Tutela Consumatori - Giurisp.
Comunitaria
Corte di Giustizia (Prima Sezione)
16 giugno 2011
«Tutela dei consumatori – Vendita e
garanzie dei beni di consumo – Direttiva 1999/44/CE –
Art. 3, nn. 2 e 3 − Sostituzione del bene difettoso come
unico rimedio − Bene difettoso già installato dal
consumatore − Obbligo per il venditore di rimuovere il
bene difettoso e di installare il bene sostitutivo –
Sproporzione assoluta – Conseguenze»
Nei procedimenti riuniti C‑65/09
e C‑87/09,
aventi ad oggetto le domande di
pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi
dell’art. 234 CE, dal Bundesgerichtshof (causa C‑65/09)
e dall’Amtsgericht Schorndorf (causa C‑87/09)
(Germania) con decisioni 14 gennaio e 25 febbraio 2009,
pervenute in cancelleria il 16 febbraio e il 2 marzo
2009, nelle cause
Gebr. Weber GmbH (causa C‑65/09)
contro
Jürgen Wittmer,
e
Ingrid Putz (causa C‑87/09)
contro
Medianess Electronics GmbH,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta dal sig. A. Tizzano,
presidente di sezione, dai sigg. J.-J. Kasel, A. Borg
Barthet, M. Ilešič (relatore) e E. Levits, giudici,
avvocato generale: sig. J. Mazák
cancelliere: sig. B. Fülöp,
amministratore
vista la fase scritta del
procedimento e in seguito all’udienza del 25 febbraio
2010,
considerate le osservazioni
presentate:
– per la Gebr.
Weber GmbH, dal sig. R. Lindner,
Rechtsanwalt;
– per il governo tedesco,
dal sig. M. Lumma e dalla sig.ra J. Kemper, in qualità
di agenti;
– per il governo belga, dal
sig. T. Materne, in qualità di agente;
– per il governo spagnolo,
dal sig. J. López-Medel Bascones, in qualità di agente;
– per il governo austriaco,
dai sigg. E. Riedl e E. Handl-Petz, in qualità di
agenti;
– per il governo polacco,
dal sig. M. Dowgielewicz, in qualità di agente;
– per la Commissione
europea, dai sigg. W. Wils e H. Krämer, in qualità di
agenti,
sentite le conclusioni
dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 18
maggio 2010,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Le domande di pronuncia
pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’art. 3,
nn. 2 e 3, terzo comma, della direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio 25 maggio 1999, 1999/44/CE, su
taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni
di consumo (GU L 171, pag. 12; in prosieguo: la
«direttiva»).
2 Tali domande sono state formulate
nell’ambito di due controversie insorte, nella causa C‑65/09,
tra la Gebr. Weber GmbH (in prosieguo: la «Gebr. Weber»)
e il sig. Wittmer in merito alla consegna di mattonelle
conformi al contratto di vendita, nonché al versamento
di un indennizzo, e, nella causa C‑87/09,
tra la sig.ra Putz e la Medianess Electronics GmbH (in
prosieguo: la «Medianess Electronics») in merito al
rimborso del prezzo di vendita di una lavastoviglie non
conforme al contratto di vendita, a fronte della
restituzione dell’apparecchio stesso.
Contesto normativo
La normativa dell’Unione
3 Il primo ‘considerando’ della
direttiva così recita:
«considerando che l’articolo 153,
paragraf[i] 1 e 3, [CE] dispone che la Comunità
contribuisca al conseguimento di un livello elevato di
protezione dei consumatori mediante misure adottate in
applicazione dell’articolo 95 [CE]».
4 Il nono, il decimo e l’undicesimo
‘considerando’ della direttiva sono formulati nei
seguenti termini:
«(9) considerando che il
venditore deve essere il responsabile diretto nei
confronti del consumatore della conformità del bene al
contratto; (...) che il venditore deve tuttavia poter
agire, come previsto dalla legislazione nazionale,
contro il produttore, un precedente venditore nella
stessa catena contrattuale o qualsiasi altro
intermediario, a meno che non abbia rinunciato al suo
diritto; che la presente direttiva non incide sul
principio dell’autonomia contrattuale nei rapporti tra
il venditore, il produttore, un precedente venditore o
qualsiasi altro intermediario; che le norme che
individuano i soggetti passivi e le modalità d’azione
del venditore devono essere stabilite dal diritto
nazionale;
(10) considerando che, in caso di
non conformità dei beni al contratto, è opportuno
riconoscere al consumatore il diritto di ottenere il
ripristino gratuito di tale conformità, mediante
riparazione o sostituzione a scelta, o, in mancanza di
ciò, una riduzione di prezzo o la risoluzione del
contratto;
(11) considerando che il
consumatore può in primo luogo chiedere al venditore di
riparare il bene o di sostituirlo salvo che tali rimedi
risultino impossibili o sproporzionati; che deve essere
stabilito obiettivamente se un rimedio è sproporzionato;
che un rimedio sarebbe sproporzionato se imponesse costi
irragionevoli rispetto a un altro rimedio; che per
stabilire che i costi sono irragionevoli bisogna che i
costi di un rimedio siano notevolmente più elevati di
quelli dell’altro rimedio».
5 L’art. 1 della direttiva, dal
titolo «Campo di applicazione e definizioni», così
dispone:
«1. La presente direttiva ha
per oggetto il ravvicinamento delle disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative degli Stati
membri relative a taluni aspetti della vendita e delle
garanzie concernenti i beni di consumo, al fine di
garantire un livello minimo uniforme di tutela dei
consumatori nel quadro del mercato interno.
2. Ai fini della presente
direttiva si intende per:
(...)
f) riparazione: nel caso di
difetto di conformità, il ripristino del bene di consumo
per renderlo conforme al contratto di vendita.
(...)».
6 L’art. 2 della direttiva,
intitolato «Conformità al contratto», così recita:
«1. Il venditore deve consegnare
al consumatore beni conformi al contratto di vendita.
(...)
5. Il difetto di conformità
che deriva dall’imperfetta installazione del bene di
consumo è equiparato al difetto di conformità del bene
quando l’installazione fa parte del contratto di vendita
del bene ed è stata effettuata dal venditore o sotto la
sua responsabilità. Tale disposizione si applica anche
nel caso in cui il prodotto, concepito per essere
istallato dal consumatore, sia istallato dal consumatore
in modo non corretto a causa di una carenza delle
istruzioni di istallazione».
7 L’art. 3 della direttiva,
intitolato «Diritti del consumatore», prevede quanto
segue:
«1. Il venditore risponde al
consumatore di qualsiasi difetto di conformità esistente
al momento della consegna del bene.
2. In caso di difetto di
conformità, il consumatore ha diritto al ripristino,
senza spese, della conformità del bene mediante
riparazione o sostituzione, a norma del paragrafo 3, o
ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione
del contratto relativo a tale bene, conformemente ai
paragrafi 5 e 6.
3. In primo luogo il
consumatore può chiedere al venditore di riparare il
bene o di sostituirlo, senza spese in entrambi i casi,
salvo che ciò sia impossibile o sproporzionato.
Un rimedio è da considerare
sproporzionato se impone al venditore spese
irragionevoli in confronto all’altro rimedio, tenendo
conto:
– del valore che il bene
avrebbe se non vi fosse difetto di conformità,
– dell’entità del difetto di
conformità, e
– dell’eventualità che il
rimedio alternativo possa essere esperito senza notevoli
inconvenienti per il consumatore.
