di Michele Didonna
E' illegittima, per violazione
dell'art. 9, D.M. n. 1444 del 1968 (che prevede la
necessita' per le costruzioni di rispettare una
distanza di 10 metri tra pareti finestrate), una
concessione edilizia rilasciata per la realizzazione di
una autorimessa posta a distanza di cinque metri dalla
parete finestrata di un fabbricato confinante.
I proprietari dei fabbricati vicini
hanno impugnato la concessione edilizia rilasciata ai
controinteressati per la costruzione di un’autorimessa
poiché hanno ritenuto che non fossero state rispettate
le distanze minime dal loro fabbricato; hanno infatti
segnalato la violazione dell’art. 9, D.M. n. 1444/1968
anche da parte della N.T.A. del vigente P.R.G. posta a
fondamento della concessione che consente la
realizzazione di edifici accessori al piano terreno a
distanza di cinque metri, mentre, com’è noto, secondo la
norma citata la distanza minima assoluta è di dieci
metri.
Ha premesso il T.A.R. di Milano che
i ricorrenti hanno prodotto in giudizio una sentenza del
Tribunale di Como che aveva deciso altra controversia
tra i medesimi e i controinteressati nella quale era
stata negata la diretta applicabilità nei rapporti tra
privati dell’art. 9, D.M. n. 1444/1968 anche superando
la normativa urbanistica comunale vigente.
L’interpretazione offerta dal
Tribunale, ha osservato il Giudice amministrativo, è in
linea con l’orientamento espresso dalla Suprema Corte in
alcune sentenze pure richiamate dalla decisione del
Giudice lariano (Cass. civ., nn. 3771/2001, 5889/1997),
che però ha sempre sostenuto come la norma contenuta
nell’art. 9, D.M. n. 1444/1968 dovesse ritenersi cogente
per l’amministrazione locale superando così anche la
previsione di norme urbanistiche locali difformi.
Quanto al merito del gravame, il
Collegio meneghino ha confermato il recente
convincimento espresso dal medesimo (con la sentenza
1282/2011, segnalata in questa Rivista) che sul
proposito ha affermato: "L’art. 9 del D.M. n. 1444/1968
misura le distanze con riferimento alle pareti
finestrate con riferimento a:
Nuovi edifici ricadenti in zone
diverse dalla zona A): è prescritta in tutti i casi la
distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate
e pareti di edifici antistanti;
Zone C): è altresì prescritta, tra
pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza
minima pari all'altezza del fabbricato più alto. Ha
ancora soggiunto il T.A.R. che la giurisprudenza ha
costantemente stabilito che il D.M. 2 aprile 1968, n.
1444 - emanato in virtù dell'art. 41 quinquies, L. n.
1150 del 1942 introdotto a sua volta dall’art. 17, L. 6
agosto 1967, n. 765 (c.d. “legge Ponte”) - ripete dal
rango di fonte primaria della norma delegante la forza
di legge, suscettibile di integrare con efficacia
precettiva il regime delle distanze dalle costruzioni di
cui all'art. 872 c.c.: la regola della distanza di 10
metri tra pareti finestrate e pareti di edifici
antistanti vincola anche i comuni in sede di formazione
e di revisione degli strumenti urbanistici, con la
conseguenza che ogni previsione regolamentare in
contrasto con l'anzidetto limite minimo è illegittima e
va disapplicata, essendo consentita alle amministrazioni
locali solo la fissazione di distanze superiori (sul
punto, v. T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 30 agosto
2007, n. 832).
Con riferimento alla nozione di
pareti finestrate, inoltre, l’indirizzo pretorio
costantemente ritiene che: "… per ‘pareti finestrate’,
ai sensi dell'art. 9, D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 e di
tutti quei regolamenti edilizi locali che ad esso si
richiamano, devono intendersi, non (soltanto) le pareti
munite di "vedute", ma più in generale tutte le pareti
munite di aperture di qualsiasi genere verso l'esterno,
quali porte, balconi, finestre di ogni tipo (di veduta o
di luce)" (Corte d’Appello Catania, 22 novembre 2003) e
considerato altresì che basta che sia finestrata anche
una sola delle due pareti (T.A.R. Toscana, Sez. III, 4
dicembre 2001, n. 1734; T.A.R. Piemonte, 10.10.2008, n.
2565)".
Tanto assodato, quanto al caso
sottoposto alla sua delibazione, ha concluso il T.A.R.
di Milano che, posto che l’autorimessa di cui al
provvedimento impugnato è stata concepita a cinque metri
di distanza dalla parete finestrata del fabbricato dei
ricorrenti, dovesse dichiararsi illegittima la
concessione edilizia così rilasciata; tanto poiché
l’art. 15.2.7 delle N.T.A. del Comune, essendo in
contrasto con la previsione dell’art. 9, D.M. n.
1444/1968, dovesse a sua volta ritenersi sostituito ope
legis dal precetto contenuto in questa norma di diretta
applicazione - secondo il principio di gerarchia delle
fonti che si applica nel caso di contrasto apparente tra
le norme.
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