilmente predicabile – in
questo caso – richiamarsi all’analogia; e ciò per essere
il modello processuale del rito societario un modello
speciale rispetto a quello ordinario, la cui
introduzione ha avuto l’effetto di sottrarre a
quest’ultimo una certa tipologia di controversie.
Non è, quindi, consentito ravvisare una eadem ratio fra
una norma appartenente ad un sistema costituente lex
specialis e quella generale.
Dall’altro, sotto questo profilo, deve osservarsi che,
dopo l’intervento del D.Lgs. n. 5 del 2003, si è
verificato un complesso intervento normativo sul
processo civile di cognizione ordinario (D.L. n. 35 del
2005, convertito con modificazioni nella L. n. 80 del
2005), in occasione del quale il legislatore non ha
ritenuto di modificare la norma dell’art. 165 cod. proc.
civ.; il che è sintomatico della conferma della
diversità delle regole.
Da ultimo, va segnalato che il legislatore, con la
recente L. 18 giugno 2009, n. 69, non solo ha abrogato
(art. 54, comma 5) – sia pure non con riferimento ai
procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore
della legge stessa – il D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 3,
comma 2, ma ha anche omesso di intervenire sull’art. 165
cod. proc. civ..
Omissione di interventi che ha investito anche l’art.
347 cod. proc. civ..
Eguali considerazioni valgono per il processo
amministrativo e contabile richiamati.
L’art. 165 cod. proc. civ. ha una valenza ed una
rilevanza non eccezionale;
non regola la fattispecie in modo incompleto e non
compromette – secondo l’interpretazione consolidatasi
nel tempo -, nè il principio della durata ragionevole
del processo, nè il diritto di difesa delle parti.
Anzi, in chiave di un equo contemperamento degli
interessi delle parti stesse (balancing test), da un
lato, la costituzione nei dieci giorni dalla prima
notificazione non è un onere particolarmente gravoso da
rispettare per l’attore.
Questi, infatti, può costituirsi – immediatamente dopo
la consegna dell’originale dell’atto di citazione
all’ufficiale giudiziario ed indipendentemente dal
perfezionamento della sua notificazione – con
l’immediata iscrizione a ruolo, mediante deposito di
copia non formale della citazione.
Dall’altro, al convenuto, invece, giova in termini di
tutela dell’affidamento e di conoscenza delle intenzioni
che l’attore intende perseguire.
La costituzione dell’attore entro i dieci giorni
dall’ultima notificazione creerebbe, infatti, in
ciascuno dei convenuti che riceve la notificazione della
citazione, una situazione di incertezza.
Questi, non sapendo se sia l’ultimo destinatario nei cui
confronti la notifica si è perfezionata, non ha un dato
certo per ricostruire quando l’attore si dovrà
costituire.
La previsione della costituzione nei dieci giorni dalla
prima notificazione – ignorando ognuno dei convenuti se
egli sia il primo destinatario raggiunto dalla
notificazione – comporta, viceversa, che lo stesso debba
considerarsi, nell’incertezza, il primo fra i
destinatari, per il quale si è perfezionata la notifica.
Se lo è effettivamente, avrà un dato certo per accertare
se vi sia stata tempestiva costituzione dell’attore in
relazione alla notificazione eseguita nei suoi
confronti. Altrimenti troverà che la costituzione è già
avvenuta, in relazione ad una precedente notificazione
nei confronti di altro convenuto.
La costituzione entro un termine dalla prima
notificazione, quindi, appare anche più funzionale
all’esercizio del diritto di difesa di ognuno dei
convenuti, posto che pone ognuno di essi nella
condizione di dover supporre che la notificazione
eseguita nei suoi confronti sia la prima e che, quindi,
l’attore debba costituirsi in relazione ad essa.
Nè va sottovalutato che il diverso decorso consentirebbe
anche comportamenti non lineari dell’attore, che
potrebbe artatamente posporre la propria costituzione,
ritardando la notifica ai convenuti successivi al primo.
4. L’esame del ricorso.
Alla luce dei principi enunciati va, ora, esaminato il
ricorso proposto.