Le riparazioni o le sostituzioni
devono essere effettuate entro un lasso di tempo
ragionevole e senza notevoli inconvenienti per il
consumatore, tenendo conto della natura del bene e dello
scopo per il quale il consumatore ha voluto il bene.
4. L’espressione “senza
spese” nei paragrafi 2 e 3 si riferisce ai costi
necessari per rendere conformi i beni, in particolar
modo con riferimento alle spese di spedizione e per la
mano d’opera e i materiali.
5. Il consumatore può
chiedere una congrua riduzione del prezzo o la
risoluzione del contratto:
– se il consumatore non ha
diritto né alla ripar[a]zione né alla sostituzione o
– se il venditore non ha
esperito il rimedio entro un periodo ragionevole ovvero
– se il venditore non ha
esperito il rimedio senza notevoli inconvenienti per il
consumatore.
6. Un difetto di conformità
minore non conferisce al consumatore il diritto di
chiedere la risoluzione del contratto».
8 L’art. 4 della direttiva,
intitolato «Diritto di regresso», dispone quanto segue:
«Quando è determinata la
responsabilità del venditore finale nei confronti del
consumatore a seguito di un difetto di conformità
risultante da un’azione o da un’omissione del
produttore, di un precedente venditore nella stessa
catena contrattuale o di qualsiasi altro intermediario,
il venditore finale ha diritto di agire nei confronti
della persona o delle persone responsabili, nel rapporto
contrattuale. La legge nazionale individua il soggetto o
i soggetti nei cui confronti il venditore finale ha
diritto di agire, nonché le relative azioni e modalità
di esercizio».
9 L’art. 5 della direttiva,
intitolato «Termini», al suo n. 1, prima frase, così
prevede:
«Il venditore è responsabile, a
norma dell’articolo 3, quando il difetto di conformità
si manifesta entro il termine di due anni dalla consegna
del bene».
10 L’art. 7 della direttiva,
intitolato «Carattere imperativo delle disposizioni»,
stabilisce quanto segue:
«1. Come previsto dalla
legislazione nazionale, le clausole contrattuali o gli
accordi conclusi con il venditore, prima che gli sia
stato notificato il difetto di conformità e che
escludono o limitano, direttamente o indirettamente, i
diritti derivanti dalla presente direttiva, non
vincolano il consumatore.
(...)».
11 Ai sensi dell’art. 8 della
direttiva, intitolato «Diritto nazionale e protezione
minima»:
«1. L’esercizio dei diritti
riconosciuti dalla presente direttiva lascia
impregiudicato l’esercizio di altri diritti di cui il
consumatore può avvalersi in forza delle norme nazionali
relative alla responsabilità contrattuale o
extracontrattuale.
2. Gli Stati membri possono
adottare o mantenere in vigore, nel settore disciplinato
dalla presente direttiva, disposizioni più rigorose,
compatibili con il Trattato, per garantire un livello
più elevato di tutela del consumatore».
La normativa nazionale
12 L’art. 433, n. 1, del codice
civile tedesco (Bürgerliches Gesetzbuch; in prosieguo:
il «BGB»), dal titolo «Obblighi derivanti dal contratto
di vendita», così recita:
«Con il contratto di vendita il
venditore di un bene è obbligato a consegnare la cosa
all’acquirente e a trasferirgliene la proprietà. Il
venditore deve trasferire all’acquirente il bene libero
da vizi materiali e da vizi giuridici».
13 L’art. 434 del BGB, intitolato
«Vizio materiale», dispone quanto segue:
«1. Il bene è libero da vizi
materiali se, al momento del trasferimento del rischio,
presenta le qualità pattuite (...)».
14 L’art. 437 del BGB, dal titolo
«Diritti dell’acquirente in caso di vizi», è così
redatto:
«Se il bene è affetto da vizi,
l’acquirente, qualora ricorrano i presupposti delle
disposizioni seguenti e non sia stabilito diversamente,
può:
1) pretendere l’adempimento
successivo in base all’art. 439,
2) recedere dal contratto in
base agli artt. 440, 323 e 326, n. 5, o ridurre il
prezzo di vendita in base all’art. 441,
3) pretendere il risarcimento
del danno in base agli artt. 440, 280, 281, 283 e 311a
ovvero il rimborso delle spese sostenute in base
all’art. 284».
15 L’art. 439 del BGB, intitolato
«Adempimento successivo», dispone quanto segue:
«1. A titolo di adempimento
successivo, l’acquirente può pretendere, a sua scelta,
l’eliminazione del vizio o la consegna di un bene esente
da vizi.
2. Il venditore sopporta le
spese necessarie per l’adempimento successivo, comprese,
in particolare, le spese di trasporto, spedizione,
manodopera e materiale.
3. Il venditore (...) può
rifiutare il tipo di adempimento successivo scelto se
esso comporta necessariamente costi sproporzionati. Si
deve tenere presente, in particolare, il valore che
avrebbe il bene se privo di difetti, l’entità dei
medesimi e se il rimedio alternativo sia esperibile
senza comportare inconvenienti significativi per
l’acquirente. In tal caso, il diritto dell’acquirente è
limitato alla modalità alternativa di adempimento
successivo; ciò non pregiudica il diritto del venditore
di rifiutare anche il rimedio alternativo, alle
condizioni di cui alla prima frase.
4. Qualora un venditore
consegni un bene esente da vizi nell’ambito di un
adempimento successivo, egli potrà chiedere
all’acquirente la restituzione del bene viziato (…)».
Cause principali e questioni
pregiudiziali
Causa C‑65/09
16 Il sig. Wittmer e la Gebr. Weber
hanno stipulato un contratto di vendita avente ad
oggetto piastrelle lucidate per un prezzo di EUR 1
382,27. Dopo aver fatto posare i due terzi circa di tali
mattonelle presso la propria abitazione, il sig. Wittmer
ha rilevato la presenza, sulle mattonelle stesse, di
ombrature visibili ad occhio nudo.
17 Il sig. Wittmer ha quindi
presentato un reclamo, che la Gebr. Weber ha respinto,
previo accordo con il produttore delle mattonelle
stesse. In un procedimento probatorio ante causam
instaurato dal ricorrente il perito incaricato è giunto
alla conclusione che le ombrature contestate dipendevano
da piccole tracce di raschiatura, impossibili da
cancellare, per cui l’unico rimedio possibile era la
sostituzione totale delle piastrelle, stimando il costo
di tale operazione come pari a EUR 5 830,57.
18 In assenza di risposta alla
diffida da lui inviata alla Gebr. Weber, il sig. Wittmer
ha citato tale società in giudizio dinanzi al
Landgericht Kassel, chiedendo la consegna di mattonelle
non viziate e il versamento della somma di EUR 5 830,57.
Detto giudice ha condannato la Gebr. Weber a versare al
sig. Wittmer la somma di EUR 273,10, a titolo di
riduzione del prezzo di vendita, respingendo la domanda
quanto al resto. Su appello interposto dal sig. Wittmer
avverso la decisione del Landgericht Kassel,
l’Oberlandesgericht Frankfurt, per un verso, ha
condannato la Gebr.Weber a consegnare nuove mattonelle,
non viziate, e a versare al sig. Wittmer la somma di EUR
2 122,37 per la rimozione e lo smaltimento delle
mattonelle non conformi e, per altro verso, ha respinto
la domanda quanto al resto.
