avv. Maurizio Perelli
La Corte di Cassazione, Sezione I,
con sentenza n. 9080 del 20 aprile 2011 è intervenuta:
A) in tema di necessità o meno di una delibera di
conferimento dell’incarico dell’organo collegiale
dell’ente pubblico per la valida conclusione di un
contratto d’opera professionale; B) in ordine alla
configurabilità o meno di ingiustificato arricchimento
della Pubblica Amministrazione nel caso in cui siano
stati approvati strumenti urbanistici in base a progetti
di massima non pagati.
LEGGI DI SEGUITO LA SENTENZA 9080
DELLA CASSAZIONE DEL 20 APRILE 2011 ...
SENTENZA N. 9080/2011
1. Ai fini della conclusione di un
contratto d''opera professionale, che, quando ne sia
parte la pubblica amministrazione, va redatto, a pena di
nullità, in forma scritta, è irrilevante l''esistenza di
una deliberazione dell''organo collegiale dell''ente
pubblico che abbia autorizzato il conferimento
dell''incarico al professionista, richiamando ed
approvando anche lo schema del disciplinare, ove tale
deliberazione non risulti essersi tradotta in atto
contrattuale, sottoscritto dal rappresentante esterno
dell''ente stesso e dal professionista. Detta
deliberazione non costituisce, infatti, una proposta
contrattuale nei confronti del professionista, ma un
atto con efficacia interna all''ente pubblico, avente
per destinatario il diverso organo dell''ente
legittimato ad esprimere la volontà all''esterno e
carattere meramente autorizzatolo (in tal senso è la
massima della sentenza n. 17695 del 2003; si rammentano
anche, da ultimo, Cass. n. 10299 del 2010 e, tra le
altre, Cass. nn. 14570 del 2004 - 3042 del 2005 - 24296
del 2005 - 17650 del 2007 - 27407 del 2008).
2. L''approvazione di un P.U.P., e
cioè di un primario strumento urbanistico dell''Ente
locale, sulla base dei progetti di massima redatti dal
professionista rappresenta un oggettivo rilevante
beneficio per l''Amministrazione comunale. e, pertanto,
rappresenta una utilitas idonea a configurare un
ingiustificato arricchimento della P.A. Cass. 3322 e
24646 del 2010 (al seguito di S.U. n. 1025 del 1996).
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L''arch. B.S. promosse la
costituzione di collegio arbitrale per ottenere dal
Comune di Imperia, dal quale aveva avuto incarico in
data 19.10.1989 di redigere il Piano Urbano Parcheggi
della città, il pagamento, ai sensi dell''art. 2041
c.c., dell''indennizzo per le prestazioni ulteriori
effettuate (e sulle quali il Comune negava o l''incarico
o, comunque, il riconoscimento dell''utilitas). Il
Collegio arbitrale, costituito ai sensi dell''art. 5 del
disciplinare d''incarico, con Delib. 7 luglio 2000,
ritenuto nullo il contratto per difetto di forma
scritta, riconobbe il diritto all''indennizzo ex art.
2041 c.c., con riguardo alle prestazioni di
progettazione di quattro parcheggi per i quali vi era
stata approvazione regionale e pertanto liquidò al
professionista la somma di L. 261.000.000.
Il Comune di Imperia propose
impugnazione deducendo: la nullità del lodo per
violazione dell''art. 829 c.p.c., comma 1, n. 4, la
nullità dello stesso per avere ignorato che il contratto
si era concluso con la fattispecie della accettazione
della proposta contenuta nella Delib. 19 ottobre 1989 e
affermato erroneamente che la nota dell''assessore
avesse ampliato il contenuto progettuale dell''incarico,
la invalidità per avere affermato che vi era stato
riconoscimento della utilitas e per indebito riferimento
alle tariffe professionali. Con sentenza del 16.4.2005
la Corte di Appello di Genova adita ha rigettato
l''impugnazione affermando che:
1. la questione posta al Collegio
arbitrale ed oggetto di controversia tra le parti era
l''ambito dell''incarico progettuale, discutendosi se
quello afferente i parcheggi in disamina fosse o meno
compreso nell''originario incarico, e dal B.
postulandosi che in difetto dell''incarico il suo
credito nascesse dall''arricchimento ingiustificato: era
pertanto compreso nel thema decidendi che gli arbitri
valutassero la validità dell''accordo sottoposto, e che
si affermava essere non comprensivo dell''attività
ulteriore, ed era pertanto valida e non viziata ex art.