Il ricorrente denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 347, 348, 101, 161, 168 c.p.c.
e art. 72 disp. att. c.p.c..
Da atto, nel ricorso, che la causa di appello era
iscritta a ruolo dall’appellante ***** il 3.6.2005 con
numero di R.G. 3226, e fissazione dell’udienza del
21.9.2005 davanti al Giudice dott. *****.
Ulteriore dato di fatto, però, era che ” il convenuto
***** il 30.8.2005 ritenendosi evidentemente parte
diligente, iscriveva a ruolo la medesima causa con n.
4616/2005 di R.G. che veniva assegnata alla terza
sezione al giudice dott. ***** per l’udienza del
23.9.2005″.
In tale udienza, nella contumacia dell’appellante *****
e degli altri appellati, compariva esclusivamente
l’appellato *****.
Il giudizio si concludeva con sentenza del 19.10.2005,
con la quale, sul presupposto dell’omessa costituzione
in giudizio dell’appellante *****, e della costituzione
dell’appellato nel termine di cui all’art. 166 cod.
proc. civ., era dichiarata l’improcedibilità – ai sensi
dell’art. 348 cod. proc. civ. – dell’appello proposto
dal *****.
Il ricorrente contesta che l’iscrizione a ruolo
effettuata su iniziativa dell’appellato *****
successivamente a quella effettuata dall’appellante
fosse conforme a legge; di qui la nullità della sentenza
impugnata.
Il motivo non è fondato per le ragioni che seguono.
L’attuale ricorrente, nel giudizio di appello di R.G. n.
3226/2005, si è costituito iscrivendo la causa a ruolo
il 2 giugno 2005.
La prima delle notificazioni agli appellati si è
perfezionata il 20 maggio 2005 (alla società *****).
La costituzione in tale giudizio del ***** – sulla base
delle precedenti considerazioni – era, quindi, tardiva.
L’unica corretta iscrizione a ruolo, pertanto, restava
quella ad opera dell’appellato *****.
Al che consegue l’irrilevanza delle censure avanzate dal
ricorrente in ordine alle conseguenze di una duplice
iscrizione a ruolo.
Nè la tardività della costituzione dell’appellante
poteva ritenersi sanata dalla tempestiva costituzione
dell’appellato, posto che, nel giudizio di appello, non
valgono le corrispondenti regole del giudizio di primo
grado, di cui all’art. 171 cod. proc. civ..
La mancata costituzione in termini dell’appellante, ai
sensi dell’art. 348 cod. proc. civ., comma 1, nel testo
sostituito – con efficacia dal 30 aprile 1995 – dalla L.
26 novembre 1990, n. 353, art. 54, infatti, determina
automaticamente l’improcedibilità dell’appello, senza
che possa trovare applicazione l’art. 171 cod. proc.
civ., comma 2, con la conseguente possibilità della
costituzione dell’appellante fino alla prima udienza,
qualora l’appellato si sia costituito nei termini.
Il richiamo alle forme ed ai termini del procedimento
avanti il tribunale, contenuto nell’art. 347 cod. proc.
civ., comma 1, deve ritenersi riferito solo agli artt.
165 e 166 cod. proc. civ., mentre la previsione
dell’art. 171 cod. proc. civ., comma 2, è incompatibile
con il tenore dell’art. 348 cod. proc. civ., il quale
esclude, in ogni caso, la possibilità di una ritardata
costituzione di una delle parti, o l’applicazione
dell’istituto dell’estinzione per la loro inattività,
stabilendo espressamente l’improcedibilità dell’appello,
senza attribuire alcun rilievo al comportamento
dell’altra parte (fra le tante Cass. 21 gennaio 2010, n.
995; Cass. 14 dicembre 207, n. 26257; Cass. 24 gennaio
2006, n. 1322).
Correttamente, quindi, il giudice del merito ha
dichiarato l’improcedibilità dell’appello proposto dal
*****.
Conclusivamente, il ricorso è rigettato.
La complessità delle questioni trattate giustifica la
compensazione, fra le parti costituite, delle spese del
giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, pronunciando a Sezioni Unite,
rigetta il ricorso. Compensa le spese.
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