19 Avverso tale sentenza
dell’Oberlandesgericht Frankfurt la Gebr. Weber ha
proposto ricorso per cassazione («Revision») dinanzi al
Bundesgerichtshof, il quale afferma che la sua decisione
dipenderà dalla questione se il giudice d’appello abbia
correttamente dichiarato che il sig. Wittmer poteva
chiedere il rimborso delle spese di rimozione delle
mattonelle difettose. Dal momento che il sig. Wittmer
non sarebbe titolato ad ottenere un siffatto rimborso in
base al diritto tedesco, la soluzione di tale questione
dipenderebbe dall’interpretazione dell’art. 3, nn. 2 e
3, terzo comma, della direttiva, in conformità alla
quale dovrebbe eventualmente interpretarsi l’art. 439
del BGB.
20 Il Bundesgerichtshof osserva in
proposito che dall’impiego del termine «sostituzione»
all’art. 3, n. 2, della direttiva potrebbe dedursi
l’esistenza di un obbligo non solo di consegnare un bene
conforme, ma anche di sostituire il bene difettoso e
quindi di procedere alla sua rimozione. Inoltre,
l’obbligo di tener conto della natura e dello scopo del
bene, di cui al citato art. 3, n. 3, associato
all’obbligo di ripristino della conformità dello stesso
potrebbe far pensare che l’obbligo del venditore,
nell’ambito della sostituzione del bene, comprenda non
solo la consegna di un bene conforme, ma anche la
rimozione del bene difettoso per consentire un uso del
bene sostitutivo conforme alla natura e allo scopo di
quest’ultimo.
21 Il Bundesgerichtshof rileva che
non sarebbe tuttavia necessario risolvere tale questione
qualora la Gebr. Weber potesse validamente negare il
rimborso delle spese di rimozione delle mattonelle non
conformi in quanto sproporzionate. Tale giudice spiega
che, ai sensi dell’art. 439, n. 3, del BGB, il venditore
può rifiutare la modalità di adempimento successivo
scelta dall’acquirente non solo quando tale modalità di
adempimento gli imponga costi sproporzionati rispetto
all’altra modalità di adempimento («sproporzione
relativa»), ma anche quando il costo della modalità
scelta dell’acquirente, ancorché l’unica possibile, sia
intrinsecamente sproporzionata («sproporzione
assoluta»). Nella fattispecie, la richiesta di
adempimento successivo mediante consegna di mattonelle
conformi rappresenterebbe un caso di «sproporzione
assoluta», poiché imporrebbe alla Gebr. Weber di
sostenere, oltre al costo di tale consegna, stimato pari
a EUR 1 200, anche le spese di rimozione delle
mattonelle non conformi per un importo di EUR 2 100,
vale a dire un importo totale di EUR 3 300, che eccede
il limite del 150% del valore del bene privo di vizi,
sulla cui base viene valutata a priori la
proporzionalità di una siffatta domanda.
22 Il Bundesgerichtshof ritiene,
tuttavia, che la possibilità conferita dal diritto
nazionale al venditore di rifiutare l’adempimento
successivo in ragione di una siffatta sproporzione
assoluta dei suoi costi potrebbe essere incompatibile
con l’art. 3, n. 3, della direttiva, il quale, nella sua
formulazione, sembra riferirsi unicamente alla
sproporzione relativa. Non si potrebbe tuttavia
escludere che un rifiuto fondato su una sproporzione
assoluta rientri nell’ambito della nozione di
«impossibilità» di cui allo stesso art. 3, n. 3, non
potendosi presumere che la direttiva contempli
esclusivamente i casi di impossibilità materiale e che
intenda imporre al venditore un adempimento successivo
irragionevole sotto il profilo economico.
23 Stando così le cose, il
Bundesgerichtshof ha deciso di sospendere il giudizio e
di sottoporre alla Corte le seguenti questioni
pregiudiziali:
«1) Se le disposizioni
dell’art. 3, n. 3, primo e secondo comma, della
direttiva (...) debbano essere interpretate nel senso
che ostano ad una normativa nazionale in base alla
quale, in caso di difetto di conformità del bene
consegnato, il venditore può rifiutare il rimedio
preteso dal consumatore, segnatamente, qualora esso gli
imponga costi irragionevoli (assolutamente
sproporzionati) tenendo conto del valore che il bene
avrebbe se non vi fosse difetto di conformità e
dell’entità del difetto di conformità.
2) In caso di soluzione
affermativa della prima questione, se le disposizioni
dell’art. 3, nn. 2 e 3, terzo comma, della direttiva
(...) debbano essere interpretate nel senso che, in caso
di ripristino della conformità del bene mediante
sostituzione, il venditore deve sopportare le spese
relative alla rimozione del bene non conforme dal luogo
in cui il consumatore lo aveva installato, conformemente
alla sua natura ed all’uso previsto».
Causa C‑87/09
24 La sig. ra Putz e la Medianess
Electronics hanno stipulato via Internet un contratto di
vendita avente ad oggetto una lavastoviglie nuova avente
un prezzo di EUR 367, cui si aggiungono spese di
consegna per un totale di EUR 9,52. Le parti hanno
pattuito che tale bene sarebbe stato consegnato davanti
alla porta d’ingresso del domicilio della sig.ra Putz.
La consegna della lavastoviglie e il pagamento del
prezzo sono avvenuti con le modalità concordate.
25 Dopo che la sig.ra Putz ha fatto
installare la lavastoviglie presso il proprio domicilio,
è risultato che essa era difettosa e impossibile da
riparare, senza che ciò potesse essere dovuto alle
operazioni di installazione.
26 Le parti hanno quindi concordato
di sostituire la lavastoviglie stessa. In tal senso la
sig.ra Putz ha preteso dalla Medianess Electronics non
solo la consegna di una nuova lavastoviglie, ma anche la
rimozione dell’apparecchio difettoso e l’installazione
dell’apparecchio sostitutivo, oppure il pagamento delle
spese di rimozione e di reinstallazione, pretesa che è
stata rifiutata da tale società. Poiché la Medianess
Electronics non ha reagito alla diffida indirizzatale
dalla sig.ra Putz, quest’ultima ha risolto il contratto
di vendita.
27 La sig.ra Putz ha quindi citato
in giudizio la Medianess Electronics dinanzi
all’Amtsgericht Schorndorf per ottenere il rimborso del
prezzo di vendita a fronte della restituzione della
lavastoviglie difettosa.
28 La decisione di rinvio precisa
che, secondo il diritto tedesco, la validità della
risoluzione del contratto di vendita dipende dalla
questione se la sig.ra Putz abbia inutilmente fissato
alla Medianess Electronics un termine utile ai fini
dell’adempimento successivo del contratto, limitandosi
ad esigere ciò che le era da questa dovuto. Sarebbe
pertanto necessario, ai fini della soluzione della
controversia, stabilire se la sig.ra Putz avesse il
diritto di pretendere che la Medianess Electronics
procedesse alla rimozione dell’apparecchio difettoso e
installasse il nuovo, ovvero che si facesse carico delle
spese riguardanti tali operazioni.
29 L’Amtsgericht Schorndorf rileva
a tal proposito che il diritto tedesco non prevede alcun
obbligo, per il venditore incolpevole, di farsi carico
della rimozione del bene difettoso o dell’installazione
del bene sostitutivo, neppure nell’ipotesi in cui il
consumatore abbia già installato il bene difettoso
conformemente alla sua destinazione prima della comparsa
del difetto. Esso ritiene tuttavia che un siffatto
obbligo potrebbe derivare dalla direttiva, in quanto
essa mira a garantire un livello elevato di protezione
dei consumatori e in quanto prevede, al suo art. 3, n.
3, terzo comma, che le sostituzioni debbano essere
effettuate senza notevoli inconvenienti per il
consumatore.