112 c.p.c., la decisione di ritenere quell''accordo
nullo perchè difettante della forma scritta;
2. in ordine alla questione
dell''erronea esclusione di un contratto scritto,
ravvisabile di contro nell''avere la delibera fatto
riferimento ad una proposta dell''archi. B., a parte la
inesistenza agli atti di detta proposta, è certo che
essa non sussisteva posto che il Comune, lungi
dall''accettarla, aveva richiesto di predisporre
integrazioni ai progetti di massima (si da
controproporre e non accettare);
3. quanto alla pretesa assenza di
riconoscimento di utilitas, gli arbitri la avevano
ravvisata nella Delib. 19 febbraio 1990 della G.M. di
adozione del P.U.P. e quanto alla errata applicazione in
sede di indennizzo ex art. 2041 c.c., delle tariffe
professionali il lodo aveva utilizzato tali tariffe solo
come parametro, ma riducendolo ed integrandolo con
valutazione insindacabile;
4. con riguardo, infine, al computo
ed alla decorrenza degli accessori sul credito, il lodo
aveva rettamente applicato la giurisprudenza di
legittimità sui crediti di valore.
Per la cassazione dì tale sentenza
il Comune di Imperia ha proposto ricorso il 28.9.2005
con cinque motivi, ai quali ha resistito il B. con
controricorso 7.11.2005 contenente ricorso incidentale
condizionato contenente un motivo (relativo al fatto che
non sia stato ritenuto assorbente il rilievo di esso
appellato per il quale tutte le censure in impugnazione
del Comune erano in fatto), resistito a sua volta dal
controricorso 16.12.2005 del Comune.
Entrambe le parti hanno depositato
memorie ed i difensori hanno discusso oralmente la
causa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Riuniti i ricorsi ex art. 335
c.p.c., ritiene il Collegio che, non condivisibili
essendo tutte le censure esposte nel ricorso principale,
detto ricorso debba essere rigettato con conseguente
assorbimento della impugnazione incidentale
condizionata.
Giova preliminarmente rilevare che
nè innanzi agli arbitri nè in sede di impugnazione nè,
tampoco, nel ricorso a questa Corte (che in materia non
può provvedere ex officio) è stata posta l''assorbente
questione della improponibilità della domanda ex art.
2041 c.c., rivolta all''Ente locale per progettazioni
commissionate senza alcun previo impegno di spesa nè
copertura finanziaria, come imposto nella specie dal
previgente del D.L. n. 66 del 1989, art. 23, comma 4,
convertito nella L. n. 144 del 1989 (norme infine
approdate nel D.Lgs. n. 267 del 2000, artt. 191 e 194),
improponibilità derivante dal fatto che le norme,
impositive di sole azioni dirette nei confronti del
funzionario deliberante, avrebbero fatto venir meno la
necessaria residualità dell''azione nei riguardi
dell''Ente locale (in tal senso, e tra le ultime, Cass.
n. 12880 e n. 21242 del 2010).
Nel quadro imposto dalla formazione
del giudicato interno si esaminano dunque i motivi del
ricorso principale.
Con il primo motivo, che mira ad
impedire l''applicazione dell''azione ex art. 2041 c.c.,
sul rilievo della mancata prospettazione della questione
di nullità (necessaria premessa della azione residuale),
ci si duole della violazione dell''art. 112 c.p.c. e
art. 1421 c.c.:
posto che - infatti - il thema
decidendi sottoposto agli arbitri era solo quello
dell''indennizzabilità ex art. 2041 c.c., delle
prestazioni rese fuori dell''incarico conferito con
Delib. G.M. n. 2253 del 1989, pacifica essendo la
riconduzione a tal delibera delle altre prestazioni,
avrebbero errato gli arbitri a ritenere l''intero
contratto nullo ed avrebbe errato la Corte di Appello a
condividere tale iniziativa, e pertanto a condividere la
riconduzione ad indennizzabilità dell''intero complesso
delle prestazioni.
Il motivo è infondato perchè la
Corte di merito ha premesso che era inclusa nella res
litigiosa proprio la verifica della conformità a
contratto delle prestazioni rese (il Comune infatti
sostenendo, contro l''attore, che non vi erano incarichi
fuori della delibera e che questa fosse quindi parte del
momento negoziale) si che, venendo in applicazione
proprio il "contratto" (cfr. Cass. n. 16621 del 2008),
la cui "latitudine" era la premessa per ammettere, od
escludere,l''azione di ingiustificato arricchimento, ben
se ne poteva rilevare ex art. 1421 c.c., la nullità per
difetto della necessaria forma e quindi procedere a
determinare l''indennizzo, ovviamente per le sole
prestazioni ab origine dedotte in causa.
Il secondo motivo tende ad
escludere la nullità per inosservanza della appena detta
forma e mira pertanto a conservare validità all''intera
pattuizione (ed al suo compenso previsto, per l''intero,
in L. 10.000); si censura quindi la decisione di non
ritenere sussistente il contratto attraverso la
giustapposizioone della Delib.
GM n. 2253 del 1989 alla precedente
proposta del B., neanche tenendo conto che la delibera
di approvazione del PUP era inclusiva della
dichiarazione di p.u. dell''opera e quindi presupponeva
un progetto compiuto: pertanto gli elementi documentali
e quelli di prova orale ad avviso del Comune avrebbero
dovuto far convergere verso la considerazione per la
quale anche gli interventi localizzati implicavano il
conferimento dell''incarico della progettazione di
massima, imposta dalla L. n. 122 del 1989; l''incarico
quindi, afferente le sole progettazioni di massima, mai
avrebbe giustificato il ricorso all''indennizzo ex art.
