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Distanze legali e e PRG.-Pareti finestrate, distanze minime a inderogabilita' assoluta- (TAR Milano, Sentenza 07/06/2011, n. 1419)-Ipsoa.it

 

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di Michele Didonna

E' illegittima, per violazione dell'art. 9, D.M. n. 1444 del 1968 (che prevede la necessita'  per le costruzioni di rispettare una distanza di 10 metri tra pareti finestrate), una concessione edilizia rilasciata per la realizzazione di una autorimessa posta a distanza di cinque metri dalla parete finestrata di un fabbricato confinante.

 

I proprietari dei fabbricati vicini hanno impugnato la concessione edilizia rilasciata ai controinteressati per la costruzione di un’autorimessa poiché hanno ritenuto che non fossero state rispettate le distanze minime dal loro fabbricato; hanno infatti segnalato la violazione dell’art. 9, D.M. n. 1444/1968 anche da parte della N.T.A. del vigente P.R.G. posta a fondamento della concessione che consente la realizzazione di edifici accessori al piano terreno a distanza di cinque metri, mentre, com’è noto, secondo la norma citata la distanza minima assoluta è di dieci metri.

 

Ha premesso il T.A.R. di Milano che i ricorrenti hanno prodotto in giudizio una sentenza del Tribunale di Como che aveva deciso altra controversia tra i medesimi e i controinteressati nella quale era stata negata la diretta applicabilità nei rapporti tra privati dell’art. 9, D.M. n. 1444/1968 anche superando la normativa urbanistica comunale vigente.

 

L’interpretazione offerta dal Tribunale, ha osservato il Giudice amministrativo, è in linea con l’orientamento espresso dalla Suprema Corte in alcune sentenze pure richiamate dalla decisione del Giudice lariano (Cass. civ., nn. 3771/2001, 5889/1997), che però ha sempre sostenuto come la norma contenuta nell’art. 9, D.M. n. 1444/1968 dovesse ritenersi cogente per l’amministrazione locale superando così anche la previsione di norme urbanistiche locali difformi.

 

Quanto al merito del gravame, il Collegio meneghino ha confermato il recente convincimento espresso dal medesimo (con la sentenza 1282/2011, segnalata in questa Rivista) che sul proposito ha affermato: "L’art. 9 del D.M. n. 1444/1968 misura le distanze con riferimento alle pareti finestrate con riferimento a:

 

Nuovi edifici ricadenti in zone diverse dalla zona A): è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti;

 

Zone C): è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all'altezza del fabbricato più alto. Ha ancora soggiunto il T.A.R. che la giurisprudenza ha costantemente stabilito che il D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 - emanato in virtù dell'art. 41 quinquies, L. n. 1150 del 1942 introdotto a sua volta dall’art. 17, L. 6 agosto 1967, n. 765 (c.d. “legge Ponte”) - ripete dal rango di fonte primaria della norma delegante la forza di legge, suscettibile di integrare con efficacia precettiva il regime delle distanze dalle costruzioni di cui all'art. 872 c.c.: la regola della distanza di 10 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti vincola anche i comuni in sede di formazione e di revisione degli strumenti urbanistici, con la conseguenza che ogni previsione regolamentare in contrasto con l'anzidetto limite minimo è illegittima e va disapplicata, essendo consentita alle amministrazioni locali solo la fissazione di distanze superiori (sul punto, v. T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 30 agosto 2007, n. 832).

 

Con riferimento alla nozione di pareti finestrate, inoltre, l’indirizzo pretorio costantemente ritiene che: "… per ‘pareti finestrate’, ai sensi dell'art. 9, D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 e di tutti quei regolamenti edilizi locali che ad esso si richiamano, devono intendersi, non (soltanto) le pareti munite di "vedute", ma più in generale tutte le pareti munite di aperture di qualsiasi genere verso l'esterno, quali porte, balconi, finestre di ogni tipo (di veduta o di luce)" (Corte d’Appello Catania, 22 novembre 2003) e considerato altresì che basta che sia finestrata anche una sola delle due pareti (T.A.R. Toscana, Sez. III, 4 dicembre 2001, n. 1734; T.A.R. Piemonte, 10.10.2008, n. 2565)".

 

Tanto assodato, quanto al caso sottoposto alla sua delibazione, ha concluso il T.A.R. di Milano che, posto che l’autorimessa di cui al provvedimento impugnato è stata concepita a cinque metri di distanza dalla parete finestrata del fabbricato dei ricorrenti, dovesse dichiararsi illegittima la concessione edilizia così rilasciata; tanto poiché l’art. 15.2.7 delle N.T.A. del Comune, essendo in contrasto con la previsione dell’art. 9, D.M. n. 1444/1968, dovesse a sua volta ritenersi sostituito ope legis dal precetto contenuto in questa norma di diretta applicazione - secondo il principio di gerarchia delle fonti che si applica nel caso di contrasto apparente tra le norme.

 

 

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