30 Tale giudice rileva che
l’acquirente, se non ottiene il rimborso delle spese di
installazione del bene sostitutivo, è tenuto a
sopportare due volte tali spese, vale a dire, una prima
volta, per l’installazione del bene difettoso e, una
seconda volta, per quella del bene sostitutivo. Orbene,
se la consegna fosse stata conforme agli accordi
contrattuali, egli avrebbe dovuto sopportare tali spese
un’unica volta. L’Amtsgericht Schorndorf ritiene senza
dubbio ammissibile l’ipotesi che il venditore sia tenuto
a farsi carico dell’installazione del bene sostitutivo
esclusivamente in caso di colpa. Tuttavia, la
circostanza che al consumatore non sia imputabile alcuna
colpa e che il difetto sia imputabile al venditore,
anziché al consumatore, giustificherebbe il
riconoscimento, in favore di quest’ultimo, di un diritto
indipendente dalla colpa del venditore, il quale
potrebbe tra l’altro rivalersi più facilmente nei
confronti del produttore.
31 Per quanto concerne la rimozione
del bene difettoso, il giudice del rinvio constata che
la conformità al contratto non solo comprende la
consegna di un bene esente da vizi, ma esclude altresì
che un bene difettoso permanga presso il domicilio
dell’acquirente, il che deporrebbe a favore di
un’interpretazione secondo cui spetterebbe al venditore
rimuovere un bene siffatto. Inoltre, la circostanza che
un bene difettoso permanga presso il domicilio del
consumatore potrebbe rappresentare, per quest’ultimo, un
notevole inconveniente. Infine, il termine
«sostituzione», cui fa riferimento l’art. 3 della
direttiva, sembrerebbe indicare che l’obbligo del
venditore non si limita alla semplice consegna di un
bene sostitutivo esente da difetti, ma gli impone di
sostituire quest’ultimo al bene difettoso.
32 Sulla scorta di tali
considerazioni, l’Amtsgericht Schorndorf ha disposto la
sospensione del procedimento ed ha sottoposto alla Corte
le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se le disposizioni di cui
all’art. 3, nn. 2 e 3, terzo comma, della direttiva
(...) debbano essere interpretate nel senso che ostano
ad una normativa nazionale che stabilisce che il
venditore, in caso di ripristino della conformità del
bene mediante sostituzione, non è tenuto a sostenere le
spese di installazione del prodotto sostitutivo nel
luogo in cui il consumatore ha installato il bene non
conforme, tenendo conto della sua natura e dell’uso
previsto, se inizialmente, in forza del contratto,
l’installazione non era dovuta.
2) Se le disposizioni di cui
all’art. 3, nn. 2 e 3, terzo comma, della direttiva
(...) debbano essere interpretate nel senso che, in caso
di ripristino della conformità del prodotto di consumo
mediante sostituzione, il venditore deve sostenere le
spese di rimozione del prodotto non conforme dal luogo
in cui il consumatore lo ha installato tenendo conto
della sua natura e dell’uso previsto».
Sulla riunione dei procedimenti
33 Alla luce della connessione dei
procedimenti C‑65/09
e C‑87/09,
gli stessi, ai sensi del combinato disposto degli artt.
43 e 103 del regolamento di procedura, devono essere
riuniti ai fini della sentenza.
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla ricevibilità delle questioni
nella causa C‑65/09
34 La Gebr. Weber sostiene che le
due questioni poste nella causa C‑65/09
sono irricevibili. La prima questione sarebbe di natura
teorica, poiché la sua soluzione non sarebbe rilevante
ai fini della soluzione della causa principale. Il
diritto tedesco non imporrebbe infatti al venditore
incolpevole l’obbligo di procedere alla rimozione del
bene non conforme, sicché la domanda di rimborso del
costo di tale rimozione dovrebbe essere respinta a
prescindere dall’importo delle spese ad essa afferenti.
L’irricevibilità della prima questione comporterebbe
inoltre l’irricevibilità della seconda questione, dal
momento che il giudice del rinvio avrebbe subordinato
quest’ultima ad una risposta affermativa alla prima
questione.
35 A tal proposito occorre
ricordare che, nell’ambito di un procedimento ex art.
267 TFUE, basato sulla netta separazione di funzioni tra
i giudici nazionali e la Corte, spetta esclusivamente al
giudice nazionale, cui è stata sottoposta la
controversia e che deve assumersi la responsabilità
dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla
luce delle particolari circostanze della causa, sia la
necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in
grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza
delle questioni che sottopone alla Corte. Di
conseguenza, dal momento che le questioni sollevate dal
giudice nazionale vertono sull’interpretazione del
diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è
tenuta a statuire (v., in particolare, sentenze 22
giugno 2006, causa C‑419/04,
Conseil général de la Vienne, Racc. pag. I‑5645,
punto 19; 18 luglio 2007, causa C‑119/05,
Lucchini, Racc. pag. I‑6199,
punto 43, e 17 febbraio 2011, causa C‑52/09,
TeliaSonera, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto
15).
36 Il rifiuto di statuire su una
questione pregiudiziale sollevata da un giudice
nazionale è infatti possibile solo qualora risulti
manifestamente che la richiesta interpretazione del
diritto comunitario non ha alcuna relazione con i reali
termini o l’oggetto della causa principale, qualora il
problema sia di natura teorica, oppure qualora la Corte
non disponga degli elementi di fatto o di diritto
necessari per fornire una soluzione utile alle questioni
che le sono sottoposte (v., in particolare, citate
sentenze Conseil général de la Vienne, punto 20;
Lucchini, punto 44, e TeliaSonera, punto 16).
37 Orbene, è giocoforza constatare
che, nella fattispecie, non ricorre tale ipotesi.
38 Con le sue questioni, infatti,
il Bundesgerichtshof chiede un’interpretazione della
direttiva proprio al fine di poter stabilire se il
diritto nazionale sia compatibile con la stessa, poiché
tale diritto, per un verso, non obbliga il venditore a
farsi carico delle spese di rimozione del bene non
conforme e, per altro verso, offre a quest’ultimo la
possibilità di rifiutare la consegna di un bene
sostitutivo qualora tale consegna comporti, proprio in
ragione di tali spese, costi sproporzionati. Emerge
inoltre dalla decisione di rinvio che la soluzione a
tali questioni è decisiva per l’esito della causa
principale, dal momento che il Bundesgerichtshof afferma
di poter eventualmente interpretare tale diritto in
conformità alla direttiva. L’ordine in cui le questioni
vengono poste è irrilevante in tale contesto. A tale
ultimo proposito si deve altresì rilevare che la stessa
Gebr. Weber ha affermato, nelle sue osservazioni sul
merito, che, per poter risolvere la prima questione, era
necessario individuare l’ampiezza dell’obbligo di
sostituzione del bene non conforme derivante dall’art.
3, n. 3, della direttiva, e pertanto ottenere una
soluzione alla seconda questione, suggerendo di
esaminare tale questione per prima.
39 L’eccezione di irricevibilità
sollevata dalla Gebr. Weber dev’essere di conseguenza
respinta.