2041 c.c., nè tampoco la liquidazione dell''importo
effettuato.
Il motivo è infondato per
l''assorbente rilievo, ben notato dalla Corte
territoriale, della inesistenza di equipollenti ad una
compiuta e formale convenzione contrattuale. Il B. era
un professionista, esterno all''Amministrazione
comunale, chiamato a svolgere incarico di progettazione
e che al Comune doveva pertanto essere legato, per
l''espletamento dell''incarico stesso, da una
convenzione contrattuale. E la rilevanza di siffatta
convenzione e della forma ad substantiam che, per legge,
è imposta è altrettanto evidente, come indiscutibile è
la impossibilità di ritenerla surrogata
dall''interazione di atti dell''amministrazione con
accettazioni per facta concludenza. E'' stato infatti
affermato che:
Ai fini della conclusione di un
contratto d''opera professionale, che, quando ne sia
parte la pubblica amministrazione, va redatto, a pena di
nullità, in forma scritta, è irrilevante l''esistenza di
una deliberazione dell''organo collegiale dell''ente
pubblico che abbia autorizzato il conferimento
dell''incarico al professionista, richiamando ed
approvando anche lo schema del disciplinare, ove tale
deliberazione non risulti essersi tradotta in atto
contrattuale, sottoscritto dal rappresentante esterno
dell''ente stesso e dal professionista. Detta
deliberazione non costituisce, infatti, una proposta
contrattuale nei confronti del professionista, ma un
atto con efficacia interna all''ente pubblico, avente
per destinatario il diverso organo dell''ente
legittimato ad esprimere la volontà all''esterno e
carattere meramente autorizzatolo (in tal senso è la
massima della sentenza n. 17695 del 2003; si rammentano
anche, da ultimo, Cass. n. 10299 del 2010 e, tra le
altre, Cass. nn. 14570 del 2004 - 3042 del 2005 - 24296
del 2005 - 17650 del 2007 - 27407 del 2008). La Corte di
merito ha applicato tale principio esattamente notando
la peculiarità di un rapporto solo interlocutorio tra la
nota dell''Assessore 4.11.1989 e la lettera dell''archi.
B. e valutandola come estranea allo schema della
convenzione, motivazione logicamente ineccepibile e
neanche validamente contestata.
Con il terzo motivo si lamenta la
indebita affermazione del riconoscimento della utilitas,
posto che i progetti di massima non erano stati
proficuamente utilizzati dato che solo per uno di essi
era pervenuto il finanziamento regionale e che la sola
approvazione del PUP sulla loro base, con Delib. n. 398
del 1990, non avrebbe determinato alcun arricchimento
della P.A. Il motivo è del tutto infondato. La
motivazione sul riconoscimento è corretta ed in diritto
conforme a Cass. 3322 e 24646 del 2010 (al seguito di
S.U. n. 1025 del 1996) e si fonda sul rilievo, di totale
evidenza logica, per il quale l''approvazione di un
P.U.P., e cioè di un primario strumento urbanistico
dell''Ente locale, rappresenta un oggettivo rilevante
beneficio per l''Amministrazione comunale.
Con il quarto motivo ci si duole
dei criteri di liquidazione dell''indennizzo da parte
del Collegio, accettati dalla Corte di Appello e
sfociati in una somma di ammontare esagerato. Il motivo
è una inammissibile valutazione di fatto che neanche
esamina i corretti passaggi della Corte di Appello, che
ha rettamente escluso la legittimità di una diretta
applicazione della tariffa professionale in sede di
liquidazione dell''indennizzo (al seguito di Cass. n.
3905 del 2010 e n. 21292 del 2007) ed ha invece
convalidato la sua assunzione, da parte del Collegio,
come parametro della liquidazione, alla quale sono state
applicate idonee decurtazioni.
Con il quinto motivo, infine, ci si
duole della fissazione della decorrenza degli accessori
al dì dell''illecito in luogo della data della domanda:
la tesi è inconsistente, detti accessori spettando dalla
data del commesso illecito, come ben affermato dalla
Corte di Genova al seguito dell''indirizzo di questa
Corte (Cass. n. 5278 e n. 10884 del 2007). Le spese si
regolano secondo soccombenza.
P.Q.M.
Riuniti i ricorsi, rigetta il
ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso
incidentale, condanna il ricorrente Comune a
corrispondere al controricorrente le spese, determinate
in Euro 4.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre
spese generali ed accessori di legge
Dott. ROVELLI Luigi Antonio -
Presidente
Dott. DI PALMA Salvatore -
Consigliere
Dott. MACIOCE Luigi - rel.
Consigliere
Dott. CULTRERA Maria Rosaria -
Consigliere
Dott. DE CHIARA Carlo - Consigliere |