Sull’obbligo, per il venditore, di
farsi carico della rimozione del bene non conforme e
dell’installazione del bene sostitutivo
40 Con la seconda questione nella
causa C‑65/09,
nonché con la prima e la seconda questione nella causa C‑87/09,
che andranno esaminate congiuntamente, i giudici del
rinvio chiedono se l’art. 3, nn. 2 e 3, terzo comma,
della direttiva debba essere interpretato nel senso che,
quando un bene di consumo non conforme, che, prima della
comparsa del difetto, sia stato installato dal
consumatore tenendo conto della sua natura e dell’uso
previsto, sia reso conforme mediante sostituzione, il
venditore è tenuto a procedere egli stesso alla
rimozione di tale bene dal luogo in cui è stato
installato e a installarvi il bene sostitutivo, ovvero a
sostenere le spese relative a tale rimozione e
all’installazione del bene sostitutivo, nonostante il
contratto di vendita non prevedesse l’obbligo, per il
venditore, di installare il bene di consumo inizialmente
acquistato.
41 La Gebr. Weber nonché i governi
tedesco, belga e austriaco ritengono che tali questioni
debbano essere risolte negativamente. A loro avviso, il
termine «sostituzione» di cui all’art. 3, n. 2, primo
comma, della direttiva si riferisce unicamente alla
consegna di un bene conforme al contratto di vendita e
tale articolo non può di conseguenza imporre al
venditore obblighi non previsti dal contratto stesso.
Simili obblighi di rimozione del bene difettoso e di
installazione di un bene sostitutivo non deriverebbero
neppure dal citato art. 3, nn. 3 e 4, secondo cui la
sostituzione deve avvenire «senza spese» e «senza
notevoli inconvenienti per il consumatore». Tali
condizioni si riferirebbero infatti alla sola consegna
del bene sostitutivo e non avrebbero lo scopo di imporre
al venditore obblighi che esulano dal citato contratto,
né di tutelare il consumatore dalle spese e dagli
inconvenienti che derivino dall’uso che egli ha fatto,
sotto la propria responsabilità, del bene non conforme.
Pertanto, i danni subiti dal consumatore in ragione
dell’installazione del bene difettoso non rientrerebbero
nell’ambito d’applicazione della direttiva, ma
dovrebbero essere fatti valere, eventualmente, sulla
base del diritto nazionale applicabile in materia di
responsabilità contrattuale.
42 I governi spagnolo e polacco
nonché la Commissione sostengono la tesi opposta. Il
governo spagnolo ritiene che il venditore debba farsi
carico di tutte le spese connesse alla sostituzione del
bene difettoso, ivi comprese le spese di rimozione del
bene stesso e le spese di installazione del bene
sostitutivo, dato che in caso contrario il consumatore
dovrebbe sopportare due volte tali spese, circostanza
che sarebbe incompatibile con il livello elevato di
protezione voluto dalla direttiva. Il governo polacco
sottolinea come lo scopo perseguito dall’art. 3, nn. 3 e
4, di quest’ultima consista nel garantire che il
consumatore non sostenga alcuna spesa per l’attuazione
delle misure di tutela giuridica previste in primis
dalla direttiva, vale a dire la riparazione o la
sostituzione del bene non conforme. Ad avviso della
Commissione, il parallelismo instaurato dall’art. 3, nn.
2 e 3, della direttiva tra le due modalità di ripristino
della conformità del bene non conforme permette di
ritenere che la sostituzione, proprio come la
riparazione, abbia ad oggetto il bene nella situazione
in cui si trova quando si manifesta il difetto di
conformità. Se il bene non conforme è già stato
installato, tenendo conto della sua natura e dell’uso
previsto, è in questa situazione che ne dovrà essere
ripristinata la conformità. La sostituzione dovrebbe
pertanto avvenire in maniera tale che il nuovo bene sia
posto nella stessa situazione in cui si trovava il bene
difettoso. Inoltre, la circostanza che il consumatore
debba trattenere il bene non conforme, in mancanza di
sua rimozione da parte del venditore, e non possa
utilizzare il bene sostitutivo, in quanto quest’ultimo
non è stato installato, rappresenterebbe un «notevol[e]
inconvenient[e] per il consumatore» ai sensi del citato
art. 3, n. 3.
43 In via preliminare occorre
ricordare che, ai sensi dell’art. 3, n. 1, della
direttiva, il venditore risponde, nei confronti del
consumatore, di qualsiasi difetto di conformità
esistente al momento della consegna del bene.
44 L’art. 3, n. 2, della direttiva
elenca i diritti che il consumatore può far valere nei
confronti del venditore in caso di difetto di conformità
del bene consegnato. In un primo tempo, il consumatore
ha il diritto di esigere il ripristino della conformità
del bene. Ove non sia possibile ottenere tale ripristino
della conformità del bene, il consumatore può esigere,
in seconda battuta, una riduzione del prezzo o la
risoluzione del contratto.
45 Quanto al ripristino della
conformità del bene, l’art. 3, n. 3, della direttiva
precisa che il consumatore ha il diritto di esigere dal
venditore la riparazione del bene o la sua sostituzione,
in entrambi i casi senza spese, a meno che la sua
richiesta non sia impossibile da soddisfare o
sproporzionata.
46 La Corte ha già avuto modo di
rilevare che risulta quindi sia dal tenore letterale
dell’art. 3 della direttiva, sia dai pertinenti lavori
preparatori di quest’ultima che il legislatore
dell’Unione ha inteso fare della gratuità del ripristino
della conformità del bene da parte del venditore un
elemento essenziale della tutela garantita al
consumatore da tale direttiva. Detto obbligo, incombente
al venditore, di gratuità del ripristino della
conformità del bene, indipendentemente dal fatto che
esso venga attuato mediante riparazione o sostituzione
del bene non conforme, mira a tutelare il consumatore
dal rischio di oneri finanziari che potrebbe dissuadere
il consumatore stesso dal far valere i propri diritti in
caso di assenza di una tutela di questo tipo (v.
sentenza 17 aprile 2008, causa C‑404/06,
Quelle, Racc. pag. 2685, punti 33 e 34).
47 Orbene, si deve necessariamente
rilevare che, se il consumatore, in caso di sostituzione
di un bene non conforme, non potesse chiedere al
venditore di farsi carico della sua rimozione dal luogo
in cui egli lo aveva installato, tenendo conto della sua
natura e dell’uso previsto, e dell’installazione nello
stesso luogo del bene sostitutivo, tale sostituzione gli
cagionerebbe oneri finanziari supplementari che non
avrebbe dovuto sostenere qualora il venditore avesse
correttamente eseguito il contratto di vendita. Infatti,
se quest’ultimo avesse fin da subito consegnato un bene
conforme al contratto stesso, il consumatore avrebbe
sostenuto un’unica volta le spese di installazione e non
avrebbe dovuto sostenere le spese di rimozione del bene
difettoso.
48 Se si interpretasse l’art. 3
della direttiva nel senso che questo non obbliga il
venditore a farsi carico della rimozione del bene non
conforme e dell’installazione del bene sostitutivo, si
avrebbe la conseguenza che il consumatore, per poter
esercitare i diritti attribuitigli da tale articolo,
dovrebbe sopportare tali spese aggiuntive derivanti
dalla consegna, da parte del venditore, di un bene non
conforme.
49 In tale evenienza la
sostituzione del bene stesso non sarebbe effettuata,
contrariamente a quanto previsto dall’art. 3, nn. 2 e 3,
della direttiva, senza spese per il consumatore.
50 È certo vero che le spese di
rimozione del bene non conforme e di installazione del
bene sostitutivo non figurano tra quelle esplicitamente
elencate dall’art. 3, n. 4, della direttiva, che
definisce l’espressione «senza spese» come riferita «ai
costi necessari per rendere conformi i beni, in
particolar modo con riferimento alle spese di spedizione
e per la manodopera e i materiali». La Corte ha già
stabilito, tuttavia, che dall’impiego ad opera del
legislatore dell’Unione della locuzione avverbiale «in
particolar modo» risulta che tale elenco presenta
carattere esemplificativo e non tassativo (v. citata
sentenza Quelle, punto 31). Inoltre, tali spese
risultano ormai necessarie affinché si possa procedere
alla sostituzione del bene non conforme e rappresentano
pertanto «costi necessari per rendere conformi i beni»,
ai sensi del citato art. 3, n. 4.
51 Peraltro, come rilevato dalla
Commissione, risulta dall’economia dell’art. 3, nn. 2 e
3, della direttiva che le due modalità di ripristino
della conformità indicate al citato articolo mirano a
garantire il medesimo livello di protezione del
consumatore. Orbene, è pacifico che la riparazione di un
bene non conforme si effettua generalmente su tale bene
nella situazione in cui si trovava al momento in cui è
comparso il difetto, di modo che il consumatore non
sostiene, in tal caso, alcuna spesa di rimozione e di
reinstallazione.
52 Si deve del resto rilevare che,
ai sensi dell’art. 3, n. 3, della direttiva, la
riparazione e la sostituzione di un bene non conforme
devono essere effettuate non solo senza spese, ma anche
entro un lasso di tempo ragionevole e senza notevoli
inconvenienti per il consumatore. Questo triplice
requisito è l’espressione della manifesta volontà del
legislatore dell’Unione di garantire al consumatore una
tutela effettiva (v., in tal senso, sentenza Quelle,
citata, punto 35).
53 Alla luce di tale volontà del
legislatore, l’espressione «senza notevoli inconvenienti
per il consumatore», che compare all’art. 3, n. 3, terzo
comma, della direttiva, non può essere oggetto
dell’interpretazione restrittiva proposta dai governi
tedesco, belga e austriaco. Difatti, è fuor di dubbio
che la circostanza che il bene non conforme non venga
rimosso e che il bene sostitutivo non venga installato
dal venditore può rappresentare un notevole
inconveniente per il consumatore, segnatamente in
situazioni quali quelle delle cause principali in cui,
per poter essere utilizzato in conformità alla sua
destinazione abituale, il bene sostitutivo deve
anzitutto essere installato, il che richiede la previa
rimozione del bene non conforme. Oltretutto, il citato
art. 3, n. 3, terzo comma, dispone esplicitamente che si
deve tener conto «della natura del bene e dello scopo
per il quale il consumatore ha voluto il bene».
54 Per quanto riguarda il termine
«sostituzione», si deve rilevare che la sua esatta
portata varia nelle diverse versioni linguistiche.
Mentre in alcune di tali versioni, quali quelle in
lingua spagnola («sustitución»), inglese
(«replacement»), francese («remplacement»), italiana
(«sostituzione»), olandese («vervanging») e portoghese
(«substituição»), tale termine si riferisce
all’operazione nel suo complesso, all’esito della quale
il bene non conforme deve essere effettivamente
«sostituito», obbligando quindi il venditore a porre in
essere tutto ciò che è necessario per ottenere tale
risultato, altre versioni linguistiche, segnatamente
quella in lingua tedesca («Ersatzlieferung»), potrebbero
suggerire una lettura leggermente più ristretta.
Tuttavia, come rilevato dai giudici remittenti, anche in
quest’ultima versione linguistica detto termine non si
limita alla semplice consegna di un bene sostitutivo e
potrebbe, al contrario, indicare l’esistenza di un
obbligo di effettuare la sostituzione dello stesso al
bene non conforme.
55 Inoltre, un’interpretazione
dell’art. 3, nn. 2 e 3, della direttiva nel senso che
quest’ultimo impone al venditore, in caso di
sostituzione di un bene non conforme, di farsi carico
della rimozione del bene stesso dal luogo in cui il
consumatore l’aveva installato tenendo conto della sua
natura e dell’uso previsto, prima della comparsa del
difetto, e dell’installazione del bene sostitutivo
corrisponde alla finalità della direttiva che, come
precisato dal suo primo ‘considerando’, consiste nel
garantire un livello elevato di protezione dei
consumatori.
56 Deve rilevarsi, in tale
contesto, che una siffatta interpretazione non conduce
neppure ad un risultato iniquo. Infatti, anche
nell’ipotesi in cui la non conformità del bene non sia
ascrivibile ad una colpa del venditore, resta il fatto
che, consegnando un bene non conforme, questi non ha
correttamente eseguito l’obbligo che aveva assunto in
forza del contratto di vendita e deve quindi farsi
carico delle conseguenze dell’inesatta esecuzione dello
stesso. Il consumatore ha invece, da parte sua, versato
il prezzo di vendita, eseguendo quindi correttamente il
proprio obbligo contrattuale (v., in tal senso, citata
sentenza Quelle, punto 41). Inoltre, il fatto che il
consumatore, fiducioso nella conformità del bene
consegnato, abbia installato in buona fede il bene
difettoso tenendo conto della natura del bene e dell’uso
previsto, prima della comparsa del difetto, non può
rappresentare una colpa da ascriversi al consumatore
stesso.
57 Pertanto, in una situazione in
cui nessuna delle due parti contrattuali ha agito
colpevolmente, è legittimo porre a carico del venditore
le spese di rimozione del bene non conforme e di
installazione del bene sostitutivo, dal momento che tali
spese supplementari, per un verso, sarebbero state
evitate qualora il venditore avesse fin da subito
eseguito correttamente i propri obblighi contrattuali e,
per altro verso, esse sono ormai necessarie per
procedere al ripristino della conformità del bene.
58 Del resto, gli interessi
finanziari del venditore sono tutelati non solo dal
termine di prescrizione di due anni previsto dall’art.
5, n. 1, della direttiva e dalla possibilità che gli è
concessa dall’art. 3, n. 3, secondo comma, di
quest’ultima di rifiutare la sostituzione del bene nel
caso in cui tale rimedio si riveli sproporzionato in
quanto gli impone spese irragionevoli (v. sentenza
Quelle, citata, punto 42), ma anche dal diritto,
riaffermato dall’art. 4 della direttiva, di proporre
un’azione di regresso nei confronti dei responsabili
nella stessa catena contrattuale. Il fatto che la
direttiva ponga a carico del venditore la
responsabilità, nei confronti del consumatore, di
qualsiasi difetto di conformità esistente al momento
della consegna del bene (v. sentenza Quelle, citata,
punto 40) è in tal modo compensato dal fatto che il
venditore può rivalersi, secondo le norme del diritto
nazionale applicabili, nei confronti del produttore, di
un precedente venditore nella stessa catena contrattuale
o di qualsiasi altro intermediario.
59 Tale interpretazione dell’art.
3, nn. 2 e 3, della direttiva è indipendente dal fatto
che il venditore fosse tenuto o meno, in base al
contratto di vendita, ad installare il bene consegnato.
Infatti, se è vero che il contratto di vendita
determina, ai sensi dell’art. 2 della direttiva, la
conformità di tale bene e quindi, segnatamente, ciò che
rappresenta un difetto di conformità, resta il fatto
che, in caso di esistenza di un simile difetto, gli
obblighi del venditore derivanti dall’inesatta
esecuzione del contratto stesso derivano non solo da
quest’ultimo, ma soprattutto dalle norme relative alla
tutela dei consumatori e, in particolare, dall’art. 3
della direttiva, che impongono obblighi la cui portata è
indipendente dalle pattuizioni di cui al contratto
stesso e che possono eventualmente eccedere quelli ivi
previsti.
60 I diritti in tal modo conferiti
ai consumatori dall’art. 3 della direttiva, che mirano
non tanto a porre questi ultimi in una posizione più
favorevole rispetto a quella che avrebbero potuto
esigere in base al contratto di vendita, quanto
piuttosto, semplicemente, a ristabilire la situazione
che si sarebbe verificata qualora il venditore avesse
fin da subito consegnato un bene conforme, presentano,
in applicazione dell’art. 7 della direttiva, carattere
imperativo per il venditore. Risulta peraltro dall’art.
8, n. 2, della direttiva che la protezione offerta da
quest’ultima costituisce una garanzia minima e che gli
Stati membri, pur potendo adottare disposizioni più
rigorose, non possono pregiudicare le garanzie previste
dal legislatore dell’Unione (v. sentenza Quelle, citata,
punto 36).
61 Infine, nell’ipotesi in cui il
venditore non proceda egli stesso alla rimozione del
bene non conforme e all’installazione del bene
sostitutivo, spetta al giudice nazionale stabilire quali
siano le spese necessarie per la rimozione e
l’installazione in parola, spese di cui il consumatore
può esigere il rimborso.
62 Da tutte le considerazioni che
precedono risulta che l’art. 3, nn. 2 e 3, della
direttiva deve essere interpretato nel senso che, quando
un bene di consumo non conforme, che prima della
comparsa del difetto sia stato installato in buona fede
dal consumatore tenendo conto della sua natura e
dell’uso previsto, sia reso conforme mediante
sostituzione, il venditore è tenuto a procedere egli
stesso alla rimozione di tale bene dal luogo in cui è
stato installato e ad installarvi il bene sostitutivo,
ovvero a sostenere le spese necessarie per tale
rimozione e per l’installazione del bene sostitutivo.
Tale obbligo del venditore sussiste a prescindere dal
fatto che egli fosse tenuto o meno, in base al contratto
di vendita, ad installare il bene di consumo
inizialmente acquistato.
Sulla facoltà, per il venditore, di
rifiutare di farsi carico di spese sproporzionate per la
rimozione del bene difettoso e per l’installazione del
bene sostitutivo
63 Con la prima questione nella
causa C‑65/09,
il giudice remittente chiede in sostanza se l’art. 3, n.
3, primo e secondo comma, della direttiva debba essere
interpretato nel senso che esso osta al fatto che il
venditore possa rifiutare, in base al diritto nazionale,
la sostituzione del bene non conforme in quanto tale
sostituzione gli imponga, in ragione dell’obbligo di
procedere alla rimozione del bene stesso dal luogo in
cui è stato installato e di installarvi il bene
sostitutivo, spese sproporzionate rispetto all’entità
del valore che il bene avrebbe se fosse conforme e del
difetto di conformità.
64 La Gebr. Weber nonché i governi
tedesco e austriaco propongono di risolvere
negativamente tale questione. La direttiva non potrebbe,
infatti, mirare ad imporre al venditore l’esborso di
spese economicamente irragionevoli nel caso in cui
esista un unico rimedio. Inoltre, il tenore letterale di
tale art. 3, n. 3, non fornirebbe alcuna indicazione in
merito a un simile caso. Oltretutto, alla luce
dell’economia dell’articolo citato si dovrebbe a maggior
ragione ricorrere, in un caso siffatto, ai criteri
enunciati al suo n. 3, secondo comma, la cui elencazione
non sarebbe tassativa. Peraltro, pur essendo certo
impossibile effettuare il confronto con i costi
derivanti da un rimedio alternativo, un’eventuale
sproporzione potrebbe nondimeno essere soppesata facendo
ricorso agli altri criteri elencati nel comma citato.
Quantomeno, alla luce della finalità di tale
disposizione, intesa a tutelare il venditore da
inconvenienti economici irragionevoli, si dovrebbe
fornire un’interpretazione della stessa che garantisca
una tutela siffatta anche in assenza di un rimedio
alternativo.
65 Per contro, i governi belga,
spagnolo e polacco nonché la Commissione chiedono che la
questione sia risolta affermativamente. Essi rilevano
che dalla lettera dell’art. 3, n. 3, secondo comma,
della direttiva emerge chiaramente che quest’ultimo si
riferisce unicamente alla sproporzione relativa, il che
sarebbe peraltro confermato dall’undicesimo
‘considerando’ della direttiva. L’obiettivo di tale
disposizione sarebbe di evitare che il consumatore possa
abusare dei propri diritti esigendo dal venditore una
modalità di ripristino della conformità qualora l’altra
modalità risultasse meno onerosa per il venditore e
conducesse allo stesso risultato. Orbene, mentre le due
modalità di ripristino della conformità mirerebbero a
garantire gli stessi interessi del consumatore, vale a
dire l’esecuzione degli obblighi contrattuali e la
possibilità di disporre di un bene conforme, le modalità
sussidiarie consistenti nella riduzione del prezzo o
nella risoluzione del contratto non consentirebbero di
preservare quegli stessi interessi. Qualora il venditore
potesse negare l’unico rimedio possibile in ragione
della sproporzione assoluta dello stesso, il consumatore
disporrebbe unicamente delle citate modalità
sussidiarie, in contrasto con l’economia del citato art.
3, che stabilisce una priorità in favore del
mantenimento della reciprocità degli obblighi derivanti
dal contratto di vendita, nonché con la finalità della
direttiva, consistente nel garantire un livello elevato
di protezione del consumatore. La Commissione aggiunge,
tuttavia, che non può escludersi che taluni casi
estremi, ove l’unico rimedio possibile implichi un costo
notevolmente sproporzionato rispetto all’interesse del
consumatore ad essere risarcito, costituiscano ipotesi
di impossibilità ai sensi dell’art. 3, n. 3, primo
comma, della direttiva.
66 Occorre rammentare in proposito
che, ai sensi dell’art. 3, n. 3, primo comma, della
direttiva, il consumatore ha il diritto in prima battuta
di esigere dal venditore la riparazione del bene o la
sua sostituzione, in entrambi i casi senza spese, salvo
che ciò sia impossibile o sproporzionato.
67 Il citato art. 3, n. 3, secondo
comma, precisa che un rimedio è da considerare
sproporzionato se impone al venditore spese
irragionevoli in confronto all’altro rimedio, tenendo
conto del valore che il bene avrebbe se non vi fosse
difetto di conformità, dell’entità del difetto di
conformità e dell’eventualità che il rimedio alternativo
possa essere esperito senza notevoli inconvenienti per
il consumatore.
68 Si deve necessariamente rilevare
che, benché l’art. 3, n. 3, primo comma, della direttiva
sia formulato, in linea di principio, in termini
sufficientemente ampi da poter comprendere altresì casi
di sproporzione assoluta, il citato art. 3, n. 3,
secondo comma, definisce il termine «sproporzionato» con
esclusivo riferimento all’altro rimedio, limitando in
tal modo lo stesso ai casi di sproporzione relativa.
Risulta peraltro chiaramente dal tenore letterale e
dall’economia dell’art. 3, n. 3, della direttiva che
esso si riferisce ai due rimedi previsti in primis, vale
a dire la riparazione o la sostituzione del bene non
conforme.
69 Tali rilievi sono avvalorati
dall’undicesimo ‘considerando’ della direttiva, il quale
afferma che un rimedio è sproporzionato se impone costi
irragionevoli rispetto a un altro rimedio e che, per
stabilire se i costi sono irragionevoli, bisogna che i
costi di un rimedio siano notevolmente più elevati di
quelli dell’altro rimedio.
70 Se è certo vero, come affermano
la Gebr. Weber e il governo tedesco, che talune versioni
linguistiche di detto undicesimo ‘considerando’, tra cui
segnatamente quella in lingua tedesca, sono in una certa
misura ambigue ove si riferiscono agli «altri rimedi»,
al plurale, nondimeno un gran numero di versioni
linguistiche, quali quelle in lingua inglese, francese,
italiana, olandese e portoghese, non lasciano alcun
dubbio sul fatto che il legislatore ha inteso riferirsi
in tale ‘considerando’, proprio come nell’art. 3, n. 3,
della direttiva, formulato al singolare in tutte le
citate versioni linguistiche, ivi inclusa quella in
lingua tedesca, esclusivamente all’altro rimedio
previsto in primis da tale disposizione, vale a dire la
riparazione del bene non conforme o la sua sostituzione.
71 Risulta pertanto che il
legislatore dell’Unione ha inteso attribuire al
venditore il diritto di rifiutare la riparazione o la
sostituzione del bene difettoso unicamente in caso di
impossibilità o di sproporzione relativa. Nell’ipotesi
in cui uno solo di tali due rimedi sia esperibile, il
venditore non può quindi rifiutare l’unico rimedio che
consenta di ripristinare la conformità del bene al
contratto.
72 Tale scelta effettuata dal
legislatore dell’Unione all’art. 3, n. 3, secondo comma,
della direttiva si basa, come rilevato dai governi belga
e polacco nonché dalla Commissione, sul fatto che la
direttiva privilegia, nell’interesse di entrambe le
parti del contratto, l’esecuzione di quest’ultimo
mediante i rimedi previsti in primis, rispetto
all’annullamento del contratto o alla riduzione del
prezzo di vendita. Tale scelta si spiega inoltre per il
fatto che, generalmente, i due ultimi rimedi sussidiari
non consentono di garantire lo stesso livello di
protezione del consumatore garantito dal ripristino
della conformità del bene.
73 Benché l’art. 3, n. 3, secondo
comma, della direttiva osti, di conseguenza, alla
possibilità che una normativa nazionale attribuisca al
venditore il diritto di rifiutare l’unico rimedio
possibile in ragione della sproporzione assoluta dello
stesso, tale articolo consente nondimeno un’efficace
tutela dei legittimi interessi finanziari del venditore,
tutela che si aggiunge, come rilevato al punto 58 di
questa sentenza, a quella prevista dagli artt. 4 e 5
della direttiva.
74 Occorre rilevare in proposito
che, per quanto riguarda, segnatamente, la situazione
specifica considerata dal giudice del rinvio, nella
quale la sostituzione del bene difettoso, quale unico
rimedio possibile, comporta costi sproporzionati in
ragione della necessità di rimuovere il bene non
conforme dal luogo in cui è stato installato e di
installare il bene sostitutivo, l’art. 3, n. 3, della
direttiva non osta all’eventualità che il diritto del
consumatore al rimborso delle spese di rimozione del
bene difettoso e di installazione del bene sostitutivo
sia limitato, ove necessario, ad un importo
proporzionato al valore che il bene avrebbe se fosse
conforme e all’entità del difetto di conformità.
Infatti, una limitazione siffatta lascia impregiudicato
il diritto del consumatore di chiedere la sostituzione
del bene non conforme.
75 In tale contesto, deve
sottolinearsi che il citato art. 3 mira ad istituire un
giusto equilibrio tra gli interessi del consumatore e
quelli del venditore, garantendo al primo, quale parte
debole del contratto, una tutela completa ed efficace
contro un’inesatta esecuzione degli obblighi
contrattuali del venditore, pur consentendo di tener
conto delle considerazioni di carattere economico fatte
valere da quest’ultimo.
76 Nell’esaminare se, nell’ambito
della causa principale, il diritto del consumatore al
rimborso delle spese di rimozione del bene non conforme
e di installazione del bene sostitutivo debba essere
ridotto, il giudice del rinvio dovrà quindi tener conto,
per un verso, del valore che il bene avrebbe se fosse
conforme e dell’entità del difetto di conformità nonché,
per altro verso, della finalità della direttiva che
consiste nel garantire un livello elevato di protezione
dei consumatori. Pertanto, la possibilità di procedere
ad una riduzione siffatta non può condurre, in pratica,
a privare di contenuto il diritto del consumatore al
rimborso di tali spese nel caso in cui abbia installato
in buona fede il bene difettoso, tenendo conto della sua
natura e dell’uso previsto, prima della comparsa del
difetto.
77 Infine, nell’ipotesi di una
riduzione del diritto al rimborso delle spese di cui
trattasi, va attribuita al consumatore la possibilità di
esigere, in luogo della sostituzione del bene non
conforme, una congrua riduzione del prezzo o la
risoluzione del contratto, conformemente all’art. 3, n.
5, ultimo trattino, della direttiva, posto che la
circostanza che il consumatore possa ottenere il
ripristino della conformità del bene difettoso solo
sostenendo una parte di tali spese rappresenta, per
quest’ultimo, un notevole inconveniente.
78 Da quanto precede risulta che
l’art. 3, n. 3, della direttiva dev’essere interpretato
nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che
attribuisca al venditore il diritto di rifiutare la
sostituzione di un bene non conforme, unico rimedio
possibile, in quanto essa gli impone, in ragione
dell’obbligo di procedere alla rimozione di tale bene
dal luogo in cui è stato installato e di installarvi il
bene sostitutivo, costi sproporzionati tenendo conto
dell’entità del valore che il bene avrebbe se fosse
conforme e del difetto di conformità. Detta disposizione
non osta tuttavia a che il diritto del consumatore al
rimborso delle spese di rimozione del bene difettoso e
di installazione del bene sostitutivo sia in tal caso
limitato al versamento, da parte del venditore, di un
importo proporzionato.
Sulle spese
79 Nei confronti delle parti nella
causa principale il presente procedimento costituisce un
incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui
spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute
da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte
non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima
Sezione) dichiara:
1) L’art. 3, nn. 2 e 3, della
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 25
maggio 1999, 1999/44/CE, su taluni aspetti della vendita
e delle garanzie dei beni di consumo, deve essere
interpretato nel senso che, quando un bene di consumo
non conforme, che prima della comparsa del difetto sia
stato installato in buona fede dal consumatore tenendo
conto della sua natura e dell’uso previsto, sia reso
conforme mediante sostituzione, il venditore è tenuto a
procedere egli stesso alla rimozione di tale bene dal
luogo in cui è stato installato e ad installarvi il bene
sostitutivo, ovvero a sostenere le spese necessarie per
tale rimozione e per l’installazione del bene
sostitutivo. Tale obbligo del venditore sussiste a
prescindere dal fatto che egli fosse tenuto o meno, in
base al contratto di vendita, ad installare il bene di
consumo inizialmente acquistato.
2) L’art. 3, n. 3, della
direttiva 1999/44 dev’essere interpretato nel senso che
esso osta ad una normativa nazionale che attribuisca al
venditore il diritto di rifiutare la sostituzione di un
bene non conforme, unico rimedio possibile, in quanto
essa gli impone, in ragione dell’obbligo di procedere
alla rimozione di tale bene dal luogo in cui è stato
installato e di installarvi il bene sostitutivo, costi
sproporzionati tenendo conto del valore che il bene
avrebbe se fosse conforme e dell’entità del difetto di
conformità. Detta disposizione non osta tuttavia a che
il diritto del consumatore al rimborso delle spese di
rimozione del bene difettoso e di installazione del bene
sostitutivo sia in tal caso limitato al versamento, da
parte del venditore, di un importo proporzionato. |